Dicembre 9th, 2017 Riccardo Fucile
IL SOLITO SQUALLORE ITALICO: CONTRIBUTI RISERVATI AGLI SFOLLATI RICHIESTI DA PERSONE CHE VIVONO SULL’ISOLA SOLO UN MESE ALL’ANNO
Se vi va, chiamateli pure furbetti. No, non c’entra nulla il famigerato cartellino, stavolta ci riferiamo a coloro che stanno cercando di lucrare sul violento terremoto che si è abbattuto sull’isola d’Ischia lo scorso 21 agosto, creando danni e distruzione particolarmente nelle zone alte di Casamicciola e Lacco Ameno.
C’è una fitta zona d’ombra e molte cose che non quadrano nel rilascio del cosiddetto «Cas», il «contributo di autonoma sistemazione» concesso dallo Stato a chi ha perso temporaneamente la propria abitazione a causa del sisma e ha dovuto fittare una casa. A Casamicciola gli sfollati sono oltre duemila, circa un migliaio le domande presentate con la classica autocertificazione
I requisit
C’è un requisito fondamentale e imprescindibile per poter accedere al contributo: il fatto che la casa danneggiata dal terremoto fosse quella dove effettivamente dimorasse stabilmente il richiedente.
Ed è proprio qui che casca l’asino, perchè il personale degli uffici comunali preposti ha notato una serie di anomalie.
Puntualmente annotate, registrate e che di fatto vanno a costituire un «dossier» consegnato ai militari della Guardia di Finanza, affinchè si avviino le procedure e le verifiche del caso.
Perchè in molti potrebbero aver richiesto un ristoro senza averne alcun diritto. Dal palazzo municipale attualmente ubicato nel «Capricho» (anche la casa comunale è inagibile causa sisma) ci si è premurati di svolgere una serie di controlli a campione. Acquisendo, ad esempio, una serie di tabulati dell’Enel o dell’Evi (l’azienda che gestisce sull’isola verde la fornitura idrica), ci si è resi conto che alcune abitazioni facevano registrare per dieci-undici mesi l’anno consumi praticamente pari a zero.
Assolutamente incompatibili con immobili stabilmente abitati da un nucleo familiare.
I confronti con le utenze di acqua e luce
Il sospetto è che almeno un centinaio di domande potrebbero essere fasulle. Presentate da persone con la residenza a Casamicciola ma domiciliate in terraferma, che sfruttano le abitazioni per le vacanze, o anche isolani proprietari di più immobili.
Sono tutti «furbetti»? È quello che dovranno accertare i finanzieri.
Insomma verrà radiografato il 10% di quelle complessivamente presentate. Il contributo di autonoma sistemazione, per la cronaca, è disciplinato dall’articolo 2 dell’ordinanza n. 476 emessa lo scorso 29 agosto dal commissario per l’emergenza, Giuseppe Grimaldi. Nella stessa si legge che «il commissario delegato, anche avvalendosi dei Comuni interessati, è autorizzato ad assegnare ai nuclei familiari la cui abitazione principale, abituale e continuativa sia stata distrutta in tutto o in parte, ovvero sia stata sgomberata in esecuzione di provvedimenti delle competenti autorità , adottati a seguito dell’evento sismico di cui in premessa, un contributo per l’autonoma sistemazione».
Fino a 800 euro al mese
A quanto ammonta? «È stabilito rispettivamente in euro 400 per i nuclei monofamiliari; in euro 500 per i nuclei familiari composti da due unità ; in euro 700 per quelli composti da tre unità ; in euro 800 per quelli composti da quattro unità fino a un massimo di euro 900 mensili per i nuclei composti da cinque o più unità .
Qualora nel nucleo familiare siano presenti persone di età superiore a 65 anni, portatrici di handicap o disabili con una percentuale di invalidità non inferiore al 67%, è concesso un contributo aggiuntivo di euro 200 mensili per ognuno dei soggetti sopra indicati, anche oltre il limite massimo di euro 900 mensili previsti per il nucleo familiare».
Più di qualcuno non ha resistito alla tentazione di provare a intascare soldi che non gli spettavano.
Così va l’Italia
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 9th, 2017 Riccardo Fucile
UNA DURA RELAZIONE DI 40 PAGINE SULL’OPERA: ALEATORI I FLUSSI DI TRAFFICO E QUINDI DEGLI INCASSI
La Pedemontana Veneta, la maggiore opera attualmente in costruzione in Italia, è
finita sotto la lente d’osservazione dell’Autorità Anticorruzione.
