Ottobre 5th, 2011 Riccardo Fucile
SECONDO LA CORTE COSTITUZIONALE IL CONTROLLO SULLA REGOLARITA’ DEGLI ISCRITTI SPETTA SOLO AL GIUDICE CIVILE…. SCONGIURATO COSI’ IL RISCHIO DI ANNULLAMENTO DEL VOTO: CI VORRANNO ANNI PRIMA CHE UN GIUDICE CIVILE SI ESPRIMA SULLA FIRME FALSE…I RADICALI: “D’ORA IN POI SARA’ IMPOSSIBILE OTTENERE GIUSTIZIA CONTRO UNA QUALSIASI TRUFFA ELETTORALE”
La Corte Costituzionale ha deciso: spetta solo al giudice civile il controllo sulla veridicità delle firme per la presentazione di liste e candidati alle elezioni. I
l che, considerando che i tempi della giustizia civile in Italia superano di gran lunga la durata di una legislatura, significa solo una cosa: Roberto Formigoni e Roberto Cota, rispettivamente governatori di Lombardia e Piemonte, non rischiano più l’annullamento del voto di maggio 2010, quando sono stati eletti alla guida delle due giunte regionali.
Amara sconfitta, invece, per i Radicali, che avevano raccolto le prove della presunta combine e che ora minacciano di rivolgersi agli organi di giustizia internazionali per ricorrere contro la decisione della Cassazione.
Per ora, tuttavia, i Radicali hanno inviato una lettera al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a cui chiedono di intevenire.
Per Marco Cappato, già candidato premier alle regionali ‘incriminate’ (ma poi escluso), la questione “non riguarda soltanto le elezioni regionali del Piemonte, nè soltanto quelle della Lombardia, dove noi Radicali abbiamo portato le prove della gigantesca truffa elettorale compiuta nella presentazione delle liste di Roberto Formigoni, con un migliaio di persone che hanno confermato in Procura della Repubblica di non aver mai firmato quelle liste”.
Per l’esponente dei Radicali — che si rivolge direttamente al capo dello Stato, “la conseguenza della sentenza di oggi significa, per il futuro del Repubblica italiana da Lei presieduta, che d’ora in poi sarà ufficialmente impossibile per chiunque ottenere giustizia contro una qualsiasi, anche se gravissima, truffa elettorale in tempo utile prima della fine del mandato di chi è stato eletto grazie a quella truffa, ad ogni livello locale o nazionale che sia”.
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Ottobre 5th, 2011 Riccardo Fucile
SI E’ DIMESSA LA RELATRICE FINIANA DELLA COMMISSIONE: “MAI AVALLERO’ QUESTO OBBROBRIO”… IL PDL DELIRA: “CARCERE PER I GIORNALISTI”
L’agenzia Moody’s taglia il rating dell’Italia di tre livelli. 
Dieci giorni fa il downgrade di Standard&Poor’s.
Ma le priorità del governo sono altre, in primis il disegno di legge per limitare l’uso delle intercettazioni da oggi in esame alla Camera che ha bocciato le questioni pregiudiziali di Pd e Idv al testo.
Con 307 no (Pdl e Lega), 230 voti a favore (Pd e Idv) e 63 astenuti (i deputati del Terzo polo), le pregiudiziali di costituzionalità sono state respinte. Risultato analogo anche della votazione sulla pregiudiziale di merito: 229 sì, 307 no e 64 astenuti.
Ma se la ‘partita’ in aula è appena cominciata, a livello politico lo scontro è già in atto da tempo.
E i toni sono da battaglia. Nel pomeriggio dopo una piccola polemica con il Guardasigilli Francesco Nitto Palma (guarda il video), sono arrivate le dimissioni di Giulia Bongiorno, presidente della Commissione giustizia alla Camera che già ieri aveva minacciato di lasciare l’incarico dopo aver detto “non sarò io la relatrice di questo obbrobrio” .
Al suo posto, il deputato Pdl Enrico Costa, autore dell’emendamento-compromesso messo a punto con l’obiettivo di rendere impubblicabili le intercettazioni fino alla cosiddetta “udienza filtro”.
”L’accordo su questo testo era stato raggiunto due anni e mezzo fa. Ed era stato il frutto di lunghe trattative. Io avevo già fatto la relazione in aula su questa versione. Ora, il fatto che vogliano stravolgere tutto è chiaramente una violazione di questo accordo”, ha spiegato l’avvocato Bongiorno.
”Vorrei ricordare — ha sottolineato la presidente della commissione Giustizia alla Camera — che io avevo già fatto una relazione in Aula proprio perchè era stato raggiunto un accordo su questo testo. Poi arrivò l’ordine dall’alto di lasciar perdere, perchè era considerato un provvedimento troppo annacquato. Ma per me l’accordo era e resta su quella versione del ddl”. “Pertanto — ha concluso — rimettere le mani ora sulla riforma stravolgendola la ritengo una violazione dell’intesa raggiunta e quindi non ho potuto far altro che dimettermi da relatore, indicando al mio posto il capogruppo del Pdl Enrico Costa”.
