Destra di Popolo.net

LA UE RIAPRE IL DOSSIER MIGRANTI, SUMMIT LUNEDI: RIDISTRIBUZIONE E AIUTI AI PAESI DI ORIGINE

Maggio 20th, 2021 Riccardo Fucile

LAMORGESE OGGI E’ STATA A TUNISI CON LA COMMISSARIA EUROPEA JOHANSSON…CANALI UMANITARI LEGALI E FONDI PER AIUTARE L’ECONOMIA DELLA TUNISIA (COME DICIAMO DA ANNI)

Sarà stata la crisi a Ceuta con le tensioni diplomatiche tra Spagna e Marocco, saranno stati magari anche gli ultimi arrivi a Lampedusa dalla Libia, ma l’Ue si prepara a riaprire il dossier migranti, dopo averlo chiuso con l’alibi della pandemia.
Alte fonti europee confermano ad Huffpost che i leader dei 27 Stati membri ne parleranno al summit a Bruxelles di lunedì e martedì prossimi.
‘Più soldi’ è anche una delle richieste avanzate dal governo tunisino oggi al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, in visita a Tunisi con la commissaria europea Ylva Johansson.
Lamorgese sta portando avanti una trattativa per un accordo trilaterale con Germania e Francia, paesi del nucleo fondatore dell’Ue, gli unici finora (forse si aggiunge anche l’Irlanda) che starebbero ragionando sulla necessità di innescare meccanismi di solidarietà verso i paesi di frontiera per il bene dell’Unione.
“Sono d’accordo che vada garantito il salvataggio in mare dei migranti, non si devono lasciare soli la Grecia, l’Italia e gli altri Paesi”, dice il leader della Cdu, nonché governatore del Nord-Reno Vestfalia, Armin Laschet, al primo dibattito tv tra candidati alla cancelleria tedesca.
Più finanziamenti da parte dell’Ue è una delle richieste avanzate oggi a Tunisi dal presidente della Tunisia, Kais Saied, e il primo ministro, Hichem Mechichi, nell’incontro con Lamorgese e Johansson.
Motivazione: risollevare le sorti di un paese piegato dalla pandemia per scoraggiare le partenze verso l’Europa. Nel ‘Fund Trust’ europeo per l’Africa, creato nel 2015, il dossier Tunisia conta 89 milioni di euro di finanziamenti. Oggi comunque le autorità tunisine si sono dimostrate più collaborative che in passato, si apprende da fonti del Viminale. Hanno accettato la linea diretta di contatto con l’Italia per intervenire sulle partenze che gli verranno segnalate dalla autorità di controllo italiane. E hanno accettato anche maggiore flessibilità sui rimpatri dei tunisini arrivati in Italia per motivi economici, e dunque non ammessi a restare: potranno avvenire anche con navi traghetto di linea, oltre che con i due voli settimanali già esistenti.
“Ho manifestato al presidente Saied e al premier Mechichi la vicinanza dell’Italia e dell’Unione europea che intendono continuare ad essere parte attiva per aiutare concretamente la Repubblica tunisina ad affrontare sfide molto complesse, prima tra tutte quella che riguarda il futuro dei giovani di questo Paese che legittimamente aspirano, come i loro coetanei europei, a soddisfacenti condizioni lavorative e di vita”, dice Lamorgese.
Sull’immigrazione arriva anche la spinta del Parlamento europeo, che oggi ha adottato una risoluzione non legislativa per: “canali legali di migrazione per ridurre i flussi irregolari e a indebolire i trafficanti”, “affrontare le carenze nel mercato del lavoro europeo e l’invecchiamento della popolazione”, “creare un bacino di talenti Ue per far incontrare i datori di lavoro con i potenziali dipendenti”.
Ora, dopo la discussione al vertice della prossima settimana, bisognerà capire quali e quanti progressi riuscirà a compiere l’Ue, mentre la bella stagione alimenta gli sbarchi in Italia e negli altri paesi di frontiera. Soprattutto: ‘quando’ l’argomento entrerà ufficialmente nell’agenda di un Consiglio europeo. Se non dovesse accadere al summit di giugno, potrebbe essere troppo tardi e anche quest’estate passerebbe senza soluzioni.
(da Huffingtonpost)

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GLI IMMIGRATI CREANO PIU’ RICCHEZZA DI QUANTO LO STATO SPENDA PER LORO

Ottobre 14th, 2020 Riccardo Fucile

I LAVORATORI IMMIGRATI VERSANO IN TASSE 26,6 MILIARDI DI EURO

La presenza di immigrati in Italia è decisamente conveniente per lo Stato. Infatti, i lavoratori stranieri che vivono nel nostro Paese producono una ricchezza pari al 9,5% del Pil, ben 147 miliardi di euro.
E versano in tasse 26,6 miliardi di euro, mentre il costo totale dei servizi a loro erogati corrisponde a 26,1 miliardi, circa il 3% della spesa pubblica.
Se si confrontano tasse, imposte e contributi pagati dagli stranieri residenti in Italia con quelli che lo Stato spende per loro, risulterà  un beneficio netto per il secondo di 500 milioni di euro.
Mezzo miliardo su cui possono fare conto le casse pubbliche dovuti meramente alla presenza di immigrati che lavorano sul nostro territorio. Sono i dati del Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione ad opera della Fondazione Leone Moressa, redatto con il contributo della Cgia di Mestre, il patrocinio dell’Organizzazione Internazionale per le migrazioni, dei ministeri degli Esteri e dell’Economia e dell’Università  Ca’ Foscari di Venezia.
Sono 2,5 milioni i lavoratori stranieri residenti in Italia. E come abbiamo visto generano più benefici che costi. Un utile che potrebbe essere ancora più elevato, di altri 360 milioni all’anno, viste le regolarizzazioni avviate nel 2020. Rispetto a dieci anni fa sono 600 mila in più. Per la maggior parte svolgono lavori per cui non serve un’alta qualificazione, il 56,3% sono uomini e sette su dieci hanno tra i 35 e i 54 anni. La percentuale di laureati si attesta attorno al 12%, mentre oltre la metà  presenta come titolo di studio la terza media.
Non si tiene conto degli irregolari. Ragion per cui si pensa che il contributo della presenza di lavoratori stranieri in Italia potrebbe essere ancora più alto: dai numeri riportati sfuggono gli stranieri che risiedono irregolarmente sul territorio e che spesso per forza di cose finiscono per fare affidamento sul lavoro nero.
Nel report si sottolinea che gli stranieri presenti in Italia sono in aumento: dal 2010 ad oggi sono passati da 3,65 a 5,26 milioni. Ma sempre meno persone vengono nel nostro Paese per lavoro. Nonostante ciò negli ultimi 10 anni sono comunque aumentati del 32,7% gli immigrati che aprono nuove attività  nel nostro Paese: sono circa 772 mila, il 10% del totale italiano.
Per la maggior parte si tratta di cittadini cinesi, ma figurano anche molti rumeni e marocchini. Una crescita degna di nota si registra però anche tra gli imprenditori del Bangladesh e del Pakistan. In totale si contano 584 mila imprese straniere che producono un valore aggiunto di 125,9 miliardi.

