Destra di Popolo.net

JE SUIS TUNISIEN

Marzo 19th, 2015 Riccardo Fucile

A FIANCO DEL POPOLO TUNISINO

Pour ceux qui en doutaient, les pays du Maghreb ne sont pas une menace!
Ils sont confrontès aux màªmes drames et aux màªmes questionnements que notre vieille France.
Nous sommes tous dans le màªme bateau et c’est seulement ensemble que nous ferons triompher le camp qui aime, tout simplement, la vie.
Mon cÅ“ur saigne aujourd’hui, et je ne suis pas le seul, pour cette Tunisie à  qui on ne semble pas pardonner ses èclatants succès dèmocratiques.
La Tunisie montre la voie depuis des annèes, de ce que doit àªtre une renaissance dèmocratique dans un pays arabe moderne.
Manifestement, les fanatiques veulent faire payer dans le sang tout rayon d’espoir.
Je n’ai pas encore lu cette phrase aujourd’hui, mais je n’en ai pas d’autre en tàªte.
JE SUIS TUNISIEN.

Joann Sfar

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LUPI: FAVORI PURE ALLA MOGLIE

Marzo 19th, 2015 Riccardo Fucile

LA COOP “LA CASCINA” LE PAGA UN VOLO AEREO…. PER IL LAVORO AL FIGLIO DEL MINISTRO PRONTO A SCENDERE IN CAMPO DE ECCHER (CHE AVEVA UN PROBLEMA PER UN’INTERDITTIVA ANTIMAFIA)

