Febbraio 9th, 2015 Riccardo Fucile
DEPUTATI, SENATORI, IMPRENDITORI, FEDELISSIMI E AMICI DENTRO E FUORI IL PARLAMENTO.. VERDINI PRONTO ALLA BATTAGLIA, FORTE A ROMA, MENO SUL TERRITORIO
Ai vertici di Forza Italia, quello di Denis Verdini è considerato un esercito temibilissimo. E basta passare in rassegna la truppa per rendersene conto.
Ci sono i verdiniani d’assalto, per esempio: Ignazio Abrignani, Massimo Parisi, Riccardo Mazzoni, Luca D’Alessandro, pronti a tutto pur di seguirlo.
E ci sono quelli di complemento, come Daniela Santanchè, Riccardo Villari, Altero Matteoli, Rocco Crimi, disposti a dare sostegno quando ce n’è bisogno.
E poi c’è Gianni Letta, fedelissimo dell’ex Cavaliere, che all’amico Denis non disdegna mai l’aiuto. Se serve.
Che significa essere verdiniani? Di certo “non essere sudditi o sicari dentro e fuori la Camera per puro servilismo”, assicura il deputato forzista Maurizio Bianconi.
Significa anche “sapere che Denis Verdini ha avuto in mano le redini del partito per talmente tanto tempo da essere legato a tutti, ma soprattutto a Silvio Berlusconi”, racconta l’ex sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo.
Ecco perchè “è impensabile una contrapposizione con il presidente tanto forte da portare a una rottura definitiva tra i due”.
Così è stato sinora. In futuro si vedrà .
Soprattutto per quello che sta succedendo ai vertici di Forza Italia, ma anche per i rapporti con il governo Renzi, visto che Verdini è stato tessitore e custode del Patto del Nazareno. Adesso che la lotta infuria e che dal cerchio magico berlusconiano piovono insulti, i generali contano le forze.
E Verdini conta le proprie, consapevole che se davvero vuoi pesare un esercito efficiente devi sempre averlo. E lui modestamente ce l’ha: deputati, senatori, ma anche imprenditori sparsi sul territorio. Un esercito munito.
Eccouna rassegna fatta dentro e fuori il Parlamento bene illustra.
CAMERA BLINDATA
A Montecitorio Verdini può contare su almeno una decina di fedelissimi.
Ignazio Abrignani, uomo immagine del gruppo: a lui il compito di “difendere la causa” nei talk show, sui giornali e in Transatlantico.
Luca d’Alessandro, il manovratore: già portavoce di Verdini, cura i “sussurri” del grande mediatore.
Massimo Parisi, l’uomo ombra: è la longa manu in Toscana, vedremo poi quanto efficace. Gregorio Fontana, il questore: dicono i maligni che faccia due lavori; di giorno, controlla il buon andamento della Camera e di notte presidia la sede di San Lorenzo in Lucina. Luigi Cesaro, detto “a Purpetta”: un nome, un programma.
Antonio Angelucci, il deputato che non c’è, re delle cliniche: recordman degli assenteisti, non farà mai mancare il suo appoggio al nostro.
Carlo Sarro, trait d’union con l’entourage di Nicola Cosentino in Campania.
Giovanni Carlo Francesco Mottola, avvocato-deputato incaricato di dirimere alcune contese pubbliche di Berlusconi.
Sandra Savino, baluardo del “verdinismo” in Friuli Venezia Giulia.
Monica Faenzi, già portavoce del partito in Toscana nel 2010, quando Verdini era all’apice del successo.
Eppure, è nell’ombra che Denis Verdini annovera un alleato di peso a Montecitorio: Daniela Santanchè. A legare i due è l’amicizia di vecchia data che, dicono i bene informati, nasce dalla comune frequentazione di Berlusconi.
FEDELISSIMI IN SENATO
A Palazzo Madama, Verdini ha il proprio seggio, ed è lì che, seppur con meno uomini, dà libero sfogo alla sua arte diplomatica.
L’influenza di Denis trascende infatti il gruppo di Forza Italia e spazia in quelli “vicini”: Gal (Grandi Autonomie e Libertà ) e Nuovo Centro Destra.
Grazie a un manipolo di “fidatissimi”.
Riccardo Mazzoni, sodale da una vita: i due fondarono insieme il “Giornale della Toscana”.
Riccardo Conti, immobiliarista: riuscì a realizzare in meno di 24 ore 18 milioni di euro di plusvalenza su un solo immobile; coindigato sulla vicenda insieme a Verdini.
Riccardo Villari, l’inossidabile: è l’unico parlamentare espulso nella storia del Partito Democratico, per aver a lungo rifiutato di dare le dimissioni da presidente della Commissione di Vigilanza Rai nel 2008.
Da lì è approdato alla corte di Verdini, dopo aver transitato nel Movimento per l’autonomia (Mpa) dell’ex governatore siciliano Raffaele Lombardo.
Dietro al tridente, ci sono Francesco Giro e Altero Matteoli. Tutti troppo vicini al Cavaliere per essere definiti verdiniani, ma amici importanti qualora dovesse cambiare lo scenario.
