Febbraio 11th, 2013 Riccardo Fucile
ECCO COSA PREVEDE LA LEGGE ELETTORALE PER LE REGIONALI IN TEMA DI VOSTO DISGIUNTO
Ma i montiani hanno capito cos’è davvero il voto disgiunto?
Dare voti diversi per la Camera, il Senato e la Regione non è voto disgiunto, è articolazione del voto.
Si chiama voto disgiunto, invece, una possibilità molto specifica, offerta dal sistema elettorale delle regioni e dei comuni, e solo da questi due, e cioè la possibilità di votare, sulla stessa scheda per una lista al Consiglio regionale (ed eventualmente scrivendo il nome di un candidato, come preferenza) e per un candidato Presidente di uno schieramento diverso e concorrente rispetto a qu(da(ella lista.
In tal caso il voto al presidente può servire a farlo vincere, con la sua coalizione, invece il voto alla lista e al candidato consigliere serve a determinare il peso di quella lista nel Consiglio, e l’identità dei suoi eletti.
Per valutare l’opportunità del voto disgiunto si deve tener conto di un’altra cosa che molti non sanno.
Il candidato presidente viene automaticamente eletto in consiglio regionale solo se è quello che vince o se arriva secondo.
Dal terzo posto compreso, in poi, il candidato presidente non viene eletto, a meno che non sia anche candidato nella lista e votato con le preferenze.
Infatti la “candidata di 5 Stelle alla presidenza della Regione”, Silvana Carcano, è anche candidata consigliera a Milano e deve sempre ricordare di scrivere il suo nome accanto alla riga delle preferenze, altrimenti non sarebbe mai eletta.
E invece non ho trovato traccia di una candidatura di Albertini al consiglio, oltre che alla presidenza della Regione.
In effetti il voto alla Carcano o ad Albertini come presidenti, sono del tutto superflui perchè non determinano chi vincerà , tra la coalizione di Ambrosoli e quella di Maroni, e non determinano neanche chi siederà in Consiglio a rappresentare 5 stelle montiani nel Consiglio.
Per gli elettori di 5 stelle si tratterebbe solo di capire il meccanismo e senza togliere un solo voto alla loro lista, potrebbero, votando Ambrosoli (o Maroni!) scegliere anche a quale giunta fare opposizione.
In parole povere possono decidere se la Lega si prende anche la Lombardia col Pdl, o sbarrarle il passo con il voto disgiunto.
Nel senso proprio, e tecnico del termine.
Paolo Hutter
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 11th, 2013 Riccardo Fucile
“L’IMPORTANTE E’ SCONFIGGERE LA LEGA”… SEMPRE PIU’ ADESIONI AL VOTO DISGIUNTO: FRONTE UNITO CONTRO LE PALLE DEL MESTIERANTE MARONI
«Il dottor Ambrosoli poteva essere un ottimo candidato di Scelta Civica. Ha uno stile moderato e rappresenta bene la nostra determinazione nella volontà di cambiamento in Lombardia».
Con queste parole Andrea Olivero conferma (e non in una forma implicita) il sostegno sostanziale dei montiani al candidato del centrosinistra per il Pirellone.
Ex presidente delle Acli, Olivero è il fondatore del partito del Professore, insieme con Mario Monti, Andrea Riccardi e Luca di Montezemolo.
E non solo difende i civici lombardi che hanno “mollato” Albertini per appoggiare Ambrosoli.
Da lui arriva quasi un incoraggiamento.
Che succede nel Centro? Si spacca ancora prima del voto?
«La Lombardia simboleggia bene le differenze che esistono nel nostro movimento. I tre capilista vengono da esperienze diverse, in alcuni casi opposte: Mario Mauro dal Pdl, Pietro Ichino dal Pd, lo stesso Albertini da una posizione critica dentro il centrodestra. Dobbiamo fare una sintesi tra varie culture politiche ma nessuno vuole sfasciare il giocattolo».
Lei da che parte sta?
«Quello che posso dire è che scegliere Ambrosoli o Albertini va nella stessa direzione: evitare la vittoria di Maroni che noi consideriamo una sciagura. È il motivo per cui abbiamo deciso di sostenere la candidatura dell’ex sindaco di Milano. Per impedire alla Lega di conquistare il governo della regione. In questa logica ci sono delle forze vicine a Scelta Civica e a Monti che si trovano più vicine, per affinità culturale e politica, ad Ambrosoli. Mi viene in mente Pezzotta che ha una consolidata esperienza di collaborazione con il candidato di centrosinistra».
Questa equidistanza non mette in imbarazzo Albertini? Tanto vale ritirarsi se lo abbandonate così.
«Guardi che non stiamo liquidando Albertini. Sarebbe un errore politico colossale. Lo si pagherebbe a caro prezzo e lo pagherebbe non solo la nostra lista ma tutto il fronte anti-Lega».
Perchè?
«Perchè nel momento in cui Albertini fosse scaricato, una parte del suo elettorato voterebbe Maroni ».
