Dicembre 25th, 2017 Riccardo Fucile
UN PD DEBOLE RAFFORZEREBBE I CINQUESTELLE
Non c’è contraddizione tra il Berlusconi determinato a vincere con i suoi alleati e il
Berlusconi preoccupato di veder perdere un avversario: in politica è necessario avere un «piano B».
E senza Renzi il «piano B» del Cavaliere salterebbe.
Perciò il leader di Forza Italia, che mira a conquistare la maggioranza di governo, osserva il progressivo logoramento del segretario democrat e lo teme: «Speriamo che regga», ha confidato dopo aver scorso l’ennesimo sondaggio.
Un conto è sconfiggere il Pd nelle urne, altra cosa sarebbe assistere al suo tracollo: l’eccessivo indebolimento dei democratici – secondo Berlusconi – porterebbe infatti a un rafforzamento politico, prima ancora che numerico, dei grillini nel prossimo Parlamento.
Il trend
E qualora non gli riuscisse il colpo grosso, se cioè il «piano A» fallisse, sarebbe poi complicato attuare il «piano B»: un Movimento Cinquestelle intorno al 30%, e magari primo partito nazionale, potrebbe pregiudicare se non addirittura impedire la nascita di maggioranze alternative.
Ecco la cosa che preoccupa maggiormente Berlusconi. Con un dettaglio ulteriore. Il trend negativo dei democratici – suo dire – potrebbe incidere anche sull’esito delle elezioni nei collegi uninominali.
Il voto grillino non è intellegibile, e non è scontato che lo scontro fratricida a sinistra finisca per agevolare la vittoria del candidato di centrodestra.
Lo schema
Questo schema appartiene alle dinamiche del sistema bipolare, che il Cavaliere giustamente considera superato.
La sua analisi semmai propone un’altra analogia con il passato, più specificamente con le elezioni del ’94 . Allora il Pds e il Ppi, artefici del Mattarellum, si scontrarono alle elezioni con l’obiettivo di accordarsi dopo in Parlamento per il governo. L’operazione saltò perchè – come disse il capo della sinistra Occhetto – nelle urne si era «dissolto il centro». Crollato uno dei due pilastri dell’intesa, Berlusconi ebbe la strada spianata per Palazzo Chigi.
La preoccupazione
Ecco un ulteriore motivo di preoccupazione per il fondatore del centrodestra, che invita il suo gruppo dirigente a insistere su una campagna elettorale tutta concentrata su M5S: «Il nostro avversario non è il Pd, sono i grillini».
La rappresentazione plastica di questo schema politico si è registrata nella Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche, dove – come rileva il capogruppo forzista Romani – «abbiamo tenuto un atteggiamento di grande responsabilità istituzionale».
A parte qualche sortita fuori dal coro sul «conflitto d’interesse della Boschi», che non è affatto piaciuta a Berlusconi, nessun azzurro ha attaccato la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio.
Il profilo
Il Cavaliere ha chiesto al suo partito un profilo basso, anche perchè «non sarà stata certo Banca Etruria la ragione delle difficoltà del sistema bancario».
Una linea peraltro già tenuta ai tempi della crisi di Mps, «a cui – disse allora il leader di Forza Italia – sono affezionato perchè fu il primo istituto a concedermi una linea di credito». L’approccio è chiaro, tuttavia Berlusconi ha ben presente che l’affaire banche può segnare le sorti elettorali di Renzi. E il suo «speriamo regga», fa seguito proprio ai report che gli segnalavano il netto calo di consensi del Pd.
La determinazione
Sia chiaro, l’ex premier è concentrato sul «piano A», e l’intervista al Tg1 nella quale si dice «certo che dopo il voto il governo sarà nostro e sarà Forza Italia a indicare il premier», è frutto di un sincero convincimento. L
o si può notare dalla determinazione con cui ha approcciato alla costruzione della coalizione. Sapendo che il suo risultato alle elezioni sarà comunque il suo peggior risultato di sempre, il Cavaliere non si è soffermato sulle percentuali che riuscirà a ottenere ma sulla base parlamentare che ogni lista riuscirà a determinare. Con un obiettivo finale: realizzare un gioco di squadra che serva ad ingabbiare Salvini.
