Novembre 10th, 2017 Riccardo Fucile
“L’OPERAZIONE L’HO GESTITA IO, I SOLDI LI HA MESSI LUI”… L’EX DIRETTORE DELL’AVANTI RIVELA IL CASO DI CORRUZIONE INTERNAZIONALE IN TUTTI I DETTAGLI
«I documenti della casa di Montecarlo, quella comprata dal cognato di Gianfranco Fini ,
il signor Giancarlo Tulliani, me li sono procurati io. Li ho ottenuti direttamente da funzionari governativi dell’isola di Santa Lucia. Ovviamente hanno voluto dei soldi per darmeli. Molti soldi. Tutta l’operazione è stata finanziata da Silvio Berlusconi. È lui che mi ha consegnato a Palazzo Grazioli circa 500 mila euro in contanti, che io ho fatto portare ai Caraibi con un aereo partito da Ciampino. Era l’estate del 2010. Tornassi indietro non rifarei quello che ho fatto».
Valter Lavitola, ex direttore dell’Avanti, un tempo vicinissimo a Bettino Craxi, diventato dieci anni fa faccendiere di successo e compagno di avventure del capo del centro destra italiano, è seduto sul divano del suo piccolo appartamento a Roma, nel quartiere di Monteverde.
Apre la porta dopo aver accettato di parlare all’Espresso del misterioso dossieraggio sulla casa di Montecarlo, che ha modificato la storia recente del centrodestra italiano.
Racconta, per la prima volta, ogni dettaglio della vicenda, autoaccusandosi di aver pagato funzionari pubblici di un paese straniero: se in una lettera a Berlusconi sequestrata dai pm aveva definito i denari ricevuti dal capo di Forza Italia un semplice “rimborso spese”, ora — mentre Fini rischia il processo per riciclaggio e Berlusconi è tornato in campo più forte che mai — ammette che i soldi servirono per foraggiare i governanti dell’isola caraibica affinchè producessero ad hoc un documento che inchiodasse l’ex leader di An.
Valter, uscito di galera un anno fa anche per una condanna per tentata estorsione a Berlusconi («mi brucia ancora, lui mi avrebbe potuto scagionare») si sgranchisce le mani.
«L’idea mi è venuta nell’estate del 2010. Quando i quotidiani berlusconiani indicano come le società che avevano acquistato la casa di Montecarlo avevano sede ai Caraibi, nella piccola isola di Santa Lucia, appunto».
Negli staterelli del Golfo Del Messico Valter fa affari da tempo, e ha ottime relazioni con persone influenti. «In primis l’allora presidente di Panama, Ricardo Martinelli. Lo conoscevo prima della sua scalata al potere: lui aveva supermercati a cui vendevo i prodotti pescati con le mie barche in Brasile. Chiesi aiuto a lui: mi disse che mi avrebbe aiutato con le autorità di Santa Lucia a far uscire le carte».
Avuto il placet per l’operazione dall’allora presidente del Consiglio italiano, Valter spiega di essere tornato a Panama.
«Ricardo si mise a mia disposizione. Mi procurò un aereo privato con cui andai, per la prima volta, da Panama a Santa Lucia. Non partii da solo, ma con un uomo dei servizi inglesi, che mi aiutò durante tutta l’operazione. Fu lui a portarmi da un funzionario del governo dell’isola, dicendomi che ci avrebbe potuto dare una mano. O meglio: per 100 mila dollari ci avrebbe consegnato la copia di una email che avrebbe provato quello che tutti, in Italia, si stavano chiedendo. Ossia se la casa di Montecarlo fosse stata effettivamente comprata dal cognato di Fini, Giancarlo Tulliani. La mail era stata mandata ad agosto 2010 dal broker James Walfenzao, un collaboratore dei Corallo , ai due fiduciari dei fondi segreti Printemps e Timara proprietari dell’appartamento. Nell’informativa Walfenzao parlava di un coinvolgimento diretto di Tulliani».
La mail, in effetti, fu pubblicata sull’Avanti a inizio ottobre del 2010.