“Avevamo lavorato tanto su questo provvedimento — ricorda la parlamentare finiana — e avevamo raggiunto l’intesa dopo decine di incontri con Ghedini e con gli editori. Ora, nel giro di due giorni, si è deciso di stravolgere tutto questo. Cambiando profondamente un testo sul quale si era raggiunto, ripeto, un accordo, che era il presupposto per il mio sì”.
“Con i giornalisti ci andrei con i piedi di piombo”, ha esordito il neo relatore Costa augurandosi che sul provvedimento arrivino le proposte anche dell’opposizione.
“Bisogna allargare il consenso, spero che ci possa essere un’ampia convergenza, noi andiamo avanti”, ha detto Costa senza specificare se la maggioranza metterà la fiducia sul provvedimento.
Il deputato Pdl Maurizio Paniz ospite di ’24 Mattino’ su Radio 24 è tornato a chiedere il carcere per i giornalisti: “Il cronista che pubblica ciò che non può pubblicare dovrebbe subire una sanzione penale. Il carcere magari è un percorso più lungo. Che ne so, ci vorrebbe una sanzione da 15 giorni a un anno, poi il giudice graduerà a seconda della violazione, vedrà se sono possibili riti alternativi, pene pecuniarie o multe o — ha ripetuto il deputato Pdl — se il giornalista debba andare in carcere. Cosa che è tutto sommato molto rara nel nostro ordinamento per questa tipologia di situazione”.
Poi ha fornito dati falsi sul numero degli intercettati in Italia.
Paniz ha sostenuto che ogni giorno vengono ascoltate 3 milioni di conversazioni.
Una cifra iperbolica calcolata sulla base di questo ragionamento: secondo il deputato-avvocato Pdl ogni anno in Italia vengono intercettate 150 mila persone e, visto che ciascuna di esse fa in media una ventina di chiamate a testa, il conto è presto fatto.
Peccato però che 150 mila siano le utenze e non le persone intercettate (qualsiasi spacciatore di droga utilizza più telefoni, ndr) e che quelle 150 mila utenze non vengano ascoltate per 12 mesi di seguito, ma a seconda dei casi, anche per pochissimi giorni.
La maggioranza ormai è al delirio e invoca leggi speciali.
Tira aria di regime.
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Ottobre 5th, 2011 Riccardo Fucile
LA PARLAMENTARE DI FUTURO E LIBERTA’ E’ DIVENTATA L’AVVOCATO PIU’ FAMOSO NEGLI STATI UNITI… SEMPRE ASSIDUA AL PROCESSO MA ANCHE TRA I DEPUTATI PIU’ PRESENTI IN AULA
È riuscita a seguire tutte le udienze del processo di Perugia senza saltare un solo pasto con suo figlio, a essere una delle deputate più presenti a Montecitorio.
Solo ieri non c’è riuscita.
“La scommessa di una donna — sorride — non è più riuscire a fare quello che fa un uomo. Quello è già pacifico. Ma piuttosto fare tutto quello che fa un uomo e in più essere madre”.
L’avvocata italiana (da ieri) più famosa nel mondo guarda l’Italia dalla finestra di piazza in Lucina a cui per mezzo secolo si è affacciato Andreotti.
Sono nel suo ufficio per chiederle come abbia fatto a ribaltare una sentenza da 25 anni e perchè ha scelto di difendere un ragazzo accusato di violenza e omicidio.
Lei mi guarda: “Il mio maestro, il professor Coppi mi ha insegnato che per difendere una persona non c’è bisogno della verità sostanziale, basta trovare una verità processuale. Ho violato il suo insegnamento. Perchè se volevo difendere Raffaele non potevo che essere certa della sua innocenza”.
Perchè?
Perchè sono un personaggio pubblico. Una parlamentare. Insieme con Michelle Hunzicker dirigo una associazione contro la violenza sessuale. Per non compromettere tutto questo dovevo crederci fino in fondo.
Un buon professionista forense può non credere ed essere lo stesso persuasivo.
Sono subentrata alla fine del primo grado. La sentenza era già scritta. Per ribaltarla serviva più della sicurezza: l’entusiasmo.
Che dice a chi lavora con lei?
Che non posso sentire la frase: “Sono le otto e vado via”.
E cosa dovrebbero dire?
“Adesso devo sospendere”. Io per dieci anni ho lavorato ogni sabato e domenica. Sa perchè?
Me lo immagino…
Glielo dico io. Perchè in ogni processo, anche in questo, il segreto non della vittoria non è un colpo di genio. Ma la tenacia.
Facile dirlo dopo un colpo di genio.
Invece è stato così anche nel caso Kercher. Dico: non esiste un processo in cui non c’è una pagina vincente. Ma va trovata!
Lei sta parlando del guanto della scientifica, vero?
Ad esempio. Tutti l’hanno visto e hanno detto: ‘Ma guarda!’ Sa cosa c’è dietro? Che noi ci guardiamo tutte le registrazioni della raccolta prove.
Quanto possono durare?
(Ride). Anche dieci giorni.
Lei è celebre per arringhe brevi.
A me non piace il modello retorico dell’avvocato con molte citazioni e senza contenuti.
Esempio di arringa breve.
Oggi in tribunale: tutti chiedevano un’ora. Io 8 minuti.
Che vantaggio porta?