Infine, c’è la compagine Gal, gruppo parlamentare che, assicurano nel Palazzo, è espressione diretta della volontà di Verdini, che quì può contare su Mario Ferrara e Antonio Milo.
E a casa Alfano? A oggi non c’è ancora nessun soldato dichiarato ma, confidano fonti vicine al responsabile dell’organizzazione di Fi, ci sarebbero molti “dormienti”, senatori che a chiamata potrebbero rispondere “presente”.
AMICI SUL TERRITORIO
Verdini è stato accomunato a Gianni Letta. Celeberrima quanto azzardata la definizione “duo tragico” di Maria Rosaria Rossi.
Tragico è opinabile, ma un “duo” lo sono di certo: raccontano che Letta e Denis Verdini si stimino. Si rispettino. Collaborino.
E per questo si può dire che Letta è verdiniano tanto quanto Verdini è lettiano.
Dov’è la debolezza, allora?
Sul territorio Verdini perde colpi, uomini e consensi, anche e soprattutto a causa delle inchieste giudiziarie in cui è coinvolto.
Questo è ciò che lo preoccupa di più, perchè i soldati parlamentari contano, ma la rete territoriale è sempre una formidabile garanzia. In Toscana, per esempio, Verdini ha sicuramente perso terreno: in Consiglio Regionale gli restano fedeli soltanto il capogruppo di Forza Italia Giovanni Santini e i consiglieri Stefano Mugnai e Tommaso Villa.
In Consiglio Comunale a Firenze, addirittura, a dargli man forte è rimasto il solo Mario Tenerani.
Sul fronte delle relazioni economiche le cose non vanno meglio.
Secondo fonti toscane, Verdini è rimasto completamente sguarnito sia nella FidiToscana Spa che Cda del Monte dei Paschi di Siena, dove prima a farla da padrone era proprio il suo Riccardo Pisaneschi.
Stessa situazione in Emilia-Romagna: non è mistero che Verdini sia stato molto legato all’avvocato e imprenditore Giampiero Samorì, travolto però da numerose inchieste della magistratura.
Infine, c’è il fronte campano, dove Verdini può contare sull’asse con i citati Cesaro e Cosentino, ormai però politicamente azzoppati e fuori dai giochi a causa degli incidenti giudiziari.
Giorgio Caroli e Giuseppe Alberto Falci
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 9th, 2015 Riccardo Fucile
FALLITA LA MISSIONE DI CONFALONIERI: SILVIO INSEGUE SALVINI PER AFFOSSARE LE RIFORME
Missione fallita. Tanto che alla fine Fedele Confalonieri glielo chiede quasi come una preghiera: “Fai come
credi, ma tieni fuori le aziende, evita che vengano coinvolte”. Silvio Berlusconi sceglie la linea di opposizione “totale” a Renzi.
Con l’obiettivo di creare un inferno sulle riforme e far saltare l’Italicum.
Il pranzo del lunedì con la famiglia si trasforma in un gabinetto di guerra in cui l’ex premier illustra l’escalation.
Appoggiato dalla primogenita Marina, nei panni del capo dei falchi.
Alla fine chi ha parlato con Confalonieri lo descrive come “preoccupato” e “rassegnato”.
A nulla sono servite le sue argomentazioni sull’utilità del Nazareno per Mediaset. Nè le identiche raccomandazioni di Ennio Doris che al pranzo non c’era ma che nei giorni scorsi ha invitato alla prudenza.
Berlusconi è un fiume in piena. Parla di Renzi come di uno che usa metodi da “dittatore”, come di un arrogante che non sta ai patti e a cui serve una “lezione”.
È il “non mi farò ricattare” il leitmotiv del Cavaliere. Supportato dalla primogenita Marina, nei panni del capo dei falchi.
Sue le parole più dure verso l’inquilino di palazzo Chigi. Suoi gli incoraggiamenti a non avere paura per le aziende perchè, in fondo, il governo non è che può fare molto per danneggiarle.
E allora, eccola l’escalation.
Che prevede opposizione dura su fisco, tasse, politica economica. Con un linguaggio alla Brunetta.
Pure alle reti Mediaset è stato trasmesso l’ordine di rompere la tregua dell’era del Nazareno e tornare al trattamento ostile “modello Monti o Prodi”, quando tv e trasmissioni erano plotoni di fuoco anti-governativi.
È questa la cortina fumogena che serve per coprire la giravolta sulle riforme: “Noi — dicono ad Arcore — picchiamo duro sul governo. E ci mettiamo veramente all’opposizione. Tanto il paese di Italicum e riforme non ha capito nulla. Quando si arriverà a votare, tra qualche settimana, sarà chiaro che siamo contro Renzi, ma la gente non è che ci viene a dire: perchè votate contro quando prima avevate votato a favore? Neanche se lo ricordano, capiscono solo che siamo all’opposizione su tasse e tutto il resto”.
Del resto, ricordano i testimoni dell’inaffidabilità di Berlusconi, lo schema è collaudato: ai tempi della Bicamerale, in commissione l’ex premier si rivolse a D’Alema dicendogli “è stato bello esserci”, poi — dopo una settimana — votò contro il testo che aveva condiviso.