Come si fa allora a tenere in equilibrio per due settimane una posizione così vaga?
«Concentrando gli sforzi, andando a smascherare tutte le ambiguità della candidatura Maroni, contrastando quella strana e assurda alleanza tra Pdl e Lega che ha come collante solo la conservazione del potere e nascondere la corruzione della Regione».
Albertini sostiene che lei e Riccardi siete cattolici vicini alla sinistra. Esiste una faida con Cl in Lombardia?
«Siamo tante persone diverse che si ritrovano nel segno del riformismo rappresentato da Monti. Una faida tra cattolici? Ma siamo seri. Le faide interne a una partito sotto elezioni non portano a nessun risultato».
Se ci saranno altre defezioni nella vostra lista a favore di Ambrosoli, Monti interverrà ?
«Ogni singolo cittadino è libero di votare come vuole. Noi proporremo ai cittadini di scegliere in alternativa a Maroni. Il voto disgiunto proposto da Borletti Buitoni, Dellai, Pezzotta e da altri, da questo punto di vista, lo consideriamo molto positivo. Manifesta l’intendimento di andare contro la Lega, non può essere un danno».
Goffredo De Marchis
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Febbraio 11th, 2013 Riccardo Fucile
CORO UNANIME DI APPREZZAMENTO AL GESTO RIVOLUZIONARIO DI UN GRANDE TEOLOGO E DI UN PAPA FEDELE ALLA DOTTRINA DELLA CHIESA
Patriarca di Venezia: “Decisione che esprime grandezza”. 
La decisione annunciata oggi dal Papa “ha sorpreso tutti” e “dice la grandezza” di Benedetto XVI, perchè “se il Santo Padre ha pensato e riflettuto, di fronte al Signore, ritenendo di non avere più le forze e le energie fisiche per il buon governo della Chiesa, dobbiamo renderci conto che abbiamo un grande Papa”
Cardinale di Parigi: “Rotto un tabù”.
Con la sua decisione di lasciare il pontificato, Benedetto XVI ha “rotto un tabù secolare” che “apre una nuova fase nella storia del Papato”: lo ha detto monsignor Andrè Vingt-Trois, cardinale di Parigi e presidente della Conferenza dei vescovi di Francia
Sacerdote amico di Wojtyla: “Ratzinger non ha voluto ripetere ultimi mesi di Giovanni Paolo II”.
“Penso che non volesse ripetere gli ultimi drammatici mesi di pontificato di Giovanni Paolo II”, ha detto oggi padre Adam Boniecki, sacerdote polacco amico di Papa Wojtyla
Arcivescovo Canterbury: “Grande dignità e coraggio”‘
Abbiamo appreso con tristezza ma completa comprensione della dichiarazione di Papa Benedetto, che ha ricoperto il suo ruolo con grande dignita’, comprensione e coraggio”. È quanto ha dichiarato in una nota l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby.
Bagnasco: “Esempio di libertà interiore”.
“Una decisione che ci lascia con l’animo carico di dolore e di rincrescimento; ancora una volta Benedetto XVI ha offerto esempio di profonda libertà interiore”.
Teologo e amico Seckler: “Ha sofferto intrighi di Roma”.
Papa Benedetto XVI ha sofferto molto “per gli intrighi di Roma”. A confidarlo a Tubinga all’agenzia stampa tedesca Dpa è il teologo Max Seckler, vecchio amico del Pontefice. “Ha sofferto molto per certe cose associate al suo incarico – ha commentato Seckler -. E’ difficile immaginare gli intrighi che ci sono a Roma con i quali ha dovuto combattere. E’ qualcosa che lo ha colpito molto perchè è un teologo e una persona nobile”
Cameron. “Il Papa ha lavorato per rafforzare legami con Gran Bretagna”.
Papa Benedetto XVI “mancherà come capo spirituale a milioni di persone
Il fratello Georg: “Sapevo da mesi, medico sconsigliò lunghi viaggi”.
Il medico, ha poi spiegato Georg Ratzinger, aveva raccomandato al Papa di rinunciare a compiere nuovi viaggi transatlantici. Il Pontefice inoltre lamentava difficoltà nel camminare, ha aggiunto il fratello, per il quale “si tratta di un fatto naturale. Mio fratello vuole più tranquillità alla sua età “. Il sacerdote, di 4 anni più grande di Papa Benedetto, ha detto che era a conoscenza da mesi dell’intenzione del Papa di rinunciare.
Israele, rabbino capo loda il Papa. Il Papa merita lodi e tanto credito.
E’ questa la reazione del rabbino capo di Israele, Yona Metzger, all’annuncio della rinuncia di Papa Ratzinger al soglio pontificio.
Metzger ha lodato il papa per l’impronta data al dialogo interreligioso e ha aggiunto che le relazioni tra Israele e il Vaticano non sono mai state migliori. “Nel corso del suo pontificato – ha detto – abbiamo registrato le migliori relazioni da sempre tra la Chiesa e il rabbinato capo e auspichiamo che questa tendenza continui. Credo – ha aggiunto il rabbino capo – che questo Papa meriti tanto credito per i progressi fatti nel dialogo interreligioso tra giudaismo, cristianesimo e islamismo. Auguriamo al papa – ha concluso Metzger – buona salute e lunga vita”.