Raffaele Cantone ha depositato un documento di una quarantina di pagine in cui, pur dando atto alla Regione Veneto di aver fatto passi in avanti per risolvere una situazione di preoccupante stallo, facendosi carico di impegni finanziari senza i quali l’opera sarebbe rimasta incompleta, presenta tuttavia a Luca Zaia un decalogo di adempimenti.
Tempo 60 giorni e Palazzo Balbi dovrà spiegare come intende adeguarsi alle prescrizioni.
Il governatore leghista del Veneto si sforza di guardare il bicchiere mezzo pieno: “Avevamo detto che ci saremmo mossi con la massima trasparenza e coinvolgendo tutte le istituzioni dello Stato: il parere dell’Autorità anticorruzione è il suggello più importante a questa impostazione — commenta — Noi ereditammo questa opera viaria strategica con tutti i suoi problemi e le sue incertezze, si completa pertanto un percorso progettuale che ora trova l’approvazione anche di uffici, come l’Anac, non certo abituati a fare sconti a nessuno”.
In questo caso Zaia dice una mezza verità , perchè la fase cruciale del bando di gara avvenne nel periodo 2005-2008 in cui egli era il numero due della giunta regionale del Veneto, con presidente Giancarlo Galan.
L’assegnazione definitiva (controversa, decisa da ricorso al Consiglio di Stato) risale al 2009 quando Zaia era ministro dell’Agricoltura, ma a quell’epoca la Lega era pur sempre nel governo regionale assieme a Forza Italia.
E comunque il progetto definitivo, come ricorda l’Anac, venne approvato il 20 settembre 2010, quando Zaia era stato già eletto presidente del Veneto. E la Regione è sempre stata un soggetto basilare nella procedura, anche se la dichiarazione dello stato di emergenza aveva portato alla nomina di un commissario statale.
La Pedemontana Veneta collegherà la A4 da Montecchio Maggiore alla A27 fino a Spresiano. In totale 95 chilometri e un costo stimato (nel 2013) di 2,25 miliardi di euro più Iva.
Nel 2015, nove parlamentari del Movimento Cinque Stelle avevano inviato un esposto all’Autorità anticorruzione di Cantone. Ne era seguita un’istruttoria che ha esaminato tempi, costi e rischi pubblici, mentre il Concessionario Sis era in difficoltà a far fronte agli impegni.
Anac aveva rilevato che mentre era trascorso il 66% del tempo previsto (consegna entro dicembre 2018) le opere erano avanzate solo del 20% del totale. E mentre era stato erogato il 70% del contributo pubblico, l’avanzamento dei lavori era stato solo del 20 per cento.
Nel 2017 la Convenzione con il concessionario è stata modificata dalla Regione che nel frattempo aveva fatto rientrare l’opera nella propria gestione ordinaria.
Cambiati i rapporti con il concessionario in materia di rischio e di tariffe: il concessionario ha rinunciato ai pedaggi in cambio di un “canone di disponibilità ” che nel 2020 sarà di 153 milioni di euro più Iva. Il contributo pubblico è cresciuto da 614 a 914 milioni di euro (mutuo da 300 milioni con Cassa depositi e Prestiti, con interessi per 150 milioni).
La Regione ha stimato che dopo il decimo anno di attività incasserà dalle tariffe più di quanto sborserà ogni anno al concessionario. Il completamento dell’opera è però slittato al settembre 2020.
Anac fa alcune osservazioni positive.
Ad esempio un “più chiaro equilibrio dell’allocazione dei rischi nell’ambito del rapporto concessorio” e il fatto che la ”realizzanda infrastruttura non è privata, ma rimane in capo al Concedente pubblico”.
Ma ci sono anche numerosi rilievi. Il primo è quello del “rischio di domanda”, ovvero l’aleatorietà dei flussi di traffico futuri e quindi degli incassi, che resta a carico della Regione. Il secondo richiede una riduzione del periodo di durata della gestione (39 anni), visto che l’ultimazione dei lavori slitta di almeno due anni. Il terzo punto dolente riguarda il mutuo per un prestito da 300 milioni di euro che servirà per pagare espropri e subappalti.
