Novembre 6th, 2015 Riccardo Fucile
ITALIA TERRA DI CONQUISTA: DALLE TELECOMUNICAZIONI ALL’ALIMENTARE, DALLA MODA ALLA SIDERURGIA
Pirelli è solo l’ultimo anello di una catena senza fine. Quella che lega le aziende simbolo nel made in Italy che lentamente stanno lasciando il Paese preda di investitori internazionale.
D’altra parte il trend è chiaro: nel 2014 gli Ide (Investimenti diretti esteri) in entrata in Italia ammontavano a 281,3 miliardi di euro con una crescita del 3,5% rispetto all’anno precendente. Nessun altro ha fatto meglio.
Peccato che come osservano gli analisti si tratta soprattutto di shopping internazionale: di aziende o fondi che comprano società italiane.
Operazioni a 360 gradi che coinvolgono ogni settore industriale: dalla moda all’alimentare, dalle tlc all’energia fino all’industria pesante.
La Pirelli, diventata cinese, oggi dice addio a Piazza Affari: è solo l’ultimo caso a dimostrazione di una generale disaffezione delle società nei confronti del listino milanese.
Ferrari ha scelto Wall Street per il suo collocamento, mentre Prada ha preferito Hong Kong e lo scorso due aprile Gtech, l’ex Lottomatica, ha traslocato da Milano a New York.
Dal punto di vista industriale, quest’anno l’Italia è già stata terra di conquista sul fronte delle telecomunicazioni: il controllo di Telecom è passato dagli spagnoli di Telefonica ai francesi di Vivendi, mentre in questi giorni l’imprenditore transalpino Xavier Niel ha annunciato di avere azioni e derivati per un altro 15% del capitale.
Del resto delle tlc italiane non resta più nulla: Vodafone ha rilevato l’ex Omnitel, passata prima tedesca poi inglese; Wind dal 2005 è uscita dal perimetro dell’Enel per passare al magnate egiziano Naguib Sawiris e poi ai russi di Vimpelcom nel 2011 (poche settimane fa è stato raggiunto l’accordo per la fusione con 3 Italia del gruppo H3g).
Ma sotto il controllo straniero sono finite anche altri colossi come Edison, controllata dai francesi di Edf da un decennio, e il gruppo Italcementi della famiglia Pesenti che è stato ceduto ai tedeschi di Heidelberg.
La stessa Alitalia dalla privatizzazione a oggi ha cambiato più volte bandiera: l’ultima è quella degli Emirati Arabi attraverso Ethiad.
Un anno fa era stata Indesit a salutare l’Italia con la cessione da parte dei Merloni agli americani di Whirlpool.
Ducati e la Lamborghini fanno da tempo del gruppo Volkswagen. Insomma mentre l’Italia resta una terra a fortissima attrazione per gli investitori internazionali, il percorso inverso è sempre più complicato e le imprese nostrane capaci di andare a fare shopping all’estero sono sempre meno.
L’unico caso di internazionalizzazione recente è Fiat con Chrysler e Cnh, ma che ha comportato il trasferimento delle sedi da Torino ad Amsterdam e Londra.
E se di fronte ad acquisizioni “pesanti” la spiegazione più ricorrente è quella del nanismo, altre “migrazioni” all’estero di marchi trovano una spiegazione solo nella mancanza di una politica industriale inesistente o incapace di supportare le aziende in alcuni momenti difficile come il cambio generazionale e la competizione sempre più agguerrita dovuta alla globalizzazione.
Così, al di là della semplice volontà di alcuni imprenditori di far cassa, dalla moda all’alimentare, l’Italia ha assistito alla cessione di Grom alla multinazionale olanedese Unilever.
Lo scorso anno era stata la pasta Garofalo che aveva annunciato l’ingresso nel capitale con una quota del 52% degli spagnoli di Ebro, multinazionale che opera nei settori del riso, della pasta e dei condimenti, quotato alla Borsa di Madrid: un investimento da “appena” 62 milioni di euro che seguiva quello da 18 milioni con cui nel 2013 avevano rilevato il 25% della Riso Scotti di Pavia (la famiglia italiana, però, ha mantenuto la maggioranza con il 75% del capitale).
Parmalat è stata acquisita dai francesi di Lactalis.
Prima ancora, la stessa sorte era toccata ai Baci Perugina e alla Star.
Poi i grandi della moda: Versace è stato l’ultimo dopo Krizia.
Loro Piana è passata ai francesi di Lvmh con Bulgari e la pasticceria Cova. Perfino Luca Cordero di Montezemolo, che ambiva a un ruolo di ambasciatore del made in Italy all’estero e a creare un polo del lusso col suo fondo Charme, si è rivelato un imprenditore del mordi e fuggi e ha ceduto Poltona Frau agli americani di Haworth.