(da Fanpage)

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QUANDO LA LOTTA PER L’INTEGRAZIONE PASSA ATTRAVERSO LO SMARTPHONE

Ottobre 9th, 2020 Riccardo Fucile

L’IDEA DI AISHA COULIBALY CHE HA DATO VITA A MYGRANTS

Nata a Foggia, cresciuta a Bologna. Insieme al fidanzato Cris ha creato una piattaforma che ora accompagna oltre 88mila migranti nel loro percorso di formazione
A Foggia era conosciuto come Colby. Si chiamava Lassina Coulibaly ed era uno dei primi migranti arrivati dalla Costa d’Avorio, aveva trovato un lavoro regolare e si era sposato con una donna italiana, da cui erano nati due figli. Non solo. Colby era presidente dell’associazione Africa Unite, nata per promuovere l’integrazione dei migranti e difendere i loro diritti in una terra dominata dal caporalato.
Colby è morto nel 2014, a 48 anni. E sua figlia Aisha ha ereditato la sua missione, proiettandola in un mondo completamente nuovo: quello digitale.
È così che nel 2017 è nata Mygrants, una piattaforma dedicata a tutti i migranti che una volta arrivati in Italia hanno bisogno di informazioni per capire le norme dell’accoglienza e soprattutto di percorsi di formazione per poter entrare nel mercato di lavoro.
Ad oggi Mygrants conta 88mila utenti, ha supportato oltre 1200 ingressi lavorativi e finanziato 2 imprese nate da migranti. Sulla sua storia è stato realizzato anche un corto girato a 360° all’interno del progetto New Realities sostenuto da Lenovo. Ma gli obiettivi di Aisha non si sono certo fermati qui.
Quando hai iniziato ad occuparti di migranti?
«A casa non si parlava d’altro. Mio padre conosceva 12 lingue ma non sapeva scrivere in italiano. Spesso mi chiedeva di trascrivere le storie dei migranti che si rivolgevano alla sua associazione. Lui rivendicava i diritti di chi lavorava nei campi di pomodoro con scioperi, eventi e manifestazioni. Io ho scelto un altro approccio».
Perchè hai deciso di aprire Mygrants?
«Non è stata un’idea solo mia. Qualche anno fa ho conosciuto Cris, il mio attuale compagno. Lui aveva lavorato come data analyst per il progetto europeo Frontex e stava cercando di avviare in Italia un programma per sostenere i migranti nella ricerca di un lavoro. Analizzando i dati che stavamo raccogliendo, ci siamo resi conto che i migranti passavano circa 600 giorni in attesa di cominciare un percorso di formazione, senza contare che le proposte non erano sempre in linea con i loro interessi. Ricordo un ragazzo, mio amico, laureato in Africa in medicina che qui raccoglieva pomodori».
Come funziona la vostra piattaforma?
«Mygrants si basa una tecnologia chiamata microlearning. Esistono diversi percorsi di formazione su livelli: si va da quelli che sviluppano competenze legate all’informatica a quelli per diventare un addetto alla sanificazione, ruolo molto ricercato ora. Oltre agli inserimenti lavorativi cerchiamo anche di aiutare ad avviare una start up chi ha un’idea imprenditoriale. Ora stiamo sviluppando un progetto per le aziende che si chiama PickMe, per aiutarle a trovare candidati tra i nostri utenti».
Quali sono i percorsi più richiesti?
«Ci sono tutti i corsi per lavorare nelle industrie manifatturiere e poi tutta la parte dedicata all’accoglienza negli alberghi e nei ristoranti. Oltre ai percorsi di formazione, molti utenti si affidano a noi anche per essere aggiornati sulla normativa che riguarda l’accoglienza».
Chi sono i vostri utenti?
«La maggior parte arriva dall’Africa Subsahariana, parlo di Stati come la Costa d’Avorio, la Nigeria o il Burkina Fasu. Tendenzialmente hanno meno di 35 anni, sono soprattutto uomini e sono migranti economici».
Avete scelto di lanciare questa azienda come una for profit. Come mai?
«Non potevamo mettere tutte le nostre competenze al servizio di un progetto su cui lavorare nel tempo libero. All’inizio il modello di business era semplice: ci rivolgevamo ai centri di accoglienza proponendoci per seguire i migranti nella parte di formazione che spesso loro non riuscivano a erogare. Adesso stiamo cercando di allargarci, lavorando assieme a grandi aziende o enti che possano finanziare i nostri progetti».
Dove vuole arrivare Mygrants?
«L’obiettivo è aumentare la nostra diffusione in Africa. Vorremmo intercettare i talenti direttamente lì creare dei canali per permettere ai migranti di viaggiare legalmente verso i Paesi europei».
Quanto c’è di tuo padre in questo progetto?
«Mio padre mi ha insegnato a essere perseverante. È grazie a lui che oggi ho deciso di iniziare questa sfida».

(da Open)

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I 211 ESSERI UMANI SALVATI DALLA SEA WATCH TRASBORDATI SULLA MOBY ZAZA DOVE FARANNO LA QUARANTENA

Giugno 21st, 2020 Riccardo Fucile

LA NAVE DELLA ONG TEDESCA E’ TORNATA A PORTO EMPEDOCLE UN ANNO DOPO DALL’ACCOSTO DI CAROLA RACKETE

Sono già  terminate le operazioni di trasferimento dei 211 migranti arrivati a Porto Empedocle tramite la Ong Sea Watch 3
Da questa mattina, intorno alle 10, la nave tedesca ha iniziato l’operazione di trasbordo dei migranti sulla Moby Zazà , con la Guardia di finanza a sorvegliare il porto.
La Sea Watch ritorna così a Porto Empedocle dopo quasi un anno dal caso del presunto speronamento della nave ong alla guardia di finanza e il conseguente arresto di Carola Rackete, trasportata nella stessa banchina dove oggi sbarcano i migranti, da Lampedusa. Le 211 persone, partite dalla Libia con piccole imbarcazioni, sono state salvate in mare aperto in 3 diverse operazioni, la prima delle quali circa 48 ore fa.
Dopo aver effettuato i salvataggi, il team della Ong tedesca aveva chiesto un porto sicuro, decidendo infine di sbarcare a Porto Empedocle, dove è stata collocata anche la Moby Zazà , la nave scelta dal governo per la quarantena dei migranti che arrivano sulle coste italiane durante l’emergenza Coronavirus.
Intanto il tema migranti è anche al centro di una prossima missione di una delegazione del Comitato Schengen, che proprio martedì sarà  a Porto Empedocle per esaminare il sistema accoglienza siciliano, per recarsi poi nei principali centri di accoglienza dell’isola, compresi anche quello di Lampedusa e di Pozzallo.
Proprio in quest’ultima cittadina portuale è arrivata ieri sera la Mare Jonio, con a bordo 67 migranti soccorsi a 48 miglia da Lampedusa.

