Ottobre 19th, 2017 Riccardo Fucile
MONICA ROSSI IN DIECI MESI E’ PASSATA DA 30.000 A 55.000 EURO… I ROM SONO INVECE SEMPRE AL LORO POSTO
La superconsulente ingaggiata dal M5S per occuparsi dei Rom ottiene dal Comune un
discreto aumento in busta paga.
Lo stipendio di Monica Rossi è quasi raddoppiato, passando dai 30mila euro del primo contratto, firmato a dicembre 2016, ai 55mila previsti dalla delibera approvata dalla giunta lo scorso 9 ottobre.
Della vicenda parla oggi il Messaggero, sottolineando anche i clamorosi risultati del Piano Rom della sindaca di Roma, di cui abbiamo parlato ripetutamente e che sono sotto gli occhi di tutti
Il Camping River doveva chiudere entro il 30 settembre e invece è ancora lì. Il bando per smantellare l’accampamento della Monachina è andato deserto; per ora l’unica procedura ad andare avanti è quella per il villaggio della Barbuta. Non proprio un successone. Eppure l’amministrazione comunale ha deciso che gli sforzi della consulente andavano in qualche modo premiati. Con un bel ritocco al rialzo in busta paga.
Il cambio di contratto è giustificato dal fatto che la gestione della chiusura dei campi infatti è passata dal dipartimento Sociale al nuovo “Ufficio Speciale Rom, Sinti e Caminanti” istituito a inizio luglio e che fa capo al gabinetto della Raggi.
Cambiando ufficio, la consulente ha anche dovuto cambiare il contratto.
E le nuove mansioni di Monica Rossi?
Nella delibera di dicembre per la Rossi era previsto un incarico di «supporto» all’assessore al Sociale «per le attività in materia di progettazione europea, con particolare attenzione ai temi dell’inclusione sociale, delle migrazioni e dei Rom» e di «supervisione» di tutte le procedure di «monitoraggio e valutazione dei progetti».
E ora? Col nuovo contratto la consulente dovrà occuparsi del «raccordo operativo» con il Tavolo Rom, «l’assistenza nella tenuta dei rapporti istituzionali con le agenzie nazionali e le istituzioni europee», il «raccordo operativo tra l’organo di vertice capitolino, l’amministrazione capitolina e gli organismi istituzionali nazionali ed europei per dare attuazione a una cultura inclusiva e non discriminante».
Chiaro, no?
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 19th, 2017 Riccardo Fucile
INDAGATI PER NARCOTRAFFICO DUE CUGINI DELL’EX MINISTRO DEGLI INTERNI, LA PROCURA CHIEDE L’ARRESTO… LE OPPOSIZIONI CHIEDONO LE DIMISSIONI DEL PREMIER EDI RAMA
Un’operazione antidroga in Sicilia scatena la tempesta politica in Albania.
Due cugini dell’ex ministro degli Interni Saimir Tahiri sono tra i nomi di punta dell’inchiesta sul narcotraffico transnazionale portata avanti dal Gico della Guardia di Finanza di Catania.
Uno di loro tira in ballo il politico nelle conversazioni intercettate su debiti da pagare con chi lo aiuta.
E in Italia arriva a bordo di un’Audi A8 intestata a Tahiri, che in quel momento, nel marzo 2014, è ancora ministro, ruolo ricoperto fino alla scorsa primavera, quando è stato silurato anche a causa delle voci troppo insistenti sul suo conto.
Al di là dell’Adriatico la notizia è giunta in fretta e ha alimentato prima i sospetti, cui hanno fatto seguito gli atti della procura che ha chiesto al Parlamento l’arresto dell’ex ministro.
Nelle stesse ore è arrivata la richiesta di dimissioni del premier Edi Rama è stata sottoscritta nelle scorse ore dai partiti albanesi di centrodestra e dalla formazione di centrosinistra all’opposizione.
Non una realtà qualunque, quest’ultima, ma il Movimento socialista per l’integrazione (Lsi), di cui è leader e fondatore Ilir Meta, da luglio presidente della Repubblica d’Albania.