Rimane solo l’incapacità del Paese di fare sistema, di portare avanti una politica industriale che favorisca la creazione di campioni nazionali e internazionali o di difendere distretti capaci di crescere e competere, ma spesso abbandonati a se stessi. L’Italia resta così condannata al nanismo industriale, nonostante la presenza di eccellenze che il mondo invidia.
Giuliano Balestreri e Raffaele Ricciardi
(da “La Repubblica”)
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Novembre 6th, 2015 Riccardo Fucile
TUTTE LE MISURE PER FAVORIRE GLI EVASORI FISCALI, GLI ELETTORI PREFERITI DA RENZI
Innalzamento della soglia di punibilità per il versamento dell’Iva e per l’evasione fiscale. 3500
processi che vanno in fumo a Milano.
Di fatto si rende possibile avere una riserva di nero fino a 300mila euro.
L’elusione fiscale non è più punibile: il processo all’Ilva per presunta evasione da 52 ml salta.
Il falso in bilancio riformato col buco: le valutazioni errate non rientrano più tra i termini della falsificazione. Il sondaggista di B. si è così salvato dal processo.
Il rientro dei capitali salva l’evasore dalle condanne penali: con la volontary disclosure si si pagheranno le tasse arretrate andando indietro di solo 4 anni.
E’ divertente sentire come i signori della maggioranza giustificano queste riforme: ieri ad Otto e mezzo il sottosegretario De Micheli ci ha provato, anche con motlo trasporto.
Non siamo riusciti a contrastare l’evasione, usando i pagamenti elettronici per gli affitti, e allora abbiamo deciso di togliere il vincolo.
Come a dire che siccome si continua a rubare, togliamo il reato di corruzione.
E ancora: innalzando la soglia del contante, almeno incasseremo i soldi dall’Iva.
Cioè, il governo spera negli evasori di buon cuore: ma se io incassavo a nero prima, perchè dovrei smettere oggi?
E vale per i piccoli commercianti come per il pizzo o la mazzetta?
Tutti pagamenti non tracciati, che non finiranno mai in queste benedette banche dati, tirate in ballo dal governo per contrastare il nero
Oggi, alla radio sentivo del niet del governo alla proposta di Boeri, di tagliare le pensioni d’oro (quelle ancora in retributivo) e usare quei soldi per sostenere i ceti deboli, quelli che hanno perso lavoro.
Il governo teme di perdere consenso elettorale (ma non si dovevav votare nel 2018?): ma chi sono gli elettori a cui si sta rivolgendo il partito della nazione (e il PD)?
Uno poi pensa male…
(da unoenessuno.blogspot.it”)
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Novembre 6th, 2015 Riccardo Fucile
LE FURBIADI: AL MACERO UN FASCICOLO SU TRE… 3.500 ARCHIVIAZIONI SOLO A MILANO, GRAZIE ALL’INNALZAMENTO DEI LIMITI DI PUNIBILITA’
“Abbiamo chiesto l’archiviazione di 1.200 fascicoli solo per l’omesso versamento dell’Iva.Contestazioni relative agli ultimi quindici mesi”.
In Procura a Milano sono questi i primi risultati della nuova disciplina sull’evasione che prevede l’innalzamento dei tetti di non punibilità : da 50 a 150mila euro per l’omesso versamento delle ritenute, da 150mila a 250mila per l’Iva.
In Procura non si sono fatti cogliere impreparati: “Da mesi avevamo smesso di trasmettere le carte all’ufficio gip”, raccontano i pm.
Così in un attimo sono stati cancellati 1.200 fascicoli solo per l’Iva.
A questi dovranno essere aggiunti quelli sulle ritenute.
E migliaia di fascicoli già a dibattimento: “In tutto prevediamo oltre 3.500 casi”, spiegano in Procura.
Quanti processi tributari finiranno con l’archiviazione? “Trenta per cento”, azzardano a Milano.
Ma parlando con pm di tutta Italia si raccolgono previsioni molto varie: dal 20 per cento di Genova fino al 75 del Friuli. In media, secondo i pm, siamo oltre il 30 per cento. Un processo su tre.
Anche se molte Procure interpellate dal Fatto stanno ancora elaborando le statistiche.
I primi dati riflettono le analisi del Sole 24 Ore pubblicate un anno fa: su 38 procure si parlava di circa 9.000 archiviazioni su più di 25 mila fascicoli.
