Aprile 15th, 2012 Riccardo Fucile
LA LEGA NELL’OCCHIO DEL CICLONE: LE DRAMMATICHE VICENDE INTERNE DEL MOVIMENTO DI UMBERTO BOSSI HANNO AVUTO RIPERCUSSIONI SU TUTTO LO SCENARIO POLITICO
Naturalmente, la più evidente conseguenza dello scandalo che ha coinvolto la Lega
è stato il significativo incremento del trend di erosione dei suoi consensi.
Come si sa, il Carroccio aveva ottenuto poco più dell’8% alle ultime elezioni politiche, per crescere ulteriormente sino a più del 10% alle successive europee del giugno 2009.
Poi è cominciato il declino.
Alla fine del febbraio scorso la Lega raccoglieva nei sondaggi il 9%.
Che diveniva l’8,8% alla fine di marzo, il 7,9% il 4 aprile, sino alla perdita di più di un punto percentuale in pochi giorni, che la porta al 6,6% di oggi, il minimo registrato da molti mesi.
C’è dunque stato un calo relativamente forte a seguito dello scandalo; ma quest’ultimo non ha fatto che accentuare l’andamento negativo già in atto da un periodo più lungo e originato dalla crisi interna che la Lega vive da molti mesi. In particolare, hanno abbandonato il Carroccio in misura maggiore gli elettori più giovani, gli operai e (ma un po’ meno) i pensionati.
I voti persi dal Carroccio in questo lasso di tempo – e, in particolare, nell’ultima settimana – non sono andati, tuttavia, prevalentemente agli altri partiti.
La gran parte si è rifugiata, per ora, tra gli indecisi e i tentati dall’astensione.
Anche per questo, Roberto Maroni si è dichiarato certo di riuscire a recuperare questi consensi, «facendo pulizia» – a suo avviso già quasi terminata – nel suo partito, per tentare di ridargli un’immagine nuovamente «diversa» da quella delle altre forze politiche.
Il problema, naturalmente, è vedere se l’ex ministro dell’Interno può riuscire nel suo intento. Interrogati al riguardo, gli italiani mostrano di avere molti dubbi a proposito: più dell’80% non crede che la Lega sia in grado di riscattarsi dal proprio declino.
Sia a motivo della sua crisi interna, sia, specialmente, a causa della ricorrente ambiguità della linea politica e del frequente mutamento degli obiettivi strategici proposti in questi anni dal Carroccio.
Solo il 14% (che sale al 35% – restando dunque una minoranza – tra gli elettori del centrodestra) la pensa all’opposto e ritiene che Maroni possa farcela.
L’operazione ipotizzata dal leader leghista appare dunque assai ardua. Anche se, teoricamente, egli può godere di un mercato potenziale di consensi molto ampio, sia pure in concorrenza con altri movimenti di opposizione.
La profonda sfiducia nei partiti che, come si sa, è radicata nella popolazione, dà infatti luogo ad una diffusa richiesta di forze politiche «nuove», che si differenzino in toto da quelle tradizionali.
Si tratta di un fenomeno che si è ulteriormente ampliato negli ultimi giorni.
Gli ultimi scandali finanziari che hanno coinvolto il Carroccio (dopo avere investito altri partiti), assieme ai ritardi e alle titubanze delle forze politiche nel varare una riforma che regoli e possibilmente tagli i loro abbondanti finanziamenti, hanno infatti contribuito la settimana scorsa a far scendere ulteriormente la stima espressa nei confronti dei partiti presenti sullo scenario politico.
Questa si è ormai ridotta ai minimi termini: oggi solo il 2% della popolazione dichiara di avere fiducia nelle forze politiche. Il valore, già esiguo, del 4% rilevato il mese scorso, si è dunque addirittura dimezzato.
Il 2% della popolazione adulta corrisponde a circa un milione di persone, vale a dire probabilmente meno di quanti sono attivamente coinvolti ai diversi livelli, da sostenitori a militanti, nei partiti.