Almeno due: ti costringe a non sprecare, a focalizzare le cose importanti. E a essere credibile: la prima dote di un avvocato.
Ma come faceva a dire proprio “otto minuti”?
Mi ero già cronometrata. Molti elementi, pochi argomenti.
Mi spieghi la differenza, in questo processo.
Se dico: “Sollecito non poteva essere nella stanza del delitto” efficace o no, è argomento…
E lei cosa ha scelto di dire?
Sollecito non era sicuramente nella stanza del delitto, perchè non c’è nessuna traccia.
Ma l’accusa ha detto: le tracce si possono cancellare.
Il lavoro di prima è servito due volte: avevamo ingrandito tutte le foto della scena del delitto e- gridando di gioia — abbiamo scoperto capelli e polvere.
Una prova a difesa?
Certo. L’appartamento non poteva essere stato lavato perchè era sporco.
Quanto costano quattro anni di una difesa così?
(Pausa) Un milione di euro.
Quanto è costata la difesa?
(Altra pausa)Forse 30mila euro.
Il tormentone della sua arringa è stato “La ragazza in pelliccia”. Difendeva Raffaele parlando di Amanda!
E’ vero. Ma il perno dell’accusa era: Amanda, mente criminale plagia il ragazzone, il fuco.
Non poteva essere così?
Sono stati condannati, in primo grado, perchè Amanda era giovane, carina, disinibita. Ovvero: mediaticamente perfetta per interpretare il ruolo di colpevole. Dicevo che era Jessica Rabbit: l’avevano disegnata così.
Quindi…
Per difendere Raffaele, dovevo demolire lo stereotipo falso su Amanda. Erano uniti, salvare solo lui sarebbe stato impossibile.
L’ha scelto lei?
No, lo ha deciso lui. Ed è un’altra prova. Se anzichè difenderla avesse detto: ”Non ricordo”, ne usciva pulito. Lui la difende perchè si sente innocente. Per tutta l’arringa ogni mia frase iniziava con la venere in pelliccia e finiva con la venere in pelliccia.
Cosa le diceva che anche Amanda era innocente?
Guardi, in quattro anni al banco degli imputati le persone si impara a conoscerle. Però le do un dettaglio.
Quale?
Nello stereotipo dell’accusa, la venere in pelliccia era incollata al fuco perchè suo complice.
E invece?
Non si separava da Raffaele perchè non parlava una parola di Italiano. Ma l’ho scoperto solo dopo tre domande dirette.
E la prima “confessione” di Amanda?
Non poteva essere fedele perchè era tutta in Italiano, e senza interprete!
A cambiare il processo è la perizia.
Ho fondato tutto l’appello su quella richiesta.
Ha giocato a poker?
No. Raffaele mi ha dato la sicurezza. Se fosse stato innocente, secondo lei, l’avrebbe fatto? Solo rischiando tutto, però, potevamo scoprire che quello non era Dna ma amido!
Li hanno dipinti come ragazzi immaturi e feroci. Lei ha negato questo ritratto.
Senta, un buon avvocato è sempre un po’ psicologo: Amanda e Raffaele sono stati condannanti da minorenni e assolti da maggiorenni. Il dolore del carcere che li ha trasformati.
Mi faccia un esempio.
Raffaele che nel primo grado faceva disegnini e non ascoltava. Mi diceva: “Mi può scrivere lei le dichiarazioni spontanee”?
E nel secondo grado?
Gli ho dato solo i titoli dell’arringa, ha scritto tutto lui. La cosa del braccialetto, per dire, mi ha fatto addirittura arrabbiare, perchè non mi aveva spiegato nulla.
Perchè non fate richiesta di risarcimento?
Scherza? Oggi ci vediamo con Raffaele proprio per parlare di questo. Con una sentenza così, la considero automatica. Ma deve scegliere lui.
Raffaele e Amanda hanno avuto un’arma segreta nel dipartimento americano?
Questo è offensivo. Nessuno si è domandato quanto abbiano pesato i giornali quando erano tutti colpevolisti. La corte ha deciso da sola, perchè è crollata la prova principale, e perchè l’orma attribuita a Raffalele era di Guede. Le dico quale è stata l’arma segreta: suo padre.
Anche dal punto di vista processuale?
Certo. Io gli assegnavo i compiti. Sa che gli avevo commissionato un plastico?
Scherza?
Dico sul serio. Per dimostrare che in una stanza due per due tutti quei copri non entravano.
E perchè non l’ha usato?
Era importante. Ma avrebbe distratto. Ci ho pensato la notte, e ho deciso all’ultimo momento.
Come mai?
Se uso il plastico le foto andranno ovunque, domani la venere in pelliccia sarà oscurata. Non mi potevo permettere di rischiare. Un avvocato deve saper togliere.
Luca Telese blog
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Ottobre 5th, 2011 Riccardo Fucile
L’INTERVISTA SU IL RIFORMISTA: “VOTEREMO NEL 2012 E LA VERA NOVITA’ SARA’ IL TERZO POLO CHE SI ALLARGHERA’ ANCORA DI PIU'”…”LEGALITA’, UNITA’ NAZIONALE, DIRITTI CIVILI, SOLIDARIETA’ SOCIALE” SONO I PILASTRI DEL RINNOVAMENTO DELLA POLITICA
Onorevole, cosa ne pensa del j’accuse di Diego Della Valle contro la politica?