Milano da sola vale una bella fetta d’Italia. Capitale economica e Procura molto attiva, guida da sempre la classifica dei reati tributari: 2.494 in un anno (al quinto posto c’è Monza, a pochi chilometri di distanza). Seguono Roma (1.785), Torino (1.110) e Napoli (458).
Per i rinvii a giudizio, Milano (1.419) stacca tutti: Roma è a 438.
Adesso migliaia di indagini finiranno nel nulla. Un disastro? Le opinioni dei pm, che preferiscono non essere nominati, sono discordanti: “Perdiamo un fascicolo su tre, ma nel caso dell’Iva l’accertamento del mancato pagamento resta”.
Insomma, si dovrebbe finire per pagare anche senza reato. Altri pm lombardi non sono d’accordo: “La sanzione penale è un deterrente. Se ci tolgono anche quello, restiamo in mutande”.
A Udine il procuratore Antonio De Nicolo teme che la nuova disciplina possa portare all’archiviazione di tre fascicoli su quattro. Perchè un dato così disomogeneo? Semplice, dove il tessuto economico è fondato sulle piccole imprese, come in Friuli e Veneto, l’innalzamento del tetto avrà effetti molto più pesanti. Dove prevalgono le medio-grandi imprese — vedi la Lombardia — si sentirà meno.
E il resto d’Italia? La procura di Torino deve ancora fare un conteggio preciso: “Stiamo facendo un piano con l’Agenzia delle Entrate”, afferma il procuratore capo Armando Spataro.
I dati esatti si sapranno la prossima settimana. Il pool di pm specializzati in reati economici, guidato dall’aggiunto Vittorio Nessi, prevede molte centinaia di archiviazioni in arrivo.
“Un proscioglimento che — si ribadisce — non vuol dire sempre impunità : resterà la sanzione amministrativa dell’Agenzia delle Entrate”.
“A Genova in pochi giorni abbiamo contato 150 archiviazioni”, raccontano dalla Procura ligure. Siamo tra il 20 e il 25 per cento del totale. Un po’ sotto la media nazionale.
A Modena il procuratore capo reggente Lucia Musti ha emanato un ordine di servizio per bloccare tutti i procedimenti penali in questione: gli avvisi di conclusione indagini verranno richiamati indietro ed eventualmente rielaborati in base alla nuova normativa, così come le richieste di rinvio a giudizio.
All’Agenzia delle Entrate è stato chiesto di non inviare più le notizie di reato per i casi sospetti (visto che non si tratta più di reato).
Ferruccio Sansa
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 6th, 2015 Riccardo Fucile
“TRISTE VEDERE VESCOVI E SACERDOTI ATTACCATI AI SOLDI, I CREDENTI NON POSSONO VIVERE COME FARAONI”
“Se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone: non si può
fare. Questa è la prima tentazione”.
Questa la dichiarazione di papa Francesco a Straatnieuws, giornale di strada olandese, rilasciata il 27 ottobre e tradotta oggi dalla radio vaticana.
L’affermazione del pontefice, riletta alla luce dello scandalo Vatileaks 2 emerso nei giorni scorsi, suona più come una risposta alle critiche sul lusso in cui vivono cardinali e vescovi e alla corruzione e agli scandali finanziari all’interno della Santa Sede, piuttosto che un semplice richiamo ai valori del Vangelo.
Pensiero ribadito nell’omelia di stamane a Santa Marta: ” Ci sono questi, che invece di servire, di pensare agli altri, di gettare le basi, si servono della Chiesa, gli arrampicatori attaccati ai soldi. E quanti sacerdoti e vescovi abbiamo visto così”.
“Dio ci salvi dalle tentazioni di una doppia vita, dove mi mostro come uno che serve e invece mi servo degli altri”, il monito del pontefice.
“Ci si chiede – ha proseguito Francesco – di metterci al servizio, ma c’è chi ha raggiunto uno status e vive comodamente senza onestà , come i farisei nel Vangelo. Mi commuovono quei preti e quelle suore che per tutta la vita sono al servizio degli altri”. Sono questi preti e queste suore, ha sottolineato il Papa, “che rappresentano la gioia della Chiesa”.
“Nel Vangelo – ha ripreso Bergoglio – il Signore ci fa vedere l’immagine di un altro servo, che invece di servire gli altri si serve degli altri”.
E, ha sottolineato, “abbiamo letto cosa ha fatto questo servo, con quanta scaltrezza si è mosso, per rimanere al suo posto”. Un’ambivalenza che non ci dovrebbe essere all’interno della Chiesa, ha concluso Francesco.