(da agenzie)

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L’APPELLO DI ECONOMISTI, GIURISTI E VIROLOGI: “REGOLARIZZARE GLI IMMIGRATI IN TUTTI I SETTORI ECONOMICI”

Aprile 25th, 2020 Riccardo Fucile

DARE UN PERMESSO DI SOGGIORNO AGLI INVISIBILI PER SOTTRARLI AL POTENZIALE BACINO DI MANOVALANZA DELLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA

Un appello con 360 firmatari – tra economisti, immunologi, virologi, giuristi ed esperti di immigrazione – per sollecitare la regolarizzazione degli immigrati irregolari non solo in agricoltura ma anche in tutti gli altri settori economici del Paese.
Gli “invisibili”, infatti, rischiano di essere uno dei maggiori fattori di rischio nella nascita di nuovi focolai. Inoltre rappresentano un potenziale bacino di manovalanza per la criminalità .
La via legislativa potrebbe essere quella di una sanatoria tramite dichiarazione di un datore di lavoro, che consente di ottenere un permesso di soggiorno e lavoro temporaneo che, finita la fase di emergenza, sarà  sottoposto all’iter previsto per questi tipi di permesso.
“Sta circolando in questi giorni nelle commissioni parlamentari la bozza di un disegno di legge per la regolarizzazione degli immigrati irregolari in agricoltura – si legge nel documento – In questo nostro appello vogliamo sottolineare l’opportunità  di estendere la proposta agli irregolari che lavorano in tutti gli altri settori economici del paese (e, in primis, in quelli cruciali dei servizi alla persona, dell’artigianato, dell’industria e dei servizi ad essa collegati). Non soffermandoci sulle evidenti motivazioni umanitarie ma su quelle di carattere sanitario, di sicurezza, economico e sociale.
I firmatari espongono poi le motivazioni e i contenuti della proposta.
Motivazioni
“I costi psicologici, sociali ed economici della paralisi della vita sociale ed economica a cui siamo stati costretti per combattere il Coronavirus sono drammatici e sotto gli occhi di tutti. E’ urgente passare il prima possibile alla fase 2 ma dopo 6 settimane di distanziamento sociale il declino dei nuovi positivi, e soprattutto dei decessi, appare ancora troppo lento, soprattutto nella regione Lombardia, che è il cuore produttivo del paese e anche, di gran lunga, la regione più colpita con più del 50 percento dei decessi.
E’ stato sottolineato di recente come la presenza di centinaia di migliaia di migranti irregolari e “invisibili” possa essere un problema serio in questo frangente. Secondo le stime più recenti (ISPI, 2020) i migranti irregolari sono circa 600,000 vivono in genere occupando in molti piccole abitazioni e, anche in caso di malattia, ritardano il contatto coi medici a meno di versare in condizioni veramente gravi.
Un’indagine ISFOL (2014) sottolinea come gran parte di essi lavora fuori dal settore agricolo (13.6% sono artigiani, operai specializzati o agricoltori e 72,6% svolgono professioni non qualificate che includono badanti, colf e piccolo commercio in grandi centri urbani).
Non si hanno stime della loro distribuzione regionale ma è del tutto presumibile che siano concentrati in misura maggiore nelle regioni a maggiore attività  economica del paese che sono anche le più colpite (in Lombardia, applicando le percentuali di migranti regolari gli irregolari sarebbero almeno 100.000).
E’ del tutto evidente dunque che la presenza di un gran numero di irregolari nelle aree oggi più a rischio rende di fatto altamente aleatorie le probabilità  di successo di attività  di somministrazione di test sanitari, tracciamento e monitoraggio di massa necessarie per assicurare il successo della fase due. In parallelo, con la graduale riapertura delle attività  economiche gli irregolari rischiano di essere uno dei maggiori fattori di rischio nella nascita di nuovi focolai”.
“Oltre a queste dirimenti motivazioni di carattere sanitario – continua il testo –   è ben noto che gli irregolari costituiscono un potenziale bacino di manovalanza per la criminalità  con rischi che aumentano quando, in momenti come questi, condizioni di vita decente sono ulteriormente precluse. Da un punto di vista economico è stato sottolineato più volte come lavoratori immigrati irregolari e poco qualificati sottrarrebbero opportunità  occupazionali a lavoratori italiani e determinerebbero una concorrenza al ribasso sul costo del lavoro che finisce per peggiorare dignità  del lavoro e condizioni di vita anche dei lavoratori italiani a bassa qualifica.
L’improvvisa scarsità  di stagionali stranieri a seguito della chiusura delle frontiere per la pandemia ha evidenziato come i mercati del lavoro non siano in realtà  così flessibili da ipotizzare una facile sostituzione tra lavoratori italiani e stranieri, lontani per mansioni e localizzazione.
La regolarizzazione dei lavoratori stranieri avrebbe in questo caso un potenziale doppio beneficio. Rendere più facile lo spostamento tra diverse aree di chi già  si trova nel nostro paese e, attraverso la sanatoria e la regolarizzazione, ridurre quelle condizioni di scarsa dignità  e precarietà  che rendono purtroppo il lavoro degli immigrati irregolari più “competitivo” rispetto a quello di lavoratori italiani che non accettano quelle condizioni.
In linea di principio, come sostenuto da forze politiche del nostro paese, gli irregolari potrebbero essere espulsi. I dati recenti insegnano però che, neanche nella stagione politica nella quale il ministro dell’interno ha sostenuto con forza questa strategia, i “risultati” delle politiche di rimpatrio sono stati significativi.
L’espulsione di massa degli irregolari si è dimostrata non praticabile per diversi motivi (onerosità  dei costi complessivi di identificazione e trasferimento nei paesi di origine, difficoltà  di stipulare accordi con i paesi di origine). Tanto meno si può pensare sia praticabile per sventare i rischi sanitari di cui sopra in breve tempo e in un momento difficile come questo.