Ai tempi di Monti gli offrì la leadership del centrodestra esprimendogli stima e sostegno e poi lo tirò giù bollandolo come “servo della Merkel” e criticando i provvedimenti che aveva votato.
Ora tocca a Renzi vedere come Berlusconi straccia i patti.
Le prossime tappe sono già scritte: da domani alla Camera, Forza Italia farà opposizione dura sulle riforme.
Renato Brunetta e Rocco Palese hanno già depositato una serie di emendamenti e sub emendamenti per agevolare l’ostruzionismo.
E impedire che la pratica si possa chiudere in una settimana. Poi, quando arriverà in Aula, tocca all’Italicum: “Lo faremo saltare — ripete Berlusconi – così, se quello vuole votare si vota col Consultellum”.
Sulla legge elettorale, sottotraccia, il Cavaliere pensa a una sorta di “Nazareno” (da non dire però) con la sinistra Pd: “Se cambiano la legge alla Camera — spiega un azzurro di rango – perchè vogliono le preferenze, a quel punto in Senato può succedere di tutto”.
È una svolta che ha paralizzato non solo i vertici aziendali, ma il grosso dei parlamentari.
Perchè non c’è un “patto” siglato con Salvini che sostituisca il Nazareno. C’è l’azzardo, ma non una strada tracciata.
Peccato che l’inseguimento a Salvini ha messo in allerta pure i più critici, a partire da Roberto Formigoni. E la linea di opposizione dura è destinata ad approfondire il solco con i moderati che sono al governo.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 9th, 2015 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DI MEDIASET CERCA DI RICUCIRE IL PATTO DEL NAZARENO… MOLTI IN FORZA ITALIA PARLANO DI DELIRIO DI SILVIO
È con l’idea di “far ragionare” Silvio Berlusconi che i vertici Mediaset varcano il cancello di Villa San Martino ad Arcore.
E, soprattutto, con l’idea di “stoppare” l’accordo di massima che l’ex premier ha raggiunto con Matteo Salvini, nel corso della cena di domenica.
Presenti da un lato il leader della Lega e Giancarlo Giorgetti. Dall’altro Berlusconi e Toti. Un accordo che prevede certo l’alleanza alle regionali, ma soprattutto l’opposizione dura al governo Renzi e alle riforme.
Il destino di ciò che resta del Nazareno è appeso all’opera di convincimento di Ennio Doris e Fedele Confalonieri.
Doris è in centro America per una viaggio di lavoro, ma ha già fatto sapere che considera lo stop al Nazareno una jattura.
Confalonieri ad Arcore considera un azzardo per Mediaset la rottura con Renzi.
Ove per rottura si intende il voto contrario alle riforme su cui Forza Italia ha votato a favore al Senato.
Dal Nazareno all’asse con la Lega. Un azzardo politico, ma anche aziendale.
Perchè, per dirla con Verdini che in questi giorni è stato in stretto contatto con Fidel, “quello non è come D’Alema che abbaia ma non morde, quello ti fa piangere”.
Quello, cioè Renzi, ha già dato il segnale con l’emendamento su Mediaset.
E ha nelle mani diversi strumenti di “vendetta”: Mediaset, il conflitto di interesse, le norme sulla prescrizione in commissione Giustizia che impattano sul processo della “compravendita”.
E ha pure i numeri per far passare le riforme a maggioranza e poi puntare sul referendum.
Ecco, prudenza, dicono dalle aziende.
Assecondare la pancia potrebbe essere fatale per l’Impero e i suoi fatturati. Berlusconi, raccontano quelli che gli stanno attorno, è in preda a una sorta di nuovo delirio di onnipotenza.
Parla di Renzi come di un “dittatore”, è convinto che tornerà “candidabile” e che batterà il premier alle elezioni di autunno puntando tutto sull’alleanza con la Lega.
E il cerchio magico attorno, in queste ore, pare una curva osannante con l’obiettivo di eccitare l’istinto alla pugna.
Però la svolta umorale e di rabbia alimenta preoccupazione dentro Forza Italia non solo nelle aziende.
Basta vedere i palinsesti televisivi, dove piovono disdette dei big azzurri e vanno solo i peones.
Un alto in grado, che ha annullato diverse ospitate, sussurra: “Come facciamo ad andare a dire in tv noi che votiamo contro quelle riforme su cui abbiamo votato a favore? Due settimane fa siamo andati in giro a dire che il premio di lista era giusto e che da sempre era nel nostro programma, ora dobbiamo dire che crea una deriva autoritaria?”.
Tensione, preoccupazione. Forza Italia pare una Repubblica di Salò dove i gerarchi considerano finito il vecchio leader. Ma non trovano il coraggio di contraddirlo.
In parecchi, a microfoni spenti, dicono che la fotografia esatta, anche se dolorosa, è quella scattata da Stefano Folli nel suo pezzo sul tramonto di Berlusconi: “Si muove — ti dicono – come ai tempi della bicamerale e del Predellino senza capire che non è più quello lì. Ormai confonde la realtà col suo io”.