La quarta gamba
La «quarta gamba» appena nata ne è l’esempio: il simbolo ha il logo e i colori che richiamano al vecchio Pdl; il nome è in evidente contrapposizione a quello che il segretario della Lega scelse per tentare di «sfondare» elettoralmente al Sud.
«Noi con l’Italia» è l’antitesi mediatica e politica di «Noi con Salvini», contrappone l’unità nel nome del Paese a quella stretta attorno a un leader, distingue i popolari dai populisti. Ma non basta.
Nell’operazione di accerchiamento al capo del Carroccio, Berlusconi vuole coinvolgere la Meloni «che è persona molto ragionevole» e con la quale «vorrò stringere un rapporto più stretto nelle prossime settimane».
Le voci
Il resto sono solo voci, come quella che accredita una pattuglia di maroniani, pronta a sganciarsi da Salvini se in Parlamento dovesse cercare di rompere con Berlusconi.
Insomma, una mini-coalizione dentro la coalizione, pronta a lavorare «nell’interesse del Paese». Ma ciò sarebbe possibile solo se – saltato il «piano A» – restasse in piedi il «piano B». Perciò Berlusconi spera che Renzi «regga».
Per evitare che l’incubo diventi realtà : «Tra un Pd alla deriva, i comunisti, i grillini, Salvini… chissà dove andremmo a finire».
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 25th, 2017 Riccardo Fucile
IN MOLTE REGIONI E’ BATTAGLIA TRA CENTRODESTRA E M5S
Il caso Boschi-Etruria non è stato ancora misurato dai sondaggisti. E tuttavia le mappe dei collegi uninominali che emergono dagli ultimi studi raccontano un incubo per il Pd: nelle Regioni rosse, dove fino ad alcuni anni fa non c’era partita, il vantaggio dei dem si è assottigliato, come una lastra di ghiaccio che ora potrebbe rompersi.
I collegi «blindati»
Secondo uno studio di Ixè, che La Stampa ha potuto esaminare, tra Toscana ed Emilia Romagna sono solo 6 i collegi considerati «blindati» per il Pd (dove il vantaggio sul secondo partito/coalizione è superiore al 10%): si tratta di Firenze Nord, Scandicci, Empoli, Sesto Fiorentino, Modena e Casalecchio di Reno.
Gli altri 25 seggi uninominali della Camera in queste due Regioni non sono più sicuri: neppure quelli di Bologna, dove ai tempi dell’Ulivo Romano Prodi sfiorava il 70% e dove venivano spediti i leader dei cespugli alleati con la certezza di portarli in Parlamento.
Ora anche il capoluogo emiliano si trova in quella terra di mezzo dove il Pd ha un vantaggio inferiore al 10%, talvolta anche di pochi punti percentuali.
Collegi «probabili» e addirittura «incerti» spuntano come funghi là dove una volta era tutto rosso. Colpa del tripolarismo, ma anche di un Pd che, compresi i piccoli alleati, «oscilla tra il 25 e il 26% a livello nazionale», spiega il presidente di Ixè Roberto Weber.
Il ribaltamento
Nella migliore delle ipotesi, cioè la conquista anche dei seggi incerti, i dem otterrebbero 10 seggi in Toscana, 13 in Emilia e 1 in Umbria.
«Si tratta di un ribaltamento anche rispetto al 2013», spiega Weber. «Fino alle ultime politiche, proiettando i voti sui singoli collegi, i seggi incerti nelle Regioni rosse erano un’eccezione».