Foad Aodi: “Arabi in Italia ringraziano Papa per appelli costruttivi”.
“Siamo addolorati e molto sorpresi per le dimissioni di Papa Benedetto XVI” .
Lo afferma in una nota Foad Aodi, presidente della Comunità del Mondo arabo in Italia (Comai). “Ringraziamo il Papa per i suoi numerosi appelli costruttivi a favore della pace, dei diritti umani e degli immigrati, per gli aiuti umanitari ai civili in difficoltà , per il dialogo interculturale ed interreligioso”, continua Aodi. “Sicuramente è un atto coraggioso e pieno di responsabilità ed è un insegnamento per tutti i leader nel mondo, rappresenta una novita” assoluta. Auspichiamo che la Chiesa italiana possa reagire unita per superare questo momento che ha sorpreso tutti e per affrontare la successione con serenità e speranza augurando che il successore sia un Papa italiano – conclude Aodi – Il mondo arabo ribadisce la sua vicinanza al Papa e a tutta la Chiesa cattolica ed è pronto per proseguire e intensificare la collaborazione e il dialogo con tutte le religioni”.
Don Ciotti: “Contropiede intelligente che annuncia cambiamenti”.
“Un contropiede intelligente ed è un segno profetico perchè cambia e annuncia cambiamenti. Gesto di grande coraggio ma soprattutto di grande libertà . Per chi fosse distratto, è un richiamo forte alla responsabilità intesa come servizio e mai gestita come potere da conservare. Suonano ancora forti le sue parole per gli ultimi, i poveri, sulla corruzione ed usura e il richiamo ancora più forte pronunciato a Palermo in piazza Politeama dove Ratzinger sottolineò “mafia, strada di morte incompatibile con il vangelo”. Così don Luigi Ciotti, presidente di Libera e gruppo Abele.
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Febbraio 11th, 2013 Riccardo Fucile
I PRECEDENTI CASI
Il primo ad abdicare dopo seicento anni.
“Il Papa ci ha preso un po’ di sorpresa”, afferma il portavoce vaticano, Federico Lombardi, in merito all’annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI. I cardinali hanno ascoltato il Papa “con il fiato sospeso, credo che la massima parte dei presenti non avesse informazione precedente di quello che il Papa stava per annunciare”.
Quella del Papa di lasciare il pontificato è stata una «decisione personale, profonda, presa in clima di preghiera».
Il «motivo fondamentale è l’esame di coscienza sulle sue forze in rapporto al ministero da svolgere».Benedetto XVI rinuncia al soglio pontificio e lascerà il 28 febbraio. Una decisione di portata storica che ha pochi precedenti in epoca recente.
I casi storici di rinuncia, comunque, non mancano, soprattutto nei tempi più remoti del Papato: San Clemente, quarto pontefice romano, arrestato ed esiliato per ordine di Nerva nel primo secolo dopo cristo, abdico’ dal Sommo Pontificato indicando come suo successore Evaristo, affinchè i fedeli non restassero senza pastore.
Nella prima metà del III secolo, Ponziano lo imito’ poco prima di essere esiliato in Sardegna; al suo posto venne eletto Antero.
Silverio, 58esimo vescovo di Roma, fu deposto da Belisario e in punto di morte (11 marzo 537) rinunciò in favore di Vigilio, fino ad allora considerato un usurpatore.
Vi sono poi molti altri casi, più problematici, in cui si discute se vi sia stata rinuncia o addirittura rinuncia tacita, come nel caso di Martino (VII secolo).
Altro caso più difficilmente inquadrabile è quello di Benedetto IX, che prima venne deposto in favore di Silvestro III, salvo poi riassumere la carica per poi rivenderla a Gregorio VI, il quale, accusato di simonia, fece atto di rinuncia dopo aver ammesso le sue colpe.
Siamo nella prima metà dell’anno Mille.
Il più celebre caso di rinuncia all’ufficio di Romano Pontefice fu quello di Celestino V, detto anche «il Papa che fece per vitla’ lo gran rifiuto», che portò all’elezione di Bonifacio VIII nel 1294; poichè quest’ultimo fu un pontefice non affine a Dante Alighieri, egli nella sua Divina Commedia pone, probabilmente, Celestino V nell’Antinferno tra gli ignavi: non è però certo chi il Sommo Poeta volesse indicare nel seguente passo, potrebbe trattarsi infatti, secondo alcuni critici di Ponzio Pilato, Esau’ o Giano della Bella: con il cardinale Benedetto Caetani, e si fece confermare dal concistoro dei cardinali che un’abdicazione dal soglio pontificio era possibile, quindi, in data 10 dicembre 1294, emanò una costituzione sull’abdicazione del papa, confermò la validità delle disposizioni in materia di Conclave anche in caso di rinuncia, ed appena tre giorni dopo rese note le sue intenzioni ed abdico’.