Già , ormai il gergo è psicanalitico.
Il risultato del “delirio”, che preoccupa e non poco il grosso del partito è il rapporto con la Lega.
Perchè, dicono i parlamentari vicini a Gianni Letta, su questi presupposti si sta solo tirando la volata a Salvini premier: “Berlusconi non sarà mai più candidabile e la Lega ci ha superato nei sondaggi. Avanti così facciamo i cespugli di Salvini”.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 9th, 2015 Riccardo Fucile
PER IL 44% LA DIVISIONE NEL CENTRODESTRA DURERA’ A LUNGO
All’indomani dell’elezione del presidente della Repubblica i commentatori hanno dedicato grande
attenzione all’analisi dei vincitori e dei vinti nella partita del Quirinale, decretando in larga misura la vittoria del premier Renzi e la sconfitta del centrodestra che ne è uscito piuttosto malconcio.
Si tratta di una lettura condivisa del tutto (29%) o almeno in parte (52%) dalla stragrande maggioranza degli italiani mentre solo il 9% non la condivide e il 10% non si esprime.
Ed è un’opinione che prevale tra tutti gli elettorati, compreso quelli di Forza Italia che non fanno nulla per dissimulare la delusione e la preoccupazione per le possibili ripercussioni della vicenda sul cosiddetto patto del Nazareno e sul ruolo del loro partito nel prosieguo del processo di riforme intrapreso insieme alla maggioranza.
Renzi dunque esce vincitore: il suo consenso, quello del governo e del Pd dopo settimane di calo fanno segnare un’inversione di tendenza e riprendono a crescere.
Berlusconi e Forza Italia al contrario registrano una flessione che, tuttavia, non sembra far presagire una definitiva uscita di scena dalla politica dell’ex premier.
Infatti, oltre un italiano su due (55%), è convinto che Berlusconi saprà ancora una volta riprendere in mano FI rimanere saldamente a capo del suo partito.
È una convinzione che prevale in tutti gli elettorati sia pure con accentuazioni diverse: da un livello massimo, quasi plebiscitario, tra gli elettori di FI (92%) a quello minimo tra gli elettori centristi (37%), certamente animati dalla speranza di un cambio di leadership nel centrodestra.
Solo un italiano su cinque (20%) pensa che l’elezione di Mattarella rappresenti il declino definitivo di Berlusconi come leader politico.
Nonostante le forti divisioni interne a Forza Italia e nonostante Berlusconi negli ultimi anni abbia inanellato diverse sconfitte e subito un forte calo di popolarità , gli italiani ritengono che all’orizzonte non vi sia un leader alternativo.
Ciò dipende sicuramente dalle caratteristiche di «partito personale» di Forza Italia, il cui destino appare indissolubile da quello del suo leader, ma anche dalla capacita di riscatto che Berlusconi ha mostrato in più di un’occasione.
Nella vicenda dell’elezione del presidente della Repubblica ha destato scalpore la decisione del leader di Ncd Alfano di sostenere Mattarella, dopo che aveva annunciato l’astensione sulla sua candidatura, contravvenendo all’accordo raggiunto con Forza Italia per un candidato comune.
Un accordo che lasciava presagire un avvicinamento tra le due forze politiche, una ricomposizione delle fratture e la possibile apertura di una nuova stagione per il centrodestra.
Ebbene, nonostante il dissenso espresso da alcuni esponenti di primo piano di Ncd, la maggioranza degli italiani (54%) approva la decisione di Alfano di appoggiare la candidatura di Mattarella, mentre all’incirca uno su quattro (23%) ritiene che abbia fatto male perchè ha perso l’occasione di ricompattare il centrodestra rendendolo più competitivo rispetto al Pd di Renzi.
Il consenso per la decisione di Alfano è più elevato tra gli elettori del centrosinistra (81%) ed è largamente prevalente tra quelli centristi (63%), mentre il 25% esprime contrarietà . Gli elettori di Forza Italia vedono sfumare la possibilità di una futura alleanza e pertanto in larga misura (64%) si dichiarano critici.
Molto più diviso risulta l’elettorato del Movimento 5 Stelle.
I giudizi sull’operato dei partiti di centrodestra fanno registrare un calo per Forza Italia (-2% rispetto a metà gennaio), Lega Nord (-1,6%) e, in misura minore, per Ncd (-0,6%).
In lieve aumento Fratelli d’Italia (+0,2%).
La difficile stagione del centrodestra sembra destinata a perdurare per molti anni secondo il 44% degli italiani mentre un intervistato su tre (34%) ritiene che saprà riprendersi rapidamente, ricompattandosi attorno alla figura di un leader nuovo e vincente.
Appare tuttavia emblematico l’elevato numero di intervistati (22%) che non riesce ad esprimere una previsione.
Più ottimisti gli elettori di Forza Italia (58%) tra i quali, tuttavia, non è trascurabile la quota di pessimisti (uno su 4).