È la marijuana, ancora una volta, il perno dello scontro. Perchè “Kanabistan”, come è stato ribattezzato il Paese delle Aquile, è la sintesi non solo della grande produzione di erba che da lì giunge in tutta Europa, ma anche dei forti dubbi sul sistema di corruzione della polizia e di collusione della politica.
Dubbi che, secondo la lettura data da un pezzo del parlamento di Tirana, trovano riscontro pieno nell’operazione “Rosa dei venti” di lunedì scorso.
Tra i sette arrestati dalle Fiamme Gialle c’è Moisi Habilaj, 39 anni, mentre un mandato di cattura pende sulla testa del fratello Florian, detto Lolò, di 37, oltre che di altri tre connazionali.
Moisi e Florian sono due dei quattro “fratelli Habilaj” a cui le cronache albanesi attribuiscono da tempo il controllo del traffico di droga nella piazza di Valona.
Non due nomi qualsiasi, appunto. “Sono cugini di decimo grado”, ha replicato Tahiri su Facebook dopo il terremoto con epicentro a Catania, aggiungendo di non aver avuto con loro “nessun rapporto, tanto meno illecito” e dicendosi pronto a rinunciare all’immunità parlamentare per essere sottoposto ad inchiesta.
Il ruolo che ha ricoperto fino a poco fa nel governo imbarazza il primo ministro Edi Rama: “Ho sempre dato il mio sostegno a Tahiri per la sua integrità . Ma oggi — ha scritto su Fb — gli albanesi hanno bisogno di sapere solo la verità . Perciò la giustizia deve andare fino in fondo a questa storia senza perdere tempo e fare piena luce sui fatti”.
Nell’ordinanza del gip Loredana Pezzino, la ricostruzione è chiara: “L’organizzazione — è scritto — non ha affatto carattere rudimentale, ma al contrario è compiutamente organizzata con una chiara suddivisione dei ruoli. Di qui il continuo riferimento, da parte degli associati, ai soggetti che al suo interno rivestono un ruolo apicale, come Habilaj Moisi, referente indiscusso del gruppo”. E’ lui, secondo gli inquirenti, il “deus ex machina della complessa e articolata attività organizzata di detenzione ed importazione dall’Albania all’Italia di assai ingenti quantitativi di sostanza stupefacente di tipo marijuana”. Lui al timone del gruppo composto anche dal fratello Florian, dai cugini Maridian e Armando Sulaj, da Nezar Seiti e Fatmi Minaj (rispettivamente genero e suocero), oltre ai tre italiani Vincenzo Spampinato, Angelo Busacca e Gianluca Passavanti. Referente di Habilaj per Catania pare essere Antonino Riela.
Per arrivare in Sicilia, la marijuana, assieme ai kalashnikov, percorre tutte le strade: arriva su gomma, sulle auto che transitano dai porti di Bari e di Brindisi; giunge soprattutto via mare, a bordo di pescherecci che approdano sulle coste di Capo Passero e dintorni. 3.500 chili di droga in due anni, secondo la Finanza, sono giunti in Sicilia tramite il canale di approvvigionamento gestito da Habilaj, i cui contatti nel Ragusano e Catanese sono consolidati da anni grazie ad albanesi emigrati o corrieri locali. Così sarebbe stato messo su un giro d’affari da 20 milioni di euro.
Cosa c’entra Tahiri? “30 (mila lek, ndr) glieli devo portare a Saimir”, dice Moisi Habilaj a Sabaudin Celaj mentre in macchina vanno verso Catania.
È il 3 marzo 2014. I due contano i debiti da saldare con i sodali in Albania: “tu pensa, a parte i debiti che abbiamo…a parte i debiti che abbiamo preso…abbiamo 75mila lek (75mila euro) che sono automaticamente dovute. 30 sono dello ‘zio’, 30 glieli devo portare a Saimir… fanno 60. E 15 della nave che ci serve per forza. E sono 75mila lek […] togliamo anche questi dello Stato che abbiamo”.
Gli investigatori annotano che Habilaj allude “probabilmente a suo cugino Saimir Bashkim Tahiri, ministro degli Interni della Repubblica d’Albania, nonchè ad uomini delle istituzioni albanesi, evidentemente loro collusi”.
