destra di popolo

GLI IMMIGRATI CREANO PIU’ RICCHEZZA DI QUANTO LO STATO SPENDA PER LORO

Ottobre 14th, 2020 admin

I LAVORATORI IMMIGRATI VERSANO IN TASSE 26,6 MILIARDI DI EURO

La presenza di immigrati in Italia è decisamente conveniente per lo Stato. Infatti, i lavoratori stranieri che vivono nel nostro Paese producono una ricchezza pari al 9,5% del Pil, ben 147 miliardi di euro.
E versano in tasse 26,6 miliardi di euro, mentre il costo totale dei servizi a loro erogati corrisponde a 26,1 miliardi, circa il 3% della spesa pubblica.
Se si confrontano tasse, imposte e contributi pagati dagli stranieri residenti in Italia con quelli che lo Stato spende per loro, risulterà un beneficio netto per il secondo di 500 milioni di euro.
Mezzo miliardo su cui possono fare conto le casse pubbliche dovuti meramente alla presenza di immigrati che lavorano sul nostro territorio. Sono i dati del Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione ad opera della Fondazione Leone Moressa, redatto con il contributo della Cgia di Mestre, il patrocinio dell’Organizzazione Internazionale per le migrazioni, dei ministeri degli Esteri e dell’Economia e dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Sono 2,5 milioni i lavoratori stranieri residenti in Italia. E come abbiamo visto generano più benefici che costi. Un utile che potrebbe essere ancora più elevato, di altri 360 milioni all’anno, viste le regolarizzazioni avviate nel 2020. Rispetto a dieci anni fa sono 600 mila in più. Per la maggior parte svolgono lavori per cui non serve un’alta qualificazione, il 56,3% sono uomini e sette su dieci hanno tra i 35 e i 54 anni. La percentuale di laureati si attesta attorno al 12%, mentre oltre la metà presenta come titolo di studio la terza media.
Non si tiene conto degli irregolari. Ragion per cui si pensa che il contributo della presenza di lavoratori stranieri in Italia potrebbe essere ancora più alto: dai numeri riportati sfuggono gli stranieri che risiedono irregolarmente sul territorio e che spesso per forza di cose finiscono per fare affidamento sul lavoro nero.
Nel report si sottolinea che gli stranieri presenti in Italia sono in aumento: dal 2010 ad oggi sono passati da 3,65 a 5,26 milioni. Ma sempre meno persone vengono nel nostro Paese per lavoro. Nonostante ciò negli ultimi 10 anni sono comunque aumentati del 32,7% gli immigrati che aprono nuove attività nel nostro Paese: sono circa 772 mila, il 10% del totale italiano.
Per la maggior parte si tratta di cittadini cinesi, ma figurano anche molti rumeni e marocchini. Una crescita degna di nota si registra però anche tra gli imprenditori del Bangladesh e del Pakistan. In totale si contano 584 mila imprese straniere che producono un valore aggiunto di 125,9 miliardi.

(da Fanpage)

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QUANDO LA LOTTA PER L’INTEGRAZIONE PASSA ATTRAVERSO LO SMARTPHONE

Ottobre 9th, 2020 admin

L’IDEA DI AISHA COULIBALY CHE HA DATO VITA A MYGRANTS

Nata a Foggia, cresciuta a Bologna. Insieme al fidanzato Cris ha creato una piattaforma che ora accompagna oltre 88mila migranti nel loro percorso di formazione
A Foggia era conosciuto come Colby. Si chiamava Lassina Coulibaly ed era uno dei primi migranti arrivati dalla Costa d’Avorio, aveva trovato un lavoro regolare e si era sposato con una donna italiana, da cui erano nati due figli. Non solo. Colby era presidente dell’associazione Africa Unite, nata per promuovere l’integrazione dei migranti e difendere i loro diritti in una terra dominata dal caporalato.
Colby è morto nel 2014, a 48 anni. E sua figlia Aisha ha ereditato la sua missione, proiettandola in un mondo completamente nuovo: quello digitale.
È così che nel 2017 è nata Mygrants, una piattaforma dedicata a tutti i migranti che una volta arrivati in Italia hanno bisogno di informazioni per capire le norme dell’accoglienza e soprattutto di percorsi di formazione per poter entrare nel mercato di lavoro.
Ad oggi Mygrants conta 88mila utenti, ha supportato oltre 1200 ingressi lavorativi e finanziato 2 imprese nate da migranti. Sulla sua storia è stato realizzato anche un corto girato a 360° all’interno del progetto New Realities sostenuto da Lenovo. Ma gli obiettivi di Aisha non si sono certo fermati qui.
Quando hai iniziato ad occuparti di migranti?
«A casa non si parlava d’altro. Mio padre conosceva 12 lingue ma non sapeva scrivere in italiano. Spesso mi chiedeva di trascrivere le storie dei migranti che si rivolgevano alla sua associazione. Lui rivendicava i diritti di chi lavorava nei campi di pomodoro con scioperi, eventi e manifestazioni. Io ho scelto un altro approccio».
Perchè hai deciso di aprire Mygrants?
«Non è stata un’idea solo mia. Qualche anno fa ho conosciuto Cris, il mio attuale compagno. Lui aveva lavorato come data analyst per il progetto europeo Frontex e stava cercando di avviare in Italia un programma per sostenere i migranti nella ricerca di un lavoro. Analizzando i dati che stavamo raccogliendo, ci siamo resi conto che i migranti passavano circa 600 giorni in attesa di cominciare un percorso di formazione, senza contare che le proposte non erano sempre in linea con i loro interessi. Ricordo un ragazzo, mio amico, laureato in Africa in medicina che qui raccoglieva pomodori».
Come funziona la vostra piattaforma?
«Mygrants si basa una tecnologia chiamata microlearning. Esistono diversi percorsi di formazione su livelli: si va da quelli che sviluppano competenze legate all’informatica a quelli per diventare un addetto alla sanificazione, ruolo molto ricercato ora. Oltre agli inserimenti lavorativi cerchiamo anche di aiutare ad avviare una start up chi ha un’idea imprenditoriale. Ora stiamo sviluppando un progetto per le aziende che si chiama PickMe, per aiutarle a trovare candidati tra i nostri utenti».
Quali sono i percorsi più richiesti?
«Ci sono tutti i corsi per lavorare nelle industrie manifatturiere e poi tutta la parte dedicata all’accoglienza negli alberghi e nei ristoranti. Oltre ai percorsi di formazione, molti utenti si affidano a noi anche per essere aggiornati sulla normativa che riguarda l’accoglienza».
Chi sono i vostri utenti?
«La maggior parte arriva dall’Africa Subsahariana, parlo di Stati come la Costa d’Avorio, la Nigeria o il Burkina Fasu. Tendenzialmente hanno meno di 35 anni, sono soprattutto uomini e sono migranti economici».
Avete scelto di lanciare questa azienda come una for profit. Come mai?
«Non potevamo mettere tutte le nostre competenze al servizio di un progetto su cui lavorare nel tempo libero. All’inizio il modello di business era semplice: ci rivolgevamo ai centri di accoglienza proponendoci per seguire i migranti nella parte di formazione che spesso loro non riuscivano a erogare. Adesso stiamo cercando di allargarci, lavorando assieme a grandi aziende o enti che possano finanziare i nostri progetti».
Dove vuole arrivare Mygrants?
«L’obiettivo è aumentare la nostra diffusione in Africa. Vorremmo intercettare i talenti direttamente lì creare dei canali per permettere ai migranti di viaggiare legalmente verso i Paesi europei».
Quanto c’è di tuo padre in questo progetto?
«Mio padre mi ha insegnato a essere perseverante. È grazie a lui che oggi ho deciso di iniziare questa sfida».