Una premessa. Ho un grande rispetto per chi ha diffuso e difeso l’ eccellenza italiana nel mondo attraverso produzioni di qualità .
Il Della Valle che mi piace è questo e anche quello che fa una grande operazione di mecenatismo culturale finanziando il restauro di un opera come il Colosseo.
Noi che facciamo politica, però, non ci sentiamo e non mi sento personalmente in attesa di un Papa nero proveniente dalla grande impresa per far ripartire l’Italia.
Nel manifesto che ha pubblicato a pagamento sui giornali, Della Valle ha scritto tante cose condivisibili anche a livello popolare, ma con uno stile che ricorda le precedenti simpatie politiche.
Come Clemente Mastella, infatti, non si capiva mai da che parte stava, così in Della Valle non si capisce mai di chi sono le responsabilità della situazione attuale.
Invece, le responsabilità ci sono eccome, vanno denunciate nome per nome.
Anche Montezemolo e altri banchieri sembrano tentati dallo scendere in campo.
Con gli imprenditori prestati alla politica abbiamo già dato con Berlusconi.
In ogni caso, nell’impegno civile di personalità come Montezemolo che hanno dato lustro all’Italia promuovendo le sue eccellenze in tutto il mondo come la Ferrari, non ci vedo nulla di male nè sono contrario in via pregiudiziale come di fronte a tutti coloro che intendono rimboccarsi le maniche davanti alla crisi e al degrado dell’attuale scena politica.
La chiamata alla responsabilità è per tutti, imprese in testa.
Se vogliono dare il loro contributo sono i benvenuti, dico no agli appelli qualunquisti e che accarezzano l’antipolitica come quello di Della Valle.
E ricordo a tutti che l’essenza della politica è la partecipazione attiva al bene comune: riguarda anche gli interessi economici, ma non solo quelli.
Il cuore del problema è far ripartire una grande alternativa possibile per rompere la gabbia del berlusconismo e offrire una prospettiva di governo al paese.
Legalità , unità nazionale, valorizzare il merito, selezione democratica dei gruppi dirigenti, diritti civili.
Questa è la proposta politica di Fli e del Terzo Polo, nonchè la cifra più importante della discesa in campo di Fini quando ruppe col Pdl.
A proposito di Pdl. Gli scricchiolii aumentano.
Le defezioni dentro il Pdl nè caratterizzeranno, sempre di più, in questa sua fase finale, la crisi.
Avremo, presto, altre sorprese. Come Terzo Polo siamo molto attenti a quello che sta facendo Beppe Pisanu e la sua area e trovo vergognoso che si cerchi, da parte di esponenti dello stesso Pdl, di macchiarne l’immagine adamantina di miglior ministro dell’Interno degli ultimi decenni.
Per quanto riguarda il futuro della legislatura, lo strumento referendario è una macchina messa in moto anche con il nostro contributo che non si fermerà . A quel punto, il premier vorrà andare a elezioni anticipate con questa legge elettorale perchè è l’unica che gli garantisce, creando dal nulla un nuovo partito, di poter mandare in Parlamento una Guardia Repubblicana che ne difenda gli interessi e ne garantisca un minimo di rappresentanza politica.
Di conseguenza, il Pdl si spaccherà in mille pezzi. Proprio come Fini aveva previsto. Voteremo nel 2012 con il Porcellum e la vera novità politica sarà il Terzo Polo, che non solo resterà unito ma si allargherà verso il Pdl e verso i settori più riformisti del Pd che non vogliono entrare nella riedizione della gioiosa macchina da guerra di Occhetto.
Nascerà un’alleanza di centro inedita e attenta al merito e all’economia, come chiedono gli imprenditori, ma soprattutto attenta ai problemi della gente, ai diritti e alla cittadinanza.
Intanto, arrivano le intercettazioni, in Aula.
Berlusconi e le cricche puntano a difendere se stessi ma non vanno da nessuna parte. Forse metteranno la fiducia e passerà , ma nel Paese monteranno rabbia e indignazione. Sarà l’ultimo atto.
Si dice che lei potrebbe finire con Di Pietro…
E’ più facile che Di Pietro si iscriva a Fli….
(da “Il Riformista“)
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Ottobre 5th, 2011 Riccardo Fucile
IN RETE ANNUNCI PER APRIRE NUOVE SEDI DEL PARTITO NELLA CAPITALE: BUFALA O REALT�
“Comitato Politico del Popolo della Libertà offre la possibilità di formare personale politico (militanti, candidati, dirigenti di partito) in vista della nascita e dell’apertura di nuove sezioni politiche su tutta Roma”.
Questo è l’annuncio in cui si sono imbattuti centinaia di ragazzi nell’ultimo mese mentre cercavano disperatamente un impiego tra gli annunci di lavoro su Internet.
Da Google (inserzione 192924 nella categoria amministrazione e segreteria) fino ad eBay (19070237 hostess promoter e modelli), passando per decine di siti di reclutamento, campeggia il logo
“Berlusconi presidente”. Tipologia di contratto offerto: “A progetto”.