Colpa della concorrenza a sinistra della lista Grasso? «Dai nostri dati non appare questo: Liberi e uguali non mostra un particolare radicamento in Emilia e Toscana, ha valori simili alla media nazionale».
Un dato che rende complicata anche la composizione della coalizione: come è evidente non ci sono più seggi dove blindare alleati poco amati dalla base dem come Pierferdinando Casini o gli alfaniani di Beatrice Lorenzin.
In questo studio ci sono altri dati allarmanti per il Nazareno. Uno su tutti: in tutto il Nord e in tutto il Meridione per il Pd non scatterebbe neppure un collegio: zero in Lombardia, zero in Piemonte, e così Veneto, Campania, Puglia, Sicilia.
In tutte queste Regioni, comprese anche alcune centrali come Marche e Abruzzo, la partita sarebbe tutta tra M5S e centrodestra, con una prevalenza di quest’ultimo.
Il centrodestra
L’alleanza Berlusconi-Salvini, infatti, stando a questo studio realizzato tra il 9 e l’11 dicembre, arriverebbe alla Camera a sfiorare la maggioranza assoluta per governare con 315 seggi: 167 uninominali e 143 proporzionali.
Secondo classificato il M5S con 147 deputati (di cui 32 nei collegi) e terzi i dem con 131 (26 uninominali). Ultima la lista Grasso con 28 seggi.
Il caso del Lazio
Per il centrodestra alcuni numeri ricordano i tempi d’oro del forzaleghismo: 37 a 0 in Lombardia, 16 a 0 in Puglia, 22 a 0 in Campania. Colpisce il caso del Lazio: qui il centrodestra arriverebbe a 14 seggi, contro i 5 del M5S e i 2 del Pd, conquistati nel centro di Roma.
In Sicilia finirebbe 14 seggi a 5 per Berlusconi e soci, in Piemonte 11 a 6, Veneto 17 a 2. Anche la Liguria sarebbe destinata a un derby tra moderati e grillini, vinto 4 a 2 dagli uomini di Beppe Grillo.
Numeri ancora soggetti a fluttuazioni, soprattutto nel Centro-Sud, dove una crescita anche lieve del M5S potrebbe ribaltare la partita in molti collegi, con il risultato di allontanare il centrodestra dalla maggioranza per governare.
Ma questa battaglia nel Sud, fa notare Weber, «non riguarda il Pd». «Per i dem gli unici seggi recuperabili sono quelli della zona rossa. Fuori da Emilia, Toscana e Umbria non c’è storia».
(da “La Stampa”)
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Dicembre 25th, 2017 Riccardo Fucile
TUTTI SIMBOLI NUOVI, LO SCENARIO E’ COMPLETAMENTE CAMBIATO
Sono passati solo 5 anni, eppure l’elettore che tra poco più di due mesi (la data più
probabile è quella del 4 marzo) tornerà alle urne per eleggere i prossimi parlamentari si troverà in mano una scheda completamente diversa, quasi irriconoscibile.
Come si ci si trovasse in una nuova (la Terza?) Repubblica.
Eh sì, perchè l’unico simbolo che ritroverà uguale a 5 anni fa è quello del Partito democratico.
Gli altri o sono cambiati, magari anche solo per un restyling parziale, oppure saranno completamente nuovi.
Compreso, per esempio, quello del Movimento 5 Stelle che, a differenza che nel del 2013, non porta più al suo interno il nome di Beppe Grillo.
Nel centrodestra
Ma proviamo a fare un breve viaggio nel panorama politico nazionale e vediamo cosa e come è cambiato. Partiamo dal centrodestra.
Nel 2013 gli elettori trovarono sulla scheda il simbolo del Popolo delle Libertà (con dentro, naturalmente, la scritta «Berlusconi presidente» perchè allora il leader era candidato). Fondato nel 2009, il Pdl si è sciolto a fine 2013.
