Febbraio 23rd, 2013 Riccardo Fucile
LA PROCURA DI MONZA HA INDAGATO GIULIANO BERETTA, CONSIGLIERE PROV. DEL CARROCCIO…SU 1200 FIRME BEN 900 SAREBBERO NON VALIDE
Con l’accusa di aver falsamente autenticato circa 900 firme raccolte nella circoscrizione Monza e
Brianza a sostegno della lista ‘Maroni presidente’ alla Regione Lombardia, il consigliere provinciale monzese della Lega Nord, Giuliano Beretta, è stato indagato per falso dalla Procura di Monza.
L’inchiesta è stata avviata dal pm Franca Macchia in seguito alla denuncia presentata qualche settimana fa dai radicali.
Gli atti, con l’esito degli accertamenti, sono già stati trasmessi all’ufficio centrale elettorale presso la corte d’appello di Milano.
Le indagini hanno riguardato circa 1.200 firme raccolte nella circoscrizione brianzola e sono emerse irregolarità per quanto riguarda le procedure di autenticazione dell’80 per cento delle sottoscrizioni.
Da quanto si è saputo, il pm non solo ha interrogato Beretta, ma ha anche sentito a campione, come testimoni, un gruppo di elettori; alcuni di loro avrebbero raccontato di aver firmato un foglio fatto ‘girare’ in famiglia.
Nel loro esposto i radicali avevano chiesto di indagare sulla sospetta raccolta delle 1.200 firme avvenuta in poco tempo, quattro o cinque giorni.
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 23rd, 2013 Riccardo Fucile
“ME NE FREGO DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE” CHE INTIMA A “LA DESTRA” DI ONORARE LE SPESE DI 40.000 EURO DA LUI AUTORIZZATE DELLA CANDIDATA SINDACO DI GENOVA…”IL CONTRATTO LO STRACCIO, AL BALLOTTAGGIO VOTO’ DORIA”
Storace se ne frega.
Fa spallucce della sentenza del tribunale di Genova che intima a “la Destra” di pagare i 40.000 euro di spese elettorali per le Comunali dell’anno scorso anticipate da Susy De Martini, allora candidata sindaco.
Se ne frega perchè ” al ballottaggio la De Martini invitò a votare per un candidato di sinistra e io non posso spendere i soldi del mio partito per una cosa del genere”.
Il candidato in questione è Marco Doria per il quale in effetti la De Martini aveva espresso una preferenza rispetto al candidato centrista Enrico Musso.
Ma può una simile considerazione politica strappare un accordo con tanto di firma che prevedeva la copertura di spese elettorali fino a 50.000 euro?
No, infatti il procedimento del tribunale va avanti e potrebbe finire con dei pignoramenti.
La De Martini replica: “Storace, senza rendersene conto, mi fa un complimento. Evidenzia e sottolinea la mia grande autonomia e indipendenza: qualità che, disse proprio lui, lo avevano convinto nella mia scelta come candidato sindaco. Storace sapeva benissimo che mi ero candidata alle Europee con il Pdl e poi in una lista civica che sosteneva Burlando in Regione. Io lavoro per il mio territorio e le mie competenze”.
E aggiunge: “La Giustizia farà il suo corso, chiedo solo il rispetto di un contratto firmato da Storace e così sarà . Certamente non è un bell’esempio non rispettare la legge da parte di chi si ritiene la punta di diamante del centrodestra”.
(da “il Secolo XIX”)
Commento del ns. direttore
La vicenda non riveste solo aspetti locali, trattandosi del comportamento di un politico candidato a governare una delle più importanti regioni italiane, il Lazio, e che dovrebbe quindi in primis onorare i propri impegni interni per pretendere di avere credibilità nei confronti degli elettori della propria regione.
Abituato a lasciare miliardi di buchi nella Sanità laziale, forse di un debito certificato in 40.000 euro “basta fregarsene”, motto in sintonia con il destino di un caratterista e di una macchietta, non certo di un ideologo “sociale”.
Avendo seguito la campagna elettorale per le comunali a Genova, non possiamo negare che l’amica Susy avesse fatto acquisire visibilità a “la Destra” proprio grazie al suo movimentismo fuori dagli schemi.
Tanto è vero che, pur nella modestia del risultato raggiunto dal partito, Susy, come candidata sindaco, aveva raccolto diversi voti in più de “la Destra”.