In conclusione, motivazioni non soltanto umanitarie, ma anche sanitarie, di sicurezza, economiche e sociali suggeriscono l’opportunità  della regolarizzazione degli irregolari seguendo una via già  tracciata dal governo portoghese”.
Contenuti e forma legislativa
“Trovando fondamento in queste motivazioni – sostengono ancora i firmatari –   proponiamo dunque di estendere a tutti gli altri settori produttivi oltre quello agricolo la regolarizzazione dei migranti irregolari.   La via suggerita è quella di una sanatoria tramite dichiarazione di un datore di lavoro che consente di ottenere un permesso di soggiorno e lavoro temporaneo che, finita la fase di emergenza, sarà  sottoposto all’iter previsto per questi tipi di permesso.
In questo modo, seppure in misura limitata, la regolarizzazione potrà  contribuire con il versamento di contributi al finanziamento dell’ingente impegno di spesa pubblica necessario per superare questa crisi.
Per rendere operativa la nostra proposta sarebbe necessario modificare la proposta di decreto legge attualmente in discussione in Commissione Lavoro che limita questa possibilità  ai settori dell’agricoltura, della pesca e della silvicoltura estendo la misura agli altri settori produttivi.
Inoltre dato che la regolarizzazione è innanzitutto per ragioni di salute pubblica, occorre rilasciare a tutti gli stranieri in condizioni di soggiorno illegale un permesso di soggiorno per asilo, in base ad art. 11 DPR 394/1999 e art. 10 Cost., prevedendo che sia utilizzabile da subito per iscriversi al SSN e al Centro per l’impiego e per accedere alle provvidenze di assistenza sociale. Le motivazioni umanitarie spesso non bastano a convincerci a realizzare passi avanti verso il progresso civile. Sarebbe però un grave errore per la nostra classe politica non fare quei passi quando queste s’incontrano, come in questo caso, con ragioni di convenienza ed opportunità “.
Primi firmatari (in ordine alfabetico):
Rossano Ivan Adorno, Università  del Salento
Roberta Agabio, Università  di Cagliari
Alessia Amighini, Università  del Piemonte Orientale
Michele Alacevich, Università  di Bologna
Carlo Altomonte, Università  Bocconi
Amedeo Amato, Università  di Genova
Maurizio Ambrosini, Università  di Milano
Bruno Anastasia, Veneto Lavoro
Massimo Andreoni, Università  Tor Vergata di Roma
Filippo Arfini, Università  di Parma
Alessandro Arrighetti Università  di Parma
Ugo Arrigo, Università  Bicocca di Milano
Pier Francesco Asso, Università  di Palermo
Massimo Attanasio, Università  di Palermo
Vitalba Azzollini, Consob
Angelo Baglioni, Università  Cattolica di Milano
Massimo Baldini, Università  di Modena e Reggio Emilia
Paolo Balduzzi, Università  Cattolica di Milano
Vincenzo Balzani, professore emerito di Chimica, Università  di Bologna
Angelo Baracca, Università  di Firenze
Giorgio Barba Navaretti, Università  degli studi di Milano
Marzio Barbagli, Università  di Bologna
Irene Barbiera, Università  di Padova
Tommaso Baris, Università  di Palermo
Laura Barin, IRVAPP
Roberto Basile, Università  de L’Aquila
Lorenzo Basilico, Università  eCampus.
Matteo Bassoli, Università  di Padova
Leonardo Becchetti, Università  di Roma Tor Vergat
Franco Becchis, Fondazione per l’Ambiente e| Turin School of Regulation
Don Renzo Beghini, Università  Cattolica del Sacro Cuoreì
Vittorio H. Beonio Brocchieri, Università  della CalabriaSimona Beretta, Università  Cattolica del Sacro Cuore
Paolo Beria, Politecnico di Milano
Carlotta Berti Ceroni, Università  di Bologna
Giancarlo Bertocco, Università  degli Studi dell’Insubria
Fabrizio Bientinesi, Università  di Pisa
Silvia Balia, Università  di Cagliari
Lavinia Bifulco, Università  di Milano Bicocca
Luigi Bisanti, medico epidemiologo
Andrea Boitani, Università  Cattolica del Sacro Cuore Milano
Tito Boeri, Università  Bocconi
Sabrina Bonomi, Università  eCampus
Massimo Bordignon, Università  Cattolica del Sacro Cuore
Vincenzo Bova, Università  degli Studi della Calabria
Salvatore Bragantini, giornalista economico
Sergio Briguglio, stranieriinitalia.it
Sergio Bruno, Università  di Roma La Sapienza
Luigino Bruni, Università  Lumsa
Paolo Brunori, Università  di Firenze e Università  di Bari
Aurelio Bruzzo, Università  di Ferrara
Carmelo Buscema, Università  della Calabria
Sandro Busso, Università  di Torino
Mario Caligiuri, Università  della Calabria
Romano Camassi, INGV
Stefano Campostrini, University Cà  Foscari di Venezia
Luciano Canova, Scuola Enrico Matte
Francesca Capo, Università  Milano Bicocca
Federica Capoferri, John Cabot University
Paolo Caputo, Università  della Calabria
Maria Rosaria Carillo, Università  Parthenope
Raul Caruso, Università  Cattolica del Sacro Cuore
Alessandra Casarico, Università  Bocconi
Roberto Castaldi, Università  eCampus
Pietro Castelli Gattinara, University of Oslo
Laura Castellucci, Università  di Roma Tor Vergata
Gianfranco Cerea, Universita di Trento
Domenico Cersosimo, Università  degli Studi della Calabria
Matteo Cervellati, Università  di Bologna
Umberto Cherubini, Università  di Bologna
Tommaso Ciarli, University of Sussex
Rocco Ciciretti, Università  di Roma Tor Vergata
Antonio Ciniero, Università  del Salento
Roberto Cipriani, Università  Lumsa
Cesare Cislaghi, economista sanitario
Marco Clementi, Università  della Calabria
Carla Colicelli, CNR
Giuliana Commisso, Università  della Calabria
Nicola Coniglio, Università  degli Studi di Bari
Dalit Contini, Università  di Torino
Pierluigi Conzo, Università  di Torino
Luca Corazzini, Università  Cà  Foscari di Venezia
Alessandro Corsi, Università  di Torino
Marcella Corsi, Università  di Roma La Sapienza
Giancarlo Corò, Università  Ca’ Foscari Venezia
Giuseppe Costa, Università  degli Studi di Torino
Antonio Costabile, Università  della Calabria
Terenzio Cozzi, Università  di Torino
Carlo Cristiano, Università  di Pisa
Mariafrancesca D’Agostino, Università  della Calabria