Berlusconi ha «rifondato» Forza Italia, mentre Angelino Alfano ha dato vita al Nuovo centrodestra, che a sua volta ha chiuso i battenti a marzo 2017 a favore di Alternativa popolare.
E la Lega Nord? Cinque anni fa, intanto, aveva proprio quel Nord che ora Matteo Salvini ha deciso di eliminare (anche se rimane nello statuto del movimento). E poi, nel 2013 il leader che vedeva il suo nome nel simbolo era Roberto Maroni.
Anche Fratelli d’Italia, che pure sarà presente ora come allora, ha cambiato simbolo. L’ultima versione è stata presentata al recente congresso di Trieste.
Nel centrosinistra
Anche nell’altro fronte, quello di centrosinistra, il panorama ha subito molte variazioni.
L’unico a rimanere inalterato, al di là delle traversie e delle discussioni interne, è il Partito democratico.
Alla sua sinistra non c’è più Sinistra Ecologia e Libertà . Fondata nel 2009, la formazione politica che è stata guidata da Nichi Vendola si è sciolta nel 2016.
Da una costola è nata Sinistra italiana che tuttavia alle prossime elezioni non sarà presente in quanto tale perchè ha deciso, a sua volta, di costituire Liberi e Uguali fondendosi con Mdp e Possibile.
In questa tornata, infine, non ci sarà nemmeno il simbolo del Centro democratico di Bruno Tabacci (che sarà probabilmente candidato nelle liste del Pd).
Le altre liste scomparse
Ma sono tanti altri i partiti e i movimenti che non ritroveremo più. Il più noto, perchè allora rappresentò la vera novità , è Scelta civica che nel 2013 accompagnò Mario Monti nella sua discesa nell’agone politico.
Sono spariti, nel frattempo, anche Futuro e Libertà (l’ex partito di Gianfranco Fini), Rivoluzione civile di Antonio Ingroia e la lista, di provenienza radicale, Amnistia-Giustizia-Libertà .
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 25th, 2017 Riccardo Fucile
UNO PSICOLOGO DI LOS ANGELES RISPONDE ALLA RIFORMA FISCALE DI TRUMP “A NOME DEGLI AMERICANI”
«A Stevie», un regalo per il segretario al Tesoro americano Steven Mnuchin.
Sul biglietto il messaggio d’auguri: «Restituiamo il dono della riforma fiscale di Natale. Con i più calorosi auguri, il popolo americano».
Nella scatola, letame.
Non pensava a un’incursione artistica di matrice concettuale, il cittadino Robby Stone, psicologo nella contea di Los Angeles.
Voleva esprimere tutta la rabbia per il taglio delle tasse che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha presentato come il suo regalo agli americani per rilanciare la crescita e che l’opposizione democratica ha salutato come l’ennesimo favore ai mega finanziatori repubblicani.
Stone ha fatto recapitare il pacco con gli escrementi di cavallo presso due indirizzi che credeva collegati a Mnuchin, ex banchiere di Goldman Sachs, nei ricchi distretti di Beverly Hills e Bel Air, area tra le più esclusive al mondo.
Poco dopo il postino, per i doverosi controlli, sono arrivati i servizi segreti.
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 25th, 2017 Riccardo Fucile
POCHI FONDI PER ASSICURAZIONI E RIPARAZIONI
I centauri della Polizia Locale di Roma Capitale restano senza motociclette. Tutto a
vantaggio del commercio abusivo del Centro Storico, fenomeno che i vigili su due ruote avevano il compito di arginare.
Già prorogato una volta, infatti, il 31 dicembre scadrà l’accordo per l’utilizzo in comodato gratuito delle tredici moto Yamaha XT660R di cui il Corpo capitolino era riuscito a dotarsi nel maggio 2016, grazie all’interessamento dell’ex comandante Raffaele Clemente e dell’allora commissario straordinario Francesco Paolo Tronca.
