SARANNO CONTENTI I SEDICENTI “POVERI” CHE HANNO VOTATO TRUMP: IERI, LE 10 PERSONE PIÙ RICCHE DEL MONDO HANNO “GUADAGNATO” QUASI 64 MILIARDI DI DOLLARI, GRAZIE AI RIALZI DI BORSA DOPO L’ELEZIONE DI TRUMP
IN 24 ORE ELON MUSK HA VISTO AUMENTARE IL PROPRIO PATRIMONIO DI 26,5 MILIARDI. MA SI SONO ARRICCHITI ANCHE JEFF BEZOS CHE HA GUADAGNATO SETTE MILIARDI ARRIVANDO A QUASI 230 MILIARDI, E LARRY ELLISON DI ORACLE QUASI 10 MILIARDI PER UN TOTALE DI 193 MILIARDI… SICURAMENTE LI DONERANNO AGLI INDIGENTI
La vittoria di Donald Trump ha arricchito i 10 più ricchi del mondo di quasi 64 miliardi di dollari solo mercoledì, in quello che è stato il maggior aumento in un giorno dal 2012.
La fortuna di Elon Musk, secondo il Bloomberg Billionaires Index, è aumentata di 26,5 miliardi a 290 miliardi. Ma si sono arricchiti anche Jeff Bezos che ha guadagnato sette miliardi arrivando a quasi 230 miliardi, e Larry Ellison di Oracle quasi 10 miliardi per un totale di 193 miliardi.
Se bastasse il verdetto dei mercati, “l’età dell’oro” annunciata a Palm Beach dal tronfio Mister Fix It col ciuffo arancione sarebbe già cominciata. Le Borse, il dollaro, i Bitcoin: vola tutto, nel radioso day after del Trump vincitore, che promette di aggiustare le crepe di questa America arrabbiata e impaurita.
Ancora una volta, “it’s the economy, stupid”, come ai tempi di Bill Clinton. Oppure, follow the money, come ai tempi della Gola Profonda del Watergate. Segui i soldi, e capirai le ragioni delle vittorie e delle sconfitte.
Sul suo denaro The Donald non è stato un Re Mida, avendo fallito più volte nelle sue strambe e spregiudicate avventure imprenditoriali. Ma su quello degli altri non si è sbagliato quasi mai.
La dottrina concepita dal Dottor Stranamore di Mar-a-Lago è semplice. Da un lato, riduzione delle tasse sui redditi più alti e sulle grandi imprese, abbattimento al 15% dell’aliquota fiscale societaria per le aziende che producono negli States, poi detassazione dei benefici della Social Security e abolizione del prelievo sulle mance. Dall’altro lato, aumento esponenziale dei dazi sui beni di consumo in arrivo dall’estero.
Trump Trades, la chiamano. La gente non pensa che pagherà un prezzo, per l’aumento delle tariffe doganali sui prodotti cinesi ed europei. E si sbaglia, perché questi rincari, traslati sui prezzi al consumo, peseranno per 2.600 dollari all’anno sui portafogli di ciascuna famiglia americana. Grosso modo, 200 dollari in più ogni mese. Non proprio una bazzecola. E in ogni caso, con meno entrate fiscali e più balzelli sull’ import/export l’economia rallenterà, e il deficit federale esploderà.
Le stime vanno dai 6 ai 9 trilioni di dollari nei prossimi dieci anni. Un macigno colossale, per l’America, per il mondo e soprattutto per l’Europa, che pagherà il conto più salato a questa strampalata Trumponomics. Forse, in cuor suo, ne è consapevole anche il neo-rieletto presidente: non a caso, temendo gli effetti nefasti della sua politica economica, ha già fatto capire che li compenserà con la politica monetaria, portando la Federal Reserve sotto il suo controllo (come ha già fatto con la Corte Suprema, tanto per far capire qual è la sua idea di democrazia liberale).
Certo, per i ricchi comincia un’altra pacchia. Con lui vince il Grande Capitale, che gli ha foraggiato la campagna elettorale con quasi 2 miliardi di dollari. Ma soprattutto con lui vincono i Capitalisti della Sorveglianza: su tutti l’ineffabile Musk, il “Goebbels digitale” che gli ha fatto da cheerleader durante i suoi comiziacci fascistoidi, gli ha messo a disposizione i cinguetti dell’ex Twitter, ed è stato ripagato dall’amico Donald con un inquietante tributo d’immagine, tipo “a star is born, Elon super-genius”.
Poi Jeff Bezos, boss di Amazon e patron del Washington Post, che da editore ha debitamente silenziato prima del voto, proprio per non disturbare l’ascesa del Manovratore, a costo di mandare in fumo in tre giorni più di 200 mila abbonamenti al leggendario quotidiano che scoperchiò lo scandalo elettorale e fece saltare Richard Nixon.
Questi titani dell’infosfera globale non hanno solo le mani in pasta sul Web, non sono solo i custodi assoluti dei dati, non solo i pionieri dell’auto elettrica e della logistica, ma producono anche missili, satelliti, Tecnologia Neurale e Intelligenza Artificiale. Un perimetro di business che valgono come il Prodotto Lordo di uno Stato dell’Ocse.
Un pozzo senza fondo di finanziamenti, contributi, concessioni, da scambiare con la Casa Bianca e il Congresso, in un traffico in cui non sai più se la politica comanda o ubbidisce. Come ha detto Robert Kagan, «il Capitalismo non ha più bisogno della democrazia per fare profitti». E anche questo, in fondo, è un capolavoro di Trump, che a quel capitalismo si è inchinato e poi consegnato. Fosse vivo Carl Schmitt, gli toccherebbe riscrivere il principio dell’egemonia: sovrano non è più chi decide sullo Stato d’eccezione, ma chi dispone delle informazioni in rete.
(da agenzie)
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