I finanzieri del Gico aggiungono che “Habilaj e Celaj erano giunti in Sicilia a bordo di un’Audi A8 intestata a Saimir Bashkim Tahiri”.
L’inchiesta italiana rigira il dito nella piaga: nel 2015 fu un ex ufficiale di polizia di Fier, Dritan Zagani, a denunciare pubblicamente i possibili legami tra i fratelli Habilaj e le forze dell’ordine, con la presunta copertura dell’allora ministro, costretto ad ammettere pubblicamente che l’auto dello scandalo, l’Audi A8 nella disponibilità dei suoi cugini, gliel’aveva venduta lui nel 2013. “Questo è stato il mio grande e unico errore, non aver verificato prima a chi avrei dovuto vendere l’auto. Oltre a questo, nient’altro mi lega a loro”, ha dichiarato Tahiri.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 19th, 2017 Riccardo Fucile
LA REAZIONE DEL VATICANO ALLA SCENEGGIATA AI CONFINI DEL PAESE DELL’ULTRADESTRA CATTOLICA
La Polonia preoccupa la Chiesa. 
La manifestazione che ha presidiato i confini del Paese con rosari e processioni per “salvare l’Europa dall’islamizzazione” è apparsa dissonante dalla linea di papa Francesco oltre che pericolosamente vicina alle posizioni dell’ultradestra, in una fase in cui la Polonia si è rifiutata di accogliere – come impongono le regole Ue – una quota dei profughi sbarcati in Italia e Grecia.
Il primate polacco, l’arcivescovo metropolita di Gniezno, Wojciech Polak, ora interviene per ammonire che sospenderà ‘a divinis’ qualunque prete che parteciperà a iniziative contro i migranti: “Se dovessi avere notizia di una protesta contro i profughi alla quale i miei preti dovessero aver partecipato, la mia risposta sarà rapida: ogni sacerdote che si unisce a queste manifestazioni sarà sospeso. Non ho alcuna alternativa in quanto responsabile della mia diocesi. In una situazione in cui ci sono preti che esplicitamente sostengono una parte in conflitto, debbo agire immediatamente”.
Le sue parole arrivano dopo quelle molto più diplomatiche pronunciate dalla Conferenza episcopale polacca, che ha sdrammatizzato i toni anti-migranti della manifestazione affermando che si trattava di un evento religioso legato alla ricorrenza della Madonna del Rosario.
Il 7 ottobre, però, come hanno ricordato esplicitamente gli organizzatori dell’evento religioso, è anche l’anniversario della battaglia di Lepanto che nel 1571 ha visto la coalizione cristiana promossa da papa Pio V sconfiggere l’avanzata ottomana sull’occidente. In quel giorno, si legge sul sito dei promotori, “la flotta cristiana ha battuto la flotta musulmana, salvando così l’Europa dall’islamizzazione”.
L’arcivescovo di Cracovia Marek Jedraszewski – che siede sulla cattedra che fu di Karol Wojtyla e poi del suo segretario Stanislaw Dziwisz – nel mettersi alla guida della lunga cordata di rosario aveva invitato a “pregare perchè l’Europa ha bisogno di restare cristiana per salvare la sua cultura”.
Secondo Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, si trattava di parole “a favore della pace, dell’amata nazione polacca, dell’Europa perchè non dimentichi il ricco patrimonio di fede e di umanità imparato alla scuola del Vangelo”.
E per commentare l’evento il giornale ha rilanciato le espressioni del presidente della Conferenza episcopale polacca Stanislaw Gadecki, che ha parlato della “più grande iniziativa di preghiera in Europa”.
Toni entusiasti che però non hanno trovato sponda in Vaticano, tanto che l’Osservatore romano non ha dedicato una riga al raduno.
Anche perchè, come ha fatto rilevare Alberto Bobbio in un tagliente commento su Famiglia Cristiana, il “muro di protezione” invocato dagli organizzatori contrastava con l’invito ad “abbattere i muri” ricorrente negli appelli di papa Francesco.