Interpretando una linea alternativa ai due candidati moderati targati Pdl e terzo Polo, aveva avanzato la provocazione “tanto vale votare Doria” solo al ballottaggio, combattendo fino a quel punto una battaglia in prima linea, scarsamente supportata dal partito.
Non pagare un debito perchè “ha indicato uno di sinistra” al ballottaggio non solo è ridicolo giuridicamente, ma anche patetico politicamente per uno che scimmiotta per interesse la destra sociale.
Trattandosi di soggetto che è rimasto negli annali del Msi per essersi sempre schierato tra gli a-sociali con compiti prima di autista e poi di portaborse e portavoce di Fini.
Insomma portava sempre qualcosa: o un’auto o una borsa.
Fino a indossare la livrea di maggiordomo alla corte di palazzo Grazioli.
Per questo suggeriamo a Susy, in mancanza di denaro contante, visto che la Destra pare non abbia neanche un conto corrente diretto da pignorare, di indirizzare gli ufficiali giudiziari verso il sequestro di qualche cimelio caro a Storace: il crick dell’auto di Marchio, la borsa che ha portato, da stipendiato del partito, a Fini per anni (prima di definirlo “un maiale”, per capirci), la seggiola su cui, da stipendiato, ha posate le chiappe al Secolo d’talia per anni, la livrea da maggiordomo che ha indossato per servire alle cene eleganti del Cavaliere a palazzo Grazioli.
Sicuramente sempre ben ripagato per i suoi servigi.
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Febbraio 23rd, 2013 Riccardo Fucile
DELUSI E DISILLUSI: “NON VOGLIAMO TESTIMONIARE, ORA VOGLIAMO GOVERNARE QUESTO PAESE”
Fanno un po’ paura i ragazzi col giubbetto del servizio d’ordine. Sembrano infanatichiti dal loro
destino di servitori del nuovo ordine: “Tu non puoi entrare, e stop! ”.
Fanno tenerezza invece i loro compagni e amici che raggiungono piazza San Giovanni con un sorriso e la voglia di cambiare ogni cosa, nel più breve tempo possibile. “Mi chiamo Paolo e vengo dall’Umbria e davvero non ne posso più. Ho votato Rifondazione per tutta una vita, adesso basta: mi hanno obbligato a cambiare strada”. Paolo ha 40 anni, e con lui Andrea e Gianni. In tre da Marsciano, convinti che questa è la volta buona: “Non vogliamo testimoniare, vogliamo governare”.
La palingenesi, o qualcosa di simile.
Sbuca questo popolo ed è pieno di buonumore. Galvanizzato, compresso come quei fucili a pallettoni: “Ciao caro, per te è finita! ”.
È lo slang grillino, nuova lingua che li accomuna per il nuovo mondo che li attende. Giulio e Maura, quarantenni disoccupati: “Devono andare tutti a casa. Aspettiamo lunedì: io ti dico che almeno il 25 per cento prenderemo. E vedrai che casino”. Casino, cioè caos.
“Un momento, perchè ci dipingi così? Noi siamo gente perbene, io mi chiamo Francesco, sono di Arezzo, ingegnere informatico. Non vogliamo il caos ma il governo. Vogliamo go-ver-na-re”.
“Piacere, Carmelo, sono una persona pulitissima. Sono candidato, lei vota? ”.
La metro li fa sbarcare a mezzo chilometro di distanza e in fila indiana accorrono alla festa.
Che è insieme una prova di forza, un atto liberatorio, un processo di analisi collettiva. O anche un modo per gridare “vaffanculo! ”. Insieme.
C’è in effetti il senso di una comunione, una misura dell’appartenenza più convinta di qualche settimana fa e la percezione che la “rivoluzione” è vicina.
Magma rovente, lava pura che esonda nelle strade svuotate dai poster elettorali.
I politici di professione si sono ritirati.
Il massimo della presenza pubblica è del Pd: ha scelto per Roma il teatro Ambra Jovinelli. Un modo per dire: prego, è tutta casa vostra.
Berlusconi neanche si è scomodato. Comizio annullato a Napoli.
Tutti gli altri a casa, ad assistere, magari in diretta, a questo show.
Spettatori forse impauriti, presi alla sprovvista da un Paese che ai loro occhi si è rivelato all’improvviso.
Come quei melograni maturi il potere si apre a questa piazza, a questo mondo.