Nel 1415 un altro Papa, Gregorio XII, eletto all’epoca dello Scisma d’Occidente a Roma, dopo molti anni di lotte e di contese giuridiche, belliche e diplomatiche, fece atto di sottomissione ai decreti emessi dai padri conciliari, durante il Concilio di Costanza, che era stato convocato dall’antipapa Giovanni XXIII e presieduto dall’Imperatore Sigismondo per dirimere ogni questione.
Uno di questi decreti intimava a tutti i contendenti di abdicare, nel caso che non si trovasse una soluzione e non si raggiungesse l’accordo fra i tre pretendenti al Soglio. Davanti al rifiuto di Benedetto XIII (rappresentante dell’obbedienza avignonese) e alla fuga di Giovanni XXIII (poi ricondotto in Concilio e deposto), alla fine Gregorio XII acconsenti’ ad abdicare, dopo aver riconvocato con una sua bolla il medesimo Concilio.
All’abdicazione però non seguì l’elezione di un nuovo Papa, che si verificò passati due anni e solo successivamente alla scomparsa di Gregorio XII, dopo la quale venne convocata un’assemblea mista di cardinali e di padri conciliari, che elesse Martino V nel 1417.
Giacomo Galeazzi
(da “La Stampa”)
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Febbraio 11th, 2013 Riccardo Fucile
BENEDETTO XVI HA ANNUNCIATO LE PROPRIE DIMISSIONI IN LATINO DURANTE IL CONCISTORO POCHI MINUTI FA… “SENTO IL PESO DELL’INCARICO, LO FACCIO PER IL BENE DELLA CHIESA”
Secondo l’agenzia Ansa il Papa Benedetto XVI lascerà il pontificato dal prossimo 28 febbraio.
Lo ha annunciato personalmente, in latino, durante il concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto.
Il Papa ha spiegato di sentire il peso dell’incarico di pontefice, di aver a lungo meditato su questa decisione e di averla presa per il bene della Chiesa.
“Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”.
Lo ha detto il Papa ai cardinali, nel corso dell’odierno Concistoro Ordinario.
Il pontefice ha chiesto che si indica un conclave per l’elezione del successore.
Al momento non ci sono ancora dettagli sulla notizia, ma nei mesi scorsi si erano moltiplicate le voci che davano come possibile la rinuncia del pontefice.
Una decisione quasi senza precedenti.
L’episodio più celebre è quello di Celestino V, che rinunciò all’incarico dopo essere stato eletto nel XIII secolo.
Il discorso del Papa.
“Carissimi Fratelli – ha detto il Papa ai cardinali – vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”. “Sono ben consapevole – ha aggiunto – che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”
“Ora servirò Chiesa con la preghiera”.
“Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio”. Lo ha detto il Papa al termine della sua breve allocuzione in latino.
Papa: “Perdono per i miei difetti”.
“Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti”. Lo ha detto Benedetto XVI annunciando di lasciare il pontificato.
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Febbraio 11th, 2013 Riccardo Fucile
SONO 186 GLI EX PARLAMENTARI CHE DOVRANNO ASPETTARE I 60 O 65 ANNI PER LA PENSIONE… CHI ERA DIPENDENTE POTRA’ TORNARE AL VECCHIO LAVORO GRAZIE ALL’ASPETTATIVA
Chiamarli esodati, anche se col paracadute, potrebbe suonare offensivo per gli esodati veri, dunque il paragone è improprio pure se l’istituzione per la quale hanno prestato il loro impegno, cioè il Parlamento, li ha lasciati senza stipendio e senza pensione in attesa di raggiungere i nuovi limiti di età .
Ma attenzione: loro stessi l’anno scorso hanno votato questa riforma, ben sapendo che se cambiavano le regole per tutti gli italiani, stessa cosa doveva valere a maggior ragione per la cosiddetta Casta.
Dunque c’è chi dovrà aspettare due anni, come Livia Turco o Veltroni, chi un anno come Rutelli e chi dieci, come Isabella Bertolini del Pdl.
E in ogni caso sono molti quelli che non avranno difficoltà a ricollocarsi, anche se costretti a tornare indietro nel tempo.
Uno di questi e’ l’Udc Renzo Lusetti, classe 1958: comincerà a ricevere la sua pensione nel 2018 e ora tornerà al lavoro nell’azienda dove si mise in aspettativa dal 1987.
Conta comunque 186 nomi questa schiera di onorevoli non ricandidati e rimasti pure senza pensione, grazie alla riforma che l’anno scorso cambiò i vitalizi: fissa
«Non potevamo certo permettere che in Italia ci fossero 300 mila esodati veri e infuriati e che i politici potessero riscuotere il loro vitalizio a 50 anni», spiega infatti uno degli estensori della riforma.
Uno dei volti noti incappati nelle maglie di questa riforma fu la Pivetti, oggi ricandidata alla Regione Lazio e quindi in predicato di rielezione, che quest’anno avrebbe avuto diritto al vitalizio in base alle vecchie regole.