Joselle Dagnes, Università  di Torino
Mirella Damiani, Università  degli Studi di Perugia
Gianmarco Daniele, Università  di Milano
Marina Davoli, Dipartimento Epidemiologia Lazio
Francesco Daveri, Università  Bocconi
Piero David, ISPC
Giuseppe De Arcangelis, Università  di Roma la Sapienza
Luca De Benedictis, Università  di Macerata
Guido De Blasio, Banca d’Italia
Gianni De Fraja, University of Nottingham e Università  di Roma Tor Vergata
Gianluigi De Gennaro, Università  di Bari
Maria De Paola, Univesità  della Calabria
Roberto De Luca, Università  della Calabria
Sergio De Stefanis, Università  di Salerno
Pompeo Della Posta, Università  di Pisa
Daniela Del Boca, Collegio Carlo Alberto Torino
Francesco Della Puppa, Università  Cà  Foscari di Venezia
Gianpiero Dalla Zuanna, Università  di Padova
Gustavo De Santis, Università  di Firenze
Claudio De Vincenti, Università  di Roma La Sapienza e LUISS
Michele Di Maio, Università  di Roma La Sapienza
Enrico Di Pasquale, Fondazione Leone Moressa
Tommaso Di Tanno, Università  Luiss Roma
Cinzia Di Novi, Università  di Pavia
Fernando Di Nicola, Direzione studi INPS
Domenico Delli Gatti, Università  Cattolica del Sacro Cuore Milano
Angela Dettori, Università  di Cagliari
Nicola Doni, Università  di Firenze
Alberto Donzelli, Fondazione Allineare Sanità  e Salute
Franco Donzelli, Università  degli studi di Milano
Roberta Fadda, Università  di Cagliari
Guglielmo Faldetta, Università  di Enna Kore
Daniele Fano, Skills Together
Pietro Fantozzi, Università  degli Studi della Calabria
Francesco Farina, Università  LUISS Roma
Francesco Fasani, Queen Mary University London
Vincenzo Fasone, Università  di Enna Kore
Carlo Ambrogio Favero, Università  Bocconi
Giulia Felice, Politecnico di Milano
Francesco Ferrante, Università  di Cassino e del Lazio Meridionale
Livio Ferrante, Università  di Catania
Vincenzo Ferrari, Università  della Calabria
Giovanni Ferri, Università  Lumsa
Simone Ferro, Queen Mary University of London
Valerio Ficari, Università  di Roma Tor Vergata
Stefano Figuera, Università  di Catania
Marianna Filandri, Università  di Torino
Lapo Filistrucchi, Università  di Firenze
Nicola Fiorita, Università  della Calabria
Achille Flora, Università  Orientale di Napoli
Sonia Floriani, Università  della Calabria
Michela Floris, Università  di Cagliari
Francesco Forastiere, Epidemiologia e Prevenzione
Fulvio Fontini, Università  di Padov
Ferdinando Fornara, Università  di Cagliari
Margherita Fort, Università  di Bologna
Andrea Fracasso, Università  di Trento
Massimo Fragola, Università  della Calabria
Tommaso Frattini, Università  degli Studi di Milano
Andrea Fumagalli, Università  di Pavia
Vincenzo Galasso, Università  Bocconi
Silvio Gambino, Università  degli Studi della Calabria
Giuseppe Garofalo, Università  della Tuscia
Giampaolo Gerbasi, Università  della Calabria
Anna Rita Germani, Università  di Roma La Sapienza
Riccardo Ghidoni, Università  Milano Bicocca
Chiara Giaccardi, Università  Cattolica di Milano
Giorgio Giacinto, Università  di Cagliari
Silvia Giannini, Università  di Bologna
Francesco Giubileo, consulente in politiche del lavoro
Mario Gilli, Università  di Milano Bicocca
Giorgio Carlo Secondo Giraudi, Università  della Calabria
Luca Gnan, Università  di Roma Tor Vergata
Andrea Goldstein, economista
Gianluigi Gorla, Università  della Valle d’Aosta
Anna Granata, Università  degli Studi di Torino
Elena Granata, Università  Politecnico di Milano
Teresa Grande, Università  della Calabria
Paolo Graziano, Università  di Padov
Giulio Guarini, Università  degli studi della Tuscia di Viterbo
Maria Paola Guerra, Università  di Modena e Reggio Emili
Virginie Guiraudon, Sciences Po Pari
Rony Hamaui, Intesa SanPaolo Forvalu
Simona Iammarino, London School of Economic
Lelio Iapadre, Università  de L’Aquil
Gennaro Iasevoli, Università  Lums
Cesare Imbriani, Unitelma Sapienza
Sabrina Iommi, IRPE
Maria Intrieri, Università  della Calabri
Tullio Jappelli, Università  di Napoli Federico I
Paolo Jedlowski, Università  della Calabri
Massimo La Deda, Università  della Calabria
Antonio La Spina, Università  Luiss Roma
Valentino Larcinese, London School of Economics
Michele Lalla, Università  di Modena e Reggio Emilia
Stefano Landi, SL&A e Università  di Roma Tre
Alessandro Lanza, Università  Luiss Roma
Francesco Lissoni, Università  di Bordeaux
Lidia Lo Schiavo, Università  di Messina
Donatella Loprieno, Università  degli Studi della Calabria
Annalisa Loviglio, Università  di Bologna
Stefano Lucarelli, Università  degli studi di Bergamo
Marianna Lunardini, CeSP
Raffaele Lungarella, già  dirgente della pubblica amministrazione
Mauro Magatti, Università  Cattolica Milano
Antonio Magliulo, Università  degli Studi Internazionali, Roma
Pietro Manzini, Università  di Bologn
Riccardo Maiolini, John Cabot University Roma
Irene Mammi, Università  Cà  Foscari di Venezi
Alberto Mantovani, Humanitas Universit
Giorgio Marcello, Università  della Calabria
Silvia Marchesi Università  di Milano Bicocca
Piergaetano Marchetti, Università  Bocconi
Luigi Marengo, Università  LUISS
Paola Mariani, Università  Boccon
Matteo B. Marini, Università  degli Studi della Calabria
Giuseppe Marotta, Università  degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Arianna Martinelli, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
Massimiliano Marzo, Università  di Bologna
Roberto Masiero, Università  di Milano Bicocca
Antonio Massarutto, Università  di Udine
Giovanni Mastrobuoni, Università  di Torino
Massimiliano Mazzanti, Università  di Ferrara
Mariapia Mendola, Università  di Milano Bicocca
Elena Meschi, Università  di Milano Bicocca
Antonella Meo, Università  di Torino
Giuseppe Merlino, Università  di Napoli Federico II
Luca Michelini, Università  di Pisa
Stefano Micossi, Università  Luiss
Carlo Milani, Università  Roma Tre
Angelo Mineo, Università  di Palermo
Giorgio Mion, Università  di Verona