Mi ferma una ricercatrice del Censis: posso sottoporle questo questionario?
Indaga sui grillini: chi sono, perchè sono qui, cosa vogliono.
Dal palco trasmettono un discorso di Scarpinato, procuratore di Palermo. Legge la Costituzione, la più bella e più giovane Carta che ci sia. Nella Costituzione c’è anche scritto, all’articolo 21: libertà di stampa.
Invece noi giornalisti siamo, al meglio, dei “reggicoda”.
“Ha fatto bene a non farvi entrare”.
L’idea di Grillo è che tutti gli siano e gli debbano essere contro. Lui solo contro tutti i prezzolati dell’universo. Lui ha la verità , gli altri dei falsari. Lui probo, gli altri bleah! Chi non vota 5 stelle o è un colluso, o un fesso, o al peggio un corrotto.
Urlano in piazza mentre con Matteo addentiamo un panino al salame: “Vengo da Perth, Australia. Sono tornato apposta per fare la rivoluzione”.
Dici sul serio? “Dico sul serio: sono convinto che andremo al governo, che saremo il primo partito. Il nostro statuto vieta le alleanze non di sostenere singoli punti, ammesso che il Pd abbia più voti di noi”.
“Vaffanculo cialtrone! ”. Stanno rimandando il video del più famigerato discorso parlamentare che la storia consociativa ricordi.
Violante, ai tempi capogruppo del Pds, che assicurava a Berlusconi l’impunità . Spiegava infatti come la sinistra, al governo, avesse evitato di promuovere le leggi sul conflitto d’interessi.
Odiano il Pd per questo, traditi da un simbolo che amarono.
La piazza le urla alle parole piane. Rabbia concitata e riflessione serena.
È un popolo antico per metà , gente che ha frequentato le manifestazioni, amica delle bandiere, delle proteste.
Alcuni hanno il fazzoletto rosso. Altri hanno praticato sul fronte opposto.
Incontro Luciano Lanna, ex direttore del Secolo d’Italia. Un giornalista colto, ora disoccupato. “Ho fatto il concorso nelle scuole, ma non nutro troppe speranze”.
Lui e i suoi amici, camerati di un tempo forse: “Qui c’è tanta destra, militanti che hanno creduto a un governo onesto”.
Grillo ha attratto, senza muoversi. Calamita inconsapevole di una insofferenza monumentale.
Antonello Caporale
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 23rd, 2013 Riccardo Fucile
PREMIER USCENTE CHIUDE LA CAMPAGNA A FIRENZE CON IL TIMORE DEL FLOP, UDC E FLI QUASI SCOMPARSI
Una mattinata a Firenze con la signora Elsa, un comizietto al Teatro della Pergola, un pranzo in un’osteria tipica.
Così, nel primo pomeriggio di ieri, s’è conclusa la campagna elettorale di Mario Monti, un tour che rischia di diventare uno dei più grossi fallimenti di sempre nella storia delle competizioni politiche italiane (e del difficile rapporto che, nel nostro paese, lega le èlite politico-economiche alla pancia del popolo).
Nonostante il sostegno di quasi tutte le cancellerie europee, l’endorsement dei principali giornali stranieri (buon ultimo, ieri, il Times di Londra) e l’occhio benevolente con cui lo trattano quelli italiani, il premier nei sondaggi riservati sfiora la figuraccia: “Noi stiamo andando bene, ma ha ragione Berlusconi: Scelta Civica, Udc e Fini rischiano di non superare la soglia di sbarramento alla Camera”, dice assai preoccupata una fonte della segreteria democratica.
Tracce di questa situazione si trovano, comunque, nelle parole pronunciate ieri da Pier Luigi Bersani durante un forum all’Ansa: “Ho sempre pensato che il centro non potesse incrociare i sommovimenti profondi nel paese e che una formazione centrista non avrebbe fatto faville”.
La preoccupazione c’è, insomma, ma senza esagerare visto che, nella peggiore delle ipotesi, i voti montiani che servono al Pd sono quelli del Senato, dove rischi non dovrebbero essercene.
La soglia di sbarramento per le coalizioni a Montecitorio è il 10 per cento, mentre i montiani al Senato dovranno superare solo l’8 per cento visto che si presentano con una lista unica: il basso risultato attribuitogli negli ultimi sondaggi, comunque, non è frutto di un calo della lista Monti, ma della riduzione ai minimi termini dell’Udc e alla scomparsa dai radar di Fini e soci.