«Pago i centomila, afferro la copia della mail, e metto i duecentomila che mi restano in una cassetta di sicurezza. Dissi a Berlusconi che eravamo a cavallo, ma lui mi spiegò che con quel solo documento non inchiodavamo nessuno. Che ci voleva qualcosa di più: le carte originali delle società proprietarie della casa di Montecarlo».
Comprare anche quelle, chiosa ancora Lavitola, si rivelò però impossibile: il concessionario che gestiva le società offshore, avesse girato documenti riservati, avrebbe creato a sè stesso un danno d’immagine colossale.
«Il mio amico inglese, però, trovò una soluzione: quella di far scrivere una informativa confidenziale destinata al presidente dell’isola e firmata da un ministro che facesse definitiva chiarezza sul legame tra Tulliani e le società che avevano rilevato da An la casa di Montecarlo. I funzionari governativi ci chiesero 800 mila dollari»
Secondo il giornalista amico di Bettino Craxi l’intervento di Berlusconi fu provvidenziale. «Spiegai al premier quello che mi avevano chiesto e lui mi diede, a Palazzo Grazioli, circa 500 mila euro in contanti per pagarli».
Fosse vero quello che il faccendiere si configurerebbe, probabilmente, un reato di corruzione internazionale.
«Lei si sbaglia. Ritengo che io e Berlusconi non abbiamo commesso alcun crimine. Abbiamo solo pagato una notizia come fanno molti giornalisti. Ammetto che la somma è ragguardevole. In ogni caso, sarebbe tutto prescritto».
L’ex direttore del giornale socialista prende fiato.
«Comunque, non portai io i soldi avuti da Berlusconi a Santa Lucia. Ci pensò ancora una volta l’agente inglese, che aveva un passaporto diplomatico e che, mi confermò lui stesso, si sarebbe spartito i soldi con i governanti caraibici. Lo stesso giorno in cui presi i soldi da Berlusconi, l’inglese atterrò a Ciampino. Il pomeriggio gli diedi i soldi. Tornammo con due voli diversi. Pagammo e avemmo dal solito funzionario la famosa lettera. “Bingo!”, mi dissi. Il gioco era fatto».
(da “l’Espresso”)
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Novembre 10th, 2017 Riccardo Fucile
LA TESTIMONIANZA DI DUE PENTITI: “E’ ANCHE GESTORE DI LOCALI, STABILIMENTI BALNEARI E AUTOSALONI”
“Roberto Spada coordina il ramo del sodalizio dedito al traffico e alla cessione di sostanze stupefacenti”. Ad oggi Spada è incensurato. E’ vero, lo si è sottolineato sempre in queste settimane e lo si continua a ribadire, per dovere di cronaca e deontologia giornalistica.
Ma l’aggressore dei giornalisti Daniele Piervicenzi e Edoardo Anselmi risulta essere tutt’altro che un corpo estraneo all’omonimo clan, fino a poco tempo fa capeggiato dal fratello Carmine “Romoletto”.
Questo dicono le carte d’inchiesta messe insieme dai pubblici ministeri Giovanni Musarò e Ilaria Calò, coordinatori della Dda della Procura di Roma.
I magistrati hanno chiesto la convalida del fermo ai danni di “Robertino” — l’interrogatorio di garanzia si terrà sabato mattina a Regina Coeli — allegando al dispositivo un dettagliato excursus relativo all’ascesa del clan sinti sul litorale capitolino ma anche alle testimonianze che in questi anni i collaboratori di giustizia hanno reso alla magistratura, non senza rischi per la loro incolumità .