Lei alla fine non presentò ricorso, ma lo fecero una trentina di onorevoli intenzionati ad aver conto e ragione dei cosiddetti diritti acquisiti.
Che furono ripagati con una sonora bocciatura del loro ricorso da parte del consiglio di Giurisdizione della Camera, presieduto dal finiano Consolo.
E così dunque, scremate le liste, spuntate le varie ricandidature dei 945 parlamentari uscenti, grazie allo screenig fatto dall’istituto Hume si vede che in questa terra di mezzo resta un nutrito numero di deputati e senatori.
Quasi sempre in grado di rientrare in gioco senza problemi, visto che la schiera di professionisti nei rami del parlamento è alta: avvocati, notai, commercialisti, medici, giornalisti, ma anche molti docenti e lavoratori dipendenti.
Ma ci sono i casi più disparati: due ambientalisti come Della Seta e Ferrante, non ricandidati anche se dopo una legislatura provenienti dalle fila di Legambiente, dovranno convertire il loro impegno politico in altre forme.
Francesco Pionati, candidato nel Lazio, potrà invece rientrare in Rai, mentre Andrea Sarubbi non essendo negli organici, perchè lavorava a contratto, resta fuori.
Ma a parte tutto va detto che — come per chiunque lasci un posto di lavoro – ognuno di questi 186 non dovrà ripartire proprio da zero: tutti riceveranno un assegno di fine mandato (quello che in Germania e Francia viene chiamato sussidio di reinserimento lavorativo), pari all80% dell’importo mensile lordo dell’indennità per ogni anno di mandato effettivo: circa 46 mila euro per una legislatura, 140 mila per tre mandati, importi ricavati dal monte di contributi versati ogni mese da ogni singolo deputato.
E in questa lista dei 186 figurano comunque i nomi più disparati, da Franco Frattini a Massimo Calearo, dallo scrittore Gianrico Carofiglio a Marco Follini, da docenti universitari come Giovanni Bachelet, Stefano Ceccanti o Salvatore Vassallo, all’ex capogruppo leghista Marco Reguzzoni, fino agli ex An, come Adolfo Urso e Andrea Ronchi.
E dai non ricandidati finiti nella tagliola delle liste pulite, come Papa, Cosentino, Milanese del Pdl, Luongo o Papania del Pd, fino a Luigi Lusi, l’ex tesoriere della Margherita.
Carlo Bertini
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Febbraio 11th, 2013 Riccardo Fucile
ELEZIONI IN VISTA E NESSUNO PARLA DI SCUOLA, SE NON PER TAGLIARE POSTI DI LAVORO… MENTRE LA LOBBY DEI LIBRI CI COSTA 800 MILIONI
Le maestre a chiamata emigrano ogni giorno. 
Si svegliano alle 3 del mattino, prendono il treno alle 4 e quando entrano a scuola, alle 8,30, sono già stanche.
Vivono un caporalato senza caporali, organizzato dallo Stato, partono senza sapere se lavoreranno, aspettando una telefonata che arriverà , se arriverà , solo dopo un viaggio fatto di speranza e rassegnazione.
Si mettono in attesa di una supplenza dormendo su treni sporchi, affollati e rumorosi. Oppure, sedendo in un bar della stazione Termini, aspettando pazienti, alle 7 del mattino, che il loro telefono squilli.
Se la telefonata giungesse a casa non riuscirebbero ad arrivare in tempo a scuola e quindi perderebbero l’occasione.
Così partono senza sapere cosa accadrà , lasciando famiglia e figli ancora nel sonno, sperando che un’influenza improvvisa induca la segreteria di qualche istituto a scorrere l’elenco dei nominativi nella lista del circolo, per far scattare una supplenza. Che può durare anche un solo giorno.
Le maestre a chiamata giungono a Roma da Aversa, dal casertano, da Villa Literno. Dalle città del lavoro agricolo, della raccolta semi-servile dei pomodori, degli immigrati chiusi nei ghetti di Castelvolturno.
È da qui, ma anche da Formia, Latina, Frosinone, che ogni mattina, prima che faccia giorno, centinaia di pendolari della scuola pubblica, si mettono in cammino per uno, tre, quindici giorni di supplenza.
Come Carla Pagano, in viaggio da dieci anni.
La incontriamo a Villa Literno, alle 4,37 sul regionale 12442 proveniente da Napoli. Arriveremo a Roma alle 6,49, poi lei dovrà arrivare nella zona dei Colli Portuensi, verso il sud della città .
“Mi tocca un’altra ora di viaggio, ma arriverò a scuola prima dell’orario, quindi dovrò aspettare quasi un’ora prima che comincino le lezioni”.
Ha il viso sereno, ma stanco. E si accende solo quando si parla dei bambini: “Li adoro e loro mi vogliono bene”.
Accanto a lei c’è Antonietta Bonanno, tre figli lasciati a dormire e una supplenza più serena che dura fino a giugno.