Ciò significa che una parte di chi vive comunque una vita di partito manifesta al tempo stesso sfiducia in quest’ultimo.
In più, ciò che ci sembra ancora più grave, questa perdita di consenso ha finito col riguardare anche le principali istituzioni democratiche.
Ad esempio, la fiducia verso il Parlamento è scesa dal 25% rilevato un anno fa, nell’aprile 2011, al minimo storico dell’11% registrato oggi.
Quasi nove italiani su dieci non credono più al principale organo elettivo della nostra nazione e non si sentono più rappresentati da quest’ultimo. Una crisi di consenso istituzionale gravissima.
Di fronte alla quale occorrerebbe una reazione forte e immediata.
Renato Mannheimer
da “Il Corriere della Sera”)
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Aprile 15th, 2012 Riccardo Fucile
SONO MOLTI QUELLI CONSIDERATI VICINO AL “CERCHIO MAGICO” CHE IN UNA LEGA A GUIDA MARONI NON AVREBBERO PIU’ UN FUTURO POLITICO…IL SENATUR NON VUOLE CEDERE IL PARTITO A MARONI: AL SUO FIANCO CI SAREBBERO GIA’ BERLUSCONI E TREMONTI
Ipotesi e voci, al momento.
Sussurri che filtrano dalla Lega di Gemonio, la villetta del Cerchio Magico dove hanno convinto Umberto Bossi a resistere, che non è finita qui e non finirà nemmeno con il congresso di giugno.
Resistere, resistere, resistere. Anche per Bossi.
La Lega è sua e sua dovrà restare. Non la lascia, come temono nella sede di via Bellerio, e piuttosto la sfascia.
Pronto o costretto a difendere se stesso, la famiglia, il suo passato di gloria, il suo futuro incerto.
E’ presto per parlare di un piano, di una strategia già definita. Ma a Gemonio, con l’espulsa Rosi Mauro in salotto, sono al lavoro.
Oggi sembra tutto chiaro, e dalla villetta non è un bel vedere.
Ai congressi di Lega Lombarda e Veneta quell’assatanato di Bobo Maroni avrà la maggioranza, già conquistata in quelli provinciali.
E a fine giugno, al Congresso Federale, si prenderà la Lega: lui o chi per lui nuovo segretario e al vecchio Bossi non resterà che una carica onorifica e vuota, una bella medaglia da accarezzare sulla panchina dei pensionati. Impensabile, impossibile da accettare per chi ancora si sente – con la Lega di Gemonio – padre e padrone, fondatore di una Lega che sarà anche diventata la «Bossi &Co.», ma non può andare al fallimento.
Così, tra le Leghe di Famiglia e via Bellerio, si comincia a ragionare sulle prossime mosse, i prossimi mesi e infine le prossime elezioni politiche.
E’ sempre un brutto segno quando in un partito si parla di soldi e di simbolo.
E di questo, del simbolo, nella Lega si mormora da parecchio, da anni, da quando un libro di Rosanna Sapori, giornalista di «Radio Padania» messa alla porta, aveva rivelato il dubbio che nessuno ha mai cancellato: che il simbolo della Lega, Alberto da Giussano con lo spadone, già nell’anno 2000 sia finito nel Trattato di Pace tra Umberto Bossi e Silvio Berlusconi. Dubbio che ora ritorna, e altri ne alimenta.
Roberto Calderoli aveva smentito, annunciando una querela che mai si è vista.
Bossi, l’altra sera a Bergamo ha schivato la domanda: «Si sarebbe saputo…».
Non ha detto che è una balla, non è vero.
Sarà il congresso di giugno, forse, a raccontare la verità .
Ma a sentire i sussurri dalla villetta di Gemonio è quella Lega a sentirsi proprietaria, o comunque a rivendicare quel simbolo come affar loro.