Scrive Cantone: “L’incremento del contributo pubblico non appare ammissibile alle sole nuove condizioni contrattuali esaminate”. Anche se esso è aumentato del 40 per cento, “non sembra violare specifiche norme del codice dei contratti, al fine di non configurarsi quale vantaggio competitivo riservato al concessionario teso anche a falsare la concorrenza”, scrive Anac.
Però, “dovrebbe essere controbilanciato con un obbligo del Concessionario (ovvero del privato, ndr) di affidare con procedure di evidenza pubblica il corrispondente importo”.
Il quarto punto chiede “un riesame della stima dei volumi di traffico”, perchè il rischio è quello di un ‘bagno di sangue’ della Regione nel caso di minori flussi. Deve, inoltre, essere motivata la metodologia usata per individuare l’importante “canone di disponibilità ” annuo che sarà versato al Concessionario a partire dal 2020.
Commento di Marco Corsini, commissario per la Superstrada Pedemontana Veneta. “L’Anticorruzione ha compreso il risultato economico vantaggioso per la Regione e ha dato atto dei notevoli risparmi”. In ogni caso l’Anac ha inviato la delibera anche alla Corte dei Conti che sta indagando sullo stato di avanzamento dei lavori.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 9th, 2017 Riccardo Fucile
APPREZZAMENTO PER MINENNA CHE LASCIO’ LA RAGGI, SBATTENDO LA PORTA
Roberta Lombardi, candidata governatrice della Regione Lazio con il MoVimento 5 Stelle, ha rilasciato oggi un’intervista molto interessante al Messaggero.
In primo luogo perchè la deputata a 5 Stelle ha risposto molto chiaramente alla stessa domanda fatta a Laura Castelli qualche giorno fa da Lilli Gruber su Europa ed euro:
Ma anche per Di Maio l’Europa non è più matrigna. Per lei ancora lo è
«Noi siamo critici ma vogliamo modificarla da dentro».
Rimanendo dentro l’euro?
«Sì».
La Lombardi quindi ha evitato di infilarsi nella stessa trappola in cui è caduta la Castelli, dando una risposta chiara a una domanda secca.
Dopo la non eccellente figura sulle mammografie, la più carismatica tra i grillini romani ha dimostrato di saper gestire meglio il rapporto con i media.
Ma nell’intervista la Lombardi dice anche un’altra cosa molto interessante.
Il Comune deve costituirsi parte civile contro la sindaca?
«Se è una decisione politica la aprenderà lei, se è tecnica ci penserà l’avvocatura».
È politica.
«Allora le ho già risposto»
Smentisce che nella sua squadra di governo ci saranno Marcello Minenna al Bilancio e Daniela Morgante (già con Marino-ndr) capo di gabinetto?
«Sono persone perbene di cui ho una grandissima stima».
Quindi conferma.
«È presto per parlare di nomi»
Esistono ancora i lombardiani?
«Esistevano quelli socialisti di Riccardo. A Roma c’è il M5S».
Nel M5S c’è una forte componente no-vax. Lei è contraria alle vaccinazioni obbligatorie?
«Non c’è alcuna componente. Credo nella scienza e nella raccomandazione non nell’obbligatorietà ».
I suoi figli sono vaccinati?
«Sì».
La Lombardi infatti cita Minenna, che se n’è andato dalla Giunta Raggi sbattendo la porta il 31 agosto 2016 in occasione della querelle con Carla Romana Raineri, e la Morgante, che era stata in predicato di rivestire lo stesso ruolo in Campidoglio.
Due nomi che probabilmente contribuirebbero a movimentare la vita di Regione e Comune. Sarà contenta Virginia.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 9th, 2017 Riccardo Fucile
UN CONSIGLIO CONVOCATO AD HOC PER EVITARE CHE DECADA CAUSA TROPPE ASSENZE
Abbiamo raccontato la storia del Municipio XII e del consiglio municipale “ad
personam” che aveva come unico scopo quello di salvare la poltrona di un consigliere comunale (Fabrizio Tassini) che da due mesi si è trasferito alle Canarie, ha fatto troppe assenze e rischiava la decadenza.
Oggi pubblichiamo questa chat messa online dalla consigliera municipale del MoVimento 5 Stelle Francesca Benevento in cui un utenza che porta il nome di Massimo Di Camillo, presidente del consiglio municipale XII, scrive testualmente: “Ho ricevuto messaggio da parte delle opposizioni tranne il gruppo di Forza Italia di non essere interessati a partecipare al consiglio di giovedì solo per garantire la poltrona a Tassini. Quindi chiedo la massima partecipazione di tutti. Vi chiedi (sic) di darmi conferma sulla presenza, grazie”.