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2017 Riccardo Fucile
MEGLIO CHE UN POSTO IN PRIMA FILA A TEATRO: BUCCI SCONFESSATO DALLA SUA MAGGIORANZA, IL GRUPPO COMUNALE DELLA LEGA ISTIGA LA POPOLAZIONE… DAI, FATE CADERE LA GIUNTA SE AVETE LE PALLE, INVECE CHE FARE MARCHETTE
Dopo l’assemblea di ieri sera tra il sindaco Bucci e 150 abitanti di Multedo in preda a mania di persecuzione e latente razzismo, le novità della giornata sono per ora due, una seria e una comica.
Quella seria è che i 12 profughi sono arrivati intorno alle 15 all’asilo ex Contessa di Govone di Multedo.
In cambio il sindaco ha promesso per Multedo un consistente “risarcimento” in termini di investimenti sul territorio della delegazione. Multedo in pratica diventerà un cantiere per rimettere a nuovo le infrastrutture: marciapiedi, strade, piscina.
«Questa è la nostra decisione – ha detto Bucci – un buon compromesso vincente per nessuno ma neanche perdente per nessuno: questa decisione la porto avanti con la mia faccia”.
I migranti sono arrivati in autobus. Con loro anche don Giacomo Martino, responsabile dell’associazione Migrantes che segue l’insediamento dei 12 ragazzi nella struttura.
Questi 12 ragazzi sono già da tempo a Genova e frequentano con profitto a Coronata una scuola per imparare un mestiere e non hanno mai dato alcun problema.
La secondo notizia comica è la nota diffusa dal gruppo consiliare della Lega Nord: «Ecco l’ennesima decisione calata dall’alto: l’arrivo a sorpresa dei 12 “ospiti” con tanto di scorta. Noi restiamo dalla parte dei cittadini di Multedo! Continueremo insieme a loro la battaglia per dire un fermo No a questa scellerata decisione». «Gli abitanti – prosegue la nota -, traditi da scelte non condivise, non si fermano di fronte a questo arrivo a sorpresa, che ci si aspettava fra qualche tempo. Noi tutti saremo al loro fianco».
Ne deriva quanto segue:
1) Il sindaco leghista Bucci viene sconfessato dal gruppo della Lega in Comune, quindi i casi sono due: o si dimette lui per dignità e coerenza o si dimettono gli scaldapoltrone padagni seduti a Tursi, facendo cadere la Giunta. Altrimenti sono dei pagliacci.
2) I profughi non sono arrivati “a sorpresa”, visto che sono due mesi che a Multedo si commettono reati rimasti impuniti per impedire che si applichi una legge dello Stato. Forse qualcuno voleva sapere l’orario per inscenare la solita gazzarra razzista, la prossima volta lasciate uno di guardia invece che andare a rimpinzarvi le viscere.
3) Quanto alla scorta, consigliamo la prefettura di provvedere in merito, perchè questi ragazzi sono a rischio, visto gli istigatori all’odio razziale che girano a Multedo.
4) Attendiamo sempre che la Questura faccia sapere se ha provveduto a identificare e denunciare gli autori dei ripetuti blocchi stradali avvenuti a Multedo, chi sono gli organizzatori e i mandanti. Cosa che fa in qualsiasi altra occasione, altrimenti si incorre nel reato di omissione di atti d’ufficio.
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Ottobre 19th, 2017 Riccardo Fucile
IL GIORNALISTA CONTRO IL SEGRETARIO DEL PD DOPO IL BLITZ CONTRO VISCO
Renzi ha problemi di isteria. A dirlo nel suo editoriale è il fondatore di Repubblica
Eugenio Scalfari.
Nel suo articolo il fondatore, partendo da casi meno recenti di attacchi politici nei confronti dei precedenti governatori della Banca d’Italia, da Carlo Azeglio Ciampi a Guido Carli per finire con Paolo Baffi, si sofferma sul caso di questi giorni: il blitz del Pd guidato da Matteo Renzi in Parlamento per provare a sfiduciare l’attuale inquilino di Palazzo Koch, Ignazio Visco. Visco, scrive Scalfari, “ha subito l’altro ieri un attacco inatteso e immotivato da Matteo Renzi e dal suo ‘cerchio magico’ del Pd”.