Introdotte per il Giubileo della misericordia, le moto da enduro erano state assegnate al Gssu, il Gruppo sicurezza sociale urbana di Roma Capitale e hanno permesso in questi mesi agli agenti di limitare fortemente il fenomeno dell’abusivismo.
In autunno, l’attuale capo dei vigili romani, Diego Porta, aveva dato il via libera alla pubblicazione di una manifestazione d’interesse che permettesse al Corpo di ottenere una nuova dotazione di motociclette, che tuttavia doveva essere gratuita a causa della scarsità di fondi a disposizione.
“Al momento non si hanno notizie di adesioni alla manifestazione d’interesse nè sappiamo se verrà prorogata la dotazione nei confronti dei fornitori delle Yamaha”, confermato al fattoquotidiano.it fonti del comando generale. Cosa abbastanza difficile al momento. Il Campidoglio, infatti, non ha nemmeno dato il via libera al rinnovo delle polizze assicurative, fattore che evidentemente prelude a una dismissione.
Ma non è tutto. Gli agenti specializzati del Gssu non potranno nemmeno attingere al parco moto tradizionale della Polizia Locale, dotato originariamente di ben 140 Bmw accessoriate del 2008, visto che fino alla scorsa estate soltanto 4 di queste facevano regolare servizio.
Il motivo è, anche questa volta, la scarsità di fondi in cassa per riparare i guasti. Così, basta una lampadina rotta per far finire la due ruote in officina per settimane: qui subentrano ulteriori danni a batterie, ruote, guarnizioni e altro.
Come detto, è il contrasto agli ambulanti abusivo a pagarne le conseguenze. Il reparto centauri del Gssu è stato in grado negli ultimi 12 mesi di procedere a una media di ben 100 sequestri al giorno (oltre 3.000 l’anno), e questo soprattutto grazie alle operazioni in motocicletta che hanno dato la possibilità agli agenti di non lasciarsi scappare i commercianti abusivi in fuga per le strette vie del centro cittadino.
Con il nuovo anno sarà molto difficile per l’assessore capitolino al Turismo, Adriano Meloni, concordare con il comandante Porta i comunicati stampa trionfanti spediti durante il mese di dicembre.
A meno che qualcuno non voglia decidere di “regalare” qualche motocicletta al Comune di Roma con in cambio solo “prestigio e visibilità ”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 25th, 2017 Riccardo Fucile
AI PRECARI NON RESTA CHE IL BANCO DEI PEGNI
Il 26% degli italiani quest’anno ha scelto di tagliare il budget delle feste.
Secondo un’indagine condotta dall’Osservatorio Findomestic-Doxa le tredicesime (35,6 miliardi) se ne andranno soprattutto in rincari Imu, Tasi e Rc auto. “Per scopi più piacevoli restano 5,4 miliardi, che potranno essere utilizzati per cenone, regali, qualche viaggio, qualcosa da mettere da parte”, spiega Elio Lannutti, presidente onorario di Adusbef.
In ogni caso secondo l’Osservatorio Compass (gruppo Mediobanca) il budget massimo di spesa natalizia per il 39% circa degli italiani sarà di duecentocinquanta euro.
“Appena il 3% dichiara di voler spendere più di 1.000 euro e di questi uno su quattro ricorrerà a formule di finanziamento per dilazionare le spese”, spiegano gli esperti della banca milanese. Anche a dispetto del fatto che la tendenza generale nell’arco dell’anno è di un costante aumento dei prestiti per i piccoli e medi acquisti.
E questo nonostante le evidenze riportate anche da Bankitalia sui contratti di finanziamento che non sono sempre un campione di trasparenza. Anzi.
E intanto a Natale fra gli italiani ci sarà anche chi rinuncerà al prestito (76% secondo un sondaggio tra i lettori di Facile.it e Prestiti.it ) proprio per evitare di fare troppi debiti (il 16%). Senza contare chi, vittima della precarietà , non avrà altra scelta che far ricorso al Monte di pietà .