(da Open)

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I 211 ESSERI UMANI SALVATI DALLA SEA WATCH TRASBORDATI SULLA MOBY ZAZA DOVE FARANNO LA QUARANTENA

Giugno 21st, 2020 admin

LA NAVE DELLA ONG TEDESCA E’ TORNATA A PORTO EMPEDOCLE UN ANNO DOPO DALL’ACCOSTO DI CAROLA RACKETE

Sono già terminate le operazioni di trasferimento dei 211 migranti arrivati a Porto Empedocle tramite la Ong Sea Watch 3
Da questa mattina, intorno alle 10, la nave tedesca ha iniziato l’operazione di trasbordo dei migranti sulla Moby Zazà, con la Guardia di finanza a sorvegliare il porto.
La Sea Watch ritorna così a Porto Empedocle dopo quasi un anno dal caso del presunto speronamento della nave ong alla guardia di finanza e il conseguente arresto di Carola Rackete, trasportata nella stessa banchina dove oggi sbarcano i migranti, da Lampedusa. Le 211 persone, partite dalla Libia con piccole imbarcazioni, sono state salvate in mare aperto in 3 diverse operazioni, la prima delle quali circa 48 ore fa.
Dopo aver effettuato i salvataggi, il team della Ong tedesca aveva chiesto un porto sicuro, decidendo infine di sbarcare a Porto Empedocle, dove è stata collocata anche la Moby Zazà, la nave scelta dal governo per la quarantena dei migranti che arrivano sulle coste italiane durante l’emergenza Coronavirus.
Intanto il tema migranti è anche al centro di una prossima missione di una delegazione del Comitato Schengen, che proprio martedì sarà a Porto Empedocle per esaminare il sistema accoglienza siciliano, per recarsi poi nei principali centri di accoglienza dell’isola, compresi anche quello di Lampedusa e di Pozzallo.
Proprio in quest’ultima cittadina portuale è arrivata ieri sera la Mare Jonio, con a bordo 67 migranti soccorsi a 48 miglia da Lampedusa.

(da agenzie)

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L’APPELLO DI ECONOMISTI, GIURISTI E VIROLOGI: “REGOLARIZZARE GLI IMMIGRATI IN TUTTI I SETTORI ECONOMICI”

Aprile 25th, 2020 admin

DARE UN PERMESSO DI SOGGIORNO AGLI INVISIBILI PER SOTTRARLI AL POTENZIALE BACINO DI MANOVALANZA DELLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA

Un appello con 360 firmatari - tra economisti, immunologi, virologi, giuristi ed esperti di immigrazione - per sollecitare la regolarizzazione degli immigrati irregolari non solo in agricoltura ma anche in tutti gli altri settori economici del Paese.
Gli “invisibili”, infatti, rischiano di essere uno dei maggiori fattori di rischio nella nascita di nuovi focolai. Inoltre rappresentano un potenziale bacino di manovalanza per la criminalità.
La via legislativa potrebbe essere quella di una sanatoria tramite dichiarazione di un datore di lavoro, che consente di ottenere un permesso di soggiorno e lavoro temporaneo che, finita la fase di emergenza, sarà sottoposto all’iter previsto per questi tipi di permesso.
“Sta circolando in questi giorni nelle commissioni parlamentari la bozza di un disegno di legge per la regolarizzazione degli immigrati irregolari in agricoltura - si legge nel documento - In questo nostro appello vogliamo sottolineare l’opportunità di estendere la proposta agli irregolari che lavorano in tutti gli altri settori economici del paese (e, in primis, in quelli cruciali dei servizi alla persona, dell’artigianato, dell’industria e dei servizi ad essa collegati). Non soffermandoci sulle evidenti motivazioni umanitarie ma su quelle di carattere sanitario, di sicurezza, economico e sociale.
I firmatari espongono poi le motivazioni e i contenuti della proposta.
Motivazioni
“I costi psicologici, sociali ed economici della paralisi della vita sociale ed economica a cui siamo stati costretti per combattere il Coronavirus sono drammatici e sotto gli occhi di tutti. E’ urgente passare il prima possibile alla fase 2 ma dopo 6 settimane di distanziamento sociale il declino dei nuovi positivi, e soprattutto dei decessi, appare ancora troppo lento, soprattutto nella regione Lombardia, che è il cuore produttivo del paese e anche, di gran lunga, la regione più colpita con più del 50 percento dei decessi.
E’ stato sottolineato di recente come la presenza di centinaia di migliaia di migranti irregolari e “invisibili” possa essere un problema serio in questo frangente. Secondo le stime più recenti (ISPI, 2020) i migranti irregolari sono circa 600,000 vivono in genere occupando in molti piccole abitazioni e, anche in caso di malattia, ritardano il contatto coi medici a meno di versare in condizioni veramente gravi.
Un’indagine ISFOL (2014) sottolinea come gran parte di essi lavora fuori dal settore agricolo (13.6% sono artigiani, operai specializzati o agricoltori e 72,6% svolgono professioni non qualificate che includono badanti, colf e piccolo commercio in grandi centri urbani).
Non si hanno stime della loro distribuzione regionale ma è del tutto presumibile che siano concentrati in misura maggiore nelle regioni a maggiore attività economica del paese che sono anche le più colpite (in Lombardia, applicando le percentuali di migranti regolari gli irregolari sarebbero almeno 100.000).
E’ del tutto evidente dunque che la presenza di un gran numero di irregolari nelle aree oggi più a rischio rende di fatto altamente aleatorie le probabilità di successo di attività di somministrazione di test sanitari, tracciamento e monitoraggio di massa necessarie per assicurare il successo della fase due. In parallelo, con la graduale riapertura delle attività economiche gli irregolari rischiano di essere uno dei maggiori fattori di rischio nella nascita di nuovi focolai”.
“Oltre a queste dirimenti motivazioni di carattere sanitario - continua il testo -  è ben noto che gli irregolari costituiscono un potenziale bacino di manovalanza per la criminalità con rischi che aumentano quando, in momenti come questi, condizioni di vita decente sono ulteriormente precluse. Da un punto di vista economico è stato sottolineato più volte come lavoratori immigrati irregolari e poco qualificati sottrarrebbero opportunità occupazionali a lavoratori italiani e determinerebbero una concorrenza al ribasso sul costo del lavoro che finisce per peggiorare dignità del lavoro e condizioni di vita anche dei lavoratori italiani a bassa qualifica.
L’improvvisa scarsità di stagionali stranieri a seguito della chiusura delle frontiere per la pandemia ha evidenziato come i mercati del lavoro non siano in realtà così flessibili da ipotizzare una facile sostituzione tra lavoratori italiani e stranieri, lontani per mansioni e localizzazione.
La regolarizzazione dei lavoratori stranieri avrebbe in questo caso un potenziale doppio beneficio. Rendere più facile lo spostamento tra diverse aree di chi già si trova nel nostro paese e, attraverso la sanatoria e la regolarizzazione, ridurre quelle condizioni di scarsa dignità e precarietà che rendono purtroppo il lavoro degli immigrati irregolari più “competitivo” rispetto a quello di lavoratori italiani che non accettano quelle condizioni.
In linea di principio, come sostenuto da forze politiche del nostro paese, gli irregolari potrebbero essere espulsi. I dati recenti insegnano però che, neanche nella stagione politica nella quale il ministro dell’interno ha sostenuto con forza questa strategia, i “risultati” delle politiche di rimpatrio sono stati significativi.
L’espulsione di massa degli irregolari si è dimostrata non praticabile per diversi motivi (onerosità dei costi complessivi di identificazione e trasferimento nei paesi di origine, difficoltà di stipulare accordi con i paesi di origine). Tanto meno si può pensare sia praticabile per sventare i rischi sanitari di cui sopra in breve tempo e in un momento difficile come questo.
In conclusione, motivazioni non soltanto umanitarie, ma anche sanitarie, di sicurezza, economiche e sociali suggeriscono l’opportunità della regolarizzazione degli irregolari seguendo una via già tracciata dal governo portoghese”.
Contenuti e forma legislativa
“Trovando fondamento in queste motivazioni - sostengono ancora i firmatari -  proponiamo dunque di estendere a tutti gli altri settori produttivi oltre quello agricolo la regolarizzazione dei migranti irregolari.  La via suggerita è quella di una sanatoria tramite dichiarazione di un datore di lavoro che consente di ottenere un permesso di soggiorno e lavoro temporaneo che, finita la fase di emergenza, sarà sottoposto all’iter previsto per questi tipi di permesso.
In questo modo, seppure in misura limitata, la regolarizzazione potrà contribuire con il versamento di contributi al finanziamento dell’ingente impegno di spesa pubblica necessario per superare questa crisi.
Per rendere operativa la nostra proposta sarebbe necessario modificare la proposta di decreto legge attualmente in discussione in Commissione Lavoro che limita questa possibilità ai settori dell’agricoltura, della pesca e della silvicoltura estendo la misura agli altri settori produttivi.
Inoltre dato che la regolarizzazione è innanzitutto per ragioni di salute pubblica, occorre rilasciare a tutti gli stranieri in condizioni di soggiorno illegale un permesso di soggiorno per asilo, in base ad art. 11 DPR 394/1999 e art. 10 Cost., prevedendo che sia utilizzabile da subito per iscriversi al SSN e al Centro per l’impiego e per accedere alle provvidenze di assistenza sociale. Le motivazioni umanitarie spesso non bastano a convincerci a realizzare passi avanti verso il progresso civile. Sarebbe però un grave errore per la nostra classe politica non fare quei passi quando queste s’incontrano, come in questo caso, con ragioni di convenienza ed opportunità“.
Primi firmatari (in ordine alfabetico):
Rossano Ivan Adorno, Università del Salento
Roberta Agabio, Università di Cagliari
Alessia Amighini, Università del Piemonte Orientale
Michele Alacevich, Università di Bologna