Ed è interessante osservare che tra i centristi all’incirca uno su due non ritiene che il centrodestra sia destinato ad invertire la tendenza.
Lo scenario politico sembra dunque in evoluzione: Renzi e il Pd sono in ripresa, il centrodestra stenta a riprendersi e fa registrare un testa a testa tra Forza Italia e Lega, M5S rimane saldamente al secondo posto.
E i timidi segnali di ripresa fanno prevedere un consolidamento del consenso per Renzi e il suo governo e una strada in salita per l’opposizione.
Nando Pagnoncelli
(da “il Corriere della Sera”)
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Febbraio 9th, 2015 Riccardo Fucile
CON 1.000 EURO NETTI E MENO DI 40 ANNI DI CONTRIBUTI, UN TRENTENNE NE AVRA’ 400… E LO STATO NON INTEGRERA’ NULLA
Una pensione da 502 euro al mese non è certo invidiabile.
Eppure per molti lavoratori, l’attuale minimo sindacale della previdenza rischia di essere solo un miraggio.
Anche se il vitalizio sarà molto basso in futuro non si aprirà più alcun paracadute, la famosa integrazione al minimo da parte dello Stato è già andata (è il caso di dirlo) in pensione.
Così, ad esempio, un dipendente trentenne che oggi ha un reddito netto mensile di mille euro e che accumulerà forti buchi contributivi, prenderà appena 408 euro netti il mese, cioè quasi cento in meno della soglia minima attualmente in vigore.
Un autonomo nella stessa situazione arriverà ad appena 341 euro netti il mese.
Secondo i dati resi noti nei giorni scorsi dall’Inps, sono circa 51 mila i vitalizi liquidati sinora con il sistema contributivo introdotto dalla riforma Dini del 1995; praticamente sono tutti d’invalidità o reversibilità , perchè per quelli di vecchiaia bisognerà aspettare ancora qualche anno.
Ma è bene fin da subito cominciare a fare i conti, drammatici, con il nuovo metodo di calcolo.
Le simulazioni realizzate per CorrierEconomia dalla società di consulenza Progetica presentano le prospettive che attendono i lavoratori con redditi limitati e una forte discontinuità nel versamento dei contributi.
Quello dei minimi non integrati è un fenomeno destinato a crescere, anche a causa della maggior flessibilità nel mercato del lavoro che sarà prodotta dal Job Act, varato dal governo.
«Si tratta tipicamente di chi riesce a mettere insieme tra i venti e i trentacinque anni di contribuzione, invece degli oltre quaranta richiesti, e ha un reddito di mille euro netti il mese – spiega Andrea Carbone, partner di Progetica –. Per questi lavoratori la pensione raramente supererà i cinquecento euro il mese: a differenza dei cinquantenni delle simulazioni, che hanno iniziato prima della legge Dini del 1995, non avranno alcun paracadute. Il sistema contributivo, infatti, non prevede l’integrazione al minimo, che negli esempi porta a un vitalizio di cinquecentodue euro netti al mese». In attesa della busta arancione che offre una proiezione della futura pensione, le elaborazioni di Progetica danno un’idea delle prospettive che si aprono per alcuni profili di lavoratori.
Così, per esempio, un trentenne che ha appena cominciato a lavorare con un reddito netto di mille euro al mese, a 65 anni e nove mesi avrà un vitalizio di 514 euro (cioè il 51%) se la sua retribuzione rimane stabile nel corso del tempo e il nostro paese non esce dalla recessione in cui si dibatte da molti anni.
L’assegno salirà 600 euro (pari al 60%) se staccherà a 69 anni e un mese e l’economia riprenderà a tirare.
Se invece fa carriera (retribuzione finale di duemila euro netti il mese), la copertura della pensione si ridurrà drasticamente: si arriva a un vitalizio di 743 euro netti al mese (il 37% dell’ultimo reddito) se l’economia italiana non cresce, e a 858 (il 43%) se invece riprende a tirare
Per un quarantenne e un cinquantenne cambiano i numeri, ma non il quadro complessivo: anche se si staccherà più tardi, la coperta della pensione sarà sempre più corta.
Per avere una proiezione personalizzata si può utilizzare il Calcolatore della pensione, realizzato dalla stessa Progetica e disponibile su www.corriere.it.
«Nel contributivo, che ormai riguarda almeno in parte tutti i lavoratori, non si può parlare di calcolo della pensione – spiega Andrea Carbone –. Ma solo di una stima che dev’essere aggiornata nel tempo; sia il quando sia il quanto sono soggetti infatti a numerose variabili. Il primo parametro è elativo all’età di pensionamento: nel 2016 e nel 2019, su base triennale, e poi ogni due anni a partire dal 2021, i requisiti di età e quello contributivo per la pensione anticipata verranno adeguati all’incremento della speranza di vita».
Nelle simulazioni sono stati utilizzati due scenari dell’Istat: il primo più conservativo e il secondo (basato sui dati storici degli ultimi trent’anni), che prevede invece un maggiore allungamento della vita media e, quindi, in parallelo, dell’età pensionabile. Nel sistema contributivo, inoltre, anche l’importo dell’assegno può variare in misura considerevole.