Fosse vero potrebbe essere una conferma indiretta, un avviso ai naviganti di Bobo Maroni, l’annuncio di un probabile sfascio e la conferma delle intenzioni di Bossi intercettate nelle conversazioni di Francesco Belsito: vuol farsi un partito suo.
Bossi che si tiene stretti la cassa, il simbolo e quel che resta della sua Lega.
Almeno nelle intenzioni, perchè sulla cassa finirà ai cavilli da avvocati.
Ma su simbolo e Lega è tutta da vedere, e da giocare.
Già ai congressi di lombardi e veneti potrebbe mandare allo scoperto i suoi kamikaze padani, e non son pochi, sono i tanti leghisti che all’ombra del Cerchio Magico negli ultimi anni si son conquistati cariche e potere.
Quelli che non possono più sentirsi al sicuro, i parlamentari che hanno già capito che si mette male, nella Lega delle scope e di un certo rancore non ci saranno ricandidature per complici e furbetti.
Sono queste le truppe, ora in sonno, ora accucciate al riparo delle scope, della Lega di Gemonio. Solo Marco Reguzzoni, l’ex capogruppo, non ha votato per l’espulsione di Rosi Mauro.
Ed erano appena un paio, sotto la sede di via Bellerio, a maneggiare volantini contro Bobo il Giuda. Ma giovedì notte, quando al Tg3 si è presentata Carolina Lussana, deputata bergamasca affiliata al Cerchio Magico, non c’è leghista che non si sia stupito.
Ha ripetuto, come niente fosse, quel che Maroni aveva appena dichiarato a «Porta a Porta». Riposizionamenti veloci, fughe da Gemonio troppo veloci.
Che preoccupano chi ha voglia di scope.
Una Lega che all’ordine da Gemonio potrebbe davvero sfasciarsi.
A Bossi non piace il «Partito del Nord» che piace a Maroni.
Vuole una Lega sua, identitaria, da Padania, Pontida, Fratelli in libero suol, «è partita la battaglia finale».
Potrebbe scavare fosse tra lombardi e veneti, che da anni sono i mugugnanti azionisti di maggioranza della Lega. Potrebbe alzare i toni, sparigliare, accendere fuochi, scommettere sul proprio carisma.
Lasciarsi convincere che siamo ancora nel ’92, dopo la candidatura della sorella Angela in una lista di disturbo, quando diceva che «al Nord se c’è il nome Bossi in lista ti votano tutti, anche i cani».
Di alleati, nella Lega, ne troverebbe ancora.
Non si sa quanti, non si sa quali, di certo quelli che con Maroni non avranno futuro.
Sempre meno credibile, sempre più acciaccata, se questa Lega di Gemonio si metterà in proprio può già contare su due alleati.
Silvio Berlusconi, che simbolo o non simbolo non lascerà l’amico Umberto su una panchina: spazio sui media e percorso concordato per restare in Parlamento.
E Giulio Tremonti, che porterebbe in dote quel che a Bossi manca dai tempi di Gianfranco Miglio.
Anche se il Professore con le orecchie a sventola ai padani piaceva molto. Quello con gli occhialini poco.
Giovanni Cerruti
(da “la Stampa“)
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Aprile 15th, 2012 Riccardo Fucile
VIAGGI A CARATTERE PRIVATO E NON ISTITUZIONALE, TRA CUI ANCHE LA TRASFERTA DA CASA ALL’AEROPORTO PER IL PROPRIO VIAGGIO DI NOTTE
L’ex presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, Edouard Ballaman, autosospesosi
dalla Lega Nord, è stato condannato dal Tribunale di Trieste per peculato d’uso a un anno di reclusione e interdizione dai pubblici uffici per l’uso improprio dell’auto blu, con la concessione delle attenuanti generiche.
Ballaman era stato accusato di aver approfittato dell’auto blu per una serie di viaggi a carattere privato e non istituzionale, tra cui anche la trasferta da casa all’aeroporto per il proprio viaggio di nozze.