Quindi il Pdl cercherebbe militanti a pagamento per rinforzare le truppe nella Capitale dopo il flop della campagna di tesseramento milanese , con soli 800 iscritti?
Una studentessa ha inviato un’email all’indirizzo indicato per saperne di più. Nella risposta le è stato spiegato che, vista “la delicatezza dell’argomento”, avrebbe dovuto lasciare un numero di telefono “per un primo scambio conoscitivo”.
Chiamando la sede romana del partito, invece, spiegano di non essere a conoscenza di tale iniziativa e ipotizzano una contraffazione del simbolo.
Che sarebbe facilmente praticabile, ma allora perchè non denunciare i falsificatori?
Il Pdl è infatti a conoscenza del contenuto degli annunci da almeno due settimane, quando il consigliere regionale del Partito democratico, Enzo Foschi, ne denunciò la presenza in Rete: “Tra gli impieghi di promoter e quella di mediatore immobiliare — ha dichiarato Foschi in una nota — coloro che sono in cerca di un’occupazione si sono imbattuti in un annuncio del tutto particolare quanto sorprendente di militanti a progetto. Ma questo personale politico reclutato quanto riceverebbe di stipendio? È davvero vergognoso che in un momento di grave disoccupazione come quello attuale un partito oggi al governo tenti di reclutare iscritti con queste modalità ”.
Il partito romano ipotizza che gli impieghi possano essere gestiti dal partito nazionale e invita a chiamare via dell’Umiltà .
Dove una gentile segretaria spiega che anche lei non ha mai sentito parlare di contratti a progetto.
Il datore di lavoro, secondo l’annuncio, è il Comitato politico di Roma.
“Ma nello Statuto questo organismo non esiste — spiega Giorgio Stracquadanio — potrebbero essere anche gruppi spontanei di simpatizzanti, o qualcuno che vuole fregarci”.
Ma di denunce, per ora, neanche una.
Caterina Perniconi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 5th, 2011 Riccardo Fucile
LO STATO DEVE OLTRE 70 MILIARDI AI FORNITORI, FA LE LEGGI SUI TEMPI DI PAGAMENTO E POI NON LE APPLICA …IN COMPENSO PIGNORA ANCHE I MOBILI DI CHI NON PUO’ PAGARE PRIMA DELLA SENTENZA
Se la Pubblica amministrazione piange, figuriamoci l’esercito dei suoi creditori che vede
ridursi sempre più le già magre speranze di passare all’incasso.
Non si tratta di somme da poco: i calcoli di Abi-Confindustria di fine 2010 parlavano di un monte crediti scaduti pari a 60-70 miliardi di euro, più della metà dei quali vantati verso il Servizio Sanitario Nazionale.
La cifra poi, secondo Confcooperative che ha considerato tutti i tipi di forniture e tutte le amministrazioni pubbliche debitrici, compresi comuni e province, saliva a quota 200 miliardi.
Una situazione resa sempre meno sostenibile dai tempi di pagamento che al Sud ormai sforano i 400 giorni di ritardo e che si sarebbe dovuta risolvere con la legge 122 del 30 luglio 2010 che prevedeva che dal primo gennaio 2011 i crediti non prescritti nei confronti della pubblica amministrazione potessero essere compensati con le somme dovute al fisco alla voce debiti iscritti a ruolo.
Semplice, anzi, semplicissimo, quindi: l’azienda che ha delle pendenze col fisco e, allo stesso tempo, vanta crediti verso un Comune, una Regione o un ospedale pubblico aspetta che le arrivi la cartella esattoriale e la estingue utilizzando il proprio credito.
Troppo bello per essere vero. E in effetti non lo è, dal momento che per essere efficace la legge avrebbe dovuto essere seguita da un decreto attuativo del ministero dell’Economia che non è mai stato emanato.
Sul tavolo di Tremonti sono invece pervenute almeno un paio di interrogazioni parlamentari sul tema e la risposta è stata che, trattandosi di faccenda delicata, i lavori erano ancora in corso.
Nella manovra-bis, poi, si era aperto uno spiraglio subito richiuso dal maxi-emendamento.
Legittimo sospettare, quindi, che forse qualcuno si è reso conto a metà strada dell’evidente problema di gettito mancato che comporterebbe la compensazione denudando ulteriormente un re già in mutande, con buona pace delle aziende già sotto stress per la crisi.
Sorvoliamo, poi, sull’iniquità di fondo di questa normativa che non prende in considerazione almeno un paio di aspetti fondamentali.
Non tiene conto che perfino in Italia potrebbero anche esserci delle aziende virtuose senza alcun debito già a ruolo o in procinto di diventarlo, ma per le quali non è prevista alcuna via di uscita tranne la paziente attesa del pagamento di quanto dovuto da parte della Pubblica amministrazione.
Come dire: lavori per lo Stato? Bene, non pagare tasse o multe e sarai a tua volta pagato per il tuo lavoro.
Da non trascurare, poi, il fatto che l’iscrizione a ruolo di un debito comporta il pagamento di interessi.
E così se io vanto un credito di 100, non posso compensarlo con un mio debito finchè quest’ultimo non è lievitato a quota 130 a causa degli interessi.