Un biglietto aereo pagato alla moglie del ministro dalla cooperativa La Cascina. E poi la telefonata di Stefano Perotti che si mette a disposizione del figlio per trovargli lavoro.
E una seconda opportunità  di lavoro grazie a Claudio De Eccher.
Queste le novità  più imbarazzanti per il ministro Lupi emerse dalle carte depositate ieri.     “Emerge che, in un primo momento — scrivono i pm — lo stesso Cavallo, in relazione alla ricerca di una soluzione lavorativa in favore di Lupi Luca, si attiva presso l’imprenditore (De) Eccher Claudio, con il quale lo stesso Ministro Lupi è in rapporti confidenziali”.
Non un imprenditore a caso: De Eccher è il costruttore la cui azienda era stata stoppata nel 2014 da un’interdittiva antimafia del Prefetto (poi annullata dal TAR e Consiglio di Stato) e che chiedeva a Cavallo una mano per farsela annullare così: “a questo punto te lo chiedo in modo molto …come dire? Deciso: bisogna che tu ne parli e che ne parliate anche con il Ministero degli Interni”.
A rendere difficile la nuova difesa di Lupi di fronte al Parlamento prevista per domani è il capitolo della richiesta di arresto dedicato ai rapporti istituzionali di Francesco Cavallo, detto anche Frank.
“Cavallo è indicato da Giulio Burchi (ex presidente di Italferr proveniente dal mondo della sinistra , Ndr) — scrivono i pm di Firenze — come “l’uomo di Lupi” in una conversazione risulta in effetti in stretti rapporti con il ministro delle Infrastrutture Lupi Maurizio e con i componenti della segreteria del ministro, identificati in Bonaduce Nicola, Forlani Emmanuele e Lezzi Marco”.
Cavallo era considerato ‘l’uomo di Lupi’ perchè si occupava anche di reperire fondi per le cene di finanziamento di Lupi e poi doni per il ministro e il suo staff. Cavallo ha un ruolo anche nelle manovre che precedono l’assunzione del figlio del ministro presso lo studio MOR, cioè lo studio del cognato di Stefano Perotti.
Tutto accade l’otto gennaio del 2014.
Secondo i pm “dalle conversazioni intercettate emerge che l’interessamento di Stefano Perotti veniva attivato da Ercole Incalza, il quale a sua volta aveva incontrato Luca Lupi su richiesta del ministro Maurizio Lupi”.
Poi proseguono i pm “Perotti informava di ciò Cavallo e quest’ultimo, lo stesso giorno 8 gennaio, contattava (alle 16 e 42) Luca Lupi per “organizzare un po’ di cose” ; pochi istanti dopo era Perotti a contattare Luca Lupi, con il quale intratteneva il seguente dialogo”.     Ecco il dialogo tra il titolare di un grande studio e il giovane neolaureato.
È utile leggerlo per capire tra i due chi è a servizio dell’altro:     PEROTTI:… ciao Luca!     LUPI Luca:… ciao Stefano     P:… come stai?     L:… bene bene bene     P:… allora … ti volevo dire… io adesso sono a Bressanone ma se ti fai una chiacchierata con Franco … così lui ti racconta tutto … e mi dici quello che devo fare     L:… va bene … va bene… no .. perchè oggi ero lì da .. dal …. (Incalza l’innominabile, Luca Lupi è giovane ma sveglio, Ndr)     P:… sì … dall’uomo (ecco come si dice Incalza al telefono tra uomini di mondo, ‘l’uomo’, Ndr) L:… di … mi ha detto di … gli volevo chiedere un pò di cose … ho fatto un pò di domande, allora sono venute fuori un paio di cose anche ad altre .. ‘parliamone anche con Stefano’ … quindi .. allora ti abbiam chiamato… però… sì sì va bene… vedo Franco domani     P:… bene… così evito di (inc)     L:… sì sì sì sì … assolutamente assolutamente non ti preoccupare… grazie mille, grazie mille P:… un abbraccio, ciao bello     L:… ciao ciao