L’accusa ha chiesto la condanna per 38 viaggi, esclusi alcuni tra cui una trasferta a Milano per la prima del film “Barbarossa” assieme ai vertici del Carroccio.
La lista dei viaggi era stata pubblicata dal quotidiano Messaggero Veneto e aveva causato le sue dimissioni e l’autosospensione dal partito.
Nel luglio scorso, la Corte dei Conti lo aveva condannato a risarcire 10 mila euro.
Prima della sentenza, arrivata nel pomeriggio, l’ex presidente del Consiglio regionale aveva annunciato che non avrebbe presentato ricorso alla Corte dei Conti contro la condanna perchè, come aveva detto oggi l’avvocato difensore, Luigi Fadalti “si è chiusa la partita contabile con il pagamento della somma richiesta”.
Ad aprile 2010 Ballaman aveva deciso di rinunciare all’Audi A6 full optional con autista — chiedendo comunque un rimborso spese di 3.200 euro mensili per raggiungere la sede del Consiglio regionale a Trieste dalla sua casa a Pordenone — nel frattempo però, seduto comodo sui sedili in pelle dell’Audi blu regionale, nei due anni precedenti si era girato mezzo nord-est per i fatti suoi.
Dai viaggi con la fidanzata, poi moglie, Chiara Feltrin, per accompagnarla dal dentista, o durante i preparativi per il matrimonio.
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Aprile 15th, 2012 Riccardo Fucile
L’INTERCETTAZIONE DEL COLLOQUIO CON L’AMICA DIRIGENTE… L’EX TESORIERE PRIMA DELLA TEMPESTA: “A CAUSA DELLA LEGA SONO FINITO NEI GUAI”
C’è stato un momento, prima delle perquisizioni e del terremoto giudiziario, in cui l’ex tesoriere (ed ex leghista) Francesco Belsito ha capito.
E al telefono in qualche modo confessava lo sfaldarsi del suo castello di carta e, indirettamente, la consapevolezza da parte dei vertici del Carroccio di quel che stava succedendo, paventando addirittura un gesto estremo: «Mi sparo in bocca…dopo avergli scritto una lettera: “Vaff…tutti quanti”».
Quella intercettazione, riletta e contestualizzata oggi, rappresenta un punto di partenza importante, sia per la Procura di Genova che per quella di Milano, in vista dell’interrogatorio cui Belsito si è detto «pronto».
Nel frattempo si conferma in ambienti investigativi come nei prossimi giorni saranno condotti accertamenti anche sulla rete di appartenenti alle forze dell’ordine, fra loro un poliziotto, che con l’ex sottosegretario avevano rapporti «privilegiati».
Per ripercorrere la telefonata che oggi lascia capire quanto ha da raccontare Belsito sul vorticoso giro di milioni (Tanzania compresa) da lui gestito per conto della Lega e dei suoi amici faccendieri (tutti indagati per riciclaggio) bisogna tornare al 26 febbraio.
Il Secolo XIX ha appena pubblicato una serie di inchieste che ne descrivono le ombre del passato.
Belsito è al telefono con la dirigente amministrativa leghista Nadia Dagrada.
Per lui ormai tira una brutta aria ed è pure terrorizzato di rimetterci dei soldi, prendendosela proprio con la Lega: «Grazie alla Lega adesso sono andato nella merda! Tutto il resto lo metto a posto, ma se parlo di Francesco Belsito a livello personale, adesso, i debiti che devo affrontare… come faccio? Me li dà il partito? Me li presta il partito?».
(da “Il Secolo XIX”)
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Aprile 15th, 2012 Riccardo Fucile
IL TESORETTO ACCUMULATO DAL 1994 E BLINDATO IN UN FONDO PATRIMONIALE
Ville, appartamenti, terreni, cascine: una girandola di investimenti immobiliari
iniziata nel ’94, prima volta della Lega al governo.