DROGA ED ESTORSIONI
Particolarmente significative le accuse rilasciate ai magistrati da parte di due collaboratori di giustizia, appartenenti a un clan della zona ormai decaduto — soppiantato dagli stessi Spada
Secondo queste testimonianze, Roberto Spada “appartiene all’omonimo clan con un ruolo di vertice”, un soggetto “che comanda e che può dare ordini all’interno del sodalizione”; inoltre “coordina il ramo del sodalizio dedito al traffico e alla cessione di sostanze stupefacenti”. Infine, sempre secondo questi due “pentiti”
Spada si sarebbe reso responsabile di “una estorsione aggravata dal metodo mafioso, appropriandosi di un’abitazione” appartenente a una persona “che non gli aveva pagato una partita di sostanze stupefacenti”
“Gli unici due personaggi di spicco — si legge in uno stralcio di un interrogatorio dell’anno scorso — erano all’epoca (2004, ndr) Carmine Spada, Roberto Spada e lo zingaro soprannominato Ube (riconducibile a Francesco Di Silvio, membro dell’omonima famiglia imparentata proprio con gli Spada e i Casamonica, ndr). Secondo un’altra testimonianza, in generale, “gli Spada trattano sostanza stupefacente nella zona di Tor Bella Monaca e si riforniscono dai Fasciani” ma “non fanno distinzione, la vendono a chiunque ne faccia richiesta”.
GLI STABILIMENTI E L’AUTOSALONE
“Robertino” viene tirato in ballo anche da un altro pentito, affiliato ai Santapaola, che nel 2012 ha già contribuito alle indagini nell’ambito dell’inchiesta Nuova Alba.
Qui il collaboratore di giustizia descrive nel dettaglio gli affari che i Fasciani e gli Spada avevano al tempo sottratto al clan dei Triassi, individuando Roberto Spada come gestore di locali e stabilimenti.
“Nel 2010 — si legge in una testimonianza — l’ho incontrato in un bar di Ostia e mi disse che aveva rilevato uno stabilimento balneare comprensivo di bar, ristorante e palestra sul Lungomare Toscanelli. Sempre da Robertino ho saputo, nel 2012, che aveva aperto un autosalone dalle parti dell’aeroporto di Fiumicino”.
Il pentito specifica, fra l’altro che “quando faccio riferimento all’acquisizione di un’attività da parte dei Fasciani intendo dire che le modalità per prendere queste attività oltre che con l’usura, con condotte estorsive”.
GLI ATTI INTIMIDATORI
Nella documentazione presentata al gip, si fa anche un lungo elenco di episodi riconducibili al “metodo mafioso” che non riguardano direttamente Roberto Spada ma che sono ascrivibili alla “ascesa” del clan a cui appartiene.
Fatti che iniziano nel 2007 e arrivano fino agli inizi di quest’anno, come l’accanimento verso il ristorante Royal Beef con la sparatoria avvenuta nel marzo scorso e il pestaggio ai danni di due persone del dicembre 2016.
Un excursus che vede il frequente ricorso all’incendio di locali come — solo per elencare i più “recenti” — la palestra Pianeta Fitness (9 e 19 settembre 2016), il Noir Cafè (12 luglio 2016), lo stabilimento The One (14 luglio 2015) o l’edicola di Sabrina Giacobbi, coordinatrice del circolo Pd di Nuova Ostia (13 giugno 2015).
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 10th, 2017 Riccardo Fucile
LA SCORSA SETTIMANA DUE TURISTE SONO STATE RAPINATE DA UN GRUPPO DI CENTURIONI
Due turiste inglesi Hazel Wilks, 28 anni, e Laily Moffat, 26 anni, hanno denunciato di
essere state derubate da uno dei Centurioni del Colosseo. Le due ragazze, riporta RomaToday, stavano scattandosi una foto davanti allo storico monumento quando uno dei tanti Centurioni che “lavorano” al Colosseo si è avvicinato e ha strappato loro di mano il cellulare.
Alle due ragazze è stato chiesto di mettersi in posa per una foto con altri gladiatori e solo dopo il pagamento di 40 euro a testa è stato restituito lo smartphone.
Una delle tue turiste ha anche raccontato di essere stata toccata “in modo inappropriato” da uno dei Centurioni.
Lasciando così intendere di essere stata in qualche modo palpeggiata o toccata in maniera non consona.
L’episodio sarebbe avvenuto nel pomeriggio di giovedì 2 novembre. Le due turiste, visibilmente scosse, hanno dichiarato di non voler più mettere piede in Italia e a Roma.