Chiara Monfardini, Università  di Bologna
Pierluigi Montalbano, Università  di Roma la Sapienza
Claudio Morana, Universita di Milano Bicocca
Andrea Morrison, Universià  Bocconi e Università  di Utrecht
Piergiuseppe Morone, Unitelma Sapienz
Marina Murat, Università  di Modena e Reggio Emilia
Vera Negri Zamagni, Università  di Bologna
Silvia Nenci, Università  di Roma Tre
Sebastiano Nerozzi, Università  Cattolica del Sacro Cuore Milano
Giuseppe Nicoletti, OECD Economics Department
Marcella Nicolini, Università  di Pavia
Walter Nocito, Università  della Calabria
Giuseppe Notarstefano, Università  di Palermo
Marco Onado, Università  Bocconi
Luciano Orsi, medico palliativista
Lia Pacelli, Università  di Torino
Paolo Paesani, Università  di Roma Tor Vergata
Ivana Pais, Università  Cattolica del Sacro Cuore Milano
Vera Palea, Università  di Torino
Daniela Parisi, Università  Cattolica del Sacro Cuore Milano
Silvia Barbara Pasqua, Università  di Torino
Fabrizio Passarini, Università  di Bologna
Stefano Pasta, Università  Cattolica del Sacro Cuore Milano
Manoela Patti, Università  di Palermo
Marco Pedroni, Università  eCampu
Enza Pellecchia, Università  di Pisa
Simone Pellegrino, Università  di Torino
Vittorio Pelligra, Università  di Cagliari
Michele Pellizzari, University of Geneva
Vito Peragine, Università  di Bar
Cosimo Perrotta, Università  del Salent
Marta Petrusewicz, Università  della Calabria
Paolo Pettenati, Università  Politecnica delle Marche
Vincenzo Pezzi, Università  della Calabria
Rocco Pezzimenti, Università  Lumsa
Massimiliano Piacenza, Università  del Piemonte Orientale
Daniela Piazzalunga, FBK-IRVAPP
Lavinia Piemontese, à‰cole normale supèrieure de Lyon
Paolo Pini, Università  di Ferrara
Vito Pipitone, CNR
Prisco Piscitelli, ISBEM
Maurizio Pitzolu, Scuola di economia civile
Emanuele Polizzi, Università  Milano Bicocca
Michele Polo, Università  Bocconi
Marco Ponti, BRT
Michela Ponzo, Università  della Calabria
Donatella Porrini, Università  del Salento
Giovanni Prarolo, Università  di Bologna
Augusto Preta, International Institute of Communications
Fabio Privileggi, Università  di Torino
Paola Profeta, Università  Bocconi
Riccardo Puglisi, Università  di Pavia
Valeria Pupo, Università  della Calabria
Fernando Puzzo, Università  della Calabria
Roberta Rabellotti, Università  di Pavia
Paolo Ramazzotti, Università  di Macerata
Emanuele Ranci Ortigosa, IRS
Teresa Randazzo, Università  Cà  Foscari di Venezia
Stefania Ravazzi, University of Torino
Piercarlo Ravazzi, Politecnico di Torino
Ettore Recchi, Sciences Po Paris
Pietro Reichlin, Università  Luiss Rom
Giuseppe Remuzzi, Istituto Mario Negri
Fulvio Ricceri, Università  degli Studi di Torino
Walter Ricciardi, Università  Cattolica del Sacro Cuore
Giorgio Ricchiuti, Università  di Firenze
Francesca Ricciardi, Università  di Torino
Roberto Ricciuti, University of Verona
Maria Stella Righettini, Università  di Padova
Matteo Rizzolli, Università  Lumsa
Silvana Robone, Università  dell’Insubria
Donato Romano, Università  di Firenz
Alessandro Rosina, Università  Cattolica del Sacro Cuore Milan
Annalisa Rosselli, Università  di Roma Tor Vergata
Carla Rossi, Università  di Roma Tor Vergata
Fiorenzo Rossi, Università  di Padova
Renato Ruffini, Università  statale di Milano
Enzo Rullani, Università  Cà  Foscari di Venezia
Francesco Rullani, Università  Cà  Foscari di Venezia
Alberto Russo, Università  Politecnica delle Marche
Margherita Russo, Università  di Reggio Emilia
Gaetano Sabatin, Università  di Roma Tre
Rodolfo Saracci, International Epidemiological Association, Lione, Francia
Antonio Santangelo, Università  di Torino
Chiara Saraceno, Collegio Carlo Alberto Torino
Claudio Sardoni, Università  di Roma La Sapienza
Maria Savona, University of Sussex
Domenico Scalera, Università  del Sannio
Pasquale Scaramozzino, Università  di Roma Tor Vergata
Fabiano Schivardi, Università  Luiss Roma
Camille Schmoll, Universitè de Paris
Vincenzo Scoppa, Università  della Calabria
Raffaele Scuderi, Università  di Enna Kore
Mario Sebastiani, Università  di Roma Tor Vergata
Alfonso Senatore, Università  della Calabria
Antonio Sileo, Università  Bocconi
Annamaria Simonazzi, Università  di Roma La Sapienza
Giovanni Sistu, Università  di Cagliari
Francesco Sobbrio, Università  Luiss Roma
Stefano Solari, Università  di Padova
Rodolfo Soncini Sessa, Politecnico di Milano
Eleanor Spaventa, Università  Bocconi
Luca Storti, Università  di Torino
Lucia Tajoli, Politecnico di Milano
Roberto Tamborini, Università  di Trento
Piero Tani, Università  di Firenze
Maria Letizia Tanturri, Università  di Padova
Renata Targetti, Università  di Pavia
Andrea Terzi, Franklin University Switzerland di Lugano
Mario Tiberi, Università  di Roma La Sapienza
Patrizio Tirelli, Università  Milano Bicocca
Ermanno Celeste Tortia, Università  di Trento
Giuseppe Travaglini, Università  di Urbino
Ugo Trivellato, Università  di Padova
Gilberto Turati, Università  Cattolica di Milano
Gianfranco Tusset, Università  di Padova
Stefano Usai, Università  di Cagliari
Silvia Vacca, Scuola di economia civile
Gianni Vaggi, Università  di Pavia
Enzo Valentini, University of Macerata
Elena Vallino, Politecnico di Torino
Paolo Vanin, Università  di Bologna
Alberto Vannucci, Università  di Pisa
Francesco Vella, Università  di Bologna
Gessica Vella, Università  della Calabria
Marco Ventoruzzo, Università  Bocconi
Cecilia Vergnano, University of Amsterdam
Luciano Vetoretto, Università  Iuav di Venezia
Gianfranco Viesti, Università  di Bari
Daniele Vignoli, Università  di Firenze
Paolo Vineis, Imperial College London
Claudio Virno, economista
Antonio Viscomi, Università  Magna Graecia di Catanzaro
Annamaria Vitale, Università  della Calabria
Marco Vivarelli, Università  Cattolica del Sacro Cuore Milano
Tommaso Vitale, Sciences Po Urban School
Stefano Zamagni, Università  di Bologna
Marco Zurru, Università  di Cagliari