L’industria del credito al consumo festeggia
Mentre banche e finanziarie potranno con ogni probabilità chiudere l’anno con un piatto più ricco: la crescita del mercato ha del resto già registrato un miglioramento (+8,6% rispetto allo scorso anno e +31,8% rispetto al 2015 secondo Compass) attestandosi a 9,8 miliardi di euro. Così, secondo Findomestic, il 2017 si chiuderà con una crescita del mercato dei prestiti pari a circa il 10%, in linea con il dato consolidato di ottobre diffuso da Assofin.
Per Bankitalia il merito di questa tendenza è della flessione dei tassi (Taeg) che a marzo erano scesi all’8,1% pur mantenendo un divario di due punti circa rispetto alla media dell’area euro. Gli italiani fanno quindi sempre più prestiti. “Oggi il 99% dei nostri connazionali conosce almeno una forma di credito al consumo”, spiegano fonti Findomestic che evidenziano come il credito è utilizzato soprattutto per elettrodomestici ed elettronica, auto e mobili. Inoltre è sfruttato anche per ristrutturare casa e per l’efficientamento energetico della propria abitazione nell’intento di sfruttare a pieno i bonus concessi dal governo.
“Rispetto al passato è cambiato anche il motivo per cui si ricorre al prestito: oltre al denaro chiesto per comprare computer, droni e smartphone è sempre più frequente la richiesta di finanziamenti per curarsi vista la lentezza e le lacune del sistema sanitario nazionale”, precisano dall’associazione dei consumatori Codacons.
Un trend, quest’ultimo, confermato anche dagli operatori di settore: “Il 68% delle persone avrebbe rinunciato ad un acquisto programmato, se non avesse potuto disporre di un finanziamento”, conclude Findomestic.
Restano le problematiche di poca trasparenza nei contratti
Nonostante il mercato cresca a doppia cifra, “le modalità di erogazione di tali prestiti sono spesso caratterizzate da scarsa trasparenza delle condizioni contrattuali”, come riferisce Bankitalia nella relazione annuale 2016. Inoltre si registrano “comportamenti degli intermediari poco attenti alle effettive esigenze finanziarie del cliente: nel 2016 la cessione del quinto è stata oggetto di 15.297 ricorsi all’Arbitro Bancario Finanziario, circa il 70 per cento del totale”, si legge nel documento.
La questione è ben nota alle associazioni dei consumatori che invitano a leggere bene la documentazione prima della firma e a chiedere eventualmente consulenza ad un terzo soggetto indipendente.
“I contratti sono di difficile interpretazione soprattutto nella parte che riguarda il costo effettivo del finanziamento che spesso include anche una commissione per istruire la pratica — proseguono dal Codacons — Prima di firmare, meglio valutare bene il contratto e tenere presente che in genere più rapidamente viene concesso il prestito, più alti sono i costi del finanziamento”.
Senza contare che il costo “occulto” è sempre dietro l’angolo. Può accadere, ad esempio, che a latere del finanziamento venga anche pretesa la sottoscrizione di una polizza assicurativa oppure si stabilisca a favore dell’intermediario la possibilità di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, con in prospettiva un potenziale aggravio di spesa per il debitore.
Ad ogni modo, anche dopo la firma del contratto, non bisogna dimenticare che ci sono sempre a disposizione 14 giorni per cambiare idea e recedere senza penali. A patto di inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno e restituire naturalmente il denaro eventualmente ricevuto. Occhio quindi alle condizioni di contratto, se non si vuole rischiare di trovare una brutta sorpresa sotto l’albero. E soprattutto ad evitare di caricarsi di troppe nuove rate per il 2018.
Il debito delle famiglie italiane cresce
Al momento il livello di indebitamento delle famiglie resta ancora sotto controllo ed è più basso rispetto alla media dell’Unione (10,7% contro 12,2%). Tuttavia è indubbio che i debiti privati aumentano come rileva la mappa del credito di Crif per il primo semestre 2017.