Parole dettate sicuramente dal ricordo di una brutta esperienza vissuta in quello che dovrebbe essere il gioiello della Capitale.
Ma da anni il Colosseo è preda di questi figuranti in costume con l’elmo e lo scopettone in testa che importunano i turisti (e le turiste in particolar modo) estorcendo una specie di pizzo per le foto scattate davanti a quello che evidentemente considerano un panorama di loro proprietà .
Tanto più che i Centurioni sono degli abusivi, e non hanno alcuna licenza per poter operare davanti all’Anfiteatro Flavio.
La questione è nota da tempo e già nel 2015 l’allora Commissario di Roma Capitale Paolo Tronca aveva disposto con un’ordinanza di vietare “qualsiasi attività che preveda la disponibilità ad essere ritratto come soggetto in abbigliamento storico (c.d. centurioni) in fotografie o filmati, dietro corrispettivo in denaro.
Il divieto si impone ai fini della tutela della sicurezza urbana — in quanto i soggetti dediti a tali attività agiscono frequentemente con modalità inopportune, insistenti e talvolta aggressive — e del decoro del patrimonio artistico, storico e monumentale della città ”.
Anche Virginia Raggi ad aprile aveva ribadito che la città “non può essere ostaggio di centurioni e risciò annunciando di aver pronto un nuovo regolamento decoro per tutelare la Capitale.
La sindaca aveva infatti rinnovato l’ordinanza di Tronca che però era stata impugnata — con successo — dinnanzi al Tar da alcuni dei figuranti in costume. Proprio ad aprile il Tar aveva sospeso l’ordinanza della Raggi dicendo che il fenomeno dei finti centurioni non poteva considerarsi emergenza.
La Raggi — che ha pronto il regolamento — non ha desistito e ha emanato a luglio una nuova ordinanza che questa volta il Tar ha ritenuto valida. Alla notizia della sentenza del Tar la Raggi su Facebook aveva parlato di una vittoria della legalità spiegando di aver “voluto garantire ai cittadini e ai turisti il diritto di godere del patrimonio storico, artistico e culturale della città ”.
Anche perchè, scriveva la Raggi “troppo spesso abbiamo visto comportamenti insistenti e molesti, talvolta addirittura aggressivi”. Comportamenti ai quali la sindaca diceva “di aver finalmente messo fine”.
In realtà si tratta di un finalmente molto poco definitivo, perchè anche quell’ordinanza era destinata a scadere. Ed infatti è scaduta il 31 ottobre.
Ma niente paura, perchè ancora ad inizio settembre la Raggi ricordava come la sua amministrazione avesse “messo la parola fine al fenomeno dei centurioni”. Evidentemente questa parola fine non deve essere giunta alle orecchie dei diretti interessati che, anche a causa della fine dell’ordinanza, sono tornati sotto al Colosseo. Ma niente paura, perchè in qualche cassetto la Raggi ha ancora pronto e caldo il nuovo regolamento. Solo che evidentemente bisogna lasciarla lavorare.
E che male c’è se intanto si lasciano lavorare anche i centurioni?
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 10th, 2017 Riccardo Fucile
ACQUISTI A SBAFO DA UN GOMMISTA, UN BENZINAIO E UN VENDITORE DI LAMPADE: CONDANNATO A NOVE MESI DI CARCERE
Terza condanna nel giro di pochi mesi per Riccardo Bossi, figlio primogenito del Senatur ed ex pilota di rally, ormai famoso per il suo vizio di acquistare merce costosa senza pagare.
Il tribunale di Varese lo ha riconosciuto colpevole di truffa e insolvenza fraudolenta nei confronti di vari negozianti di Varese – un gommista, un venditore di lampade e un benzinaio – dai quali aveva fatto acquisti senza badare a spese (e senza saldare il conto).
Il giudice Alessandra Mannino ha accolto la richiesta del pm di 9 mesi di carcere e 400 euro di multa.
«Poi passo…»
Bossi junior è stato anche condannato a risarcire gli imprenditori truffati: 3.200 euro per i cerchioni di gomme non pagati, 7.600 euro per le lampade mai saldate e 150 euro per la benzina.