Carlo Altomonte, Università Bocconi
Amedeo Amato, Università di Genova
Maurizio Ambrosini, Università di Milano
Bruno Anastasia, Veneto Lavoro
Massimo Andreoni, Università Tor Vergata di Roma
Filippo Arfini, Università di Parma
Alessandro Arrighetti Università di Parma
Ugo Arrigo, Università Bicocca di Milano
Pier Francesco Asso, Università di Palermo
Massimo Attanasio, Università di Palermo
Vitalba Azzollini, Consob
Angelo Baglioni, Università Cattolica di Milano
Massimo Baldini, Università di Modena e Reggio Emilia
Paolo Balduzzi, Università Cattolica di Milano
Vincenzo Balzani, professore emerito di Chimica, Università di Bologna
Angelo Baracca, Università di Firenze
Giorgio Barba Navaretti, Università degli studi di Milano
Marzio Barbagli, Università di Bologna
Irene Barbiera, Università di Padova
Tommaso Baris, Università di Palermo
Laura Barin, IRVAPP
Roberto Basile, Università de L’Aquila
Lorenzo Basilico, Università eCampus.
Matteo Bassoli, Università di Padova
Leonardo Becchetti, Università di Roma Tor Vergat
Franco Becchis, Fondazione per l’Ambiente e| Turin School of Regulation
Don Renzo Beghini, Università Cattolica del Sacro Cuoreì
Vittorio H. Beonio Brocchieri, Università della CalabriaSimona Beretta, Università Cattolica del Sacro Cuore
Paolo Beria, Politecnico di Milano
Carlotta Berti Ceroni, Università di Bologna
Giancarlo Bertocco, Università degli Studi dell’Insubria
Fabrizio Bientinesi, Università di Pisa
Silvia Balia, Università di Cagliari
Lavinia Bifulco, Università di Milano Bicocca
Luigi Bisanti, medico epidemiologo
Andrea Boitani, Università Cattolica del Sacro Cuore Milano
Tito Boeri, Università Bocconi
Sabrina Bonomi, Università eCampus
Massimo Bordignon, Università Cattolica del Sacro Cuore
Vincenzo Bova, Università degli Studi della Calabria
Salvatore Bragantini, giornalista economico
Sergio Briguglio, stranieriinitalia.it
Sergio Bruno, Università di Roma La Sapienza
Luigino Bruni, Università Lumsa
Paolo Brunori, Università di Firenze e Università di Bari
Aurelio Bruzzo, Università di Ferrara
Carmelo Buscema, Università della Calabria
Sandro Busso, Università di Torino
Mario Caligiuri, Università della Calabria
Romano Camassi, INGV
Stefano Campostrini, University Cà Foscari di Venezia
Luciano Canova, Scuola Enrico Matte
Francesca Capo, Università Milano Bicocca
Federica Capoferri, John Cabot University
Paolo Caputo, Università della Calabria
Maria Rosaria Carillo, Università Parthenope
Raul Caruso, Università Cattolica del Sacro Cuore
Alessandra Casarico, Università Bocconi
Roberto Castaldi, Università eCampus
Pietro Castelli Gattinara, University of Oslo
Laura Castellucci, Università di Roma Tor Vergata
Gianfranco Cerea, Universita di Trento
Domenico Cersosimo, Università degli Studi della Calabria
Matteo Cervellati, Università di Bologna
Umberto Cherubini, Università di Bologna
Tommaso Ciarli, University of Sussex
Rocco Ciciretti, Università di Roma Tor Vergata
Antonio Ciniero, Università del Salento
Roberto Cipriani, Università Lumsa
Cesare Cislaghi, economista sanitario
Marco Clementi, Università della Calabria
Carla Colicelli, CNR
Giuliana Commisso, Università della Calabria
Nicola Coniglio, Università degli Studi di Bari
Dalit Contini, Università di Torino
Pierluigi Conzo, Università di Torino
Luca Corazzini, Università Cà Foscari di Venezia
Alessandro Corsi, Università di Torino
Marcella Corsi, Università di Roma La Sapienza
Giancarlo Corò, Università Ca’ Foscari Venezia
Giuseppe Costa, Università degli Studi di Torino
Antonio Costabile, Università della Calabria
Terenzio Cozzi, Università di Torino
Carlo Cristiano, Università di Pisa
Mariafrancesca D’Agostino, Università della Calabria
Joselle Dagnes, Università di Torino
Mirella Damiani, Università degli Studi di Perugia
Gianmarco Daniele, Università di Milano
Marina Davoli, Dipartimento Epidemiologia Lazio
Francesco Daveri, Università Bocconi
Piero David, ISPC
Giuseppe De Arcangelis, Università di Roma la Sapienza
Luca De Benedictis, Università di Macerata
Guido De Blasio, Banca d’Italia
Gianni De Fraja, University of Nottingham e Università di Roma Tor Vergata
Gianluigi De Gennaro, Università di Bari
Maria De Paola, Univesità della Calabria
Roberto De Luca, Università della Calabria
Sergio De Stefanis, Università di Salerno
Pompeo Della Posta, Università di Pisa
Daniela Del Boca, Collegio Carlo Alberto Torino
Francesco Della Puppa, Università Cà Foscari di Venezia
Gianpiero Dalla Zuanna, Università di Padova
Gustavo De Santis, Università di Firenze
Claudio De Vincenti, Università di Roma La Sapienza e LUISS
Michele Di Maio, Università di Roma La Sapienza
Enrico Di Pasquale, Fondazione Leone Moressa
Tommaso Di Tanno, Università Luiss Roma
Cinzia Di Novi, Università di Pavia
Fernando Di Nicola, Direzione studi INPS
Domenico Delli Gatti, Università Cattolica del Sacro Cuore Milano
Angela Dettori, Università di Cagliari
Nicola Doni, Università di Firenze
Alberto Donzelli, Fondazione Allineare Sanità e Salute
Franco Donzelli, Università degli studi di Milano
Roberta Fadda, Università di Cagliari
Guglielmo Faldetta, Università di Enna Kore
Daniele Fano, Skills Together
Pietro Fantozzi, Università degli Studi della Calabria
Francesco Farina, Università LUISS Roma
Francesco Fasani, Queen Mary University London
Vincenzo Fasone, Università di Enna Kore
Carlo Ambrogio Favero, Università Bocconi
Giulia Felice, Politecnico di Milano
Francesco Ferrante, Università di Cassino e del Lazio Meridionale
Livio Ferrante, Università di Catania
Vincenzo Ferrari, Università della Calabria
Giovanni Ferri, Università Lumsa
Simone Ferro, Queen Mary University of London
Valerio Ficari, Università di Roma Tor Vergata
Stefano Figuera, Università di Catania
Marianna Filandri, Università di Torino
Lapo Filistrucchi, Università di Firenze
Nicola Fiorita, Università della Calabria
Achille Flora, Università Orientale di Napoli
Sonia Floriani, Università della Calabria
Michela Floris, Università di Cagliari
Francesco Forastiere, Epidemiologia e Prevenzione
Fulvio Fontini, Università di Padov
Ferdinando Fornara, Università di Cagliari
Margherita Fort, Università di Bologna
Andrea Fracasso, Università di Trento
Massimo Fragola, Università della Calabria
Tommaso Frattini, Università degli Studi di Milano
Andrea Fumagalli, Università di Pavia
Vincenzo Galasso, Università Bocconi
Silvio Gambino, Università degli Studi della Calabria
Giuseppe Garofalo, Università della Tuscia
Giampaolo Gerbasi, Università della Calabria
Anna Rita Germani, Università di Roma La Sapienza
Riccardo Ghidoni, Università Milano Bicocca
Chiara Giaccardi, Università Cattolica di Milano
Giorgio Giacinto, Università di Cagliari
Silvia Giannini, Università di Bologna
Francesco Giubileo, consulente in politiche del lavoro
Mario Gilli, Università di Milano Bicocca
Giorgio Carlo Secondo Giraudi, Università della Calabria
Luca Gnan, Università di Roma Tor Vergata
Andrea Goldstein, economista
Gianluigi Gorla, Università della Valle d’Aosta
Anna Granata, Università degli Studi di Torino
Elena Granata, Università Politecnico di Milano
Teresa Grande, Università della Calabria
Paolo Graziano, Università di Padov
Giulio Guarini, Università degli studi della Tuscia di Viterbo
Maria Paola Guerra, Università di Modena e Reggio Emili
Virginie Guiraudon, Sciences Po Pari
Rony Hamaui, Intesa SanPaolo Forvalu
Simona Iammarino, London School of Economic
Lelio Iapadre, Università de L’Aquil
Gennaro Iasevoli, Università Lums
Cesare Imbriani, Unitelma Sapienza
Sabrina Iommi, IRPE
Maria Intrieri, Università della Calabri
Tullio Jappelli, Università di Napoli Federico I
Paolo Jedlowski, Università della Calabri