(da agenzie)

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LUCIANA LAMORGESE SPIEGA A SALVINI CHE GLI IRREGOLARI SONO AUMENTATI PER COLPA SUA

Gennaio 15th, 2020 Riccardo Fucile

SMANTELLATE TUTTE LE BALLE DEL LEGHISTA… CON SALVINI 87.000 IRREGOLARI IN PIU’ E MENO RIMPATRI… I DECRETI SICUREZZA VANNO ABOLITI, BASTA TAPPULLI, SI RIPRISTINI LA LEGALITA’

Ieri sera la ministro dell’Interno Luciana Lamorgese a Otto e Mezzo ha ribadito alcuni fatti noti che la propaganda leghista ha tentato — e tenta tutt’ora — di presentare diversamente.
A partire dalla immaginaria questione dei porti chiusi da Matteo Salvini e dei porti aperti dal nuovo Governo. Come aveva già  detto il sindaco di Lampedusa si tratta di pura propaganda.
La titolare del Viminale infatti a ribadito che «i porti non sono mai stati chiusi perchè è vero che c’era il divieto di sbarco ma poi regolarmente sbarcavano su indicazione della magistratura». E non solo, perchè i porti erano “chiusi” solo per le ONG ma apertissimi per tutti gli altri.
Perchè sono aumentati gli sbarchi?
Lamorgese ha anche spiegato la ragione dell’aumento degli sbarchi a partire da settembre. Un dato sul quale Matteo Salvini ha più volte puntato il dito contro Conte Bis spiegando che è quello che succede quando si “riaprono i porti” alle ONG.
Ma non solo quei migranti non sono arrivati grazie alle ONG, quindi non sarebbero stati bloccati nemmeno dal predecessore di Lamorgese la quale ha spiegato che «la maggior parte veniva dalla Tunisia — dove non c’era un governo e quindi una situazione di instabilità  — e quasi nessuno dalla Libia. Non sapendo con chi prendere accordi in quanto mancava il ministro dell’Interno tunisino e ancora adesso non c’è un governo in Tunisia quello va ad incidere sulla situazione generale dei flussi migratori». Parole molto diverse da quelle di Salvini, che prima di tornare ad essere un semplice senatore raccontava che la Tunisia era un paese sicuro perchè gli italiani ci andavano in vacanza.
Ma dal Governo ci si aspetta, soprattutto da parte del PD, un intervento di revisione dei Decreti Sicurezza, meglio ancora se un’abolizione completa. L’abolizione non ci sarà , perchè la ministra Lamorgese lascia intendere che ci sarà  al massimo una lieve rimodulazione che comprende multe più basse per le ONG — o meglio un ritorno a quanto previsto dal primo Decreto Sicurezza — e qualche passo indietro sui permessi di soggiorno per motivi umanitari.
Non un ripristino però. La titolare del Viminale spiega che è necessario «ampliare la categoria dei permessi umanitari per evitare quello che stava succedendo a dicembre e sul quale siamo dovuti intervenire».
La frase non è molto chiara, perchè la categoria in questione è stata completamente abrogata. Ma il senso del discorso invece è perfettamente comprensibile: «tutti quelli che non avevano il permesso umanitario in base al Decreto poi venivano buttati fuori per strada e quindi ce li trovavamo nelle piazze nelle strade e nelle stazioni». È il problema degli irregolari creati proprio dal Decreto Sicurezza e dall’abolizione della protezione umanitaria.
Il Viminale infatti è dovuto intervenire per concedere una proroga di sei mesi — dal 1 gennaio al 30 giugno 2020 — dei servizi ex Sprar che oggi sono i Siproimi (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati) che accolgono i migranti cui è stata concessa la protezione umanitaria proprio per evitare che migliaia di migranti finissero in mezzo alla strada.
Allo stesso tempo la ministra non ha intenzione di tornare al sistema degli Sprar e sembra ritenere che la scelta di dare una stretta ai permessi umanitari per coloro che non ottenevano la protezione internazionale non sia stata completamente sbagliata perchè «eravamo l’unico paese che eravamo al 28%, gli altri paesi erano al 3-4%» (ora siamo intorno al 2%, scrive Matteo Villa dell’ISPI su Twitter). È chiaro però che proprio la stretta sui permessi umanitari ha contribuito ad aumentare il numero degli irregolari (il ministro però evita di fornire le cifre).
Secondo Matteo Villa a settembre 2019 «il numero di stranieri irregolari in Italia sfiora i 640.000. Sono 87.000 in più da fine maggio 2018, cioè dall’entrata in carica del Governo Conte I».
Di conseguenza con il Decreto Salvini in Italia oggi ci sono almeno 26mila stranieri irregolari in più rispetto ad uno scenario in cui quella forma di protezione internazionale fosse stata mantenuta.
Ora la ministra, che rivendica maggiore sobrietà  rispetto alle felpe salviniane, ritiene che una revisione del Decreto Sicurezza possa far rientrare l’emergenza creata da Salvini, quello che chiudeva i porti ma nel frattempo creava migliaia di irregolari tra i migranti già  sbarcati e presenti in Italia.

(da “NextQuotidiano”)

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ORRORE IN FRANCIA: BAMBINO TROVATO MORTO NEL CARRELLO DI ATTERRAGGIO DI UN AEREO PROVENIENTE DALLA COSTA D’AVORIO

Gennaio 8th, 2020 Riccardo Fucile

AVEVA CIRCA 10 ANNI, UN’ALTRA GIOVANE VITTIMA DELL’IMMIGRAZIONE

Il corpo di un bambino “di circa dieci anni” è stato trovato questa mattina all’interno del carrello di atterraggio di un aereo Air France proveniente dalla Costa D’Avorio.
Il Boeing 777, volo AF703 che collega Abidjan (ABJ) a Parigi – Charles de Gaulle, era decollato da Abidjan, lmartedì sera per atterrare poco dopo le 5 di mattina a Parigi. In un comunicato stampa, la compagnia aerea, che conferma la morte di un “passaggio clandestino” senza specificarne l’età , esprime compassione e parla di “dramma umano”
“Oltre la tragedia umana, quello che è successo indica una grave violazione della sicurezza nell’aeroporto di Abidjan”, ha detto una fonte di sicurezza ivoriana. Negli ultimi anni, diversi clandestini, tra cui adolescenti africani, hanno provato a fuggire nello stesso modo dal Paese. Le temperature scendono a -50° tra i 9 e i 10mila metri, altitudine alla quale volano gli aerei di linea. Le custodie del carrello di atterraggio non sono nè riscaldate nè pressurizzate.

(da agenzie)

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SUNDAY, IL RIFUGIATO CHE PULISCE LE STRADE GRATIS: “MI RENDO UTILE AL PAESE CHE MI OSPITA”

Dicembre 29th, 2019 Riccardo Fucile

ARRIVATO DALLA NIGERIA, HA 35 ANNI E IL SOGNO DI FARE IL SALDATORE: “APPENA TROVERO’ UN LAVORO VORREI PORTARE QUI A MILANO ANCHE I MIEI DUE BAMBINI”