“Ma sono otto anni che vado avanti e indietro: ieri mattina mi sono alzata alle 3 e sono tornata a casa alle 22, perchè avevo la programmazione settimanale”.
Carla, invece, sta per completare l’ultimo giorno, di tre, di supplenza.
“Mi hanno chiamato lunedì mattina, ero appena arrivata a Termini, ma finirà domani (giovedì scorso, ndr). Poi tornerò di nuovo senza incarico”.
E se non ne trova un altro? “Prenderò il primo treno per casa, sarà stato un viaggio a vuoto. Però”, sorride convinta dopo una pausa, “Mi sento fortunata: mia sorella ha trent’anni ed è a casa senza fare niente, io almeno ho un lavoro”.
La paga 47 euro alla giornata
Il treno è affollato, si è già riempito alla nostra fermata.
Il controllore conosce tutti: “Pensi che una volta ho incontrato un’insegnante che andava da Salerno a Udine per una supplenza di due giorni”.
Le maestre stendono dei foulard o delle lenzuola sui sedili — “sa, sono sporchi” — e cercano di dormire ancora un’ora o qualcosa in più.
Il rumore su questo treno è assordante: “In tanti anni mi è venuta la labirintite ” confessa Carla.
“Hanno fatto l’alta velocità tra Roma e Napoli ma non hanno pensato ai pendolari” protestano le sue colleghe.
Se questo convoglio è pieno, quello successivo, delle 5,51, lo sarà ancora di più.
“Il lunedì si viaggia in piedi, ci sono anche quelli che si fermano la settimana a Roma, tornano il venerdì e poi ripartono il lunedì mattina”.
Tutto questo, tra l’altro, ha un costo e Carla tira fuori dalla borsa i suoi biglietti, così facciamo due conti: “L’abbonamento al regionale costa 117 euro al mese, quello ai trasporti di Roma 35 euro. Spesso c’è un contrattempo, finiamo tardi oppure la metro si blocca, l’altro giorno ho dovuto prendere il taxi per tornare in stazione spendendo 40 euro”.
Il totale è di circa 200 euro al mese.
Ma i contrattempi possono essere anche altri: “Io ogni quindici giorni devo dormire in albergo — aggiunge una collega — perchè la preside mi chiede di restare al pomeriggio: sono altri 80 euro”.
Quando scendiamo sul binario della stazione Termini si avvicinano altre insegnanti, ognuna ha una storia da raccontare. Sul treno sarannno state un centinaio.
Molte hanno avuto l’incarico tutto l’anno, sono più serene ma sempre stanche.
“Io ho una figlia di cinque anni che stasviluppando un grande spirito di sopravvivenza perchè non riesco a starle vicino” racconta un’insegnante che preferisce non essere citata.
Aspettano di entrare in ruolo da 5, 8 o 10 anni.
“La situazione è peggiorata con la riforma Gelmini” concordano tutte. Quando è arrivato il maestro unico, con i tagli lineari e indiscriminati, i posti disponibili si sono ridotti drasticamente.
“Dal 2010 non si riesce più a lavorare”.
E così, a centinaia — la Cgil Scuola di Caserta ne stima tremila — si sono spostate a Roma.
E sono state costrette a passare in viaggio più ore di quelle passate in classe.
La maestra con la bambina “dal forte spirito di sopravvivenza” racconta di quando ha perso il treno delle 17,15 e ha dovuto attendere tre ore prima del prossimo.
“Quando sono arrivata a casa, mia figlia ormai dormiva”.
I due cellulari di Simonetta
Quelle che sono arrivate in anticipo o che devono aspettare la telefonata, si fermano al Momento, il bar sul ballatoio dell’atrio centrale.
Le maestre di Marcianise hanno una proposta: “Se un Frecciarossa si fermasse a Caserta alle 6 del mattino, pagheremmo la cifra pur di poter dormire di più e viaggiare meglio”.
La cifra, in realtà , è salata, l’abbonamento al treno veloce costa 300 euro, il doppio di quello regionale.
Invece, una supplenza viene pagata 47 euro al giorno e gli stipendi mensili, quando va bene, superano a malapena i 1.100 euro.
Del resto, un maestro di ruolo prende 1300 euro.
Come in una scena da sit-com, se ne vanno le insegnanti di Caserta e arrivano quelle di Frosinone.
Simonetta ha 48 anni, tre figli e due cellulari: “Ho lasciato due recapiti” spiega con lo sguardo furente.
“Sono partita alle 6 e ho viaggiato un’ora in piedi su un treno zeppo”.
Con lei assistiamo alla scena chiave della giornata: il telefono squilla, lo sguardo si illumina, è una scuola che ha bisogno della supplenza: “Dovete ancora aspettare il certificato medico della titolare? Va bene, attendo che mi richiamiate”.
Squilla anche l’altro telefono , Simonetta si divide tra due chiamate, nemmeno fosse una dirigente d’azienda.