Dovrà anche pagare le spese legali. L’avvocato difensore d’ufficio, Andrea Boni, aveva chiesto l’assoluzione.
I truffati hanno testimoniato che l’imputato aveva fatto loro credere che sarebbe passato, appena possibile, a saldare il conto; in un caso aveva anche mostrato gli estremi di uno sportello bancario di Montecitorio.
La truffa al gioielliere
Il 16 novembre 2016 Riccardo Bossi era stato condannato dal tribunale di Busto Arsizio a 10 mesi di reclusione, con pena sospesa, per truffa aggravata ai danni di un noto gioielliere di Busto Arsizio, da cui aveva comprato gioielli per 26mila euro senza mai pagarli: un anello, un girocollo Bulgari e un orologio Rolex.
E in precedenza, il 14 marzo 2016, il figlio del fondatore della Lega era stato condannato a un anno e otto mesi di carcere per 158mila euro di spese personali con i fondi della Lega.
In quella occasione, l’avvocato difensore (poi cambiato) descrisse Riccardo Bossi come «un uomo in difficoltà che sta cercando un lavoro».
(da “il Corriere della Sera”)
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Novembre 10th, 2017 Riccardo Fucile
DOPO LE IMMAGINI SUI CRIMINALI DELLA GUARDIA COSTIERA LIBICA: “QUESTO ORRORE FACEVA PARTE DELL’ACCORDO?”
Un accordo per diminuire il flusso di migranti in arrivo sulle coste italiane, siglato
stringendo mani – quelle libiche – sporche di sangue che inevitabilmente hanno macchiato anche quelle del ministro Marco Minniti.
Un attacco duro quello sferrato su Twitter da Roberto Saviano nei confronti del ministro dell’Interno, dopo la notizia dello scontro tra Guardia Costiera libica e la Ong tedesca Sea Watch in cui sono rimaste uccise cinque persone, mentre a decine risultano disperse.
“Questo orrore faceva parte dell’accordo?”, si domanda lo scrittore su Twitter.
L’intesa cui fa riferimento Saviano è quella che ha portato l’Italia a potenziare la Guardia costiera del governo di unità nazionale, sotto la guida di Fayez al-Sarraj, e a stringere accordi con i sindaci e paesi al sud della Libia per spingerli ad aumentare i controlli alle frontiere.
Un accordo più volte criticato dalla stampa internazionale e dalle Ong umanitarie Medici per i diritti umani o come Human Rights Watch.
Su Facebook lo scrittore aggiunge un’altra considerazione: “Da un lato chi vi ha convinto che le Ong attive nel Mediterraneo siano taxi del mare, dall’altro le imbarcazioni della Guardia Costiera libica che picchiano i migranti con grosse corde e mazze. In mezzo ci sono le centinaia di morti in mare e ci siamo noi che, storditi dalle balle che la politica deve inventare perchè la sua incompetenza non sia manifesta, non riusciamo a dire basta”.
“Della crisi economica e della disoccupazione – sottolinea Saviano – non è responsabile chi scappa da guerre, persecuzioni e fame. Ma se volete capire chi è responsabile basta vedere chi urla più forte contro migranti, Ong e accoglienza. Urlano perchè devono trovare un capro espiatorio per la loro colpevole incompetenza”.
(da agenzie)
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Novembre 10th, 2017 Riccardo Fucile
PRESENTATO DA OLIVIERO TOSCANI ALLO STATO MAGGIORE DI MDP, NON E’ PIACIUTO
Ha suscitato viva ilarità ieri la proposta di Oliviero Toscani allo stato maggiore di MDP. Il fotografo, uno dei creativi più celebrati del mondo, in collegamento via Skype con via Zanardelli ha suggerito un logo e un nome per il nuovo raggruppamento di sinistra che si presenterà alle prossime elezioni politiche.