Cavallo è il ‘problem solver’ di Lupi.
Scrivono i pm “dalle conversazioni telefoniche intercettate emergono molteplici contatti ed incontri, anche conviviali , nonchè l’organizzazione di una cena volta a reperire “fondi” nell’interesse del Ministro , la fornitura di abiti sartoriali in favore del Ministro Lupi, di suo figlio Luca e dei suoi segretari e l’acquisto di regali natalizi in favore dello stesso Ministro e del suo entourage”.
I pubblici ministeri nella richiesta di arresto per Cavallo sono quindi più netti del Gip nell’ordinanza. Per i pm, Cavallo ha fornito un abito sartoriale a Lupi in persona e gli ha fatto regali. Senza condizionale e senza incertezze.
Non solo: Cavallo ha organizzato una cena per reperire fondi a beneficio di Lupi. Sono soldi dichiarati alla Camera dei Deputati e a quanto ammontano?
Tutte domande alle quali il ministro Lupi dovrà  rispondere davanti al Parlamento e all’opinione pubblica.     Inoltre c’è la storia del viaggio della moglie del ministro a Bari.
“Nel gennaio 2014, il Ministro Lupi organizza un incontro politico in Bari (la convention del “NCD”), avvalendosi — scrivono i pm — a tal fine, di Menolascina Salvatore (consigliere della coop ciellina La Cascina Ndr); si comprende che, a margine di questo evento, il Menolascina organizza una cena ristretta con il Ministro Lupi (…) proprio in relazione a questo evento in Bari, Cavallo si attiva per procurare un biglietto aereo (tratta Milano-Bari) alla moglie del Ministro Lupi, Dalmiglio Emanuela; a tal fine si rivolge al solito Altieri Gaetano; il prezzo di questo biglietto è di 447,03 euro; la ricevuta del pagamento risulta intestata al Cavallo, cui viene trasmessa via mail dall’indirizzo di posta elettronica di Pietroletti Gabriella della cooperativa La Cascina (non è dato sapere se tale spesa sia stata rimborsata)”.
La storia del biglietto aereo pagato dalla Cascina va inserita in un contesto di rapporti finanziari di Cavallo con la cooperativa che lo pagava.
La Cascina è una cooperativa nata a Roma decenni fa e benedetta dal potere di Giulio Andreotti prima e di Gianni Letta poi.
Una dozzina di anni fa a Bari i suoi manager furono messi sotto inchiesta e la voce di Lupi fu intercettata al telefono mentre rivendicava la sua amicizia con il suo interlocutore, Dario Maniglia, un manager del gruppo Fiorita che nel 2013 è stato condannato.
Maniglia era legato alla Cascina, a Salvatore Menolascina e a Francesco Cavallo, non indagato ma citato negli atti. Lupi era amico di tutto il giro e diceva a beneficio degli investigatori al telefono: “Dario Maniglia è un mio amico fraterno. Non me ne frega un cazzo possono anche venire (gli inquirenti Ndr) a farmi una pompa”.
La Cascina, anche se non è indagato nessuno dei suoi manager, è la società  capogruppo dell’ATI che gestisce il CARA, Centro Rifugiati di Mineo grazie a una gara da 98 milioni di euro, bollata come contraria ai principi della concorrenza da Raffaele Cantone.
I pm catanesi stanno indagando sull’altro peso massimo del Ncd, cioè il sottosegretario all’agricoltura Giuseppe Castiglione, proprio per il suo ruolo di soggetto attuatore della gara.

Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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AL POSTO DI INCALZA L’UOMO DELLE VACANZE A SPESE DEL MOSE

Marzo 19th, 2015 Riccardo Fucile

LA NUOVA TANGENTOPOLI: ALLE INFRASTUTTURE ORA C’E’ SIGNORINI

Paolo Emilio Signorini, l’uomo che oggi occupa le due poltrone più importanti del dicastero delle Infrastrutture, nel luglio del 2011 si faceva pagare le vacanze al mare in Toscana dal patron del Mose.
È nelle carte dell’inchiesta della procura di Venezia che si trova un pezzo pesante del passato di Signorini, nominato capo dipartimento nel maggio 2013 dal ministro Lupi e scelto poi nel gennaio di quest’anno quale successore di Ercole Incalza alla Struttura di missione per le Grandi Opere.
In pratica, è la persona cui sono affidati il presente e il futuro di tutti i grandi lavori pubblici d’Italia.
Due anni fa, parlava così al telefono con Giovanni Mazzacurati.
«Ingegnere sono Signorini… volevo soltanto dire che siamo arrivati, e tutto benissimo, la volevo ringraziare». «Ha trovato tutto, sì?», gli chiede l’allora presidente del Consorzio Venezia Nuova. «Tutto perfetto, abbiam già  fatto mezza giornata di mare», risponde lui, informandosi poi sulla qualità  dei ristoranti di Castagneto Carducci.
Quel soggiorno – scrive il gip veneziano Alberto Scaramuzza – era un «presente», che Mazzacurati aveva concesso, mettendolo sul conto del Cvn, a Signorini e a tutta la sua famiglia. «È sempre stato un amico », spiega l’87enne (arrestato il 12 luglio 2013) alla sua segreteria che chiedeva lumi sul perchè di quella prenotazione di due stanze d’albergo.
Non era un “benefit” disinteressato. Signorini nel 2012 era capo Dipartimento al Cipe, la “borsa” interministeriale i cui cordoni si dovevano allargare per sbloccare i milioni di euro di fondi necessari per il Mose. Non solo.
Mazzacurati insisteva con Incalza per nominarlo nel 2013 al Magistrato delle Acque, l’ente che ha il compito di vigilare sul Mose e sulle autorizzazioni dell’opera. «Lui andrebbe benissimo », suggeriva al telefono.
Quest’ultima mossa, nonostante le pressioni e le amicizie a Roma, non gli riuscì
Signorini non è stato indagato a Venezia e non risulta indagato nemmeno a Firenze.
Eppure la sua carriera è annodata a doppio filo a quella di Incalza, arrestato lunedì scorso. Classe 1963, Signorini è arrivato al Mit nel 2006 come coordinatore nella Struttura di Missione. Si occupava delle istruttorie dei progetti delle Grandi Opere.
Poi nel 2008 viene spostato al Cipe, che quei progetti doveva approvare e finanziare. Qui diventa coordinatore del Nars, l’organismo tecnico di consulenza nei settori aeroportuale, marittimo, postale, ferroviario dove si trova di fronte ancora Incalza, che il ministero delle Infrastrutture inviava quale proprio rappresentante, nonostante il suo ruolo di direttore della Struttura suggerisse un potenziale conflitto di interessi
È Signorini – tra l’altro – che firma l’avviso pubblico di selezione del 28 ottobre 2013 per quel posto, remunerato con uno stipendio 136.000 euro all’anno.
Richiedeva esperienze lavorative decennali in posizioni simili, «delle quali – si legge in un interrogazione parlamentare – solo il candidato Incalza risultava essere in possesso». E così è stato nominato e rimasto in carica fino al 31 gennaio scorso.
Dopo aver faticato per tenere quella Struttura nell’orbita del Mit («i soldi li abbiamo difesi.. – si sente dire Incalza in un’intercettazione – ho dovuto parlare con Azzolino, Santini, Chiavaroli, Baretta… »), si impegna per pilotare la scelta del suo successore. «È bene che rimanga Signorini, io temo che la presidenza metterà  qualcuno». E Signorini rimane
Per dire quanto sia stretto il legame tra i due, ancora il 6 febbraio, un mese e mezzo fa, Lupi chiedeva a Incalza, che in teoria non aveva più incarichi, di avvisare Signorini dell’assenza nella lista delle opere trasmesse al Cipe del progetto della SS106.
E il 25 febbraio è Antonio Bargone, ex sottosegretario ai Lavori Pubblici, a lamentarsi con Incalza perchè il suo pupillo «non è sollecito nel rispondere alle sue richieste».