Sul problema ci si sono arrovellati fior di consulenti e lobbisti che hanno sfornato proposte operative affinchè questa norma per lo scambio tra i debiti tributari e i crediti vantati nei confronti della Pubblica amministrazione sia rivista.
Anche per favorire quei fornitori virtuosi (ovvero non in possesso di ruoli) offrendo loro la ragionevole possibilità di cedere il proprio credito a soggetti titolari di avvisi di ruolo o debitori di altri tributi.
Dove per non sforare gli obiettivi di finanza pubblica, la pa avrebbe potuto fissare dei tetti annui delle somme da compensare.
A guastare tutto, però, è arrivata la nuova ondata della crisi che ha talmente messo in dubbio la solvibilità dello Stato e, quindi, della sua amministrazione, che le banche hanno iniziato a rifiutarsi di scontare alle aziende le fatture provenienti dal pubblico. Figuriamoci, quindi acquistarle direttamente a sconto, unica strada finora concessa alle imprese in difficoltà .
Anche perchè le nostre banche sono già strapiene di questo tipo di crediti cosiddetti non performing, letteralmente non performanti cioè dalla riscossione incerta, al punto che a inizio estate qualcuno ha iniziato a rivenderli massicciamente a operatori specializzati.
Che spesso sono stranieri, quindi entità che non hanno la stessa cautela dei nostri istituti di credito nei confronti del pubblico interesse e che potrebbero passare alla cassa senza troppi problemi.
Un rischio sgradevole viste le cifre in ballo.
Tremonti avvisato, mezzo salvato.
Annamaria Usuelli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 5th, 2011 Riccardo Fucile
ENNESIMA BRUTTA FIGURA DELLA LEGA: IN UN MESE SVELATO IL BLUFF…NESSUN MINISTERO AL NORD, SOLO IL SOLITO SPOT PER I GONZI
I ministeri leghisti di Monza aprono le porte a una delegazione del Partito Democratico e magicamente da sedi distaccate, annunciate in pompa magna dai Padani (presunti) secessionisti, si trasformano in “sedi di rappresentanza”.
A declassare il rating degli uffici è lo stesso padre del trasferimento dei ministeri al Nord: Roberto Calderoli.
Ieri lo ha confessato: “Sono solo sedi di rappresentanza”.
Appena tre mesi fa ad ogni comizio e incontro pubblico il ministro per la Semplificazione rilasciava dichiarazioni entusiaste su quelli che definiva i ministeri al Nord.
“Il 23 luglio il mio ministero e quello di Bossi apriranno a Monza. Che piaccia o non piaccia a Roma” disse lo scorso 11 luglio nel corso di un incontro pubblico in provincia di Varese quando, lanciando l’affondo sulla devolution dei dicasteri, aveva assicurato ai militanti che la Lega non si sarebbe fermata di fronte alla levata di scudi che era seguita alla proposta leghista di “trasferire al Nord i ministeri”.
Proposta che era stata sostenuta anche da una raccolta firme lanciata a ridosso del tradizionale raduno di Pontida del 19 giugno scorso.
Alcuni hanno creduto al progetto.
Altri hanno iniziato a fare i conti di quanto sarebbe costato portare a termine il trasloco.
Ma sono bastate poche settimane e il 23 luglio, giorno dell’inaugurazione, il trasferimento dei ministeri era già stato declassato a semplice apertura di non meglio identificate sedi distaccate.
Trasferimenti o distaccamenti, poco importa, i promotori dell’iniziativa erano comunque felici e potevano dire di aver aperto i loro ministeri del nord.
Alla festa organizzata alla Villa Reale di Monza si sono presentati in pompa magna Umberto Bossi, Roberto Calderoli, Giulio Tremonti e Michela Vittoria Brambilla. Quattro ministri in tre stanze “che allo Stato non costano niente”, come aveva detto Bossi il giorno del taglio del nastro, ricordando che a nord “sono tutti contenti”, lasciando intendere che non gli importasse un gran chè delle polemiche sollevate da Gianni Alemanno e Renata Polverini.
Dopo l’inaugurazione, per tornare a parlare dei ministeri del nord si è dovuto attendere il primo settembre, giorno dell’annunciata apertura. In quell’occasione alla Villa Reale dei ministri non s’è vista nemmeno l’ombra.
Si è presentata invece una delegazione di agguerritissimi imprenditori padovani, infuriati per il contenuto della manovra fiscale e i provvedimenti eccessivamente penalizzanti per la categoria.
Dalla prima protesta passano una dozzina di giorni e finalmente la sede distaccata dei ministeri ospita una vera riunione.
Ma al di là del nome altisonante più che in una sede istituzionale pareva di essere in una struttura di partito.
A quella riunione hanno partecipato il ministro Roberto Calderoli, il ministro Umberto Bossi e uno stuolo di presidenti di provincia: tutti rigorosamente leghisti. Unica eccezione, il ministro Giulio Tremonti, che dopo aver fatto capolino in Villa ha smentito di aver mai partecipato ad alcuna riunione.
Su questo strano incontro di partito la procura di Monza ha anche aperto un fascicolo per indagare la reale natura degli uffici ministeriali di Villa Reale.