Tornando a Monti, il professore nel suo ultimo giorno di propaganda elettorale ha spiegato qual è la sua reale aspettativa per lunedì sera: “La sfida a queste elezioni è populisti contro riformisti. Nel futuro dell’Italia non può esserci nè chi l’aveva ridotta come 14 mesi fa, nè i populisti distruttivi che vogliono approfittare della rabbia della gente per distruggere tutto. Il cinismo, la rassegnazione, il populismo e la demagogia sono i veri nemici del nostro paese”.
L’ex preside della Bocconi chiude la sua campagna dicendo che i suoi nemici sono Silvio Berlusconi e Beppe Grillo: “Non può essere utile il voto a una destra che torna a promettere una società dove tutto è consentito, un Paese all’in — segna del liberi tutti e del liberale nessuno, delle tante libertà che mortificano gli italiani”, delle “battute volgari e inaccettabili contro le donne da parte di chi si proclamava e ancora si proclama difensore dei valori della famiglia”.
Quanto al Movimento 5 Stelle, il premier arriva all’anatema: “Un rischio Grillo? Il rischio Grecia ce lo avevamo nel novembre 2011 e siamo riusciti a sventarlo con tutta la comprensione e i sacrifici degli italiani. Sarebbe terribile ricascarci. Spero di no”. Per il resto, l’intervento del professore serve a tracciare un confine di “riformismo” attor — no a Bersani per separarlo da Vendola e — semmai abbia avuto questa tentazione — da Rivoluzione civile.
In montiano: “Non può essere utile il voto a una sinistra ancora prigioniera di gabbie ideologiche e di un’idea antica del paese”.
Ora non resta che contare i voti e capire se Monti è o non è stato una breve parentesi nella vita della Repubblica.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 23rd, 2013 Riccardo Fucile
BERLUSCONI ELEGANTE COME ALLE CENE CON LE OLGETTINE: “L’OPPOSIZIONE NON SI LAVA, PUZZA E HA LA FORFORA”… E DIDERTA NAPOLI, DATA ORMAI PER PERSA LA CAMPANIA
Diserta il comizio finale per «colpa della congiuntivite», ma a Napoli Silvio Berlusconi non voleva
metterci piede, lo diceva ai suoi da giorni.
Alla fine sarà forfait, si tiene lontano dalla Campania del pasticcio Cosentino, la considera «ormai persa».
Fa pubblicare un comunicato medico che parla di «distacco del vitreo», salvo poi presidiare per ore le tv Mediaset per la volata finale e in serata, in gran forma, la tribuna elettorale Rai.
Se il Pdl vincerà , si impegna a rivedere le pensioni minime, è l’ultima proposta simil-choc.
In serata, quando in tribuna Rai gli viene chiesto di Noemi e Ruby, Berlusconi perde le staffe.
E sono scintille ancora contro Repubblica, accusata di aver fatto «una campagna criminale», «disinformazione » e perfino di «aver pagato i testimoni: io non ho mai messo un dito su quella ragazzina», dice con riferimento alla 18enne campana.
E ancora: «Sono uno gioioso, mi piace avere intorno belle donne invece che vecchi politici dell’opposizione che hanno la forfora, che gli puzza l’alito, che sudano, che non si lavano».
E avverte minaccioso: «Della Procura di Milano mi occuperò dopo le elezioni».
È un Cavaliere scoppiettante, aggressivo, sembra la controfigura di chi aveva accusato un malore poche ore prima. In forma era sembrato già poco prima, quando al Tg5 della sera aveva lanciato l’ultimo amo, stavolta ai pensionati: «Dobbiamo pensare a chi ha pensioni molto basse rispetto ai costi della vita e fare qualcosa come quella che facemmo nel 2001, portando più di un milione di pensionati ad un aumento ».
A rullo continuo in tv, anche nel rush finale. A Mattino5 e poi Tg4, prima delle uscite serali. Oggi sarà a Milanello, al fianco della squadra, ma soprattutto di nuovo davanti alle telecamere, nonostante il blackout elettorale.
I dirigenti pidiellini off the record non nascondono l’apprensione di questa vigilia, il timore per il sorpasso grillino sul partito è palpabile.
Le regioni incerte nelle ultime ore sono diventate troppe.