La consigliera Benevento scrive su Facebook a corredo della foto: “Ho capito! Forse cercavano questo. Dal momento che qualcuno ha già passato tutto ai giornalisti ormai posso anche pubblicarlo. Si tratta di un consigliere che si assenta 6 mesi per laurearsi alle Canarie. Ho messo questo screenshot sulla pagina degli attivisti (quelli rimasti perchè ormai sono andati tutti via) per sapere cosa ne pensassero”.
Tassini si è trasferito da Roma alle Canarie dove frequenta un corso universitario. In ragione di questa scelta — e della distanza — il consigliere Tassini ha qualche difficoltà a prendere parte alle sedute del consiglio municipale e delle commissioni.
Tassini è infatti membro della commissione Politiche Sociali, di quella per le Politiche Educative (dove è vicepresidente vicario) e della Commissione speciale su Malagrotta.
In questi due mesi ha totalizzato 9 assenze in consiglio e oltre 30 nelle commissioni. Il problema del consigliere Tassini è diventato un problema della maggioranza all’ultimo consiglio municipale.
Secondo le opposizioni l’ultima seduta del consiglio è stata convocata appositamente per consentire a Tassini di non raggiungere le 10 assenze.
In base al regolamento per gli eletti che saltano 10 sedute consecutive del consiglio è prevista la decadenza.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 9th, 2017 Riccardo Fucile
DILUVIO DI CRITICHE CONTRO L’ALBERO DI NATALE DELLA CAPITALE
“Virgì, l’anno prossimo famo er presepe…”. È solo uno dei tanti commenti ironici che si trovano sui social e che prendono di mira quello che è già stato ribattezzato Spelacchio. Si tratta dell’albero di Natale che è apparso a Piazza Venezia, acceso dalla sindaca di Roma Virginia Raggi il giorno dell’Immacolata.
L’albero non è piaciuto a tanti per la sua eccessiva “semplicità ” e per questo le ironie si sono riversate subito sul “povero Spelacchio”: “Il milite ignoto ha chiesto di essere spostato”, commenta un utente.
Si è acceso l’Albero di Natale di piazza Venezia con 600 sfere e 3 chilometri di luci.
Un gioco di sfere e luci, che richiama anche l’illuminazione di via del Corso, centralissima via dello shopping di Roma.
Alla cerimonia di illuminazione dell’abete rosso, proveniente dal Trentino Alto Adige, ha partecipato la sindaca Virginia Raggi insieme alla sua famiglia e i bambini del coro del Teatro dell’Opera che si sono esibiti in piazza Venezia per l’occasione.
“Questo è il nostro omaggio per la città : un albero addobbato a festa, con eleganza e semplicità , per regalare a romani e turisti un’atmosfera unica, nel pieno rispetto della sobrietà “, ha rivendicato l’assessore all’Ambiente Pinuccia Montanari. Ma sul web da qualche tempo l’abete, complice l’aspetto non proprio rigoglioso delle fronde, ha un nomignolo impietoso: “Spelacchio”.
Del resto, lo scorso anno il predecessore fu battezzato dai romani, sarcastici e fulminei, “Povero tristo”, con tanto di account twitter che ne raccontava le vicissitudini neanche fosse un personaggio di un racconto natalizio di Dickens.
“Vogliamo che sia un Natale all’insegna della sostenibilità – dice invece l’assessore Montanari della giunta a 5 Stelle -. Per questo tutte le decorazioni sono state scelte in piena sintonia con le politiche ambientali e anche l’abete è certificato.
Quindi oltre ad essere molto bello è anche conforme ai più rigorosi standard ambientali e addobbato con semplicità e raffinatezza”. Insieme a lei e alla sindaca Raggi questa sera all’accensione ha partecipato anche il presidente di Acea Luca Lanzalone e una mini-delegazione della maggioranza capitolina.
“L’albero di piazza Venezia? Molto meglio di quello dell’anno scorso. Il problema è che è un pò esile…con le luci va meglio”, il commento di Flavio e Antonello due amici che hanno assistito alla cerimonia.