Ieri nella sede dei ministeri trasferiti, anzi no, distaccati, il ministro Calderoli ha incontrato alcuni esponenti del Partito democratico brianzolo.
Alla riunione hanno partecipato il capogruppo Domenico Guerriero, il vicepresidente del consiglio provinciale Vittorio Pozzati, il segretario provinciale Gigi Ponti e il consigliere Adriano Poletti.
All’uscita Guerriero ha riferito del colloquio avuto con il ministro, dichiarando che Calderoli ha ammesso che quelle monzesi “sono sedi di rappresentanza e non decentrate”.
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Ottobre 5th, 2011 Riccardo Fucile
RITORNA ALLA LUCE IL PATTO DAL NOTAIO CON CUI IL PREMIER SI E’ ASSICURATO L’APPOGGIO A VITA DEL SENATUR… SI PARLA DI DECINE DI MILIARDI DI LIRE
L’ex direttore della Padania è intervenuto nel programma di Lucia Annunziata, In
mezz’ora, confermando la tesi secondo cui la fedeltà del Carroccio al premier dipenderebbe da una fidejussione di due miliardi di lire stipulata dal Cavaliere nel 2000 per coprire tutti i debiti contratti nel tempo dal partito di Bossi
Ne aveva parlato Gilberto Oneto in una puntata de L’Infedele, ora l’indiscrezione è stata confermata e ripetuta anche dall’ex direttore de La Padania Gigi Moncalvo nel corso del programma di Lucia Annunziata, In mezz’ora.
Moncalvo, direttore del quotidiano del Carroccio dal 2002 al 2004, ha spiegato le origini del patto di ferro che lega Silvio Berlusconi a Umberto Bossi e che avrebbe spinto la Lega, fra l’altro, a votare per il salvataggio di Marco Milanese e Saverio Romano, il ministro indagato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Secondo il giornalista, che cita tra le altre fonti la ex giornalista di Radio Padania Rosanna Sapori e il giornalista di Famiglia Cristiana Guglielmo Sasimini, ci sarebbe un “vero e proprio contratto stipulato davanti a un notaio”.
L’accordo, datato gennaio 2000, sarebbe stato firmato un anno prima delle politiche del 2001 in cui Bossi e Berlusconi erano alleati.
Nel giugno del 2000 infatti, come aveva documentato Mario Calabresi su Repubblica, Giovanni Dell’Elce,, allora amministratore nazionale di Forza Italia e oggi deputato del Pdl, scrisse alla Banca di Roma per comunicare una fideiussione di “due miliardi di vecchie lire a favore della Lega”.
Moncalvo ha aggiunto che “Berlusconi aveva fatto un intervento economico pesante a favore della casse della Lega” che allora versava in uno stato finanziario critico: la sede del partito era stata pignorata e i giornalisti non ricevevano più lo stipendio.
A quel punto Berlusconi avrebbe rinunciato “a un serie di cause civili per gli slogan e le paginate” de La Padania in cui il premier “veniva accusato di essere mafioso” in cambio della cessione della titolarità del simbolo del Carroccio.
Una compravendita che Moncalvo definisce “tipica della mentalità di Berlusconi”.
A fare da mediatore nell’acquisto, di cui Umberto Bossi, la moglie Manuela Marrone e Giuseppe Leoni avrebbero disposto del 33% ciascuno, sarebbe stato Aldo Brancher, il ministro con la più breve carica nella storia della Repubblica.
Oltre alla titolarità del simbolo, il patto prevedeva anche la formazione di un think tank per la formulazione di una riforma costituzionale per l’elezione diretta del Presidente della Repubblica.
E se fosse passata col referendum, Napolitano, aggiunge Moncalvo, sarebbe stato “costretto a dimettersi”.
Dall’altra parte Berlusconi, “convinto di essere eletto dal plebiscito popolare”, sarebbe andato al Quirinale.
A fare parte del think tank, aggiunge l’ex direttore de La Padania, anche “Tremonti, Calderoli e La Russa” mentre “Follini e Fini combatterono fino in fondo” affinchè la riforma non passasse.
Di fatto il piano ha subito un arresto l’11 marzo 2004, in corrispondenza della “fermata ai box di Bossi per motivi di salute”.
Dunque, ha osservato Lucia Annunziata, Bossi e Berlusconi “si confermano legati a una partita finchè morte politica non ci separi”.
Il modo per mettere a tacere queste voci?
Secondo Moncalvo uno solo: che il Senatùr faccia cadere il governo.
argomento: Berlusconi, Bossi, Costume, LegaNord | Commenta »
Ottobre 5th, 2011 Riccardo Fucile
NEL MIRINO C’E’ DI TUTTO: DALLE MULTE AL BOLLO…NESSUNA GUERRA TOTALE AL NULLATENENTE CON SUV
Uno spettro s’aggira per l’Italia.
à‰ quello delle nuove procedure di riscossione che il governo ha garantito all’Agenzia delle entrate e quest’ultima a Equitalia, il suo braccio armato.
L’obiettivo, spiegano fonti interne, è portare nel 2012 la quota di evasione recuperata a 13 miliardi di euro (quest’anno dovrebbero essere poco più di 11 miliardi).