Alla Lombardia e alla Puglia si è aggiunta la stessa Campania, la Sicilia, il Lazio. Paolo Bonaiuti smentisce: «Siamo in forte recupero, si decide tutto nelle ultime ore, la battaglia è sui tanti indecisi».
I giornalisti che alle 14.30 attendevano il Cavaliere alla stazione Termini di Roma, da dove era prevista la partenza per Napoli, restano al binario.
Non arriverà . «Distacco posteriore del vitreo monolaterale » spiega una nota di Palazzo Grazioli.
Il medico personale Alberto Zangrillo, più tardi, a “La zanzara” su Radio24, è più schietto: «Non si è risparmiato negli ultimi due mesi, alla fine la paghi, da qualche tempo non sta bene. Deve tornare a una vita normale. Ma se si rimette potrebbe attraversare a nuoto lo Stretto».
Il padiglione della Mostra d’Oltremare nel primo pomeriggio è gremito da 5 mila simpatizzanti. Gli altoparlanti lanciano «Meno male che Silvio c’è», ma dal palco annunciano che Silvio invece non c’è.
“Buu” di disapprovazione.
Berlusconi è in videomessaggio, attacca ancora Grillo, definendo «la persona più cattiva del mondo», «uno che farà pastette con la sinistra, come i suoi stanno già facendo in Sicilia con Crocetta».
Il segretario Alfano, spedito a Napoli con aereo privato dal capo, dice che il presidente è dispiaciutissimo, è in collegamento, in realtà tutto lascia presumere che sia un precotto registrato prima: non c’è collegamento Fly, Silvio non interagisce, non risponde ad Angelino.
Da oggi, ritiro ad Arcore, in attesa del responso.
Sipario.
Carmelo Lopapa e Conchita Sannino
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 23rd, 2013 Riccardo Fucile
ALLA FINE LA COALIZIONE RAGGIUNGERA’ LA STESSA PERCENTUALE INTORNO AL 14% CHE AVEVANO RAGGIUNTO INSIEME FLI-UDC-RUTELLI UN PAIO D’ANNI FA NEL PERIODO MIGLIORE
Partiamo dal “dito alzato” di Fini di ormai un paio di anni or sono.
Se un paziente lettore andasse a rileggersi i sondaggi di quel periodo e sommasse le percentuali accreditate allora a quello che pareva delinearsi come “Terzo polo” (alternativo a centrodestra e centrosinistra, ma non per definizione “di centro”) constaterebbe che la somma di Futuro e Libertà , Udc e Api sfiorava il 14%.
Quel patrimonio è stato dissipato in soli due anni per una serie di ragioni: Fli ha perso la propria identità originaria per strada e ha pagato a caro prezzo l’aver affidato l’organizzazione del partito a persone non all’altezza, l’Udc si è sacrificata sull’altare dell’appoggio a Monti “senza se e senza ma”, Rutelli ha tolto addirittura il disturbo.
L’irrompere sullo scenario politico di Scelta civica di Monti, invece di costituire un valore aggiunto di almeno il 5%, come previsto da molti politologi, si è rivelato un fallimento.
Perchè ha solo eroso consensi ai partiti alleati, cannibalizzando i voti di quella area, ma senza aggiungerne uno.
Quali gli errori?
La coalizione avrebbe dovuto avere almeno altre due gambe per essere credibile: ovvero “Fermare il declino” e un movimento di ex Pdl che potesse fare da richiamo a quell’area in fase di disfacimento.
Questi due partiti avrebbero realisticamente apportato insieme un altro 5%, invece non sono stati voluti da qualcuno nel timore di perdere la scialuppa di salvataggio del miglior resto, diciamolo chiaramente.
Poi un grosso errore strategico: Fini e Casini sostengono, con minore credibilità , il 100% delle tesi di Monti e l’elettore a quel punto vota l’originale e non la copia, per dirla alla Ganfranco.
I tre partiti avrebbero invece dovuto coprire tre spazi distinti: Monti l’anima liberal riformista, Casini la componente cattolica (magari aprendo al gruppo di Fioroni e alla Cisl), Fini la destra sociale attenta ai bisogni dei ceti più deboli.
Operando ogni tanto gli opportuni distinguo e smarcamenti tattici da Monti.
In tal modo avrebbero conservato buona parte del proprio elettorato.