Il Campidoglio, intanto, ha fatto sapere di aver allestito un albero in ogni municipio, dal centro alla periferia. Insomma, piaccia o no, l’abete di piazza Venezia quest’anno sarà in buona compagnia.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 9th, 2017 Riccardo Fucile
IN 12 ANNI OLTRE 2.000 TRA SMOTTAMENTI ED ALLUVIONI….AL NORD SONO STATE 85 LE VITTIME
Dal 1970, 108 persone sono morte e 9 non sono mai state ritrovate nell’Italia travolta
da frane e inondazioni.
La Natura non ha regole, i suoi fenomeni sono imprevedibili nel tempo e nello spazio, ma se colpiscono una porzione di territorio più di altre e da un po’ di tempo le causano danni sempre più massicci, un motivo ci sarà . Non può essere un caso se delle 117 vittime post 1970, 85 si contano negli ultimi dodici anni: 23 sepolte da una frana, le altre sommerse dall’acqua. E si concentrano nel Nord Italia.
Fabio Luino e Laura Turconi, dell’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Cnr, insieme con alcuni geologi, hanno raccolto e classificato i disastri naturali dal 2005 alla fine dell’anno scorso nel Settentrione.
Li hanno racchiusi in un volume: la fotografia dell’Italia che frana o annega.
Hanno censito 2.125 eventi, alcuni modestissimi, altri devastanti: uno ogni due giorni. E hanno concluso che la Natura ha colpito il Piemonte 513 volte, la Liguria 413, la Lombardia poco più di 300 e il Veneto “appena” 200.
Hanno scoperto che la Liguria è una terra martoriata: di fatto non esiste comune che sia stato risparmiato, si conta un evento ogni 13 chilometri quadrati e un quarto delle vittime (25) si annida in questo lembo stretto tra il mare, l’Appennino e le Alpi.
Hanno anche scoperto che quasi sempre frane e alluvioni avrebbero potuto essere innocue, o quasi, se l’uomo non ci avesse messo del suo: costruendo strade e ferrovie a ridosso delle montagne, ponti troppo bassi o troppo stretti, case e capannoni accanto ai corsi d’acqua.
Così accade che nove persone muoiano sul treno regionale Merano-Malles, travolto il 12 aprile del 2010 da una frana di modeste dimensioni, appena 400 metri cubi.
Che certi ponti siano troppo piccoli, come l’Odasso di Garessio: ogni volta che il fiume va in piena si trasforma in argine facendolo esondare e allagando il paese.
O che qualcuno abbia pesantemente sbagliato i calcoli: il ponte ferroviario sul Bisagno è del 1870, ma sessant’anni più tardi si è deciso di coprire il tratto finale del torrente, e adesso un pezzo di Genova finisce sott’acqua a ogni pioggia violenta.
Solo il 17% delle morti sono state classificate come «imprevedibili», frutto di fatalità : ad esempio il 22 ottobre del 2013, a Carasco, provincia di Genova, quando il ponte sul torrente Sturla cede proprio mentre un’auto con due persone a bordo lo sta attraversando. Molto più spesso accade il contrario: le persone muoiono in zone vicine ai corsi d’acqua o alla base di rilievi, potenzialmente pericolose perchè rientrano nelle aree di invasione di acque, detriti e di accumulo di frana; oppure restano intrappolate perchè nessuna autorità pubblica ha deciso di evacuare case o chiudere strade e ponti.
Come il 25 ottobre 2011 a Genova: sei vittime nel centro città invaso dalle acque del torrente Fereggiano, che imperversava da ore senza che qualcuno allertasse la popolazione. O il 29 maggio 2008 a Villar Pellice, nel Torinese: una colata si porta via una casa e un’auto, quattro morti; nel 1977 la stessa abitazione era stata sfiorata dai detriti trasportati dal torrente. Trentun anni dopo viene rasa al suolo. Nel frattempo nessuno aveva pensato di proteggerla. O abbatterla.
Sì, perchè il dissesto idrogeologico richiede a volte decisioni drastiche, per sanare sciagurate scelte di programmazione urbanistica: la cementificazione di aree che andavano lasciate libere, la tombatura di torrenti e canali di deflusso, le costruzioni abusive spesso sanate dai condoni che hanno reso lecito ciò che non lo era.
Non a caso i fenomeni d’instabilità naturale hanno coinvolto nel 68% dei casi censiti le infrastrutture e nel 32% le strutture, vale a dire case, edifici pubblici, attività commerciali e industriali.