Oggi oltre un terzo della popolazione (il 35,4%) ha ormai sulle spalle un prestito o un mutuo (+4,1% rispetto ad un anno fa) e deve pagare una rata media da 356 euro mensili su un debito residuo medio da 34mila euro. Solo un contratto su quattro riguarda però un mutuo acceso per l’acquisto della casa, il resto è credito al consumo e cessione del quinto dello stipendio.
Con differenze importanti fra i grandi e i piccoli centri.
Nei capoluoghi, tra i cittadini più indebitati ci sono i milanesi con il 39,5% della popolazione che ha un debito da ripagare, per un importo medio pro-capite da 52.139 euro e una rata mensile da 428 euro.
Seguono i romani (il 41% della popolazione) con 48.295 euro di finanziamento da restituire e una rata da 398 euro.
Molto meno popolari i debiti tra gli abitanti del Trentino Alto Adige (solo il 18% ha rate da pagare) con un fardello pro-capite da 40.817 euro. Le rate da pagare non mancano comunque in tutta Italia, ma sono sotto stretto controllo degli operatori del settore visto che negli anni scorsi anche “gli intermediari finanziari hanno svolto un vaglio più attento della clientela, la cui rischiosità è sensibilmente diminuita”, secondo quanto riferisce Bankitalia nella relazione annuale. Nel credito al consumo, infatti, la regola è ormai la richiesta della busta paga o del cedolino della pensione che prova l’effettiva capacità del debitore di restituire il dovuto.
Ai precari resta il Monte di pietà
Rispetto al passato, sono stati quindi tagliati fuori tutti quelli che non offrono sufficienti garanzie di restituzione del denaro prestato. Magari perchè lavorano con contratti occasionali. Per loro l’unica strada per finanziarsi in tempi stretti resta il Monte di pietà , che però pratica generalmente tassi più elevati rispetto al credito al consumo (circa l’11,6% più spese di custodia contro una media dell’8,7% commissioni escluse) e richiede in garanzia il bene oggetto del pegno.
“Complice la stretta del credito, al banco di pietà sono tornate famiglie, imprese e commercianti. E’ l’ultima spiaggia per finanziarsi velocemente, spiega segretario regionale Lazio Uilca, Paolo Battisti. Si tratta di un business vicino al miliardo di euro l’anno con 33mila microprestiti erogati al mese per importi che sono mediamente attorno ai mille euro, ma che possono toccare picchi fino a 200-300mila euro.
Per gli operatori è un settore che offre rischi contenuti per via della garanzia reale del bene che resta in mano al Monte di pietà . Per questo fa gola all’estero. Prova ne è che Unicredit, uno dei principali operatori del settore in Italia, non ha fatto fatica a trovare un compratore per le sue 35 filiali con oltre 200 milioni di impieghi.
Si è fatta avanti la casa d’aste austriaca Dorotheum offrendo 141 milioni. “Siamo molto preoccupati dall’impatto sociale di questa operazione — conclude Battisti — Non ne capiamo la logica visto che è un business senza rischi per la banca. Appena il 5% dei pegni non viene riscattato e viene venduto all’asta. Inoltre il ricavato dell’eventuale vendita supera spesso il valore del prestito più gli interessi e la differenza positiva viene riversata al proprietario”.
Senza contare che il riscatto è un affare non da poco: gli interessi sono elevati e il capitale dato in prestito è garantito dal gioiello lasciato in pegno.