Altro errore, definirsi “di centro”: bastava dirsi “alternativi al bipolarismo di Bersani e Berlusconi”, vedi Grillo che prenderà i voti di tanti moderati sì, ma anche incazzati, sia di destra che di sinistra.
L’appiattimento sulla politica dei tecnici ha ridotti ai minimi termini sia Udc che Fli, più intenti a calcoli elettoralistici per salvare poltrone che a prendere iniziative politiche autonome.
Se a ciò si unisce la capacità del Pd, mettendo in campo Renzi, di risultare credibile all’elettorato liberal in libera uscita dal Pdl e l’estremo tentativo del Cavaliere di recuperare qualche briciola con le sue promesse per i gonzi, si capisce perchè il Centro andrà a sbattere.
Anche per aver venduto il prodotto nel peggiore dei modi: come un “Centro” appunto verso il quale l’elettorale non sente attrazione e tanto meno bisogno e non come un cantiere di di idee riformiste coraggiose e trasversali.
Un partito liberale in Italia, tanto per capirci, non ha mai raggiunto percentuali a due cifre e mai le otterrà .
Con il risultato che la coalizione potrà anche risultare determinante al Senato (e non è detto) ma solo con la prospettiva di conservare qualche poltrona di governo, non certo di incidere sul futuro del Paese.
Se dopo due anni, con l’apporto ulteriore di Monti e la regia di Montezemolo, questo rassemblemant non raggiungesse neanche la somma dei voti accreditati a suo tempo al Terzo polo di Fini, Casini e Rutelli, qualcuno dovrebbe trarne le logiche conseguenza.
Tanto rumore per nulla, verrebbe da commentare.
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Febbraio 23rd, 2013 Riccardo Fucile
NON ILLUDETEVI: LA FRASE FINALE ESATTA E’ “IN CASO DI MIA VITTORIA E MANCATA RESTITUZIONE DELL’IMU, I CITTADINI POTRANNNO RIVOLGERSI AI GIUDICI PER OTTENERE DA ME QUELLO CHE NON RIUSCIRANNO AD AVERE DALLO STATO”
Silvio Berlusconi è pronto a mettere mano al suo portafogli per restituire i soldi dell’Imu agli italiani. 
“Sono pronto a restituire i 4 miliardi dell’Imu utilizzando la mia fortuna”, ha detto in un primo momento l’ex premier a Tribuna elettorale su Raidue.
E ha aggiunto: “Per Forbes il mio patrimonio attuale è di 4,5 miliardi? Con mezzo miliardo io vivrò benissimo”.
Poi ha aggiunto con la consueta modestia: “Se mi ci metto io, l’accordo fiscale con la Svizzera in meno di un anno si fa perchè la Svizzera mi deve molto per quello che ho fatto a cominciare dalla liberazione dei cittadini svizzeri sequestrati da Gheddafi“.
E chi meglio di lui poteva trattare con un infame massacratore del proprio popolo?
Riferendosi alla lettera inviata agli elettori con la promessa di restituzione dell’Imu, in un videomessaggio trasmesso al comizio di campagna elettorale a Napoli, il leader del Pdl ha però poi cambiato le carte in tavola: “i cittadini potranno, in caso di vittoria e di mancata restituzione dell’Imu, rivolgersi ai giudici italiani e far pagare direttamente a me quello che non riusciranno ad avere dallo Stato. Io ho capitali sufficienti per poter rispondere con i miei soldi ai cittadini”.
Quindi “se lui dovesse vincere e non mantenere la promessa”, il cittadino oltre che mandarlo a fanculo potrà fargli causa, spendendo qualche migliaio di euro per vedersi ritornare 220 euro di Imu.
Un gran finale da vero burlone per un popolo di pirla.
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Febbraio 23rd, 2013 Riccardo Fucile
SCELTI VIA INTERNET, MOLTI UNDER 30, POCHI CON UN PASSATO POLITICO
«Il cambiamento è la legge della vita. E chi guarda solo al passato o al presente è certo di perdere il futuro».
L’armata grillina pronta ad «aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno» (copyright di Beppe Grillo) è eterogenea, ma compatta alla parola d’ordine «rinnovare».
C’è anche chi cita John F. Kennedy per dare volto e voce al mantra.
Tutti uniti sotto uno stesso vessillo, ma con differenze tra loro profonde, proprio perchè – come ricorda il leader Cinque Stelle – «questo è un movimento ecumenico, parliamo di idee e non di ideologie».