“La sua carica (di Visco, ndr) scade a fine mese e sarà certamente rinnovata perchè il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, cui spetta di firmare il decreto di nomina del governatore, ha già deciso che Visco mantenga la sua carica attuale.”
Scalfari scrive che dopo la festa per i 10 anni del Pd che si è tenuta sabato scorso al Teatro Eliseo di Roma ha creduto al “rinnovamento” del partito, al fatto che “il ‘ Sono uno e comando da solo’ che finora era stata la pessima realtà del Pd renziano era stata dunque superata”.
“E invece no. Renzi è sempre lo stesso, per di più su un argomento che ha alcuni risvolti delicati per il leader di un partito che dovrebbe essere il perno politico e culturale dell’Italia e perfino dell’Europa. C’è un sentimento isterico nel carattere di Renzi che talvolta lui domina, ma più spesso ne è dominato. Speriamo che riesca a guarire dall’isterismo. Altrimenti deve mettersi nelle mani d’un neurologo che tenti di curarlo. Faccio voti affinchè avvenga.”
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 19th, 2017 Riccardo Fucile
I VARI ISTITUTI A CONFRONTO: UNA SIMULAZIONE DA’ QUALCHE SPERANZA A RENZI E BERLUSCONI
Le larghe intese basteranno oppure no?
Almeno con le alleanze spurie decise dopo il voto (non proprio il massimo della vita), il Rosatellum potrà dare una maggioranza che possa sostenere un governo ed eviti il blocco “alla spagnola”?
Molte elaborazioni basate sulla media dei sondaggi di queste settimane — che danno da istituto a istituto risultati molto simili tra loro — dicono che anche se si unissero Pd, Forza Italia e Alternativa Popolare nel prossimo Parlamento un governo di grande coalizione non sarebbe possibile.
Il primo a dirlo è stato il Corriere con dati Ipsos, ma oggi lo conferma per esempio Tecnè per Matrix.
Ma non è di questo parere l’Istituto Cattaneo che, a sorpresa, per la prima volta dimostra che alla Camera, nella prossima legislatura, con il nuovo sistema elettorale, una maggioranza potrebbe esistere.
Proprio con quello che tutti chiamano “inciucio“: Renzi, Berlusconi, Alfano.
Una maggioranza risicata (intorno ai 320 deputati alla Camera), ma sufficiente a far partire un governo — chiamiamolo così — di unità nazionale.
I sondaggi: M5s primo. Anzi no, è il Pd
Partiamo dai dati-base, cioè dai sondaggi più recenti della settimana.
Per Tecnè — istituto di sondaggi che pubblica con Matrix di Canale 5 — la situazione è praticamente ingessata da un mese, visto che ci sono variazioni di due-tre decimali su un margine d’errore del 3 per cento.
Il Pd è di poco avanti, poco sopra il 26, seguito a breve distanza dal M5s. Poi Forza Italia al 16 e la Lega Nord al 15,5, entrambi in crescita, e Fratelli d’Italia poco sopra il 5.
Mdp è al 3,6 e i suoi alleati di Sinistra Italiana poco oltre il 2, dove si attesta anche Alternativa Popolare.
Secondo Emg per il TgLa7, invece, lo scenario è analogo solo in apparenza.
La prima differenza sostanziale è che qui il primo partito è il Movimento Cinque Stelle, di 8 decimi davanti al Pd. Entrambe le forze politiche, ad ogni modo, sono tra il 27 e il 28 per cento.
A seguire c’è la Lega Nord che in questo caso sfiora il 15 e stacca di parecchio Forza Italia. I Fratelli d’Italia sono stabili al 5. Ma in modo significativo ad oggi resterebbero fuori dallo sbarramento Alternativa Popolare, Mdp, Sinistra Italiana e Campo Progressista.
Ma nel Rosatellum la performance di ogni partito ha un’importanza quasi equivalente con quella delle coalizioni.
In questo quadro è innegabile da settimane che quella più forte sia quella del centrodestra. Ma per avere una maggioranza in Parlamento servirebbe una quota percentuale di almeno il 38-40 per cento dei voti.
