ZELENSKY A WASHINGTON ACCOMPAGNATO DAI LEADER EUROPEI (CON L’ELMETTO)
“NON POSSIAMO CEDERE TERRITORI, LA CARTA CE LO VIETA”
L’ultima volta era da solo e non finì bene. Stavolta Volodymyr Zelensky andrà alla Casa Bianca per incontrare Donald Trump scortato da parecchi leader europei (ma il presidente Usa vuole prima un incontro bilaterale e poi farà entrare gli altri, scrive il giornale tedesco Bild): oltre a Giorgia Meloni, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, il francese Emmanuel Macron, il tedesco Friedrich Merz, il finlandese Alexander Stubb, il britannico Keir Starmer e il segretario generale della Nato Mark Rutte. Una compagnia di giro che ieri, di persona o in video, ha accolto lo stesso Zelensky a Bruxelles proprio per preparare l’incontro di oggi col presidente Usa, quello in cui si dovrebbe capire come andare avanti nelle trattative dopo il vertice ferragostano tra il tycoon e Vladimir Putin.
Alla Casa Bianca vanno di fretta e vorrebbero mettere ucraini e russi intorno a un tavolo già questa settimana, ma l’aria nel vecchio continente non è certo quella che Trump pretenderebbe per raggiungere la pace (e il relativo Nobel). Al contrario ieri, prima e dopo una riunione dei cosiddetti Volenterosi, la retorica usata dai leader europei e dallo stesso Zelensky sembrava studiata per chiudere in anticipo ogni apertura statunitense alla Russia. Ad esempio le garanzie di sicurezza “modello Nato” per l’Ucraina, su cui gli Usa avrebbero già l’accordo di Mosca, vanno bene, “ma non bastano garanzie teoriche, la prima delle garanzie è un esercito ucraino forte”, spiegava Macron. Quasi le stesse parole pronunciate poco prima da Ursula von der Leyen, che ci ha aggiunto una frase sul fatto che l’Europa vuole continuare a riforme di armi Kiev e un suo tocco di retorica guerresca: “L’Ucraina deve essere un porcospino d’acciaio”.
E ancora: Trump ha rinunciato al cessate il fuoco in Ucraina (che pure aveva chiesto) dopo il niet di Putin? “Non si può avere una vera negoziazione senza un cessate il fuoco: la linea del fronte è quella migliore su cui parlare”, sosteneva Zelensky, mentre per il presidente del Consiglio Ue, il portoghese Antonio Costa, “senza cessate il fuoco” addirittura “la Ue e gli Usa devono aumentare la pressione sulla Russia”.
Questo a non voler citare Von der Leyen, la quale – con un piede quasi sull’aereo per gli Usa – ha annunciato un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia, il 19esimo, a settembre.
Peggio ancora vanno le cose se si passa al problema vero della futura trattativa, cioè la cessione dei territori ucraini occupati dai russi (o il congelamento del fronte, che è un po’ la stessa cosa). “Alla Casa Bianca si parlerà di cessione dei territori”, ha detto chiaramente l’inviato speciale di Trump, Steve Witkoff, che era
presente in Alaska. “Putin non è riuscito a conquistare il Donetsk in 12 anni” e comunque “la Costituzione dell’Ucraina rende impossibile cedere territori o scambiarli”, ha risposto Zelensky; “i confini internazionali non possono essere cambiati con la forza”, gli ha fatto eco Ursula.
E Macron: “Quel che vuole Putin non è la pace, Putin vuole la capitolazione dell’Ucraina, questa è la sua proposta”. Effettivamente non un buon viatico per sedersi attorno a un tavolo col tizio che quella proposta presenterà.
Non tutti però, a partire dall’Italia e dalla Germania, usano i toni duri del fronte bellicista che vede insieme i Paesi baltici e i nordici, la Commissione e – a chiacchiere – la Francia (il britannico Starmer non può e non vuole marcare troppo la sua distanza da Trump).
Tanto è vero che la riunione dei Volenterosi ha voluto stentoreamente ribadire che nessun accordo può essere fatto senza l’Ucraina dopo un tavolo tra Kiev e Mosca: una posizione che Washington non si sogna di contestare, tanto che quel tavolo vuole organizzarlo subito.
Si vedrà oggi se quella europea è un’accorta postura negoziale per evitare che Trump forzi Zelensky a un accordo sconveniente o se l’Europa è preda di un cupio dissolvi in cui trascinerà anche gli ucraini: ai partner dell’Ue Zelensky ieri ha illustrato le posizioni del suo governo e citato tra le garanzie di sicurezza “l’adesione dell’Ucraina all’Ue”. È l’unico punto in agenda in cui dovrà litigare più con gli europei che con Vladimir Putin.
(da La Repubblica)
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