Il risultato è che in assenza di un piano di mitigazione del rischio si finisce per rincorrere le emergenze, che hanno un costo sette volte maggiore rispetto alle azioni di prevenzione. Ogni anno, in media, si contano danni per due miliardi e mezzo causati da frane ed alluvioni.
E non si vedono inversioni di rotta: la legge che dovrebbe arginare il consumo di suolo giace da tre anni in Parlamento e, nel frattempo, si continuano a cementificare 668 ettari di terreno al giorno. «Una stima che non rende del tutto l’idea», spiega Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione nazionale consorzi di tutela del territorio. «Il consumo di suolo si annida prevalentemente nel bacino Padano.
«Paghiamo vent’anni di inerzia: se gli eventi naturali provocano sempre più danni è perchè investono un territorio che non è libero ma largamente urbanizzato».
Ecco perchè frane e alluvioni causano sempre maggiori danni. E lo fanno soprattutto al Nord.
(da “La Stampa”)
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Dicembre 9th, 2017 Riccardo Fucile
“PASSIAMO ALLA SINISTRA VERA” COMUNICA DALLA VACANZA A CUBA
L’illuminazione è arrivata sotto il sole di Cuba dopo aver guidato una moto con sidecar della «rivoluzione», ammirato il ritratto ufficiale di Ernesto Guevara e soprattutto aver letto il discorso integrale di Pietro Grasso che ha consacrato il presidente del Senato alla guida di Liberi e uguali.
Allora Daniele Lorenzini, 63 anni, medico di famiglia e sindaco di Rignano sull’Arno, dalla vacanza caraibica che lo porterà anche in Messico, ha chiamato la sua giunta (vicesindaco ex Pd e due assessori della lista civica) e insieme hanno deciso di passare alla «sinistra, quella vera».
E anche il gruppo consiliare di maggioranza, otto consiglieri in tutto, sta pensando di aderire a Liberi e uguali.-
Adesso nel paese di Matteo e Tiziano Renzi i detrattori (pochi per la verità ) dicono che Lorenzini è un Maramaldo politico che rischia di uccidere un partito moribondo, il Pd appunto.
Che proprio lui, ex lista Dini, poi Ds e fondatore dei democratici insieme a babbo Renzi, aveva clamorosamente battuto di venti punti (50% contro 30%) alle amministrative dell’11 giugno dopo aver detto di no «agli assurdi diktat» del partito renziano.
«Macchè Maramaldo, il Pd è sempre vivo – risponde il sindaco –. Il problema è che si è perso in beghe politiche e non ha più seguito i suoi elettori».
Adesso si candiderà in Parlamento con Grasso
«No. Mi bastano i marciapiedi di Rignano. Quelli di Roma sono troppi».
Nella Rignano di Renzi sono sotto choc…
«Macchè se lo aspettavano tutti. A metà febbraio il Pd mi aveva candidato come sindaco, poi mi ha sfiduciato perchè chiedevo di guardare di più alla società civile e meno alla politica e di allargare la coalizione a sinistra».
Intanto il collegio elettorale di Rignano, tra le proteste della sinistra, passa da Livorno a Firenze. Una maggiore affinità geografica ed economica, dice il Pd. Che ne pensa
«In realtà per la Camera noi finiamo a Empoli, città con la quale non abbiamo alcuna analogia e dove, guarda caso, si giocano la candidatura almeno tre big del Pd tra i quali il ministro Luca Lotti, il parlamentare David Ermini e il segretario regionale Dario Parrini. La solita vecchia politica che ho sempre rifiutato».
E lei invece che politica farà insieme al presidente Grasso?
«Quella che ho sempre fatto: stare tra la gente, ascoltarla e cercare di risolvere i problemi degli ultimi. Che poi è lo stesso impegno civico che ho ritrovato nelle idee e nelle parole di Pietro Grasso».
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 9th, 2017 Riccardo Fucile
INDAGINE DELLA ADNKRONOS EVIDENZIA CHE LA RIPRESA PER MOLTI E’ ANCORA LONTANA
Anche quest’anno resteranno senza tredicesima, pur avendone diritto, migliaia di
lavoratori italiani.
Sono i dipendenti delle imprese più piccole che ancora non uscite dalla crisi a dover rinunciare alla mensilità extra.
Quasi il 20% delle micro imprese sarebbero costrette infatti a non pagare o a rimandare il saldo.
