SILVIA ROMANO: “NON C’E’ STATO ALCUN MATRIMONIO NE’ RELAZIONE, SOLO RISPETTO”
“MAI LEGATA, SEQUESTRATORI SEMPRE GLI STESSI, CAMBIAVANO SPESSO COVO, NESSUNO MI HA COSTRETTA ALLA CONVERSIONE RELIGIOSA, MIA LIBERA SCELTA”
“Sto bene, ora voglio solo stare tanto tempo con la mia famiglia”. Vestita con jilbab, un abito tradizionale indossato dalle donne in Kenya e Somalia, con il capo coperto, guanti sulle mani e mascherina sul volto abbassata solo per salutare, Silvia è scesa dalla scaletta dell’aereo che l’ha riportata in Italia dopo la lunga prigionia.
Quindi il trasferimento in caserma per incontrare i pm che hanno avviato un’indagine per rapimento a scopo di terrorismo. “Sono serena. Durante il sequestro sono stata trattata sempre bene”, ha detto agli agenti del Ros in un colloquio durato quattro ore per ricostruire le fasi della vicenda.
Il racconto della prigionia
Sono state settimane dure quelle vissute da Silvia dal momento del rapimento: la giovane cooperante italiana è stata ammalata in modo serio. “Ogni tre mesi cambiavo covo”, ha raccontato Silvia agli inquirenti dando nuovi dettagli di quei mesi trascorsi senza mai essere stata legata nè aver visto in volto i suoi rapitori. Molti i trasferimenti da un nascondiglio all’altro, e sempre in luoghi abitati, dove Silvia non ha mai incontrato altre donne. Così i carcerieri, – sempre gli stessi e presenti in tre, ha spiegato – sono riusciti a tenerla nascosta. “Mi hanno assicurato che non sarei stata uccisa e così è stato”, ha detto la cooperante ai pm di Sergio Colaiocco che l’hanno ascoltata con i carabinieri dell’antiterrorismo.
Per arrivare in Somalia ci sono volute quattro settimane di spostamenti in moto, spesso a piedi e con altri mezzi, ha chiarito Silvia nell’interrogatorio
La conversione all’Islam
Poi, la conversione all’Islam. “E’ successo a metà prigionia, – ha raccontato – quando ho chiesto di poter leggere il Corano e sono stata accontentata”. Già al suo arrivo Silvia aveva fugato i dubbi che la decisione fosse avvenuta a causa delle condizioni psicologiche affrontate in Africa, chiarendo che si è trattato di una sua libera scelta. “Nessuno mi ha costretta. E non è vero che sono stata costretta a sposarmi, non ho avuto costrizioni fisiche nè violenze”, ha dichiarato.
“Non c’è stato alcun matrimonio nè relazione, solo rispetto”.
“Mi sono spostata con più di un carceriere in almeno quattro covi, che erano all’interno di appartamenti nei villaggi -ha ricordato Romano- Loro erano armati ed a volto coperto, ma sono sempre stata trattata bene ed ero libera di muovermi all’interno dei covi, che erano comunque sorvegliati.
La prigionia è trascorsa in stanze chiuse, dove Silvia dice però di non essersi mai sentita “carcerata” perchè libera di muoversi nei covi, almeno quattro, all’interno di villaggi. “Mi è stato messo a disposizione un Corano e grazie ai miei carcerieri ho imparato anche un po’ di arabo. Loro mi hanno spiegato le loro ragioni e la loro cultura. Il mio processo di riconversione è stato lento”.
Il ritorno a Milano, città in festa
Dopo l’interrogatorio durato quattro ore, Silvia rientrerà con un volo a Milano. La sua città nelle ultime ore si è riempita di striscioni di “Bentornata”, e il suo quartiere, nel Terzo municipio, sta pensando a una festa speciale compatibile con il regime di lockdown in una città ancora nella bufera per il Covid-19.
(da agenzie)
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