RITA DALLA CHIESA: “ANDRO’ A VIVERE A PALERMOâ€
LA PRIMA VOLTA DELLA FIGLIA DEL GENERALE ALLA CERIMONIA IN SICILIA
Quando vide la corona della Regione siciliana sulla bara del padre, la cacciò via.
Non strinse la mano al presidente dell’epoca, uomo di Andreotti. A nessun politico.
Nemmeno a Pertini, come adesso un po’ si pente di aver fatto. «Solo per Pertini. Forse».
Conosciamo il sorriso ironico e rassicurante di Rita dalla Chiesa nel finto tribunale delle sue fortunate trasmissioni, capace di velare il tormento che si porta appresso da quel 3 settembre, quando, sola a casa, a Roma, apprese che la vita di suo padre Carlo Alberto e della giovane moglie Emanuela appena sposata era finita sotto i colpi di kalashnikov, feriti a morte come l’agente di scorta, Domenico Russo, spentosi dopo qualche giorno.
LA GUERRA
Palermo apparve perfida e ostile, nell’inferno di una guerra di mafia segnata dal grido del cardinale Pappalardo su «Sagunto espugnata» e da un anonimo cartello vergato a mano, lasciato sul luogo del massacro, in via Carini: «Qui è morta la speranza dei palermitani onesti».
E qui per le commemorazioni ufficiali Rita non ha mai voluto mettere piede.
Al contrario di quanto fa quest’anno, tornando domani nella caserma del padre, insieme con il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri.
LE COMMEMORAZIONI
«Ci sono voluti trent’anni e mi sono decisa all’ultimo momento. Accompagnata da mia figlia Giulia che non aveva mai messo piede in questa città …», come spiega arrivando in treno, avviandosi in macchina lungo un percorso che coincide con quello bloccato dagli assassini di Cosa nostra.
Primo duro impatto per Giulia, gli occhi sgranati sulle strade dove rischiò di finire anche la sua vita.
«Aveva 11 anni ed è viva per miracolo», evoca per la prima volta Rita.
«Perchè mio padre voleva la nipotina in vacanza a Palermo: “Starà con Emanuela di giorno al mare, di pomeriggio in giro con la A112 (l’auto su cui viaggiava il generale il giorno dell’agguato, ndr ), la sera insieme…”».
TRAUMA
Il «miracolo» è un no secco lanciato a pochi giorni dalla strage, per telefono: «No, papà . A Palermo no. Risposi no, dalla pancia. Non sapevo, ora so perchè. Io credo all’istinto di una madre. Altrimenti quella sera ci sarebbe stata anche Giulia nella “A 112”.
Emanuela l’avrebbe portata con sè per prendere in prefettura il nonno, per la cena all’Hotel La Torre.
E sarebbero ripartiti in macchina, verso Mondello, come fecero loro due, seguiti da Russo su un’altra auto, ma ignari del commando alle spalle».
Un trauma per Giulia, mai prima a Palermo dove ha pure portato il suo bimbo di 5 anni, entusiasta, subito a caccia della maglia rosanero, lo stadio di Zamparini ammirato come un duomo.
PALERMO
«Poche ore e si stanno innamorando di questa meravigliosa città », commenta Rita, gli occhi sulle barche colorate dei pescatori di Mondello.
«Ma io torno qui ogni anno. Non il 3 settembre. Qui ritrovo mio padre, i sentimenti più forti. Torno per il Festino, la festa di Stata Rosalia, il 15 luglio, salgo a Montepellegrino dalla Santa per una preghierina. Mi fermo poco, ma la mia vista rimane sempre su Palermo, fra speranze e delusioni».
Un riferimento diretto a quanto scoperto proprio in via Carini, sotto la lapide del sacrificio: «Un cartello scritto a mano da un semplice cittadino per chiedere di “non gettare rifiuti sotto la lapide del generale”. Qualcuno continua a offendere quel luogo. Un oltraggio che stona con i palermitani onesti, con la speranza nata dal sacrificio di tanti che a volte dimentichiamo.
LA SCORTA
Come gli uomini di scorta. Non da lei: «Due estati fa, in una delle mie incursioni solitarie a Palermo, alle due del pomeriggio, sotto il sole di via Ruggero Settimo, venni fermata da un giovane.
“Lei è Rita dalla Chiesa?”. Interdetta. “Io sono il figlio di Domenico Russo”.
Aveva appena avuto un bambino, la moglie ancora in clinica, lì a due passi, alla Candela. L’ho abbracciato. Sono andata. Un pensierino al bimbo chiamato Domenico. Un segno del destino. E mi si chiede cos’è il mio legame con Palermo… Ma quando smetterò di lavorare, questo sarà il mio posto. Io ci voglio vivere a Palermo. Bella com’è. Dico a me stessa che la speranza dei palermitani onesti non è finita. E se ci credo io…».
(da “Il Corriere della Sera”)
Leave a Reply