Racconta Goffredo De Marchis su Repubblica che però l’assemblea non l’ha presa bene:
Il fotografo si propone per dare un’identità grafica al nuovo soggetto che deve riunire sotto lo stesso tetto Bersani, D’Alema, Pisapia e ora Grasso. «Sono amico di Pisapia da decenni. Ho curato la campagna per Bersani quando diventò presidente dell’Emilia Romagna. Il simbolo ve lo disegno io».
Agli inizi di ottobre l’entusiasmo di Toscani si traduce in un marchio. Chiama i dirigenti di Mpd e dice: «Sono pronto».
Arrivano in sede il coordinatore Roberto Speranza, i capigruppo Giuseppe Laforgia e Maria Cecilia Guerra, Arturo Scotto. Ci sono anche i comunicatori del movimento bersaniano.
Saluti e convenevoli via Internet poi il Maestro svela la sua creatura. Avvicina un cartoncino alla telecamera e a Roma appare il logo che dovrebbe andare sulle bandiere, sui gadget, sui manifesti e in tv per la campagna elettorale.
Il simbolo al quale affidare, auspicabilmente, le speranze di qualche milione di italiani. Sono tre lettere rosso scuro in un tondo a formare un’unica parola: MAX.
A Via Zanardelli cala un silenzio tombale.
Tutti pensano immediatamente la stessa cosa: Max è il diminuitivo usato per chiamare D’Alema (nome di battesimo Massimo). D’Alema è croce e delizia della sinistra. Ancora amato da alcuni, ma da altri, a cominciare dagli ex compagni del Pd, indicato come l’uomo nero dell’area progressista. Toscani sta provocando? Toscani ha organizzato la trollata più clamorosa dell’anno?
Qualcuno obietta: «Oliviero scusaci. È bellissimo, ma così sembra il partito personale di D’Alema».
Stavolta è il fotografo a rimanere qualche secondo in bambola: «Non ci avevo pensato. Ma chissenefrega. Voi capite qual è il messaggio? Significa “noi diamo il massimo per i lavoratori, il massimo per la sanità , per i precari, per i pensionati, il massimo per i disoccupati. Con un linguaggio diverso, mandiamo un segnale alle classi più deboli: c’è un partito che farà il massimo per voi».
Insomma, Toscani ha proposto la nascita dei Maxisti, e pazienza se persino D’Alema ha detto che «Mi pare un tantino esagerato, diciamo».
(da agenzie)
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Novembre 10th, 2017 Riccardo Fucile
ABITAVA IN UN ELEGANTE CONDOMINIO IN FRANCIACORTA: “MI SONO DEDICATO AL TRAFFICO PERCHE’ IN DIFFICOLTA’ ECONOMICA”
Nel garage di quell’elegante condominio di Ospitaletto, nel cuore della Franciacorta, gli
agenti della Polizia di Brescia hanno trovato 60 chili di hashish e 800 grammi di cocaina. Un magazzino della droga come tanti altri, ma questa volta il protagonista della vicenda era decisamente un insospettabile.
«Sono un architetto, faccio questo perchè ho difficoltà economiche», ha detto agli agenti l’uomo, attualmente detenuto in carcere a seguito di un’ordinanza di custodia cautelare.
«Traffico droga perchè sono in crisi»
Gli agenti sono arrivati a lui grazie a una serie di segnalazioni anonime che riferivano di strani movimenti all’interno dei garage di un elegante condominio della cittadina della Franciacorta.
Nel corso degli appostamenti, gli agenti hanno notato una Opel Astra, intestata a un nord africano non residente in quel palazzo, che dopo essere scesa nei sotterranei del condominio, usciva pochi minuti dopo.
I poliziotti hanno fermato e controllato l’auto, condotta da un italiano che si è mostrato subito insofferente e nervoso, trovando 5 chili di hashish.
E’ scattata la perquisizione del garage dove sono stati rinvenuti 800 grammi di cocaina e altri 55 chili di hashish. All’uomo, che ha dichiarato di essere un «architetto che spaccia perchè in crisi», è stata anche sequestrata un’arma che deteneva legalmente per uso sportivo, con conseguente proposta di divieto di detenzione.