E il centrodestra, come calcola Emg di Fabrizio Masia, non supera il 33,8.
Il centrosinistra, a sorpresa, non è così lontano, al 32,5.
Ma tutto questo non conta perchè nessuna delle due coalizioni “classiche” (che classiche non sono perchè nel centrosinistra ci sarebbero forze come Alfano e Tosi e non i bersaniani). I Cinquestelle, ovviamente, restano fuori da questi ragionamenti per la loro coerenza nel rifiutare alleanza pre e post-voto.
Per Tecnè no, una maggioranza è impossibile
Ulteriore chiarezza arriva dall’elaborazione dei dati effettuata da Tecnè che rispetto a Emg sopravvaluta un po’ il centrodestra (36 per cento) e ridimensiona il centrosinistra (nel senso di Pd-Ap, che superano di poco il 28).
Con quei dati il Rosatellum assegnerebbe 264 seggi al centrodestra: 115 a Forza Italia, 112 alla Lega Nord, 37 a Fratelli d’Italia.
Il centrosinistra nuovo formato conquisterebbe 176 seggi (172 al Pd e 4 ad Ap). Ai Cinquestelle andrebbero 169 deputati, mentre all’area di sinistra 17.
§I restanti ad altre formazioni più piccole, comprese quelle regionali. Come si vede sono tutti lontani dalla maggioranza assoluta di Montecitorio.
E allora prendiamo i partiti che potrebbero riformare un governo di larghe intese: Pd, Fi, Ap. Tuttavia, insieme, questi tre non vanno oltre 291 seggi ai quali si possono aggiungere un po’ di partitini e transfughi ma che sono sempre molto lontani dai 316 necessari.
Per l’istituto Cattaneo sì, l’inciucio è possibile
Non è di questa idea, però, l’istituto Cattaneo che si basa su alcune simulazioni dei ricercatori Marco Valbruzzi e Rinaldo Vignati di OpenGate pubblicate oggi da Repubblica.
In base ai sondaggi di queste settimane, secondo il Cattaneo, chi guadagnerebbe dal Rosatellum sarebbe il Pd (19 seggi in più di quelli che gli spetterebbero con il Consultellum, cioè con l’Italicum rivisto), chi ci perderebbe sarebbe proprio il M5s (meno 24 seggi).
Un travaso di voti che si riprodurrebbe — pari pari — anche sulle coalizioni (nel senso che il centrosinistra passerebbe da 218 a 239 deputati).
In tutto questo il centrodestra resta intatto dal Consultellum al Rosatellum visto che passa da 206 a 209 seggi. Il punto importante qui, però, è che Pd, Fi e Ap insieme metterebbero insieme 313 deputati che insieme ai gruppi delle Autonomie e qualche altro “volenteroso” potrebbero voler dire maggioranza.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 19th, 2017 Riccardo Fucile
PUIGDEMONT AMMETTE CHE NON E’ STATA DICHIARATA LA SECESSIONE… MADRID SABATO SOSPENDERA’ L’AUTONOMIA
Il conflitto tra Spagna e Catalogna entra ufficialmente in una nuova fase. 
Sospensione dell’autonomia e forse dichiarazione unilaterale di indipendenza.
È scaduto stamattina alle 10 l’ultimatum con il quale il governo Rajoy chiedeva a Puigdemont di «rientrare nella legalità » ovvero di abbandonare la via della secessione unilaterale.
Ma il governo catalano non ha fatto passi indietro, complice anche un clima diventato di nuovo incandescente con gli arresti dei leader indipendentisti Cuixart e Sà nchez. Puigdemont ha inviato una lettera dura a Rajoy: «Il suo governo insiste nell’impedire il dialogo e nella repressione, quindi il parlamento catalano, se lo riterrà opportuno, potrà procedere alla votazione dell’indipendenza».
Qui però arriva una precisazione importante: «L’indipendenza non si votò il 10 ottobre». Una frase che sembra rispondere a quella domanda «avete dichiarato la secessione?» che Madrid aveva posto formalmente. Secondo le intenzioni della Generalitat si tratta di un ultimo appello: siamo ancora in tempo per dialogare.