Sull’altra linea, l’offerta è la stessa, deve scegliere. “Farò tre giorni, fino a venerdì, così, almeno, avrò pagati anche il sabato e la domenica”.
Se cumulerà almeno 78 giorni in un anno avrà diritto alla disoccupazione ridotta, oggi mini-Aspi, e quindi a circa 700 euro per un paio di mesi.
“Nel 2012 ho lavorato 100 giorni”. Alla sua collega, seduta accanto, la tazzina di caffè vuota sul tavolo, invece andrà male.
Non ha chiamato nessuna scuola, è costretta a tornare a casa, il viaggio è andato a vuoto.
Se ne riparlerà domani.
Salvatore Cannavò
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 11th, 2013 Riccardo Fucile
MA NELLA BASE DELL’EX PM EMERGE LA TENTAZIONE DEL DOPPIO VOTO: L’IDEA E’ DI SOSTENERE BERSANI AL SENATO
Votare Ingroia alla Camera e Bersani al Senato per evitare di far vincere Berlusconi in due regioni chiave, Lombardia e Sicilia.
La base del movimento Rivoluzione civile comincia a scricchiolare sotto il peso degli ultimi sondaggi che danno un testa a testa tra azzurri e democratici per raggiungere il premio di maggioranza a Palazzo Madama.
Sindacalisti della Fiom, leader storici della sinistra e sostenitori convinti del magistrato antimafia, da Milano a Palermo annunciano il loro «voto utile» per sconfiggere una volta per tutte la destra berlusconiana.
Proprio in Sicilia, la terra di Ingroia e delle sue battaglie giudiziarie contro la mafia, in molti aprono al voto disgiunto.
Anche in casa Fiom, nonostante tra i candidati ci sia la segretaria regionale uscente Giovanna Marano, in lista alla Camera con Rivoluzione civile.
Roberto Mastrosimone, segretario provinciale della Fiom e tra i protagonisti delle battaglie degli operai Fiat a Termini Imerese, non ha dubbi: «Alla Camera voterò in maniera convinta la lista di Ingroia, credo nella sua battaglia e in questo progetto – dice – ma da sempre mi batto per sconfiggere la destra. E non possiamo dare alcuna chance di vittoria a Berlusconi, soprattutto in Sicilia dove il Pdl ha mal governato per anni. Per questo al Senato voterò Bersani e la sua colazione. Non voterò Pd, sia chiaro, ma l’unico centrosinistra che può evitare che Berlusconi torni al potere». Il dubbio in queste ore si insinua in diversi esponenti della base palermitana di Rivoluzione civile: «Voterò certamente Ingroia alla Camera, ma ci poniamo il problema del Senato, soprattutto qui in Sicilia dove il distacco tra Berlusconi e Bersani è molto risicato e pochi voti possono far vincere il pessimo centrodestra, io scioglierò questo dubbio solo alla vigilia del voto, non voglio che tornino a governare i berlusconiani », dice Giampiero Di Fiore, vecchio militante dell’estrema sinistra palermitana.
A Milano ha fatto coming out il presidente del consiglio comunale Basilio Rizzo: non nasconde che voterà Ingroia alla Camera e centrosinistra al Senato. «Non è desistenza, è buon senso – dice -. I sondaggi non accreditano Rc di un risultato vicino all’8 per cento al Senato. Siamo molto più giù.
E i voti espressi per una forza che resta sotto la soglia di sbarramento non vengono ridistribuiti su base nazionale: si perdono e basta. Questo, purtroppo, non tutti ancora lo sanno».
Secondo Rizzo «il voto disgiunto non solo è utile ma è pure credibile: perchè si consente al Pd di non essere condizionato da Monti e si evita di favorire la destra».
Sulla stessa lunghezza d’onda Emilio Molinari, altro volto storico della sinistra milanese, ex eurodeputato di Democrazia Proletaria e attivista delle battaglie per l’acqua pubblica: «Alla Camera voto Ingroia perchè serve un cuneo per far saltare il dialogo fra il Pd e Monti.
Al Senato per il centrosinistra perchè l’imperativo è non far prevalere il tentativo di Berlusconi di rendere ingovernabile il Paese».
Dalle pagine di Micromega anche dom Giovanni Franzoni, il teologo e pacifista che nel 1976 fu dimesso dallo Stato clericale per aver dichiarato l’appoggio al Pci, dice che si orienterà per il voto disgiunto: «Potrei determinarmi per dare un’indicazione alla Camera per la lista degli “arancioni” di Ingroia, anche per miei precedenti rapporti di prossimità sia con i Comunisti italiani sia con i Verdi, mentre la preoccupazione per il Senato, affinchè non si riproduca una situazione di fragilità in cui si possa avere una maggioranza tranquilla alla Camera ma si è continuamente a rischio per una manciata di voti al Senato, potrebbe indurmi a votare per la coalizione Pd-Sel».