Sono in corso indagini per risalire ad eventuali complicità e al canale di rifornimento dello stupefacente.
(da “Il Corriere della Sera”)
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Novembre 10th, 2017 Riccardo Fucile
ALTRO CHE 30.000 NUOVI POSTI DI LAVORO PROMESSI DAL LEGHISTA BUCCI, SONO CENTINAIA LE CHIUSURE DI ATTIVITA‘
Chiuderà nel giro di un anno con più poche speranze «di alternative possibili», nonostante il nome “eroico” che l’azienda si porta dietro da un secolo grazie a Gabriele D’Annunzio, il punto vendita genovese della Rinascente.
La proprietà dei grandi magazzini che hanno fatto la storia del commercio italiano, nati a Milano e a Genova dal 1960, lo ha comunicato ieri direttamente alle sigle sindacali provinciali con una notifica «che pare a tutti gli effetti una decisione già presa, dalla quale sarà difficile tornare indietro», fanno capire i dipendenti.
I tre piani (per 3mila metri quadri) di negozio di via Vernazza finiranno di esporre merce e accogliere clienti entro il prossimo novembre, con 58 anni di storia alle spalle e 59 lavoratori a libro paga, ufficialmente per una semplice questione economica, e lucida scelta imprenditoriale.
Tra gli 11 store nazionali della collezione quello di Genova pare essere il meno produttivo: «è inadeguato a quella che vogliamo sia la shopping experience dei nostri clienti», fanno sapere dalla direzione della società
Già programmata un’assemblea dei lavoratori, che negli ultimi cinque anni avevano chiesto e condiviso con l’azienda un percorso di rivalutazione e condivisione di nuove strategie, «stiamo parlando di una gravissima perdita per il territorio e per l’intera città , che vede nuovamente sparire azienda un’importante, – spiegano le segreterie di Filcams Cgil e e Fisascat Cisl, unite sul fronte Rinascente di fatto dal 2012, da quando si concordò l’entrata in regime del contratto di solidarietà per i dipendenti – un’altra realtà che sceglie di chiudere adducendo come giustificazione il fatto che la piazza genovese da tempo non sia più interessante dal punto di vista commerciale»
Una chiusura dovuta «alle perdite considerevoli di uno spazio che non ci permette di esprimere al meglio la nostra idea commerciale, sia per la conformazione architettonica, sia per lo spazio limitato», spiegano dalla sede milanese della collezione, che andrà a pesare per prima cosa sui dipendenti, ma anche e soprattutto sulla città .
Il motivo per cui se è vero che «non rimarrà a casa nessuno perchè tutti e 59 i lavoratori coinvolti saranno assolutamente ricollocati all’interno degli altri negozi Rinascente », è la promessa di Monica Ferreri, la direttrice marketing dell’azienda, l’annuncio della chiusura è già diventato un caso
Ancora da definire la data del tavolo di discussione sul tema chiesto dai sindacati al sindaco Marco Bucci e alla proprietà , alla quale verrà chiesto di «ripensare ad un’offerta commerciale e ad una ubicazione più attrattiva del punto di vendita genovese» – è l’intenzione dei sindacati – sul futuro della Rinascente sono già intervenute le opposizioni in Comune e Regione. «Questa brutta notizia avanza ombre sull’attrattività della nostra città , serve una convocazione urgente sul tema all’assessore Giancarlo Vinacci: è urgente un impegno condiviso da parte delle istituzioni per scongiurare questa perdita», spiegano il segretario Pd Alberto Pandolfo e la capogruppo dem in Comune Cristina Lodi.
«Si tratta dell’ennesimo fronte di crisi occupazionale che si apre in città , e arriva proprio da quella city che nelle intenzioni di Bucci doveva diventare il fulcro del rilancio di Genova – è l’attacco dei Cinque stelle – Vogliamo un tavolo congiunto Regione-Comune: Toti e Bucci facciano la propria parte».