Intanto però il clima resta molto teso. Gli agenti della Guardia Civil del comando di Barcellona e specialisti in reati telematici stanno effettuando perquisizioni nel commissariato dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, nella città di Lleida. L’operazione, che avviene su mandato di un giudice istruttore, mira al sequestro delle registrazioni delle comunicazioni avvenute prima, durante e nelle ore successive al referendum, e all’acquisizione di altra documentazione.
Madrid però non si accontenta e passa alla fase successiva.
La Spagna procede alla sospensione parziale dell’autonomia regionale, con l’applicazione dell’articolo 155 previsto per sabato, quando si riunirà un consiglio dei ministri straordinario che dovrà approvare le misure per «proteggere gli interessi generali degli spagnoli, tra cui i cittadini della Catalogna, e restaurare l’ordine costituzionale nella Comunità autonoma». Secondo il portavoce dell’esecutivo spagnolo Inigo Mendez de Vigo, Puigdemont «non ha risposto» alle richieste del governo.
Per questo Madrid andrà avanti nell’applicazione dell’articolo 155.
A quel punto la Catalogna potrebbe dichiarare, stavolta senza prudenze e congelamenti, l’indipendenza. Questa mossa, nell’aria già da giorni è stata confermata ieri dallo stesso Puigdemont durante un vertice del suo partito, il PDeCat finora il più dubbioso riguardo alla prospettiva della rottura.
L’ipotesi delle elezioni resta però aperta, Madrid lascia intendere che qualora il governo catalano dovesse sciogliere il parlamento la sospensione dell’autonomia si fermerebbe. Ma Puigdemont pensa a un altro tipo di elezioni: quelle costituenti per scrivere o principi della nuova repubblica.
(da “La Stampa”)
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Ottobre 19th, 2017 Riccardo Fucile
STESSA SORTE PER I TULLIANI E LABOCCETTA
Rischio processo per l’ex presidente della Camera Gianfranco Fini.
La procura di Roma ha notificato l’atto di chiusura indagini all’ex leader di An, alla sua compagna Elisabetta Tulliani, al fratello di quest’ultima, Giancarlo e al padre Sergio.
Le accuse nei confronti degli indagati sono quelle di riciclaggio.
La chiusura delle indagini preliminari fatta recapitare oggi dal procuratore aggiunto Michele Prestipino agli indagati è l’atto che precede di norma la richiesta di rinvio a giudizio.
L’inchiesta della Dda di Roma nasce da alcuni accertamenti sull’imprenditore dei videogiochi Francesco Corallo (anche nei suoi confronti oggi la procura ha notificato la chiusura indagini). L’indagine ruota principalmente attorno al famoso appartamento di Montecarlo (che una contessa aveva lasciato in eredità ad An) che Giancarlo Tulliani acquistò con i soldi di Corallo attraverso la creazione di due società off-shore, la Printemps e la Timara: poco più di 300 mila euro nel 2008 quando la cessione dell’immobile nel 2015 fruttò un milione e 360 mila dollari.
Un’operazione di compravendita che Fini avrebbe autorizzato senza sapere (così si è giustificato davanti ai pm quando venne interrogato) che dietro c’era suo cognato.
L’ex leader di An ha anche spiegato a suo tempo di essere all’oscuro dei legami finanziari esistenti tra il “Re dello slot”, Corallo e la famiglia Tulliani, ma le sue parole non sembrano aver convinto i magistrati.
Secondo i magistrati, invece, un “fiume” di denaro sarebbe entrato nelle tasche dei Tulliani grazie a Corallo, la cui attività imprenditoriale sarebbe stata agevolata da leggi “ad hoc” approvate quando il partito di Fini era al governo.
E che l’affare immobiliare, realizzato “alle condizioni concordate con Corallo ed i Tulliani”, venne deciso proprio dall’esponente politico “nella piena consapevolezza di tali condizioni”. Inoltre con decreto del gip erano state sequestrate due polizze vita del valore di quasi un milione di euro a Fini, e beni per oltre 7 milioni di euro ai Tulliani.