«Le due variabili che incidono sono l’andamento del Pil e della carriera – spiega Carbone –. Nelle tabelle le colonne mostrano che cosa succede in un’Italia in semi-recessione, con crescita zero, o in una in ripresa, in cui l’economia cresce invece dell’1% l’anno; un’ipotesi ben poco probabile adesso».
Le righe mostrano invece come cambia la pensione in funzione della carriera.
«Fare carriera è un bene – sottolinea Carbone – ma con il calcolo contributivo la pensione non riesce a riflettere a sufficienza gli incrementi di salario. Negli esempi riportati, per un lavoratore dipendente raddoppiare lo stipendio può significare passare a un rapporto fra pensione e retribuzione inferiore al 40%».
Roberto E. Bagnoli
(da “il Corriere della Sera“)
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Febbraio 9th, 2015 Riccardo Fucile
DOPO LO SCONTO DI 500 MILIONI A BPLUS DELLA FAMIGLIA CORALLO, L’EX COMANDANTE DEL NUCLEO SPECIALE FRODI TELEMATICHE UMBERTO RAPETTO MOSTRA AI PM UNA LETTERA DEI VERTICI DELLA GDF IN CUI GLI SI CHIEDE DI DISIMPEGNARSI
Il 6 febbraio la Corte dei Conti ha chiuso la vicenda della ‘mega penale’ inflitta ai colossi delle slot
machine.
In appello i due concessionari Bplus e Hbg sono stati condannati a pagare in totale poco più di 400 milioni di euro per gli inadempimenti del 2004-2005, anni di avvio del servizio.
Sono stati invece assolti due ex alti dirigenti del Monopolio, Giorgio Tino e Antonio Tagliaferri.
Non sarà una grande somma rispetto ai circa 90 miliardi delle prime contestazioni della Guardia di Finanza o rispetto alla sanzione di circa 2,5 miliardi comminata in primo grado ai dieci concessionari (tra il primo grado e l’appello, otto delle dieci concessionarie coinvolte avevano scelto di aderire alla sanatoria prevista dal decreto Imu versando il 30% della somma riportata in primo grado, mentre Bplus e Hbg avevano deciso di proseguire nel giudizio d’appello), ma 407 milioni di euro certo non fanno male all’erario.
Questo risultato complessivo, pari a 837 milioni di euro tra la sanatoria di Letta e le condanne del 6 febbraio, non sarebbe stato raggiunto senza l’azione di un gruppo di finanzieri che ha agito contro i comandi — non entusiasti dell’indagine — e della politica, che ha remato contro con commissioni e condoni.
Lo racconta, in un verbale inedito, l’ex comandante del Nucleo Speciale Frodi Telematiche, Umberto Rapetto.
L’ex finanziere, ora in pensione, spiega la circostanza ai pm milanesi che indagavano sui prestiti della Popolare di Milano (nell’elenco c’è anche Bplus) e fornisce le prove consegnando una lettera inviatagli da Virgilio Elio Cicciò, generale di Corpo d’Armata.
È il 4 giugno 2012 quando Rapetto viene sentito.
“Nel luglio del 2006 cominciò un nostro intenso lavoro delegato dalla Corte dei Conti ed in particolare dal dottor Smiroldo”.
Posso dire che il nostro Comando Generale ha sempre cercato di orientarci verso il disimpegno da queste indagini, anche attraverso note formali che contestavano l’assenza di una nostra competenze in materia.
Ricordo una nota del Generale Cicciò che mi invitava a comunicare al magistrato contabile la nostra incompetenza formale, proponendo di rivolgere la delega al Nucleo di PT.
Il dott. Smiroldo non accolse l’invito verso il quale fu anzi molto critico, pregandomi di segnalare a lui eventuali tentativi di interferenza con le indagini da parte dei miei superiori”.
Rapetto consegna ai magistrati la nota del generale Cicciò, ora in pensione anche lui, datata 16 ottobre 2006: nella lettera si ordina a Rapetto di proporre al magistrato contabile di “rivolgere la delega alla articolazione preposta del locale Nucleo di polizia tributaria restando, comunque, a disposizione del citato magistrato” per specifici atti connotati “da elevato tecnicismo nel settore informatico”.
L’ex finanziere Rapetto comunica il contenuto della nota al magistrato Smiroldo, al quale chiede di ridefinire “i compiti assegnati al nucleo (…) così da considerare la disponibilità del più completo apporto investigativo e demoltiplicare lo sforzo operativo difficilmente sopportabile da un unico Comando”.
Smiroldo, però, è convinto delle competenze del Nucleo Frodi Informatiche e il primo dicembre risponde esortando Rapetto “a continuare nella direzione intrapresa (…) Qualora articolazioni del Corpo non dovessero assicurarLe piena collaborazione nell’ambito dell’attività istruttoria che Ella svolge su delega della Corte dei Conti, ovvero dovessero ulteriormente ripetersi tentativi — diretti o indiretti — di ingerenza nelle decisioni investigative di questa Procura, La invito ad informarmi immediatamente”.