E continuata fino a ieri.
Con tanto di fondo patrimoniale per scudare i beni dei Bossi.
Un’inarrestabile corsa nel segno dell’affarismo padano.
Fino all’ultimo colpo: una cascina più terreni acquistati dieci mesi fa per il “contadino” Roberto Libertà Bossi, uno dei rampolli della family.
C’è una Lega del Mattone che in questi anni ha fatto affari all’ombra della Lega di Famiglia, meglio nota come «cerchio magico».
UN ACQUISTO OGNI ANNO
Il perno è lei, Manuela Marrone, first sciura leghista, un mix di ritrosia siciliana e concretezza lombarda.
E’ soprattutto grazie al suo fiuto che, da quando 18 anni fa il Carroccio ha iniziato a salire ai piani alti del Palazzo di «Roma ladrona», è lievitato il patrimonio immobiliare dei Bossi.
Si tratta di un tesoro consistente: diciotto unità registrate al catasto con il nome della moglie del Senatur. In media: un’acquisizione all’anno (dal ’94 a oggi).
Sette in più rispetto agli «undici immobili» che – stando a una telefonata intercettata dalla Dia di Reggio Calabria tra l’imprenditore Stefano Bonet e la dipendente della Lega Lubiana Restaini – sarebbero «intestati» alla moglie del Senatùr (gli «acquisti» non lasciavano tranquillo l’ex tesoriere leghista Francesco Belsito).
Di qui il dubbio dei magistrati: con quali soldi sono stati comprati case (2), fabbricati (2) e terreni (14)?
LO SCUDO PATRIMONIALE
Se per gli investimenti finanziari la Lega andava a parare in Tanzania e a Cipro, meno globali sono le avventure immobiliari della family.
Gemonio non è un paradiso fiscale: ma quando si tratta di rogitare la scelta dei Bossi cade sempre qui.
Il valzer del mattone inizia il 30 aprile del ’94.
A Roma il Carroccio piazza 180 parlamentari (primo governo Berlusconi-Lega), a Gemonio i coniugi Bossi acquistano un terreno e dividono la proprietà (al 50%).
Lo stesso giorno Umberto cede alla moglie altri tre terreni e un appartamento. Passano quattro anni: è il ’98. Periodo difficile per il partito padano. Berlusconi è il «mafioso di Arcore», Bossi è travolto da un valanga di querele (poi in buona parte rientrate).
Il 6 febbraio il Senatur e la moglie bussano al notaio di fiducia, Rodolfo Brezzi, studio a Samarate (Varese).
Costituiscono un fondo patrimoniale per blindare gli immobili di famiglia da eventuali pignoramenti.
DALLE TERRE AL CASTELLETTO
Eretto lo “scudo” di Gemonio, protetti i beni dalle possibili rivalse dei creditori, dalla fine degli anni ’90 la Lega del Mattone viaggia a gonfie vele.
Mettendo le mani sul paesotto culla del federalismo.
Il 12 gennaio 2001 Manuela si aggiudica un fabbricato e altri tre terreni.
Uno glielo vende Emilia Rosaspina, gli altri la Gestione Santa Chiara sas. 13 luglio 2002: altra terra, altro atto notarile. Un anno dopo – è il 19 giugno 2003 – i Bossi acquistano (in comproprietà ) il “castelletto” di via Verbano, residenza ufficiale della famiglia.
La villa ora è sotto la lente della magistratura.
E’ la segretaria amministrativa Nadia Dagrada a rivelare come la Lega Nord avesse pagato alcune spese di ristrutturazione, in particolare il rifacimento della terrazza (con tanto di fattura dell’architetto).
Ma aprendo la cartellina “The Family” i pm scoprono di più: il 10 dicembre 2010 la Vittoria Assicurazioni scrive alla Lega per sollecitare il pagamento di 779,38 euro relativo alla polizza della casa. Dodici giorni dopo parte il bonifico: ordinante, è Lega Nord.