Nell’intervista a Straatnieuws, Bergoglio insiste sulla necessità di resistere alle tentazioni, due in particolare: “La chiesa deve parlare con la verità e anche con la testimonianza della povertà . Se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone, questo non si può fare. Questa è la prima tentazione. L’altra tentazione è di fare accordi con i governi”, ha sottolineato il Papa, a condizione che siano accordi chiari e trasparenti.
“Noi gestiamo questo palazzo – ha portato ad esempio Bergoglio – ma i conti sono tutti controllati, per evitare la corruzione. Perchè c’è sempre la tentazione della corruzione nella vita pubblica. Sia politica, sia religiosa”.
Papa Francesco ha raccontato una sua esperienza concreta: “Ricordo che una volta con molto dolore ho visto, quando l’Argentina sotto il regime dei militari è entrata in guerra con la Gran Bretagna per le isole Malvine, la gente dava delle cose, e ho visto che tante persone, anche cattolici, che erano incaricati di distribuirle, le portavano a casa. C’è sempre il pericolo della corruzione. Una volta ho fatto una domanda a un ministro argentino, un uomo onesto, che ha lasciato l’incarico perchè non poteva andare d’accordo con alcune cose un po’ oscure. Gli ho chiesto: ‘quando voi inviate aiuti, sia pasti, siano vestiti, siano soldi, ai poveri e agli indigenti, di quello che inviate, quanto arriva là , sia in denaro sia in spesa?’ Mi ha detto: ‘Il 35 per cento’. Significa che il 65 per cento si perde. E’ la corruzione: un pezzo per me, un altro pezzo per me”.
Una storia che sembra ricalcare la vicenda dell’Obolo di San Pietro descritto nel libro di Gianluigi Nuzzi “Via Crucis”, che ha svelato come su 10 euro che nel 2013/2014 entravano in Vaticano per la beneficenza del pontefice, sei finivano a sanare i conti in rosso della Curia, due venivano accantonati in un fondo – che ormai ammonta a 400 milioni di euro – e solo due venivano rigirati al canale umanitario dedito alla beneficenza.
“Ieri – prosegue il Papa nell’intervista – ho chiesto di inviare in Congo 50 mila euro per costruire tre scuole in paesi poveri, l’educazione è una cosa importante per bambini. Sono andato all’amministrazione competente, ho fatto questa richiesta e i soldi sono stati inviati”.
Poi spiega perchè ha rinunciato all’appartamento del Palazzo Apostolico, optando invece per Santa Marta: “Dopo aver visto questo appartamento mi è sembrato un imbuto al rovescio, cioè grande ma con una porta piccola. Questo significa essere isolato. Io ho pensato: non posso vivere qua semplicemente per motivi mentali. Mi farebbe male. All’inizio sembrava una cosa strana, ma ho chiesto di restare qui, a Santa Marta. E questo mi fa bene perchè mi sento libero. Mangio nella sala pranzo dove mangiano tutti. E quando sono in anticipo mangio con i dipendenti. Trovo gente, la saluto e questo fa che la gabbia d’oro non sia tanto una gabbia. Ma mi manca la strada”.
Bergoglio sottolinea anche come non esistano tesori della Chiesa, poichè questi sono in realtà “tesori dell’umanità “: “Se io domani dico che la Pietà di Michelangelo venga messa all’asta, non si può fare, perchè non è proprietà della Chiesa. Sta in una chiesa, ma è dell’umanità . Questo vale per tutti i tesori della Chiesa. Ma abbiamo cominciato a vendere dei regali e altre cose che mi vengono date. E i proventi della vendita vanno a monsignor Krajewski, che è il mio elemosiniere. E poi c’è la lotteria. C’erano delle macchine che sono state tutte vendute o date via con una lotteria e il ricavato usato per i poveri. Ci sono cose che si possono vendere e queste si vendono”.
Francesco chiude l’intervista esprimendo un desiderio, una speranza: “Vorrei un mondo senza poveri. Anche se mi sembra un po’ difficile immaginarlo. Noi dovremmo lottare per questo. Ma io sono un credente e so che il peccato è sempre dentro di noi. E la cupidigia umana c’è sempre, la mancanza di solidarietà , l’egoismo che crea i poveri. Non so se lo faremo questo mondo senza poveri, perchè il peccato c’è sempre e ci porta l’egoismo. Ma dobbiamo lottare sempre”.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 6th, 2015 Riccardo Fucile
PD 33,8 (-0,2%), M5S 27,5% (+ 1,1%), LEGA 14,1% (-0,7%), FORZA ITALIA 9,8% (+ 0,2%), SEL 3,9% (-0,2%), FDI 3% (-0,1%), AREA POPOLARE 2,8% (-0,7%)
Balzo in avanti di ben 1,1% del Movimento 5 Stelle secondo le intenzioni di voto dell’istituto Ixè, in esclusiva per Agorà .