Armato di rastrello e sacchi gialli, da tre settimane raccoglie le foglie sul viale alberato di corso Lodi.
Sunday ha 35 anni, arriva dalla Nigeria ed è in Italia da due anni e mezzo. Con lo status di rifugiato vive in una comunità  a Varese, ma ogni mattina prende il treno, scende a Rogoredo, e pulisce un pezzo di pista ciclabile.
Più o meno dal civico 113 fino a piazzale Corvetto. “Un giorno ero qui e mi sono accorto di quanto è sporca questa zona, così ho avuto l’idea di fare qualcosa di utile per il Paese che mi ospita”.
È quello che ha scritto su un cartello che lascia ogni mattina al centro della pista ciclabile, sotto un barattolo cilindrico di patatine dove raccoglie le offerte di chi passa. “Desidero integrarmi onestamente nella vostra città  senza chiedere l’elemosina – ha scritto – . Da oggi terrò pulite le vostre strade, a chi volesse chiedo un piccolo contributo per il mio lavoro. Buste, scope e palette sono ben accetti. Chi avesse bisogno per qualche lavoretto può chiamarmi”.
Sunday è cattolico, e spiega l’iniziativa con una frase della Bibbia. “‘È meglio il poco del giusto che la grande abbondanza dei malvagi’ – dice sorridendo – . I soldi non sono la cosa più importante. Lo faccio per rendermi utile”.
Molti passanti lo notano. Qualcuno lascia delle monete nella scatola, una donna gli mette una banconota nella mani, altri si fermano a parlarci. “Hai bisogno di scarpe o vestiti? – gli chiede una coppia di ragazzi – . Se sei qui tra mezz’ora, ti porto qualcosa”.
Sunday arriva ogni mattina intorno alle 9 e resta a pulire corso Lodi fino alle due del pomeriggio. Poi torna a Varese. “Qui non pulisce mai nessuno, è sempre sporco – dice una signora – . Questo ragazzo lo vedo ogni giorno, si rende utile, è bello che qualcuno si occupi di questa zona”.
Sunday ha attraversato l’Africa e il Mediterraneo. È sbarcato in Calabria, poi è arrivato al Nord. “A Lagos ho lasciato i miei figli di 12 e 9 anni. Vivono con i miei parenti. Il mio sogno è farli arrivare in Italia, ma devo prima trovare un lavoro. In Nigeria ho lavorato per otto anni come saldatore. Qui vorrei fare una corso professionale e fare lo stesso lavoro”.

(da “La Repubblica”)

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GLI ITALIANI CHE EMIGRANO SONO PIU’ DEI MIGRANTI CHE ARRIVANO

Dicembre 22nd, 2019 Riccardo Fucile

CONTINUA LA CRISI DEMOGRAFICA E NON E’ VERO CHE GLI STRANIERI RUBANO IL LAVORO

Le chiacchiere sono tante, la realtà  un’altra: la crisi demografica italiana si accentua. I morti prevalgono sulle nascite (374 mila nati contro 625 mila decessi nel 2018) ma l’emigrazione di cittadini italiani verso l’estero ha raggiunto nel 2018 quota 117 mila connazionali, che hanno cancellato la propria residenza anagrafica in Italia.
Dal 2015 al 2018 i residenti stranieri sono aumentati complessivamente di 240 mila persone, mentre 446 mila italiani hanno trasferito la propria residenza all’estero (a fronte di 156 mila rimpatri nello stesso periodo).
Lo rende noto l’anticipazione del report annuale sulle migrazioni della Fondazione Di Vittorio
“Un sorpasso – si legge nello studio – che è legato a molti fattori, tra i quali l’acquisizione della cittadinanza da parte di stranieri già  residenti, ma va considerato anche che l’emigrazione italiana è sottostimata, come dimostrano le differenze considerevoli tra i nostri dati ufficiali e quelli registrati nei diversi paesi di migrazione dai relativi uffici immigrazione, in particolare nell’area dello spazio Ue di libera circolazione”.
Il Presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni, sottolinea: “I numeri dimostrano che nessuna invasione è in atto. E’ necessario invece contrastare una pericolosa e negativa crisi demografica con interventi a sostegno della natalità  e a favore di lavoratori e famiglie, ma anche attraverso una equilibrata politica di governo (e non di aprioristico contrasto) dei flussi migratori in entrata legati al lavoro oltre che alla protezione internazionale e ricongiungimento familiare”.
Il secondo luogo comune – prosegue il report – che si usa ai fini del consenso è: “Gli immigrati ci rubano il lavoro e/o i nostri soldi”.
Anche in questo caso è bene fare riferimento alle cifre ufficiali. Il contributo alla crescita economica (PIL) dell’immigrazione e’ importante: nel 2018 la ricchezza generata dai lavoratori immigrati regolarmente presenti e’ stimata in 139 miliardi di euro, pari al 9% del PIL totale.
Ma, ancora più significativa per confutare lo slogan precedente, è la partecipazione degli stranieri all’incremento del PIL: nel periodo 2001-2011 la crescita cumulata senza il contributo dell’immigrazione sarebbe stata negativa (-4,4%) mentre, grazie alla spinta imputabile alla forza lavoro straniera (stimata pari a +6,6% nello stesso periodo), e’ risultata positiva (+2,3%).
Anche nel periodo 2011-2016 il contributo dell’immigrazione alla variazione del Pil e’ stato rilevante (+3,3%) e ha contenuto la flessione effettiva (-2,8%) che altrimenti, in assenza degli stranieri, sarebbe stata ben più accentuata (-6,1%).
Anche a livello fiscale i conti sono in regola. Esistono diversi metodi di stima che conducono tutti ad un saldo positivo (dati 2017) tra entrate e uscite ascrivibili all’immigrazione, da + 200 milioni (stima prudenziale basata sui costi medi per settore) fino a +3,2 miliardi (stima basata sul costo marginale).
Infine il lavoro. Gli occupati stranieri sono 2 milioni 455 mila e rappresentano il 10% del totale dell’occupazione, percentuale stabile dal 2015.
Il tasso di occupazione è diminuito nel corso della crisi recente in misura molto più marcata tra gli stranieri che tra gli italiani (tra il 2007 e il 2013 la differenza tra il tasso dei primi e il tasso dei secondi è passata da +9 a +3 punti percentuali) mentre dal 2014 al 2018 i tassi di occupazione degli uni e degli altri hanno segui’to lo stesso andamento crescente
Anche per il lavoro, come per le risorse – sintetizza la Fondazione Di Vittorio – i luoghi comuni vengono smentiti dai dati.
Una differenza sostanziale invece esiste e riguarda le professioni, con la prevalenza tra gli immigrati delle qualifiche piu’ basse (uno straniero su tre svolge professioni non qualificate, quattro volte il rapporto registrato tra gli occupati italiani) e per la percentuale molto alta di occupati sovra-qualificati.
Anche il disagio nell’occupazione (lavoro temporaneo e/o part time involontario), è molto più diffuso tra i lavoratori stranieri che tra quelli italiani.
La clandestinità : dopo le sanatorie, ultima nel 2011, il bacino dei clandestini è andato via via aumentando. Le stime di diversi istituti convergono su una cifra attualmente attorno alle 500 mila unità , persone costrette ad una vita durissima, che spesso lavorano in nero, sfruttate da “schiavisti” che lucrano sulla loro attività , senza alcun beneficio per lo Stato ed ampliando invece quell’area a rischio di illegalita’ che la condizione di clandestino provoca

(da Globalist)

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