Massimo La Deda, Università della Calabria
Antonio La Spina, Università Luiss Roma
Valentino Larcinese, London School of Economics
Michele Lalla, Università di Modena e Reggio Emilia
Stefano Landi, SL&A e Università di Roma Tre
Alessandro Lanza, Università Luiss Roma
Francesco Lissoni, Università di Bordeaux
Lidia Lo Schiavo, Università di Messina
Donatella Loprieno, Università degli Studi della Calabria
Annalisa Loviglio, Università di Bologna
Stefano Lucarelli, Università degli studi di Bergamo
Marianna Lunardini, CeSP
Raffaele Lungarella, già dirgente della pubblica amministrazione
Mauro Magatti, Università Cattolica Milano
Antonio Magliulo, Università degli Studi Internazionali, Roma
Pietro Manzini, Università di Bologn
Riccardo Maiolini, John Cabot University Roma
Irene Mammi, Università Cà Foscari di Venezi
Alberto Mantovani, Humanitas Universit
Giorgio Marcello, Università della Calabria
Silvia Marchesi Università di Milano Bicocca
Piergaetano Marchetti, Università Bocconi
Luigi Marengo, Università LUISS
Paola Mariani, Università Boccon
Matteo B. Marini, Università degli Studi della Calabria
Giuseppe Marotta, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Arianna Martinelli, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
Massimiliano Marzo, Università di Bologna
Roberto Masiero, Università di Milano Bicocca
Antonio Massarutto, Università di Udine
Giovanni Mastrobuoni, Università di Torino
Massimiliano Mazzanti, Università di Ferrara
Mariapia Mendola, Università di Milano Bicocca
Elena Meschi, Università di Milano Bicocca
Antonella Meo, Università di Torino
Giuseppe Merlino, Università di Napoli Federico II
Luca Michelini, Università di Pisa
Stefano Micossi, Università Luiss
Carlo Milani, Università Roma Tre
Angelo Mineo, Università di Palermo
Giorgio Mion, Università di Verona
Chiara Monfardini, Università di Bologna
Pierluigi Montalbano, Università di Roma la Sapienza
Claudio Morana, Universita di Milano Bicocca
Andrea Morrison, Universià Bocconi e Università di Utrecht
Piergiuseppe Morone, Unitelma Sapienz
Marina Murat, Università di Modena e Reggio Emilia
Vera Negri Zamagni, Università di Bologna
Silvia Nenci, Università di Roma Tre
Sebastiano Nerozzi, Università Cattolica del Sacro Cuore Milano
Giuseppe Nicoletti, OECD Economics Department
Marcella Nicolini, Università di Pavia
Walter Nocito, Università della Calabria
Giuseppe Notarstefano, Università di Palermo
Marco Onado, Università Bocconi
Luciano Orsi, medico palliativista
Lia Pacelli, Università di Torino
Paolo Paesani, Università di Roma Tor Vergata
Ivana Pais, Università Cattolica del Sacro Cuore Milano
Vera Palea, Università di Torino
Daniela Parisi, Università Cattolica del Sacro Cuore Milano
Silvia Barbara Pasqua, Università di Torino
Fabrizio Passarini, Università di Bologna
Stefano Pasta, Università Cattolica del Sacro Cuore Milano
Manoela Patti, Università di Palermo
Marco Pedroni, Università eCampu
Enza Pellecchia, Università di Pisa
Simone Pellegrino, Università di Torino
Vittorio Pelligra, Università di Cagliari
Michele Pellizzari, University of Geneva
Vito Peragine, Università di Bar
Cosimo Perrotta, Università del Salent
Marta Petrusewicz, Università della Calabria
Paolo Pettenati, Università Politecnica delle Marche
Vincenzo Pezzi, Università della Calabria
Rocco Pezzimenti, Università Lumsa
Massimiliano Piacenza, Università del Piemonte Orientale
Daniela Piazzalunga, FBK-IRVAPP
Lavinia Piemontese, École normale supérieure de Lyon
Paolo Pini, Università di Ferrara
Vito Pipitone, CNR
Prisco Piscitelli, ISBEM
Maurizio Pitzolu, Scuola di economia civile
Emanuele Polizzi, Università Milano Bicocca
Michele Polo, Università Bocconi
Marco Ponti, BRT
Michela Ponzo, Università della Calabria
Donatella Porrini, Università del Salento
Giovanni Prarolo, Università di Bologna
Augusto Preta, International Institute of Communications
Fabio Privileggi, Università di Torino
Paola Profeta, Università Bocconi
Riccardo Puglisi, Università di Pavia
Valeria Pupo, Università della Calabria
Fernando Puzzo, Università della Calabria
Roberta Rabellotti, Università di Pavia
Paolo Ramazzotti, Università di Macerata
Emanuele Ranci Ortigosa, IRS
Teresa Randazzo, Università Cà Foscari di Venezia
Stefania Ravazzi, University of Torino
Piercarlo Ravazzi, Politecnico di Torino
Ettore Recchi, Sciences Po Paris
Pietro Reichlin, Università Luiss Rom
Giuseppe Remuzzi, Istituto Mario Negri
Fulvio Ricceri, Università degli Studi di Torino
Walter Ricciardi, Università Cattolica del Sacro Cuore
Giorgio Ricchiuti, Università di Firenze
Francesca Ricciardi, Università di Torino
Roberto Ricciuti, University of Verona
Maria Stella Righettini, Università di Padova
Matteo Rizzolli, Università Lumsa
Silvana Robone, Università dell’Insubria
Donato Romano, Università di Firenz
Alessandro Rosina, Università Cattolica del Sacro Cuore Milan
Annalisa Rosselli, Università di Roma Tor Vergata
Carla Rossi, Università di Roma Tor Vergata
Fiorenzo Rossi, Università di Padova
Renato Ruffini, Università statale di Milano
Enzo Rullani, Università Cà Foscari di Venezia
Francesco Rullani, Università Cà Foscari di Venezia
Alberto Russo, Università Politecnica delle Marche
Margherita Russo, Università di Reggio Emilia
Gaetano Sabatin, Università di Roma Tre
Rodolfo Saracci, International Epidemiological Association, Lione, Francia
Antonio Santangelo, Università di Torino
Chiara Saraceno, Collegio Carlo Alberto Torino
Claudio Sardoni, Università di Roma La Sapienza
Maria Savona, University of Sussex
Domenico Scalera, Università del Sannio
Pasquale Scaramozzino, Università di Roma Tor Vergata
Fabiano Schivardi, Università Luiss Roma
Camille Schmoll, Université de Paris
Vincenzo Scoppa, Università della Calabria
Raffaele Scuderi, Università di Enna Kore
Mario Sebastiani, Università di Roma Tor Vergata
Alfonso Senatore, Università della Calabria
Antonio Sileo, Università Bocconi
Annamaria Simonazzi, Università di Roma La Sapienza
Giovanni Sistu, Università di Cagliari
Francesco Sobbrio, Università Luiss Roma
Stefano Solari, Università di Padova
Rodolfo Soncini Sessa, Politecnico di Milano
Eleanor Spaventa, Università Bocconi
Luca Storti, Università di Torino
Lucia Tajoli, Politecnico di Milano
Roberto Tamborini, Università di Trento
Piero Tani, Università di Firenze
Maria Letizia Tanturri, Università di Padova
Renata Targetti, Università di Pavia
Andrea Terzi, Franklin University Switzerland di Lugano
Mario Tiberi, Università di Roma La Sapienza
Patrizio Tirelli, Università Milano Bicocca
Ermanno Celeste Tortia, Università di Trento
Giuseppe Travaglini, Università di Urbino
Ugo Trivellato, Università di Padova
Gilberto Turati, Università Cattolica di Milano
Gianfranco Tusset, Università di Padova
Stefano Usai, Università di Cagliari
Silvia Vacca, Scuola di economia civile
Gianni Vaggi, Università di Pavia
Enzo Valentini, University of Macerata
Elena Vallino, Politecnico di Torino
Paolo Vanin, Università di Bologna
Alberto Vannucci, Università di Pisa
Francesco Vella, Università di Bologna
Gessica Vella, Università della Calabria
Marco Ventoruzzo, Università Bocconi
Cecilia Vergnano, University of Amsterdam
Luciano Vetoretto, Università Iuav di Venezia
Gianfranco Viesti, Università di Bari
Daniele Vignoli, Università di Firenze
Paolo Vineis, Imperial College London
Claudio Virno, economista
Antonio Viscomi, Università Magna Graecia di Catanzaro
Annamaria Vitale, Università della Calabria
Marco Vivarelli, Università Cattolica del Sacro Cuore Milano
Tommaso Vitale, Sciences Po Urban School
Stefano Zamagni, Università di Bologna
Marco Zurru, Università di Cagliari