In una settimana, infatti, il M5s passa dal 26,4% al 27,5% mentre il Pd si ferma al 33,8% (-0,2%).
Scende anche La Lega Nord (14,1%, -0,7%).
Area popolare scende sotto la soglia del 3% e verrebbe escluda dal Parlamento, a rischio anche Fdi che è scesa al limite della soglia.
Se si votasse oggi, l’affluenza sarebbe al 64,2%.
Stabile la fiducia in Matteo Renzi al 32% mentre quella nel governo cresce di 2 punti, raggiungendo quota 29%.
Secondo l’Istituto Ixè il politico più amato rimane il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al 63%.
Altissima la fiducia in Papa Francesco, stabile all’89%.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 6th, 2015 Riccardo Fucile
“L’ITALICUM NON E’ UN TOTEM”: ORA IL PREMIER RICAMBIA IDEA
Sulla legge elettorale «non esistono totem ideologici». Matteo Renzi risponde a Bruno Vespa (nel
suo ultimo libro) e lascia aperto uno spiraglio.
Finora ha sempre difeso a spada tratta la sua legge elettorale, quella fortemente voluta, ampiamente rivendicata, capace secondo i suoi detrattori di consegnare un Parlamento quasi monocolore a un Pd in buona forma elettorale, quando sarà .
Ora invece Renzi sembra aprire alle richieste che da mesi gli arrivano sia dai suoi alleati, in primo luogo l’Ncd di Alfano, sia da Forza Italia.
Il punto è sempre lo stesso: il premio alla lista, quello che al premier sta bene e che quasi tutti gli altri faticano a digerire.
Bruno Vespa chiede se esiste la possibilità di un cambiamento, ovvero che il ballottaggio si faccia tra coalizioni, Renzi risponde così: «Non ci sto ripensando. Io preferisco il premio alla lista. È più logico, è in linea con il partito a vocazione maggioritaria, che è la natura del Pd. Poi è ovvio che non abbiamo totem ideologici. Nessuna legge da sola garantisce la governabilità . È il sistema politico che deve farlo».
L’interpretazione prevalente ha carattere diplomatico: Renzi non vuole sembrare un dittatore, gli fa comodo lasciare una porta aperta, in questo modo fa felici sia l’Ncd (Fabrizio Cicchitto dirà che le parole del premier «hanno un notevole rilievo»), sia la sinistra di Sel sia quella interna al Pd.
Se quest’ultima dovesse sganciarsi, se nascesse una «cosa» rossa a sinistra del Pd avrebbe comunque la possibilità di «rientrare», in sede elettorale, al secondo turno.
Ma c’è anche da dire che lo stesso Renzi dice apertamente di non avere cambiato idea: il premio alla lista previsto dalla nuova legge elettorale, il cosiddetto Italicum, è a suo giudizio quello che maggiormente garantisce la certezza della vittoria dopo il voto. «Questa legge, grazie ai ballottaggi, garantisce la certezza della vittoria. I candidati nei collegi dovranno tornare a guardare in faccia gli elettori, mentre prima veniva eletto il numero 27 di una lista che nessuno, magari, aveva mai visto. A dimostrazione che prima di oggi il sistema non ha mai funzionato, ci sono 63 governi e 27 presidenti del Consiglio in meno di settant’anni», è la sintesi del presidente del Consiglio.
La nuova legge elettorale approvata a maggio prevede un premio di maggioranza alla Camera per la lista che prende almeno il 40% dei voti al primo turno o vince il ballottaggio.
Ai piani alti del Pd giudicano la mossa di Renzi meramente tattica: nessun accordo è stato fatto con Alfano, se ne parlerà seriamente solo dopo il referendum confermativo delle riforme istituzionali.
Con una postilla: «Se andiamo con l’Ncd perdiamo a sinistra, se andiamo con Sel facciamo un regalo alla Lega, meglio correre da soli e lasciare tutto com’è».
Danilo Toninelli, capogruppo M5S in Commissione Affari costituzionali alla Camera, la vede invece in questo modo: «Il totem di Renzi è il sondaggio – prosegue Toninelli – se i sondaggi diranno che M5S vince al secondo turno allora modificherà l’Italicum. Tutto si deciderà dopo le elezioni comunali di primavera. Se M5S vincerà al secondo turno in qualche grande città Renzi sposterà il premio di maggioranza dal partito alla coalizione».
Marco Galluzzo
(da “il Corriere della Sera”)
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