Già questo obiettivo, peraltro, è puramente numerico: nei miliardi recuperati di cui si parla — solamente il 10,4 per cento dell’evasione “scoperta” — rientra di tutto, dalle multe al bollo del motorino fino alle procedure conciliative con maxi-sconto.
Insomma, non è proprio la guerra totale al nullatenente in Suv di cui si nutre l’immaginario collettivo.
In ogni caso, il ministro del Tesoro Giulio Tremonti ha bisogno di soldi per il pareggio di bilancio e tutto fa brodo per aumentare gli incassi di Equitalia, anche i metodi vessatori: ci sono voluti tre interventi legislativi infatti — dalla manovra estiva del 2010 a quella di luglio scorso — ma alla fine il Tesoro è riuscito a mettere in mano ai suoi agenti riscossori una pistola carica.
E pazienza se ci sarà qualche vittima.
Fino al 1 ottobre, cioè sabato scorso, la procedura di recupero era la seguente: in caso di mancato pagamento, l’Agenzia delle entrate preparava la cartella esattoriale, poi passava la pratica a Equitalia che notificava l’inizio della fase esecutiva al contribuente, il quale aveva 60 giorni per pagare o fare ricorso.
Tempo medio della procedura: 15-18 mesi al netto dei ricorsi.
Ora si passa al cosiddetto “accertamento esecutivo”, che velocizza tutto l’iter: già con la cartella dell’Agenzia delle entrate — nota bene: anche se giace in qualche ufficio postale — partono i 60 giorni di tempo per il contribuente e, al 61esimo, la pratica è esecutiva.
A quel punto Equitalia, grazie ad una modifica estiva, dovrà comunque sospendere tutto per 180 giorni. Il tempo medio dunque s’aggira attorno agli otto mesi.
Si trattasse solo di un iter più rapido, però, sarebbe benvenuto, solo che le novità non sono finite.
Intanto se il contribuente decide di fare ricorso, dovrà comunque versare entro i famosi 60 giorni un terzo dell’importo contestato.
E poi esiste una larga possibilità per Equitalia di agire in via discrezionale e preventiva nel caso esistano “fondati motivi” di ritenere in pericolo “il positivo esito della riscossione”: dall’ipoteca sulla casa del presunto evasore, al pignoramento dei suoi conti correnti fino alla ganasce fiscali per i veicoli.
Curioso per uno Stato che ritarda di anni i pagamenti ai suoi fornitori o la restituzione dei crediti fiscali.
“Se questo fosse il trattamento che si riserva all’evasore totale sarebbe anche giusto, ma vale per tutti, anche per una piccola impresa che non riesce a pagare una rata per via della crisi o per uno che ha sbagliato a fare la dichiarazione dei redditi”, spiega Antonio Iorio, avvocato tributarista, collaboratore del Sole 24 Ore ed ex direttore delle relazioni esterne proprio per l’Agenzia delle Entrate: “La prima cosa da fare, comunque, è migliorare la qualità degli accertamenti. Bisogna sempre ricordare, infatti, che oggi il 40 per cento circa delle contestazioni vengono poi annullate da un giudice: in questo modo c’è il rischio che l’obbligo di versare un terzo della cartella per avviare il ricorso diventi un onere improprio per le imprese. Pensi ad una piccola azienda accusata di aver evaso o comunque non versato al fisco 2 milioni di euro: deve pagarne in due mesi 700 mila solo per fare ricorso e se non lo fa rischia di vedersi ipotecare gli impianti o pignorare i conti correnti col risultato che le banche le chiudono il credito perchè viene segnalata alla centrale rischi”.
Nel mirino, insomma, finiranno le Pmi, che già vivono un rapporto difficile con la pubblica amministrazione.
E’ lecito dubitare che la pistola gentilmente fornita da Tremonti verrà usata con prudenza: è stata data proprio per sparare.
Le pressioni dal Tesoro e dall’Agenzia delle Entrate, confermano fonti di Equitalia, sono tutte dirette al conseguimento degli obiettivi di budget.
Tradotto: gli agenti riscossori dovranno portare a casa l’osso dei 13 miliardi e poco male se nel frattempo un altro pezzo di imprenditoria italiana sarà desertificato o si finirà in realtà per aumentare l’evasione.
“I veri evasori — spiegano — non pagano quasi niente e mettono da parte una sorta di fondo rischi con cui poi chiudere una procedura di conciliazione col fisco: con gli sconti che strappano ci guadagnano lo stesso. E così anche chi paga pensa comincia a pensare che farlo sia da fessi”.
La reazione dei cittadini — per ora sottotraccia — è di esasperazione: il tono dei commenti sul web, per dire, è lo stesso ad ogni latitudine, dal blog di Beppe Grillo ai siti del Sole, del Giornale o della Repubblica.
Per capirci su cosa si rischia, in Sardegna — dove ci fu una sollevazione popolare contro Equitalia già ad aprile — vanno in esecuzione oltre 80mila cartelle: “C’è aria di rivolta”, titola un giornale dell’isola.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: casa, Costume, denuncia, economia, emergenza, Giustizia, governo, Politica, povertà, radici e valori | Commenta »