E’ quanto emerge da un’indagine dell’Adnkronos, condotta su un campione di oltre mille imprese di piccole dimensioni distribuite in tutte le regioni italiane. Il dato, comunque, è più basso rispetto alla stessa rilevazione dell’anno scorso, evidenziando un trend in progressivo miglioramento: è pari al 19% la quota di imprenditori interpellati (erano il 21% l’anno scorso, il 24% nel 2015 e il 27% nel 2014) che dichiara di non essere in grado di onorare il pagamento.
Sale invece la quota di chi, tra le imprese in difficoltà , segnala che già l’anno scorso è stato costretto a non rispettare con puntualità l’appuntamento con la tredicesima: sono il 55% (erano il 51% l’anno scorso e il 35% nel 2015), a dimostrazione che c’è una fascia di imprese che non riesce a invertire la rotta.
Questo, nonostante i segnali di ripresa generale: secondo le stime Confesercenti-SWG, il valore complessivo delle tredicesime sale quest’anno a 43,7 miliardi, il 2,1% in più rispetto allo scorso anno.
A pesare sulle imprese che dichiarano di non riuscire a pagare le tredicesime, restano soprattutto le tasse e le difficoltà di accesso al credito.
Tra le ragioni indicate per ‘giustificare’ il mancato pagamento della tredicesima, infatti, prevale l’eccessiva concentrazione degli adempimenti fiscali in dicembre, indicata dal 75% delle imprese che sono costrette a non pagare (erano il 73% nel 2016); resta stabile rispetto allo scorso anno la quota di imprese, il 27%, che denuncia la mancata concessione da parte delle banche del prestito necessario a coprire l’esigenza di maggiore liquidità .
(da agenzie)
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Dicembre 9th, 2017 Riccardo Fucile
UNA LUNGA CARRIERA FATTA DI DISCHI, TEATRO, TV. RADIO E VARIETA’… AVEVA 79 ANNI
È morto a Roma il cantante Lando Fiorini. Aveva 79 anni e da tempo era malato.
Una vita dedicata alla canzone romana, era stato interprete di tutti i grandi classici della tradizione che aveva portato in tv, dove aveva partecipato a tanti varietà , e a teatro, protagonista di numerosi musical.
Un artista “dal core grosso”: così lo saluta con un tweet il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti.
Il “core grosso” Lando ce l’aveva davvero, era un “romano de’ Roma” ultradoc, piacione e generoso.
Aveva aperto il Puff, uno dei cabaret storici della capitale e fra i più conosciuti d’Italia, per vanità e piacere della compagnia: voleva un palcoscenico tutto suo sul quale esibirsi ma anche far esibire, trovare nuovi talenti, far divertire il pubblico, “insegnare” in qualche modo la tradizione della canzone romana alla quale non ha mai abdicato.
Gli va riconosciuto il grande merito della coerenza: non cercò mai di assecondare le mode e i gusti del pubblico ma rimase sempre fedele alla propria storia, alla propria cultura e alla storia della propria città . Anche quando lo criticavano definendolo fuori tempo o trash. Neanche a dirlo, era un romanista di ferro.
Lando Fiorini, vero nome Leopoldo, era nato a Roma, a Trastevere, nel 1938.
La famiglia era modesta, i figli erano otto, la casa in vicolo del Cinque troppo stretta.
I genitori, non potendo allevar tutti i figli come avrebbero voluto, affidarono Lando a una coppia che viveva nel Modenese, dove anche lui si trasferirà e trascorrerà l’infanzia e parte dell’adolescenza.
Quando torna a Roma il peggio è passato, l’Italia prova a rimettersi in piedi, Lando fa i lavori più disparati, l’aiutante di un barbiere, il meccanico di biciclette, dà una mano a i Mercati generali di via Ostiense.
E lì canta, canticchia, si diverte ma è evidente che dietro a quel divertimento c’è un talento. Alcuni amici lo spingono a tentare la fortuna.
Siamo agli inizi degli anni Sessanta quando partecipa con successo al Cantagiro e si piazza terzo dopo Celentano e Don Backy. Il gioco è praticamente fatto.
Il grande successo arriva nel 1962, quando mette piede nel tempio del musical e del varietà : è il Serenante nella prima edizione del celebre Rugantino di Garinei e Giovannini. La sua Ciumachella de Trastevere piace al pubblico, lo spettacolo va in tounèe negli Stati Uniti e Fiorini diventa, per gli americani, “il nuovo Claudio Villa”.