(da agenzie)

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LUCIANA LAMORGESE SPIEGA A SALVINI CHE GLI IRREGOLARI SONO AUMENTATI PER COLPA SUA

Gennaio 15th, 2020 admin

SMANTELLATE TUTTE LE BALLE DEL LEGHISTA… CON SALVINI 87.000 IRREGOLARI IN PIU’ E MENO RIMPATRI… I DECRETI SICUREZZA VANNO ABOLITI, BASTA TAPPULLI, SI RIPRISTINI LA LEGALITA’

Ieri sera la ministro dell’Interno Luciana Lamorgese a Otto e Mezzo ha ribadito alcuni fatti noti che la propaganda leghista ha tentato – e tenta tutt’ora – di presentare diversamente.
A partire dalla immaginaria questione dei porti chiusi da Matteo Salvini e dei porti aperti dal nuovo Governo. Come aveva già detto il sindaco di Lampedusa si tratta di pura propaganda.
La titolare del Viminale infatti a ribadito che «i porti non sono mai stati chiusi perché è vero che c’era il divieto di sbarco ma poi regolarmente sbarcavano su indicazione della magistratura». E non solo, perché i porti erano “chiusi” solo per le ONG ma apertissimi per tutti gli altri.
Perché sono aumentati gli sbarchi?
Lamorgese ha anche spiegato la ragione dell’aumento degli sbarchi a partire da settembre. Un dato sul quale Matteo Salvini ha più volte puntato il dito contro Conte Bis spiegando che è quello che succede quando si “riaprono i porti” alle ONG.
Ma non solo quei migranti non sono arrivati grazie alle ONG, quindi non sarebbero stati bloccati nemmeno dal predecessore di Lamorgese la quale ha spiegato che «la maggior parte veniva dalla Tunisia – dove non c’era un governo e quindi una situazione di instabilità – e quasi nessuno dalla Libia. Non sapendo con chi prendere accordi in quanto mancava il ministro dell’Interno tunisino e ancora adesso non c’è un governo in Tunisia quello va ad incidere sulla situazione generale dei flussi migratori». Parole molto diverse da quelle di Salvini, che prima di tornare ad essere un semplice senatore raccontava che la Tunisia era un paese sicuro perché gli italiani ci andavano in vacanza.
Ma dal Governo ci si aspetta, soprattutto da parte del PD, un intervento di revisione dei Decreti Sicurezza, meglio ancora se un’abolizione completa. L’abolizione non ci sarà, perché la ministra Lamorgese lascia intendere che ci sarà al massimo una lieve rimodulazione che comprende multe più basse per le ONG – o meglio un ritorno a quanto previsto dal primo Decreto Sicurezza – e qualche passo indietro sui permessi di soggiorno per motivi umanitari.
Non un ripristino però. La titolare del Viminale spiega che è necessario «ampliare la categoria dei permessi umanitari per evitare quello che stava succedendo a dicembre e sul quale siamo dovuti intervenire».
La frase non è molto chiara, perché la categoria in questione è stata completamente abrogata. Ma il senso del discorso invece è perfettamente comprensibile: «tutti quelli che non avevano il permesso umanitario in base al Decreto poi venivano buttati fuori per strada e quindi ce li trovavamo nelle piazze nelle strade e nelle stazioni». È il problema degli irregolari creati proprio dal Decreto Sicurezza e dall’abolizione della protezione umanitaria.
Il Viminale infatti è dovuto intervenire per concedere una proroga di sei mesi – dal 1 gennaio al 30 giugno 2020 – dei servizi ex Sprar che oggi sono i Siproimi (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati) che accolgono i migranti cui è stata concessa la protezione umanitaria proprio per evitare che migliaia di migranti finissero in mezzo alla strada.
Allo stesso tempo la ministra non ha intenzione di tornare al sistema degli Sprar e sembra ritenere che la scelta di dare una stretta ai permessi umanitari per coloro che non ottenevano la protezione internazionale non sia stata completamente sbagliata perché «eravamo l’unico paese che eravamo al 28%, gli altri paesi erano al 3-4%» (ora siamo intorno al 2%, scrive Matteo Villa dell’ISPI su Twitter). È chiaro però che proprio la stretta sui permessi umanitari ha contribuito ad aumentare il numero degli irregolari (il ministro però evita di fornire le cifre).
Secondo Matteo Villa a settembre 2019 «il numero di stranieri irregolari in Italia sfiora i 640.000. Sono 87.000 in più da fine maggio 2018, cioè dall’entrata in carica del Governo Conte I».
Di conseguenza con il Decreto Salvini in Italia oggi ci sono almeno 26mila stranieri irregolari in più rispetto ad uno scenario in cui quella forma di protezione internazionale fosse stata mantenuta.
Ora la ministra, che rivendica maggiore sobrietà rispetto alle felpe salviniane, ritiene che una revisione del Decreto Sicurezza possa far rientrare l’emergenza creata da Salvini, quello che chiudeva i porti ma nel frattempo creava migliaia di irregolari tra i migranti già sbarcati e presenti in Italia.