Alla fine l’inchiesta ha raggiunto il risultato voluto grazie a chi avrebbe disatteso gli ordini e lo Stato incasserà 837 milioni di euro.
Valeria Pacelli
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 9th, 2015 Riccardo Fucile
SONO IDONEI E IN ATTESA DA ANNI DEL POSTO, MA NON POTRANNO MAI AVERLO… IL GOVERNO HA BLOCCATO IL TURNOVER E LE GRADUATORIE SARANNO CANCELLATE
Pensavano di avere in mano un biglietto della lotteria di quelli «buoni»: avevano passato il concorso pubblico, erano stati dichiarati «idonei» e prima o poi quel posto, stabile e garantito, tanto sognato (e sudato) l’avrebbero ottenuto.
Poi il governo ha deciso di abolire le Province, si è ritrovato con 20mila persone da ricollocare e per questo ha bloccato tutte le nuove assunzioni.
Stop al turnover in ogni tipo di amministrazione, sia centrale che periferica, forze di polizia comprese, sino a tutto il 2016, ha sancito l’ultima legge di Stabilità che dei tanti concorsi banditi ha salvaguardato solo i vincitori.
E così per 80mila idonei, alcuni in attesa della «chiamata» ormai da anni, il «posto» si è volatilizzato.
Forse per sempre, perchè le graduatorie non solo in questo modo non scorreranno più, ma scadranno alla fine del 2016.
Scade il blocco, scadono gli elenchi, insomma, e chi si è visto s’è visto.
La mobilitazione social
Per questo ora gli «idonei» hanno deciso di scendere in piazza a protestare.
Si sono organizzati in coordinamenti, aperto pagine Facebook e lanciato una serie di hashtag su Twitter, da #idoneiinpiazza2015 a #piùsicurezza a #nobloccoassunzioneidonei per lanciare la mobilitazione.
Dopodomani mattina saranno a Roma, davanti a Montecitorio.
Ci saranno quelli del Comitato 22 procedure per la giustizia di Roma e i vincitori e idonei per 300 posti per la ricostruzione in Abruzzo, il Comitato idonei al concorso del Comune di Napoli e quelli dell’Iacp, e poi gli amministrativi B1-Inps, gli operatori dei centri di formazione di Roma e quelli Giunta della Regione Campania, della Difesa, dell’Interno, gli allievi marescialli carabinieri e chi ha partecipato al concorso per 650 allievi agenti di polizia nel 2014.
Cifre incerte
In tutto, secondo le ultime stime del Formez, oggi gli idonei sono «ufficialmente» 84.040 (36.127 stanno nelle graduatorie degli enti locali e 31.277 nella sanità ), presenti in 9225 differenti graduatorie, ma secondo alcune stime potrebbe essere anche il doppio.
«Abbiamo deciso di scendere in piazza per far valere le nostre ragioni, per chiedere allo Stato di restituirci quei diritti che, non più tardi di un anno fa, ci aveva riconosciuto attraverso la legge promossa dal ministro D’Alia che prorogava tutte le graduatorie fino a fine 2016», spiega il presidente del Comitato XXVII Ottobre, Alessio Mercanti.
Una pioggia di ricorsi
In assenza di risposte si annuncia già un boom di ricorsi alla magistratura, sino ad arrivare alla Corte di giustizia europea per contestare la violazione del principio di non discriminazione, visto che il governo ha previsto una deroga per i Beni culturali.
Per i comitati, infatti, «è cristallino l’intento dell’esecutivo: arrivare alla scadenza delle graduatorie senza poterci dare la possibilità (non l’assunzione certa) di subentrare “naturalmente” alle cessazioni del personale dipendente, altrimenti avrebbero previsto un’ulteriore proroga come peraltro è stato fatto per i contratti a termine. E magari, dopo il 2017, si ricomincerà a bandire concorsi che costeranno milioni di euro quando invece si può assumere fin da subito dalle graduatorie ad oggi valide».
Governo in imbarazzo
E il governo cosa risponde? Il ministro della Funzione pubblica Madia lo scorso dicembre, prima che scattasse il blocco, durante un question time, aveva assicurato che era «intenzione del governo tutelare le aspettative degli idonei prima di procedere a nuove assunzioni».
Poi però è arrivata la legge di Stabilità , il quadro è cambiato completamente, ed ora si trova alle prese con una vera e propria bomba sociale innescata.
Paolo Baroni
(da “La Stampa“)
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Febbraio 9th, 2015 Riccardo Fucile
L’ACCUSA DEI MEDICI: “CON MARE NOSTRUM SI SAREBBERO POTUTI SALVARE, SOCCORSI INADEGUATI, MOLTI DECEDUTI DURANTE IL TRASPORTO SULLE MOTOVEDETTE”
Ventinove profughi sono morti per ipotermia durante un viaggio della speranza attraverso il Canale di
Sicilia.
Quando sono stati soccorsi sette di loro erano già morti, gli altri sono deceduti per il freddo durante il trasporto sulle motovedette della Guardia costiera.
E’ accaduto a un centinaio di miglia dall’isola di Lampedusa.