Fabio Tonacci
(da “La Repubblica“)

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COSÌ INCALZA E BONSIGNORE MANOVRAVANO IL PARLAMENTO

Marzo 19th, 2015 Riccardo Fucile

IL MANAGER PUBBLICO E L’UOMO D’AFFARI VOLEVANO L’EMENDAMENTO PER LA ORTE-MESTRE (10 MILIARDI)…. “CHIAMO LUPI”… “ALLA CAMERA QUEI TRE SONO NOSTRI”

“Abbiamo fatto un emendamento, ricordi? L’hanno reso inammissibile”, dice Ercole Incalza, il controllore, all’amico Vito Bonsignore, il controllato. Sono allarmati.
“Adesso vedo di parlarne con Capezzone e Epifani, mi sto muovendo”, replica il controllato. Bisogna manovrare i lavori parlamentari.
Una storia esemplare di come si sfascia l’Italia.
La nuova autostrada Orte-Mestre è un affare da 10 miliardi di euro, almeno due dei quali pubblici.
Il promotore dell’ambizioso project-financing è Bonsignore, ex europarlamentare Udc, oggi vicino a Ncd, ma soprattutto potente uomo d’affari, indagato dalla Procura di Firenze per induzione indebita: avrebbe promesso a Incalza (arrestato lunedì scorso) la direzione lavori della nuova arteria per Stefano Perotti (arrestato anche lui) in cambio della promessa da parte del superburocrate del ministero delle Infrastrutture di “un favorevole iter delle procedure amministrative relative al finanziamento dell’opera”.
La fotografia del verminaio di Porta Pia dove non si capisce più chi è guardia e chi ladro, ma è chiaro solo che nessuno difende l’interesse pubblico, è affidata dai pm fiorentini alla ricostruzione di un giro di telefonate con cui si tenta di modificare nientemeno che il Codice degli appalti.
Nel pomeriggio di martedì 28 gennaio 2014 Daniele Capezzone e Guglielmo Epifani, presidenti delle commissioni Finanze e Attività  produttive della Camera, dichiarano inammissibili alcune centinaia di emendamenti al decreto legge “Destinazione Italia” del governo Letta.
Tra questi c’è quello scritto da Incalza e presentato da tre parlamentari Ncd, Alessandro Pagano, Nino Minardo e Maurizio Bernardo: serve ad agevolare il percorso della Orte-Mestre modificando l’articolo 175 del Codice degli appalti, che riguarda la cosiddetta “bancabilità ” del project- financing.
E qui ricordiamoci che stiamo parlando di miliardi di euro.
Un affare enorme, tanto che il piano di sostenibilità  economico-finanziaria, approvato dal Cipe a novembre 2013 ma da allora fermo alla Corte dei conti, è per legge segretato.
La bocciatura dell’emendamento stranamente agita Incalza più di Bonsignore.
È il superburocrate a dare la notizia all’imprenditore. “Abbiamo fatto fare ricorso all’inammissibilità  da… come tu sai… tre parlamentari… che sono Pagano, Minardo e Bernardo… ne conosci qualcuno di questi tre?”. Bonsignore: “Come no?! Pagano è uno dei nostri, anche Bernardo”.
Incalza, allora, incalza l’amico: “Sono tutti e tre di Ncd, puoi intervenire?.. no? … Si vota tra un’ora … un’ora e mezza… sto chiamando Lupi … tutti sto chiamando (…) basterebbe sentire… o Vignali che è il relatore.” Raffaello Vignali, uomo di Cl, è in quel momento tesoriere del neonato partito di Angelino Alfano, di cui Bonsignore è finanziatore.
E suggeritore: “Ah Vignali , e come no ?!… è un altro dei nostri … vabbè… vado io alla Camera adesso… vabbè”.
A questo punto Incalza chiama Antonio Bargone, ex proconsole dalemiano a Brindisi, sottosegretario ai Lavori pubblici nel governo Prodi che nel 1999 privatizzò la società  Autostrade.
Adesso è manager autostradale (noblesse oblige) e presiede la Sat, che deve costruire la nuova Livorno-Civitavecchia. Incalza è disperato, come se la Orte-Mestre fosse sua: “Non si è mosso nessuno per ora… solo noi… vabbè… (…) Non so che cazzo può fare”.
Bargone lo rassicura: “Io mo’ vado alla Camera vediamo che succede.” Arrivano i nostri. Bargone è indagato con Bonsignore.
Nel frattempo Bonsignore ha parlato con Vignali, e riferisce a Incalza che il relatore si sente impotente, pare addirittura che alla Camera ci sia qualcuno che difende la legalità : “Proprio mi ha detto guarda… ‘gli uffici sono irremovibili sono spaventati dalla Presidenza della Repubblica per queste cose qui… hanno un orientamento molto rigido’”.
Ma niente paura. Se il Quirinale non vuole nuove norme fantasiose infilate come emendamenti in leggi che non c’entrano niente, Bonsignore vuole fortissimamente farlo lo stesso: “Vediamo quale può essere il veicolo dove lo mettiamo (…) Voi ne avete qualcuno in preparazione?”. Incalza è pronto come un autonoleggio: “E adesso vediamo… ce ne stanno otto, dieci, ce ne stanno no uno, dieci! Però se l’atteggiamento è questo mi preoccupa”.
Intanto Bonsignore lo rassicura: “Bernardo e Pagano si son presi il cazziatone… hanno lasciato Vignali da solo”.
Poi tocca anche a Vignali il cazziatone. Incalza spiega a Bonsignore che il relatore del “Destinazione Italia” gli ha raccontato un sacco di balle. Bonsignore si incazza: “Allora mi ha raccontato una palla… è scemo allora (…) ecco fammi una cortesia … perchè io domani (…) lo vado a beccare e gli faccio il culo… e infatti… è inutile allora… una persona inutile”. Pochi giorni dopo Vignali non sarà  più tesoriere di Ncd.
Ma entra in scena un nuovo controllore, Alessandra Dal Verme, dirigente del ministero dell’Economia che si occupa del Cipe, il rubinetto da cui escono i miliardi per le grandi opere.
È un controllore gallonato, sindaco revisore di Poste Italiane e di Anas, mica poco.
Eccola al telefono con Incalza: “La questione è molto complicata … e non faranno fare altri emendamenti (…) o noi siamo in grado di riformulare quelli esistenti… allora… in quelli per Expo si può mettere Rho-Monza (…) perchè bene o male lo riformulo (…) però mandateli gli emendamenti (…) e quell’altro di Orte-Mestre… mandatemi questi due (…) che io provo a riformulare quelli esistenti … (inc.)”.
Con questo livello di rigore e trasparenza il sistema Incalza si preparava a spendere 10 miliardi di euro per la Orte-Mestre.