(da “NextQuotidiano”)

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ORRORE IN FRANCIA: BAMBINO TROVATO MORTO NEL CARRELLO DI ATTERRAGGIO DI UN AEREO PROVENIENTE DALLA COSTA D’AVORIO

Gennaio 8th, 2020 admin

AVEVA CIRCA 10 ANNI, UN’ALTRA GIOVANE VITTIMA DELL’IMMIGRAZIONE

Il corpo di un bambino “di circa dieci anni” è stato trovato questa mattina all’interno del carrello di atterraggio di un aereo Air France proveniente dalla Costa D’Avorio.
Il Boeing 777, volo AF703 che collega Abidjan (ABJ) a Parigi - Charles de Gaulle, era decollato da Abidjan, lmartedì sera per atterrare poco dopo le 5 di mattina a Parigi. In un comunicato stampa, la compagnia aerea, che conferma la morte di un “passaggio clandestino” senza specificarne l’età, esprime compassione e parla di “dramma umano”
“Oltre la tragedia umana, quello che è successo indica una grave violazione della sicurezza nell’aeroporto di Abidjan”, ha detto una fonte di sicurezza ivoriana. Negli ultimi anni, diversi clandestini, tra cui adolescenti africani, hanno provato a fuggire nello stesso modo dal Paese. Le temperature scendono a -50° tra i 9 e i 10mila metri, altitudine alla quale volano gli aerei di linea. Le custodie del carrello di atterraggio non sono né riscaldate né pressurizzate.

(da agenzie)

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SUNDAY, IL RIFUGIATO CHE PULISCE LE STRADE GRATIS: “MI RENDO UTILE AL PAESE CHE MI OSPITA”

Dicembre 29th, 2019 admin

ARRIVATO DALLA NIGERIA, HA 35 ANNI E IL SOGNO DI FARE IL SALDATORE: “APPENA TROVERO’ UN LAVORO VORREI PORTARE QUI A MILANO ANCHE I MIEI DUE BAMBINI”

Armato di rastrello e sacchi gialli, da tre settimane raccoglie le foglie sul viale alberato di corso Lodi.
Sunday ha 35 anni, arriva dalla Nigeria ed è in Italia da due anni e mezzo. Con lo status di rifugiato vive in una comunità a Varese, ma ogni mattina prende il treno, scende a Rogoredo, e pulisce un pezzo di pista ciclabile.
Più o meno dal civico 113 fino a piazzale Corvetto. “Un giorno ero qui e mi sono accorto di quanto è sporca questa zona, così ho avuto l’idea di fare qualcosa di utile per il Paese che mi ospita”.
È quello che ha scritto su un cartello che lascia ogni mattina al centro della pista ciclabile, sotto un barattolo cilindrico di patatine dove raccoglie le offerte di chi passa. “Desidero integrarmi onestamente nella vostra città senza chiedere l’elemosina — ha scritto — . Da oggi terrò pulite le vostre strade, a chi volesse chiedo un piccolo contributo per il mio lavoro. Buste, scope e palette sono ben accetti. Chi avesse bisogno per qualche lavoretto può chiamarmi”.
Sunday è cattolico, e spiega l’iniziativa con una frase della Bibbia. “‘È meglio il poco del giusto che la grande abbondanza dei malvagi’ — dice sorridendo — . I soldi non sono la cosa più importante. Lo faccio per rendermi utile”.
Molti passanti lo notano. Qualcuno lascia delle monete nella scatola, una donna gli mette una banconota nella mani, altri si fermano a parlarci. “Hai bisogno di scarpe o vestiti? — gli chiede una coppia di ragazzi — . Se sei qui tra mezz’ora, ti porto qualcosa”.
Sunday arriva ogni mattina intorno alle 9 e resta a pulire corso Lodi fino alle due del pomeriggio. Poi torna a Varese. “Qui non pulisce mai nessuno, è sempre sporco — dice una signora — . Questo ragazzo lo vedo ogni giorno, si rende utile, è bello che qualcuno si occupi di questa zona”.
Sunday ha attraversato l’Africa e il Mediterraneo. È sbarcato in Calabria, poi è arrivato al Nord. “A Lagos ho lasciato i miei figli di 12 e 9 anni. Vivono con i miei parenti. Il mio sogno è farli arrivare in Italia, ma devo prima trovare un lavoro. In Nigeria ho lavorato per otto anni come saldatore. Qui vorrei fare una corso professionale e fare lo stesso lavoro”.

(da “La Repubblica”)