I migranti fanno parte del gruppo di 105 profughi salvati nel corso della notte. L’intervento era stato chiesto nel primo pomeriggio di ieri al centro nazionale di soccorso della Guardia costiera di Roma, tramite telefono satellitare.
Nell’area sono state anche inviate le motovedette CP 302 e la CP 305 da Lampedusa. Ricerche di un secondo barcone, segnalato dalle autorità spagnole, sarebbero in corso, ma dell’imbarcazione non c’è traccia.
I dispersi potrebbero essere ancora molti.
Il direttore sanitario di Lampedusa Pietro Bartolo aveva allertato l’elisoccorso per potere trasferire, subito dopo il loro arrivo sull’isola, i profughi più gravi con sintomi di ipotermia. I primi sette cadaveri erano stati caricati sulle motovedette, ma altri 22 profughi, che in un primo tempo erano stati soccorsi in condizioni gravissime, non ce l’hanno fatta a reggere il freddo sulle motovedette della Guardia costiera: “E’ terribile – dice Bartolo – tra loro ci sono tanti giovani. Sono tutti bagnati, sono morti di freddo”. La Procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta.
E il medico apre la polemica sui soccorsi e sulla “trasformazione” di Mare Nostrum: “Hanno viaggiato per ore su imbarcazioni che non sono idonee al soccorso delle persone”, dice Bartolo.
“Parlo da medico e ormai purtroppo da esperto di queste tragedie – ha aggiunto – non è questo il sistema giusto per salvare vite umane. Probabilmente con Mare Nostrum non avremmo avuto questi morti: non è possibile che si vadano a recuperare i migranti a 100-120 miglia da Lampedusa per poi portarli verso la Sicilia in condizioni meteo proibitive. Quel dispositivo consentiva alle navi della Marina di raggiungere questi disperati, prenderli a bordo, metterli al riparo e ristorarli. Ora questo è più difficile”.
Una voce critica, la sua, che non resta isolata: “I 366 morti di Lampedusa non sono serviti a niente, le parole del Papa non sono servite a niente, siamo tornati a prima di Mare Nostrum. E’ la realtà “, dice Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa, commentando la morte dei profughi. “E’ la prova che Triton non è Mare Nostrum – dice ancora il sindaco – Siamo tornati indietro”.
E annuncia che chiederà “al più presto un incontro al Viminale per sapere come dobbiamo organizzarci in vista dell’arrivo della primavera”.
“Stillicidio, altri morti. L’abbiamo già detto: Triton non è sufficiente. Procedure Sar di Mare Nostrum non esistono più”, commenta Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr.
Anche il Cocer della Guardia Costiera invoca più uomini e mezzi, con l’ammodernamento della flotta e l’utilizzo dei militari in esubero, che nei prossimi anni andranno in mobilità o prepensionamento.
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 9th, 2015 Riccardo Fucile
CENETTA INTIMA CON SILVIO PER DIVIDERSI CANDIDATURE E POLTRONE PER LE REGIONALI
Una cenetta per stringere un patto per le elezioni regionali e per fermare Matteo Renzi in Parlamento.
Matteo Salvini, quello stesso che pochi giorni fa diceva “io non vado con chi si fa fregare” e “no alle ammucchiate”, è andato ad Arcore per incontrare Silvio Berlusconi ed è tornato così a sedere al tavolo del centrodestra.
I leader di Forza Italia e Lega Nord, come confermano alcune fonti parlamentari, hanno concordato una strategia di coordinamento per l’opposizione in Parlamento ai provvedimenti del governo e per fermare il leader Pd.
Durante la riunione si sarebbe arrivati anche ad una prima intesa di massima sulle alleanze regionali anche se il tema resta da perfezionare.
“Io non baratto la coerenza per un voto in più”, diceva il leader del Carroccio Salvini solo qualche giorno fa.
E poi ancora: “No alle frittate”.
Gli rispondeva Berlusconi sui giornali: “La sua è solo propaganda. Non ha fatto niente per l’Italia”.
“Berlusconi è un pollo“, ribatteva il capogruppo al Senato della Lega Gian Marco Centinaio.
In realtà , oltre i discorsi elettorali, l’incontro per parlare di alleanze era già in programma da un po’ di tempo.
Così i due leader si sono incontrati a cena, come riporta Repubblica, insieme ai fedelissimi Giovanni Toti e Giancarlo Giorgetti.
L’accordo sembra già essere pronto per le prossime elezioni in Liguria e in Veneto.
Se nell’ultimo caso però il candidato sarà sicuramente Zaia, ancora non c’è l’intesa per il nome che dovrà sfidare Raffaella Paita.
Ma l’avvicinamento con Salvini è destinato a far discutere dentro il partito: “Matteo Salvini”, ha detto Renata Polverini a “L’aria che tira”, “sta parlando alla pancia degli italiani richiamando quotidianamente tutte le loro difficoltà , ma non credo comunque possa rappresentare un leader in grado di raccogliere il consenso di tutti i moderati che per tanti anni hanno portato il centrodestra ad essere la forza principale di questo Paese”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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