Giorgio Meletti e Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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FAME DA LUPI

Marzo 19th, 2015 Riccardo Fucile

NCD, PIU’ CHE UN PARTITO PARE IL BAR DI GUERRE STELLARI: AD ALTA DENSITA’ DI CONDANNATI E INQUISITI

Forse una visita guidata al Museo Lombroso di Torino, che espone i crani imbottigliati in formalina dei manigoldi più famosi, non guasterebbe.
La criminologia fisiognomica sarà  pure una teoria superata, ma — visto come siamo conciati     — può ancora servire a riconoscere dalla faccia certi ladroni che periodicamente finiscono nelle patrie galere, poi rientrano nel giro, poi vengono riacchiappati, poi acciuffano una prescrizione e riagguantano la poltrona, per poi tornare nel loro habitat naturale: la cella di isolamento. Prendiamo Ercole Incalza: ex Psi (corrente sinistra ferroviaria), l’aveva fatta franca in ben 14 processi, fra prescrizioni, assoluzioni e norme ad hoc (gli errori giudiziari più diffusi sono le assoluzioni dei colpevoli).
Insomma, meritava un’altra chance nell’Ncd, che tutti credono l’acronimo di Nuovo Centro Destra, trascurando l’opzione più ovvia: Nuova Compagnia Detenuti.
In una telefonata — scrive il gip di Firenze — Incalza “afferma di aver trascorso la notte a redigere il programma di governo che Ncd avrebbe dovuto presentare e di essere in attesa del benestare di Alfano e di Lupi”.
Il 17 febbraio 2014, mentre nasce il governo Renzi, Lupi “si lamenta per essere stato da lui abbandonato”, ma “Incalza contesta tale affermazione dicendogli di aver scritto anche il programma”.
Che vuoi di più, Mauri’? Che ti porti la brioche al mattino?
Poi c’è la nomina dei sottosegretari alle Infrastrutture, che non spetta a Lupi nè tantomeno a Incalza, ma a Renzi.
Però ci pensa Ercolino, ci vuole gente giusta: Letta ha rischiato i denti col viceministro pd Vincenzo De Luca, plurimputato, e con Tonino Gentile, quello che candidò B. al Nobel per la Pace, poi passò a Ncd e finì in uno scandalo che lo costrinse a dimettersi.
Con chi rimpiazzarli?
Ci pensa Incalza, grande talent scout: “Il 28-2-2014 Lupi gli telefona e lo informa che, in seguito alla sua ‘sponsorizzazione’, hanno nominato viceministro alle Infrastrutture Riccardo Nencini e invita Incalza a parlargli per dirgli ‘che non rompa i coglioni’”.
Nencini, pure lui ex Psi, era già  comparso nelle intercettazioni della Cricca della Protezione civile: l’uomo giusto al posto giusto.
L’altro sottosegretario è Umberto Del Basso De Caro, che era l’avvocato di Craxi ed è inquisito a Napoli per peculato: chi meglio di lui. Ercolino è soddisfatto: “In alcune successive telefonate Incalza fa presente che al ministero per le Infrastrutture sono arrivati due suoi compagni socialisti: Nencini e Del Basso De Caro. Il suo amico commenta tali nomine dicendo ‘complimenti… sempre sempre più coperto!’”.
Renzi, noto rottamatore, sbatte i tacchi.
Una bella squadretta, non c’è che dire. Del resto, senza l’Ncd il suo governo non esisterebbe: niente maggioranza in Senato.
E sul capitale umano la grande stampa chiude un occhio, anzi due. Eugenio Scalfari stravede per quell’accozzaglia di inquisiti e poltronisti, rimasti nel governo Letta dopo l’uscita di FI per conservare le cadreghe: “È quella che noi chiamiamo la destra repubblicana… Una novità  di grandissimo rilievo nel panorama della politica non soltanto italiana ma anche europea”, anche perchè grazie a Ncd “scompare la presenza di Berlusconi e del berlusconismo dalla maggioranza” (17-11-2013).
Berlusconi forse, il berlusconismo mica tanto.
Invece, sul Corriere, Polito El Drito si esalta per il “parricidio” di Alfano con B. e lo paragona a quelli di Fanfani con De Gasperi, di Sarkozy con Chirac, della Merkel con Kohl e incensa il Letta-bis “sorretto da una nuova maggioranza temprata nel fuoco di una battaglia parlamentare aperta e senza rete” in vista della “riforma del sistema politico” e dell’avvento “di una terza Repubblica”.
E sta parlando del partito di Alfano, Cicchitto, De Girolamo, Schifani, Formigoni, Scopelliti, Castiglione, Firrarello, Bonsignore, Giovanardi e naturalmente Lupi.
Più che un partito, pare il bar di Guerre stellari, con una densità  di condannati e inquisiti che nemmeno nella periferia metropolitana più disagiata.
Al confronto, Forza Italia è un convento di orsoline: se passa di là  pure Verdini, a parte il capo gli altri rischiano di essere quasi tutti incensurati.
Formazione tipo Ncd.
Vito Bonsignore, una condanna definitiva per tentata corruzione e una nuova indagine, quella delle Grandi Opere, dov’è inquisito insieme ad altri due pezzi grossi di Ncd: Rocco Girlanda, ex sottosegretario pdl di Letta, e Stefano Saglia, ex An alfanizzato.
Roberto Formigoni, sotto processo a Milano per corruzione e altre virtù.
Nunzia De Girolamo, inquisita a Benevento per abuso e altre facezie.
Giuseppe Scopelliti, condannato in primo grado per abuso. Giuseppe Castiglione, sottosegretario all’Agricoltura, indagato a Catania per abuso e turbativa d’asta sull’appalto per il Centro rifugiati di Mineo, il più grande d’Europa (un business, quello dei Cara, molto caro alle “Misericordie”, tipo quella di Modena presieduta dal gemello di Giovanardi).
Suo suocero Pino Firrarello, condannato e poi prescritto per turbativa d’asta e corruzione sull’ospedale di Catania e di nuovo inquisito per voto di scambio. Luigi Grillo, condannato con patteggiamento per corruzione su Expo e indagato per rapporti con la ‘ndrangheta.
Pare che graviti dalle parti di Ncd pure Cesare Previti, nei panni del vecchio saggio, come Totò ne I soliti ignoti: e la sua mano — onore al merito — si nota subito.
Renato Schifani, per anni indagato per mafia, archiviato con un provvedimento che sottolinea i suoi rapporti con diversi mafiosi. Ed è uno dei più puliti di “quella che noi chiamiamo la destra repubblicana…
Una novità  di grandissimo rilievo nel panorama della politica non soltanto italiana ma anche europea”.
L’Europa ancora non sa nulla, ma il primo che esce di galera l’avverte.