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GLI ITALIANI CHE EMIGRANO SONO PIU’ DEI MIGRANTI CHE ARRIVANO

Dicembre 22nd, 2019 admin

CONTINUA LA CRISI DEMOGRAFICA E NON E’ VERO CHE GLI STRANIERI RUBANO IL LAVORO

Le chiacchiere sono tante, la realtà un’altra: la crisi demografica italiana si accentua. I morti prevalgono sulle nascite (374 mila nati contro 625 mila decessi nel 2018) ma l’emigrazione di cittadini italiani verso l’estero ha raggiunto nel 2018 quota 117 mila connazionali, che hanno cancellato la propria residenza anagrafica in Italia.
Dal 2015 al 2018 i residenti stranieri sono aumentati complessivamente di 240 mila persone, mentre 446 mila italiani hanno trasferito la propria residenza all’estero (a fronte di 156 mila rimpatri nello stesso periodo).
Lo rende noto l’anticipazione del report annuale sulle migrazioni della Fondazione Di Vittorio
“Un sorpasso - si legge nello studio - che è legato a molti fattori, tra i quali l’acquisizione della cittadinanza da parte di stranieri già residenti, ma va considerato anche che l’emigrazione italiana è sottostimata, come dimostrano le differenze considerevoli tra i nostri dati ufficiali e quelli registrati nei diversi paesi di migrazione dai relativi uffici immigrazione, in particolare nell’area dello spazio Ue di libera circolazione”.
Il Presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni, sottolinea: “I numeri dimostrano che nessuna invasione è in atto. E’ necessario invece contrastare una pericolosa e negativa crisi demografica con interventi a sostegno della natalità e a favore di lavoratori e famiglie, ma anche attraverso una equilibrata politica di governo (e non di aprioristico contrasto) dei flussi migratori in entrata legati al lavoro oltre che alla protezione internazionale e ricongiungimento familiare”.
Il secondo luogo comune - prosegue il report - che si usa ai fini del consenso è: “Gli immigrati ci rubano il lavoro e/o i nostri soldi”.
Anche in questo caso è bene fare riferimento alle cifre ufficiali. Il contributo alla crescita economica (PIL) dell’immigrazione e’ importante: nel 2018 la ricchezza generata dai lavoratori immigrati regolarmente presenti e’ stimata in 139 miliardi di euro, pari al 9% del PIL totale.
Ma, ancora più significativa per confutare lo slogan precedente, è la partecipazione degli stranieri all’incremento del PIL: nel periodo 2001-2011 la crescita cumulata senza il contributo dell’immigrazione sarebbe stata negativa (-4,4%) mentre, grazie alla spinta imputabile alla forza lavoro straniera (stimata pari a +6,6% nello stesso periodo), e’ risultata positiva (+2,3%).
Anche nel periodo 2011-2016 il contributo dell’immigrazione alla variazione del Pil e’ stato rilevante (+3,3%) e ha contenuto la flessione effettiva (-2,8%) che altrimenti, in assenza degli stranieri, sarebbe stata ben più accentuata (-6,1%).
Anche a livello fiscale i conti sono in regola. Esistono diversi metodi di stima che conducono tutti ad un saldo positivo (dati 2017) tra entrate e uscite ascrivibili all’immigrazione, da + 200 milioni (stima prudenziale basata sui costi medi per settore) fino a +3,2 miliardi (stima basata sul costo marginale).
Infine il lavoro. Gli occupati stranieri sono 2 milioni 455 mila e rappresentano il 10% del totale dell’occupazione, percentuale stabile dal 2015.
Il tasso di occupazione è diminuito nel corso della crisi recente in misura molto più marcata tra gli stranieri che tra gli italiani (tra il 2007 e il 2013 la differenza tra il tasso dei primi e il tasso dei secondi è passata da +9 a +3 punti percentuali) mentre dal 2014 al 2018 i tassi di occupazione degli uni e degli altri hanno segui’to lo stesso andamento crescente
Anche per il lavoro, come per le risorse - sintetizza la Fondazione Di Vittorio - i luoghi comuni vengono smentiti dai dati.
Una differenza sostanziale invece esiste e riguarda le professioni, con la prevalenza tra gli immigrati delle qualifiche piu’ basse (uno straniero su tre svolge professioni non qualificate, quattro volte il rapporto registrato tra gli occupati italiani) e per la percentuale molto alta di occupati sovra-qualificati.
Anche il disagio nell’occupazione (lavoro temporaneo e/o part time involontario), è molto più diffuso tra i lavoratori stranieri che tra quelli italiani.
La clandestinità: dopo le sanatorie, ultima nel 2011, il bacino dei clandestini è andato via via aumentando. Le stime di diversi istituti convergono su una cifra attualmente attorno alle 500 mila unità, persone costrette ad una vita durissima, che spesso lavorano in nero, sfruttate da “schiavisti” che lucrano sulla loro attività, senza alcun beneficio per lo Stato ed ampliando invece quell’area a rischio di illegalita’ che la condizione di clandestino provoca

(da Globalist)

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NON C’E’ NESSUNA INVASIONE, A OTTOBRE ARRIVI IN LINEA CON QUELLI DELL’ANNO SCORSO

Ottobre 13th, 2019 admin

IN REALTA’ CRESCONO SOLO GLI SBARCHI FANTASMA DALLA TUNISIA A CAUSA DEL MOMENTO POLITICO CHE ATTRAVERSA IL PAESE

Da quando Salvini ha lasciato il Viminale non c’è stata “l’invasione” tanto paventata dalla Lega. Secondo i dati del Ministero dell’Interno sono stati poco più di 300 (per la precisione 306) i migranti sbarcati sulle coste italiane dall’1 all’11 ottobre.
Numeri in linea con quelli dello scorso anno: a ottobre 2018 i migranti arrivati in Italia via Mediterraneo erano stati 1007 (il dato si riferisce a tutto il mese).
Al momento dunque non c’è nessuna emergenza sbarchi.
Vero è invece che a settembre il numero degli arrivi è stato superiore a quello dell’anno precedente: 2498 contro 947, quasi il triplo.
Secondo gli esperti però l’aumento non è da attribuire né al governo Pd-M5s né al presunto pull factor delle navi Ong (che non esiste) quanto piuttosto alle condizioni meteo favorevoli e al fatto che i trafficanti di migranti della Libia avrebbero iniziato a sfruttare le rotte frequentate prevalentemente dai tunisini, ovvero quelle degli sbarchi autonomi o “fantasma”.
E se è vero che l’impennata c’è stata, è altrettanto vero che si tratta comunque di numeri molto bassi rispetto a quelli registrati prima del 2017.
Quanto al presunto fattore di attrazione rappresentato dalle Ong, Matteo Villa dell’Ispi fa notare su Twitter che “all’inizio dell’anno a oggi, dalla Libia sono partite almeno 13.309 persone”.
Di queste, 3.177 hanno preso il mare quando le Ong erano al largo delle coste libiche e 10.132 lo hanno fatto “senza nessun assetto europeo in mare a fare ricerca e soccorso”.
Tra l’1 settembre e il 12 ottobre invece ci sono state 26 partenze al giorno con Ong al largo delle coste libiche e 67 al giorno senza nessun assetto di soccorso al largo.“
In una lettera inviata al Corriere della Sera, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese  ha precisato: “A settembre si è registrato un aumento, ma stiamo risentendo del particolare momento politico che sta attraversando la Tunisia”.
Secondo i dati del Viminale il 28% dei migranti sbarcati nel 2019 arriva proprio dal paese nordafricano.

(da agenzie)

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