CASCINA E ATTICO
L’ultimo affare i Bossi lo fanno il 24 giugno 2011.
Il secondogenito Roberto Libertà , quello del gavettone alla candeggina, ama l’agricoltura.
A Brenta, vicino a Gemonio, una signora milanese vende un lotto composto da: una casa, un fabbricato per uso agricolo e cinque terreni. Lady Bossi compra, e si intesta.
Diciottesima proprietà in 18 anni.
Ignoto, come in tutti gli altri casi, il valore della transazione.
Quel che è certo è che il primo febbraio, cinque mesi prima, il marito Umberto si mette in tasca 480mila euro rivendendo una casa ricevuta in eredità – lo stesso giorno – dall’anziana militante leghista Caterina Trufelli (a parlarne per primo è “Libero”).
Il Senatur avrebbe dovuto girare il lascito alla Lega e comunicarlo alla Camera dei Deputati. E invece no.
Dove sono finiti i soldi? E’ la domanda che si fanno i pm.
Un dubbio che accresce altri sospetti.
Come quello acceso da una telefonata intercettata tra la Dagrada e Belsito nella quale si parla di «500 mila euro da giustificare solo per il 2011… nel gioco tra le due signore (Marrone e Rosy Mauro)».
Gioco immobiliare col denaro della Lega?
Acquisti, ma non solo. Un’altra voce riguarda gli affitti. Quello dell’attico romano del Senatur, per esempio (in via Nomentana, 5mila euro di canone). E poi i due appartamenti milanesi nella disponibilità di Renzo Bossi.
Si favoleggia che uno gli sia stato addirittura offerto da Berlusconi.
A ogni modo: chi ha pagato?
Paolo Berizzi
(da “La Repubblica”)
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Aprile 15th, 2012 Riccardo Fucile
I LEADER SI NASCONDEVANO DIETRO NOMI DI AFRICANI IGNARI… IL TRAMITE ERA UNA SEGRETARIA DELLA CAMERA VICINA CASTELLI E MARONI
Che fine hanno fatto i bilanci del Sin.pa, il sindacato padano di Rosi Mauro? Non si sa. Perchè quando l’altro ieri gli uomini della Gdf si sono presentati nella sede di via Del Mare si sono sentiti rispondere che semplicemente i bilanci non esistevano perchè il sindacato non aveva contabilità : «Fa tutto la Rosi».
Non è difficile immaginare, dunque, che la ruspante vicepresidente del Senato appena espulsa dalla Lega dovrà essere chiamata in Procura molto presto per spiegare come mai il sindacato da lei presieduto non aveva uno straccio di contabilità , nonostante le generose elargizioni dell’ex tesoriere Francesco Belsito (300 mila euro solo nel 2011).
Sin.pa senza bilanci
Dunque, la prossima settimana potrebbero scaturire nuove iscrizioni sul registro degli indagati.
Gli inquirenti milanesi stanno infatti controllando il resto della documentazione acquisita per capire in quali e quante circostanze il denaro distratto dai bilanci della Lega a favore dei famigliari e dei fedelissimi del «cerchio magico» di Umberto Bossi possa considerarsi «appropriazione indebita» in concorso con il Belsito.
I carabinieri del Noe di Napoli, nel loro rapporto, segnalavano senza ombra di dubbio che «oltre ai soldi versati personalmente ai famigliari dell’onorevole Umberto Bossi», e al «Senatùr» in persona, vi sono «anche cospicue elargizioni a favore di Rosi Mauro e del Sinpa (Sindacato Padano), della «scuola Bosina» di Varese, riconducibile a Manuela Marrone, consorte di Bossi, ma anche al sen. Calderoli Roberto».
Un conto però sono le informative dei carabinieri, un altro le risultanze processuali.
