TRUMP MODELLO DITTATURA PUTINIANA: STILA LA “LISTA DELLA LEALTA’”, OLTRE 500 AZIENDE DIVISE TRA FEDELI E TRADITORI
COSI’ LA CASA BIANCA DEVIDE DEI FUTURI INVESTIMENTI… I REQUISITI? SOSTENERE LE RIFORME DEL CRIMINALE
È un’economia in bianco e nero, anzi o bianca o nera, quella che Donald Trump sta costruendo negli Stati Uniti, con un messaggio chiarissimo: se non sei con me, sei contro di me e ne pagherai le conseguenze. Per tenere traccia di chi si piega alle volontà del leader americano e di chi prova a resistere, la Casa Bianca avrebbe creato un documento di valutazione in cui tiene traccia delle principali 553 aziende e associazioni di categoria. A ciascuna di queste è associato un voto – buono, moderato, scarso
– in base alla disponibilità di quella società a sostenere la «Big Beautiful Bill», la maxi riforma fiscale trumpiana. E quella semplice valutazione «scolastica» può segnare il futuro dell’impresa.
A cosa serve la «classifica della lealtà»
È tutto contenuto in una scheda «dinamica», che quindi può essere in ogni momento modificata in base all comportamento delle aziende. Secondo quanto riferisce l’americana Axios, per finire nella lista dei buoni i requisiti sono chiari: sostenere la riforma voluta da Trump e smantellare tutte le politiche di inclusione o «woke» costruite negli anni passati. Un vero e proprio test di lealtà. Chi ha un approccio più tiepido – i «moderati» – si troveranno a interloquire con una Casa Bianca diffidente. Chi volta le spalle alle nuove politiche invece rischia grosso: questo documento sarà infatti consultato dai funzionari di Washington prima di confrontarsi con le aziende per richieste di sussidi o altri accordi: «La classifica ci aiuta a vedere chi si impegna davvero e chi invece si limita a fare promesse a vuoto», ha commentato un membro dello staff di Trump.
I «preferiti» di Trump, tra fedelissimi e voltagabbana
Il procedimento è di per sé molto semplice, e basa la sua valutazione su campagne pubblicitarie, post social, comunicati stampa e sulla partecipazione agli eventi della stessa Casa Bianca. Tra i figlioli prodighi della politica trumpiana ci sono giganti del calibro delle compagnie aeree United e Delta così come Uber, che dall’insediamento di Trump in poi ha nettamente cambiato rotta dopo aver sostenuto Kamala Harris alle presidenziali. In questa lista compaiono anche l’azienda di delivery DoorDash, il colosso della comunicazione AT&T l’azienda tech Cisco: «Le nuove disposizioni fiscali societarie consentiranno alle aziende americane di innovare e investire meglio in patria», ha scritto su X l’amministratore delegato Chuck Robbins. Tra le associazioni meglio viste dal tycoon c’è la Steel Manufacturers Association, fermi sostenitori della politica repubblicana e in particolare dei dazi che hanno colpito l’import americano di acciaio dall’estero.
Le Big Tech si inchinano, le banche nella lista dei cattivi
E le Big Tech? Negli ultimi mesi, nonostante gli screzi del passato, sono riusciti tutti a entrare nelle grazie del leader americano. Apple, grazie alla promessa di investire 600 milioni di dollari per riportare la produzione delocalizzata all’interno dei confini nazionali, si è vista promuovere nel pool «buono». Amazon, Google e Meta hanno invece chiuso silenziosamente tutti quei programmi di DIE (Diversity, inclusione, equality) contro cui Donald Trump si è scagliato dal giorno zero della sua seconda presidenza. La lista dei cattivi non è nota, invece. C’è chi mormora, però, che basti uno screzio personale per essere iscritti: basta chiedere a Bank of America e JP Morgan, istituti di credito che in passato hanno respinto Trump come loro cliente.
(da agenzie)
Leave a Reply