Una folta truppa di candidati, un centinaio o anche più, tra una manciata di giorni varcherà l’ingresso di Montecitorio e di Palazzo Madama.
Alcuni, quelli posizionati tra i primi posti delle liste – «causa» anche il Porcellum che non permette di esprimere le preferenze – aspettano il voto, sondaggi alla mano, come una formalità .
Gli under 30
Tra loro, spiccano gli under 30.
In un Paese con un tasso di disoccupazione giovanile al 36,6%, i ragazzi grillini che si apprestano a invadere la Camera con un lavoro precario – finchè dura la legislatura e con il vincolo a Cinque Stelle dei due mandati – sono decine.
Solo in Emilia-Romagna, tra i primi sette in lista, quattro sono nati dal 1985 in poi.
E al Centro-Sud la presenza di under 30 – tra capilista e numeri due – è capillare.
Lazio (Marta Grande), Marche (Andrea Cecconi), Campania (Luigi Di Maio e Silvia Giordano), Puglia (Giuseppe L’Abbate), Basilicata (Mirella Liuzzi), Calabria (Dalila Nesci), Sicilia (Giulia Di Vita) avranno un deputato che darà voce ai problemi e alle tematiche di un mondo, quello dei giovani, messo alle strette dai problemi legati al lavoro e con un forte disincanto nei confronti della politica.
E guai ad accusarli di inesperienza.
Già lo scorso anno, nella campagna per le amministrative, Grillo ripeteva: «I nostri candidati sono giovani, sono inesperti, è il loro valore aggiunto: non sanno come si trucca un bilancio».
Da sinistra a destra
Comunque, anche tra i futuri parlamentari c’è anche chi vanta nel suo passato qualche piccolo precedente politico.
Con un taglio trasversale, che va da destra a sinistra dello schieramento costituzionale.
È il caso di Enrico Cappelletti, capolista al Senato in Veneto, e candidato negli anni Novanta per il Carroccio, che, in polemica con esponenti pd, ha dichiarato al Mattino di Padova: «È fuori di dubbio che tra il Movimento Cinque Stelle e la Lega Nord di venti anni fa ci sono tantissimi punti in comune».
Sempre nella stessa Regione, candidata a Montecitorio, è Francesca Businarolo – avvocato praticante – eletta nel 2008 all’assemblea regionale dei Giovani Democratici. In Piemonte corre Laura Castelli, 26 anni, laureata in economia aziendale, un passato recente al Gruppo consiliare regionale del Movimento 5 Stelle con il consigliere Davide Bono e già presente nel 2010 nella lista civica «Verdi con Bresso».
I volti «storici»
Molti anche i volti «storici» dei Cinque Stelle, i grillini della prima ora, che hanno alle spalle già trascorsi consolidati all’interno del movimento.
Tra loro, Riccardo Nuti, 31 anni, 147 voti alla Parlamentarie, ex candidato sindaco a Palermo, consigliere più votato alle amministrative con 3.162 preferenze, ma rimasto fuori dal Comune perchè il movimento non ha raggiunto la soglia di sbarramento.
Lui ha già dichiarato di voler puntare su legge anticorruzione, legge sul conflitto di interessi e abolizione dei rimborsi elettorali.
Guarda invece alla vita concreta tra i palazzi romani Vito Crimi: «Cercheremo di fare gruppo per proteggerci da tentativi di cooptazione e di non usufruire della mensa e della buvette, sia per far risparmiare denaro allo Stato che per evitare incontri spiacevoli e imbarazzanti con i vari Scilipoti».
Crimi, 40 anni, impiegato della Corte d’appello di Brescia e secondo in lista al Senato in Lombardia, è stato candidato per il Pirellone nel 2010.
Il napoletano Roberto Fico, 38 anni, laurea in scienza delle comunicazioni e considerato una delle «promesse» del movimento, già candidato a governatore della Campania e a sindaco di Napoli, ha ribadito di recente all’ Huffington Post : «Abbiamo un programma e un modello di società . Voteremo tutto quello che si sposa con quell’idea».
Ambientalisti e No Tav
E il modello di società dei Cinque Stelle, almeno a grandi linee, ha come comun denominatore un ambientalismo high tech, fatto anche di anni di lotte per combattere su verde (è il caso di Donatella Agostinelli, capolista nelle Marche e vicepresidente del Comitato tutela salute e ambiente della Vallesina), acqua pubblica (come Francesca Daga, candidata nel Lazio) e No Tav (su tutti il piemontese Marco Scibona).