Il timore di un intervento giudiziario sui pasticci contabili combinati da Belsito risulta infatti evidente anche dai comportamenti di alcuni «insospettabili».
Scrivono gli investigatori della Dia di Reggio Calabria: «Subito dopo la pubblicazione sugli organi di stampa nazionali degli investimenti del movimento politico Lega Nord all’estero, il gruppo sottoposto alle investigazioni, attraverso l’acquisito di schede telefoniche internazionali e nazionali intestate a ignari cittadini stranieri e caselle di posta elettronica attive su domini internazionali, si è creato una rete di comunicazione “clandestina”, per poter dialogare, come da loro detto esplicitamente, in modo sicuro e riservato».
Insomma, i leader della Lega, per parlare al telefono usavano i nomi di poveri extracomunitari ignari, gli stessi che volevano ricacciare oltre mare e che in questo caso tornano comodissimi.
«Bonet Stefano prosegue la nota Dia – per le conversazioni riservate, dotava Restaini Lubiana, segretaria della Lega alla Camera, di due utenze telefoniche intestate ad un cittadino senegalese e a uno del Bangladesh.
Senegal e Bangladesh
In quest’ottica, il 17 febbraio, l’imprenditore veneto contattava (da utenza intestata a tale Mattia Camurati) sull’utenza del cittadino Md Zalal Uddin (Bangladesh) la Restaini Lubiana, dipendente del Parlamento, che risulta vicina al senatore della Repubblica on. Roberto Castelli e all’on. Roberto Maroni e allo stesso Bonet Stefano, con la quale ha intrapreso un’ampia collaborazione con lo scambio di costanti e continui contatti telefonici.
Nel corso della telefonata – in alcuni momenti dai toni aspri, per via di come si stava sviluppando la vicenda del rientro dei capitali esteri —, la Restaini passava la conversazione al senatore Roberto Castelli».
Sapeva il senatore Castelli di parlare su un cellulare «extracomunitario»?
Non si sa.
Ma certo Castelli è molto bene informato dei pasticci africani di Belsito e dei suoi «favori» al «capo».
E «il nano» è furioso con lui: «Francesco dice che lui non sa come abbia potuto fare Castelli… che ne ha fatte più lui… Nadia dice che secondo lei perchè si è agganciato alla Rosi perchè prima non lo considerava nessuno…».
I figli del Senatùr
Insomma, dietro le rocambolesche vicende dei rimborsi elettorali del Carroccio emergono vicende di dispetti e ricatti tutti da indagare.
Come ad esempio il riferimento a una questione relativa a un figlio di Bossi, di cui si parla in un’intercettazione del 23 febbraio scorso, nella quale il «nano» Belsito si sfoga con la segretaria e responsabile «gadget» della Lega, Nadia Dagrada.
Scrivono gli investigatori: «Francesco chiede cosa dicono di lui alla Lega e aggiunge che l’unico che lo ha trattato bene è stato Riccardo e che gli ha promesso che quando vedrà il padre (Umberto Bossi) parlerà bene di lui. Nadia dice che invece l’altro è “un pezzo di merda”; (riferendosi probabilmente all’altro figlio di Bossi) e che poi deve raccontargli un episodio in cui lo hanno trattenuto un’ora e mezza in Questura, del quale riuscirà ad avere anche il verbale, e che comunque il padre non è stato avvisato…».
Di cosa si tratta?
L’unico episodio simile riguarda Roberto Libertà che 8 o 10 mesi fa, ancora minorenne, venne fermato dai carabinieri vicino a una cascina nei pressi di Angera, ritrovo di giovani un po’ sbandati.
Portato in caserma, vi rimase circa un’ora e mezza per l’identificazione.
Ne scaturì una denuncia contro i carabinieri presentata da un legale milanese.
La vicenda, trattata dal pm di Varese Petrucci, venne quindi archiviata.
Paolo Colonnello
(da “La Repubblica“)
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