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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L’ULULATO

Marzo 19th, 2015 Riccardo Fucile

UN MINISTRO NON E’ UN “QUALUNQUE PADRE”

Se avessi vent’anni e mi facessi il sangue amaro tra curriculum e concorsi, sarei molto irritato con Lupi, il ministro mannaro.
Gli chiederei con quale coraggio possa ancora sostenere che l’Italia è il luogo delle opportunità  per tutti, quando lui e suo figlio hanno appena offerto una dimostrazione plateale del contrario.
Nella corruzione elevata a sistema, le mazzette in contanti sono diventate il lubrificante dei poveracci.
A certi livelli le persone si vendono e si comprano attraverso i favori. Io regalo una casa a te che firmi un documento a me che trovo un lavoro a tuo cognato che ne darà  poi uno a mio figlio.
Le chiamano «triangolazioni».
Ecco, se avessi vent’anni, sarei stufo di vivere in un Paese triangolare. Ne vorrei uno quadrato.
Dove chi sta al governo si rende conto di avere responsabilità  superiori a quelle degli altri cittadini.
Anche come genitore.
Lupi ha detto che al posto del figlio non avrebbe mai accettato in regalo un Rolex da diecimila euro (da un signore che lavorava grazie a suo padre, aggiungo io).
Anzichè ai giornalisti, avrebbe potuto spiegarlo prima all’interessato.
Parli così perchè non hai figli, mi ha redarguito un amico: qualunque cuore di padre si prostituirebbe pur di aiutare la sua creatura.
Ma un ministro non è «qualunque padre».
I suoi comportamenti vengono illuminati dai media e diventano modelli che incidono sull’umore di milioni di persone.
Come sosteneva Platone, e immagino anche don Giussani, i governanti di una nazione evoluta dovrebbero vivere in una condizione di celibato morale.
Se non sono in grado di reggerla, possono sempre fare altro.
Per esempio dimettersi.

Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)

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