Forse proprio da qui muoverà lo tsunami grillino.
Emanuele Buzzi
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Febbraio 23rd, 2013 Riccardo Fucile
IN 25.000 ASPETTANO I PRIMI SOLDI
Non ricevono lo stipendio da tre mesi e chissà quanto dovranno ancora aspettare per la prima busta
paga del 2013. I supplenti delle scuole sono stremati.
C’è chi non ha più i soldi per la benzina.
Chi ha intaccato i propri risparmi per iniziare il mese.
L’anno scorso è stato mobilitato un esercito di 75mila supplenti per sostituire gli insegnanti di ruolo.
Di questi, circa 25mila hanno firmato un contratto annuale, gli altri hanno lavorato per molte meno ore, anche solo per un giorno.
E quasi diecimila di loro non percepiscono lo stipendio da dicembre o addirittura novembre.
Sull’altare sacrificale dei tagli, oltre i docenti precari c’è anche il personale Ata, segretari e bidelli.
La denuncia arriva dalla Fcl Cgil, che per il 27 febbraio ha organizzato un incontro con il Miur.
La colpa è dei ministri dell’Istruzione e del Tesoro: “Indifferenti e incapaci di difendere la scuola – commenta Annamaria Santoro, segretaria nazionale Fcl Cgil. Con la spending review dello scorso luglio il governo Monti ha previsto che dal primo gennaio del 2013 il pagamento dei supplenti saltuari diventasse di competenza del Ministero dell’Economia allo scopo di sgravare le scuole da oneri amministrativi.
È la formula del “Cedolino unico”.
Altro che alleggerimento, però: a sei mesi di distanza regna il caos organizzativo e le scuole fanno la fame.
“Hanno sottostimato la spesa per le supplenze — spiega Santoro -: sono già stati esauriti i 196 milioni di euro stanziati nel 2013 e i 37 milioni di euro come saldo di dicembre 2012. Così alcuni istituti hanno anticipato con la cassa il pagamento del mese di dicembre”.
Oltre al danno, la beffa.
Il Miur aveva promesso che il 12 febbraio ci sarebbe stata un’emissione speciale dei rimborsi.
Poi è saltata ed è stata rimandata a lunedì 18.
Entro le ore 18 di quel giorno le scuole avrebbero dovuto caricare online i dati del singolo supplente.
Ma il sistema informatico va subito in tilt: interruzioni, malfunzionamenti, tempi stretti per diecimila istituti che nelle stesse ore accedono allo stesso server.
Un copione già visto tante volte, l’ultima per l’iscrizione telematica degli studenti.
La Santoro fa il punto: “Si sono ridotti all’ultimo momento per distribuire le risorse e l’obiettivo di contenimento della spesa è stato tradotto in una riduzione delle previsioni di spesa e in una continua integrazione del fabbisogno che viene calcolato con cadenze ravvicinate e dando pochi soldi per volta”.
Prendere contatti con il Miur è un’impresa, ottenere risposte altrettanto. E se lo fa non si espone.
Lo racconta una maestra, ovviamente temporanea, di Milano, sul piede di guerra: “Ho chiamato il ministero, mi hanno detto di inviargli una mail, l’ho fatto e come me tanti altri ma nessuno ha ricevuto risposte”.
Poi, l’ennesimo ritardo.
Alle ore 15 del 18 febbraio arriva una mail collettiva a tutte scuole italiane in cui si avvisa di inserire anche i rimborsi di novembre, dicembre e la tredicesima.
Non tutte le scuole però si accorgono per tempo e perdono il turno.
“I miei risparmi sono all’osso – conclude l’insegnante -. Ho aspettato, ora non ce la faccio più”.
Dovrebbe avere un salario di 1290 euro mensili, non sa ancora se la sua richiesta di rimborso sia andata a buon fine e tantomeno sa quando vedrà arrivare il prossimo stipendio.
La testimonianza arriva anche da due direttori scolastici, uno di Fiorenzuola, nel piacentino, l’altro di Rozzano, alle porte di Milano: “Nessuno ci ha aggiornato sul nuovo sistema, abbiamo mille difficoltà ”.
Millantare l’innovazione per la scuola e non garantirla è la conclusione.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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