(da agenzie)
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Novembre 10th, 2017 Riccardo Fucile
STA PROLIFERANDO UNA GENERAZIONE POLITICA CHE DI DESTRA HA GIUSTO LA FRECCETTA DELL’AUTO, INCAPACE DI EVIDENZIARE LE CONTRADDIZIONI DI MINNITI E DI COMBATTERE LA CRIMINALITA’ MAFIOSA
Il quadro che emerge a Ostia è così riassumibile:
1) La città è in mano a tre famiglie mafiose che si dividono gli affari, nella latitanza dello Stato. Il Comune è stato sciolto per le ingerenze della criminalità organizzata, ma a questo non ha fatto seguito alcun atto concreto per ripristinare la legalità e solo un cittadino su tre è andato a votare una settimana fa, manifestando così il proprio disgusto e dissenso.
2) Su 6400 appartamenti popolari di Ostia, sono 2800 quelli occupati abusivamente. Qui il clan Spada impone un pizzo generalizzato. Chi non può pagare, è costretto ad andare via. Se è una donna, è spinta a prostituirsi. In pratica si sono sostituiti al Comune: eseguono sfratti e poi assegnano le case agli amici o a chi li paga. All’ingresso delle case vi sono le vedette del clan, come nella tanto vituperata Scampia, che decidono chi può entrare e chi no.
Questo spiega perchè accadono a Roma episodi di “respingimento” di immigrati regolarmente in graduatoria nelle liste comunali per l’assegnazione degli alloggi: non sono graditi “regolari” perchè gli alloggi sono in mano ai clan mafiosi.
E chi si presta a fare da mazziere e guardia bianca del sistema criminale? Tanto per cambiare certa sedicente destra collusa, sventolando per i pirla la bandiera del “prima gli italiani”.
3) A Ostia sono nate palestre come funghi, senza autorizzazioni, che mai potrebbero avere. Sale scommesse quanto mai equivoche. E droga, usura, estorsioni, attentati, controllo del territorio, omertà , intimidazione dei poteri pubblici e della politica locale.
Recentemente esponenti del clan Spada sono stati condannati per essersi appropriati del più bel stabilimento balneare con metodi illeciti: la società costituita a tal fine aveva tra i soci anche un esponente locale di CasaPound, come risulta dagli atti.
Sarebbe opportuno ricordare che Ezra Pound, quello vero, era contro l’usura e le speculazioni criminali.
4) Con l’arresto di Roberto Spada, disposto peraltro dalla Magistratura, il ministro Minniti, altro mito della destra beota, ha provato a farsi lo spottone: “non esistono zone franche della illegalità ” ha detto, suscitando le risate dei 200.000 abitanti onesti di Ostia, ostaggi da anni dei clan.
Ora vi saranno dieci marce per la legalità , tante quanti i partiti che l’hanno distrutta, e la pratica verrà archiviata come sempre.
Una destra della legalità avrebbe fatto altro:
1) Inviare 500 agenti e carabinieri a bussare casa per casa ai 6.400 residenti delle case popolari: fuori i documenti che attestano il diritto all’alloggio, chi è abusivo fuori, temporaneamente può alloggiare nelle lussuose ville coi cavalli alati degli Spada.
In 48 ore sostituiti da chi è in attesa nelle liste da anni.
2) Verifica immediata di tutte le concessioni balneari, esercizi commerciali, presunte palestre: chi non è in regola immediati sigilli alla porta . Se vogliono continuare a fare sport vadano a correre in spiaggia all’aria aperta che fa bene alla salute.
3) Aprire uno sportello di denunce per i cittadini dove possano rivolgersi le vittime di usura, estorsioni, intimidazioni. Fuori un cartello luminoso: “QUI C’E’ LO STATO”.
4) Controllo del territorio costante, giorno e notte, locali pubblici in regola aperti anche un’ora in più la sera, tutti devono sentirsi sicuri e poter passeggiare anche alle 3 di notte.
Il primo che rompe i coglioni finisce dritto a Regina Coeli, tanto per far capire l’aria che tira.
State tranquilli che alle prossime elezioni a Ostia andrebbe a votare il 90% dei cittadini anche se le urne fossero aperte solo da mezzanotte alle sei del mattino.
E ci fermiamo qui.
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