Da quel momento Lando non smetterà più di fare, partecipare, cantare, produrre.
Lo invitano a fare programmi radiofonici e televisivi da Dizionarietto musicale a Il paroliere, questo sconosciuto a Ciao mamma e Adesso musica.
Comincia a sfornare un album all’anno, Roma mia nel ’63, Passeggiate romane nel ’65, Roma sei sempre tu nel ’66.
Partecipa a Canzonissima e Un disco per l’estate e al cinema compare in Storia di fifa e di coltello – Er seguito der più con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia (la parodia di Er più – Storia d’amore e di coltello di e con Adriano Celentano), 1972, non propriamente il meglio del cinema italiano dell’epoca.
Ma qualche anno prima, nel 1968, l’ex ragazzino di Trastevere che affilava i rasoi da Mario il barbiere di via dei Ponziani realizza un sogno, apre un teatro tutto suo nella ex bottega di un fabbro dove, diceva Lando, avevano anche girato alcune scene di La ciociara.
In breve tempo diventa il cabaret più famoso di Roma e tra i più conosciuti d’Italia: il Puff, per lungo tempo sold out ogni sera, musica, canzoni e cucina romana. Il pubblico arriva da tutta Italia, tanti attori si fanno le ossa in quel locale, Enrico Montesano e Leo Gullotta, Lino Banfi e Gianfranco D’Angelo e Maurizio Mattioli. “Ho avuto fiuto”, commentava Lando, “ma anche tanta fortuna”.
Per Lando Fiorini gli anni Settanta sono quelli della televisione, gira una serie in quattro puntate, Ciao, torno subito, partecipa a Canzonissima e poi è con Maria Rosaria Omaggio a condurre il programma Er Lando furioso; anche Macario lo vuole in tv e se lo porta a MIlano per registrare due puntate del varietà Macario più.
Su musica di Stelvio Cipriani scrive la canzone Un sogno di marmo per la miniserie tv Il fauno di marmo, diventa un cult – e lo è ancora oggi – la sua cover di Cento campane, sigla dello sceneggiato Il segno del comando cantata da Nico Tirone, con la quale Fiorini qualche anno dopo parteciperà a Canzonissima, mentre nel ’74 porterà in finale, a Un disco per l’estate, Er monno, che si aggiunge ai suoi grande successi come Barcarolo romano, Pupo biondo, Ponte mollo, So’ stato er primo a fatte di’ de sì.
Così come sarà un must da ascoltare con una cassettona Stereo8 la sua versione di Lella, quella ricca, la moglie de Proetti er cravattaro.
Quello di Fiorini è un successo che non ha flessioni. In carriera ha pubblicato una trentina di album, e poi cofanetti, antologie.
Negli anni Ottanta escono raccolte e nuovi dischi, Momenti d’amore, Tra i sogni e la vita, E adesso… l’amore (con brani firmati per lui, fra gli altri, da Franco Califano, Amedeo Minghi, Renato Rascel, Carlo Rustichelli, Armando Trovaioli).
Continuerà a produrre anche per tutti gli anni Novanta e continueranno uscire dischi ancora fino al 2010.
Nel 1994 la partecipazione al Festival di Sanremo, tirato dentro a un’idea demenziale: il brano è Una vecchia canzone italiana, lo canta una formazione a cui viene dato il nome di La squadra italiana, undici artisti in omaggio alla Nazionale di calcio nell’anno dei Mondiali: Giuseppe Cionfoli, Jimmy Fontana, Rosanna Fratello, Wilma Goich, Mario Merola, Gianni Nazzaro, Wess, Toni Santagata, Manuela Villa, Nilla Pizzi.
Da tempo Fiorini combatteva contro la malattia. Talvolta è apparso in tv, ospite di programmi di intrattenimento. E ogni volta ha sempre difeso le proprie radici “perchè se le cancelli – aveva detto una volta – perdi valore, spessore, occasioni”, e quella romanità “che non ha nulla di coatto, la romanità di Anna Magnani, di Aldo Fabrizi e ora di Gigi Proietti. Fatta di pulizia e sopratutto di rispetto per gli altri. Come diceva Checco Durante, fate del bene che la vita è breve, c’è più gioia ner da’ che ner riceve”.
(da “La Repubblica”)
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