Chiusura indagine anche per il “re delle slot” Corallo. Con altri, tra cui l’ex parlamentare Laboccetta (anche lui rischia il processo), è accusato di aver creato un’associazione finalizzata al peculato, riciclaggio, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, “appropriandosi di 85 milioni, corrispondenti al mancato pagamento dei tributi erariali, dovuti dalla Atlantis World Group”.
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2017 Riccardo Fucile
PROSEGUE LA SFIDA TRA PROCURA DI GENOVA E LEGALI DEL PARTITO: ORA IL SEQUESTRO PER 49 MILIONI POTREBBE ANDARE OLTRE I 2 BLOCCATI
Il colpo di scena si è materializzato ieri. E adesso, nella battaglia legale fra Procura di
Genova e Lega Nord, si ri-inizia tutto da capo.
Palla al centro, come ha detto ieri il procuratore capo Francesco Cozzi.
La magistratura inquirente adesso ha pieno diritto di chiedere di andare avanti con il sequestro dai conti del partito di Matteo Salvini. Ma dovrà formulare una nuova richiesta per provare ad andare agli oltre 2 milioni sequestrati finora.
Soltanto una minima parte dei quasi 49 che, secondo la sentenza di primo grado emessa contro Bossi e Belsito dal tribunale di Genova, sono stati usati per spese personali della famiglia Bossi, o riciclati in conti offshore a Cipro o nell’acquisto di diamanti in Tanzania.
Così, dopo la pronuncia del tribunale del Riesame, si ricomincia dall’inizio. Non senza qualche groviglio giuridico.
Cosa hanno scritto i giudici?
Che il ricorso della Procura contro lo stop al sequestro è inammissibile. Non per questioni di merito, ma perchè la stessa ordinanza che aveva stabilito di fermare il prelievo dei conti della Lega “avrebbe dovuto essere emessa dal competente collegio che aveva emesso il decreto di sequestro preventivo, mentre è stata emessa da un giudice monocratico”.
Ovvero: se un collegio ha deciso di sequestrare 48 milioni, sempre lo stesso collegio deve stabilire se possono bastarne solo i 2 effettivamente trovati sui conti. E non deve essere, come è avvenuto, il solo presidente del collegio. Per questo il ricorso che poi ha presentato la Procura è inammissibile, perchè è contro un atto dichiarato nullo.
A questo punto logica vorrebbe che si possa proseguire con il sequestro, seguendo la prima decisione del tribunale, l’unica ritenuta legittima. Ma qui entra in gioco un altro aspetto che complica non poco il quadro.
Perchè il Riesame scrive pure “salva la facoltà dei pm di chiedere nuovamente al collegio competente quale organo dell’esecuzione del sequestro” di continuare a prelevare soldi dai conti della Lega.
Una precisazione controversa perchè, se la decisione di fermarsi a 2 milioni è stata definita nulla, a rigor di logica il proseguimento dei sequestri dovrebbe avvenire in automatico, come era stabilito dopo la sentenza di condanna in primo grado per Bossi e Belsito. Invece, serve un altro passaggio.
Insomma la questione è ingarbugliata anche per gli stessi addetti ai lavori.
Ma cosa succede adesso?
Il procuratore capo Cozzi, il procuratore aggiunto Miniati e il pm Calleri hanno già iniziato a ragionare sul da farsi. Al di là dei punti più controversi, il Riesame ha indicato una strada da seguire. Ma, come ha detto lo steso Cozzi, «rimette “il pallino” al punto di prima. Sulla questione centrale – che è la più controversa – quella della sequestrabilità delle somme anche oltre il rinvenuto, non ha deciso e non ha ritenuto di poter decidere».
E la Lega? Pensava di aver chiuso la faccenda una volta per tutte, dovrà ancora lottare nelle aule di giustizia.
I legali del Carroccio, Giovanni Ponti e Roberto Zingari, restano in silenzio ma i leader del partito di Matteo Salvini sono esterrefatti per come si è sviluppata una vicenda che sembrava chiusa con il sequestro dei 2 milioni, e invece è ancora tutta aperta.
(da “La Repubblica”)
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