Antonio Fraschella Emanuele Lauria
( da “La Repubblica“)
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Febbraio 11th, 2013 Riccardo Fucile
UN CATALOGO METTE IN MOSTRA I CASI PIU’ EMBLEMATICI DI SPERPERO IN ITALIA
Dal ponte di Venezia “scivoloso”, al maestro marchigiano che mette in tasca alimenti destinati
agli alunni, passando per casi di malasanità , corruzione e frode.
E’ il quadro – certo a tinte poco luminose – dell’Italia degli sprechi e delle frodi tratteggiato in un dossier messo a punto dalla procura generale della Corte dei Conti.
I magistrati contabili ha messo insieme, in un catalogo poco onorevole per l’immagine del Paese, le iniziative più rilevanti dei procuratori regionali.
Casi che nel 2012 hanno comportato un pregiudizio economico che “in base ad un calcolo necessariamente provvisorio si valuta in oltre 293,632 milioni di euro”.
La Corte dei Conti ha scandagliato l’attività condotta lo scorso anno da tutte le procure regionali e ha messo insieme “le fattispecie di particolare interesse, anche sociale, rilevanti per il singolo contenuto e per il pregiudizio economico spesso ingente”.
Dal parcheggio messo sotto sequestro a Genova perchè insisteva in un sito sottoposto a vincolo storico-paessaggistico, al giro di mazzette nelle camere mortuarie dei nosocomi di Milano; dalle consulenze “inutili” (così le definisce la stessa magistratura contabile) della provincia di Napoli alla “erronea” utilizzazione del tariffario da parte delle Asl calabresi per le prestazioni specialistiche e di laboratorio, la casistica delle truffe e dei danni allo Stato è ampia.
Nei faldoni finiti nel mirino dei magistrati contabili anche consulenze non lecite, “imprudenza nella stipulazione di contratti di finanza derivata”, omessa riscossione delle imposte.
Sfogliando i faldoni delle procure regionali si incontrano “fenomeni già noti – come rilevano i magistrati contabili – di corruzione, di malasanità , di conferimento di consulenze in violazione di norme”.
Ma anche operazioni spericolate con i derivati, abusi nella gestione del personale e omissioni nella riscossione dei tributi.
Fino a casi di singoli funzionari di piccolo cabotaggio che per imperizia o per frode hanno causato danni alla pubblica amministrazione.
Ecco i casi più eclatanti:
– Venezia, il ponte che fa scivolare. E’ il Ponte della Costituzione, dell’archistar spagnolo Santiago Calatrava, per il quale la Corte dei Conti ha riscontrato “comportamenti colpevoli del progettista e del direttore dei lavori”. Tanti scivoloni per i turisti e un danno all’erario di 3,467 milioni di euro
– Firenze, premi a pioggia per gli addetti del Comune. Il danno per gli errori nella gestione del personale ammonta a 50 milioni
– Abruzzo, dai lavori post-sisma alle multe stracciate. Le vertenze in corso di istruttoria riguardano soprattutto i contributi per i lavori a seguito del terremoto del 2009. Ma ci sono anche casi di “mancata riscossione di contravvenzioni al codice della strada da parte di diversi Comuni” grazie ad “amicizie” tra multati e funzionari pubblici
– Campania, il litorale e i suoi rifiuti. Una citazione per un danno di circa 43 milioni di euro ha riguardato la gestione del contratto per la bonifica e lo stoccaggio dei rifiuti nel litorale Domizio Flegreo e Agro Aversano.
– Emilia Romagna, palazzi acquistati ma vuoti. Il caso è dell’ufficio Inail distaccato di Casalecchio di Reno, in provincia di Bologna. Il danno per sovra-prezzo e sovra-dimensionamento è di 3,3 milioni.
– Trieste, il muse costa 600mila euro ma non c’è. Il contributo era stato versato dalla Regione Friuli Venezia Giulia “ad una nota Fondazione di fotografie antiche”, fa sapere la Corte.
– Scuola Diaz, indaga la procura del Lazio. Il G8 si svolse a Genova ma è nelle mani della Corte dei Conti del Lazio il procedimento per accertare “l’ipotesi di possibile danno erariale e all’immagine subita dall’Amministrazione per gli Interni”.
– In Molise il collegamento Termoli-Croazia è salatato. Società mista irregolare, tutto da rifare e il danno è di 6 mln.
– Piemonte, ombre su Grinzane Cavour. L’associazione che gestisce il prestigioso premio avrebbe sottratto illecitamente fondi della Regione Piemonte.
– Sardegna, si comprano le banche ma mancano i marinai. Prima sono state comprate le imbarcazioni, poi sono rimaste ormeggiate “essendo carente il personale per la conduzione dei mezzi”.
– Sardegna, appalti edili in cambio di lavori domestici. E’ il caso di un tecnico comunale di un Comune della Sardegna che affidava lavori a un’impresa in cambio di opere per la propria abitazione.
– Sicilia, nomine regionali sotto la lente. Per presunti illeciti nella nomina di consulenti, per danni legati a dismissioni del patrimonio immobiliare, per l’assunzione di soggetti sprovvisti dei prescritti titoli professionali.
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