“Insomma, il Monte di Pietà resta un riferimento per gli italiani in cerca di credito”, conclude il sindacalista. E, purtroppo, non solo a Natale.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 25th, 2017 Riccardo Fucile
A SCRIVERLA SONO LE GIOVANI DONNE DEL MOVIMENTO, LE DIRETTE INTERESSATE CHE DENUNCIANO UNA POLITICA VILE
“Egregio Presidente della Repubblica, oggi, 27 dicembre, ricorrono i settant’anni della
promulgazione della Costituzione del nostro Paese. In una giornata così bella e fondamentale per le nostre vite e per la nostra democrazia, è nostro dovere ricordarLe come molte e molti di noi abbiano imparato a conoscerla tra i banchi di scuola, imparandone i valori fondamentali di libertà , uguaglianza, pace, rispetto, imparando a diventare di fatto cittadini e non più sudditi, secondo gli auspici di Piero Calamandrei e le opportune circolari ministeriali che spingono i docenti a seminare semi di cittadinanza attiva nei loro allievi e nelle loro allieve”.
Inizia così la lettera aperta del Movimento #ItalianiSenzaCittadinanza, le figlie e i figli di immigrati cresciuti in Italia ma senza passaporto italiano, al presidente della Repubblica. L’oggetto è il ddl dal numero 2092. Ma per chi la scrive è molto di più. È una legge ferma, che non riesce a diventare quella riforma promessa di legge della cittadinanza italiana, la legge n. 91 del 1992.
L’appello è a affinchè Mattarella non “lasci che questa battaglia, iniziata con le prime mobilitazioni della Rete Nazionale Antirazzista nel 1997, quando molti e molte di noi non erano ancora nati, cada in un nulla di fatto. Anche perchè così non è. Il quadro che consegnerebbe al Paese la rinuncia a discutere in aula la riforma della cittadinanza è ben diverso da quello che si presentava all’inizio della legislatura”.
La lettera l’hanno scritta le donne del movimento, le dirette interessate, e tra loro, le più giovani.
Talvolta, sostengono, è necessario promuovere leggi “che possono apparire divisive ma che in realtà sono necessarie a potenziare gli anticorpi e a creare argini contro la deriva di forze antidemocratiche e destabilizzanti. Non lasciateci soli ancora una volta”.
(da agenzie)
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Dicembre 25th, 2017 Riccardo Fucile
NEI MESSAGGI DEL PAPA QUEST’ANNO CE N’E’ PER TUTTI
Mentre il solstizio d’inverno splendeva sull’oro dei mosaici e il cerimoniere spandeva incenso sull’altare dei pontefici, Francesco ha riservato a se stesso e riversato sul mondo senza risparmio il terzo dono dei magi, quello della mirra.
Nella serie “cult” e ad alto share dei Natali televisivi non era infatti mai accaduto che il “verbo” prendesse corpo e s’incarnasse in modo così concreto e provocatorio, sovrapponendo ai passi di Maria e Giuseppe “le orme di milioni di persone che non scelgono di andarsene ma che sono obbligati a separarsi dai loro cari, sono espulsi dalla loro terra”.
Bergoglio la definisce “tenerezza rivoluzionaria”, ma le parole pronunciate nel cuore della notte hanno colpito con durezza inaudita da breacking news, spezzando la tregua elettorale appena iniziata e rilasciando ai migranti, seduta stante, “il documento di cittadinanza”.
Ritirando contestualmente il certificato di battesimo alle democrazie cristiane dell’Est Europa, che nei proclami dell’astro nascente, il trentunenne cancelliere austriaco Sebastian Kurz, rifiutano le quote di Bruxelles e fanno del Danubio la frontiera di una “brexit” spirituale: foriera dello scisma strisciante tra i due cristianesimi, egalitario e identitario, del Papa e dei nuovi guru.
Se la politica rinuncia o elude, Francesco denuncia e allude.
Che più chiaro non si può.
Confermando l’attitudine — abitudine a un uso diretto, dirompente delle scritture, applicate ai problemi del momento, dal Mediterraneo al Rio Grande, da Gerusalemme ai Rohingya, senza mediazioni o interpretazioni.
Ad intra e ad extra: nel Natale “arrabbiato” di Francesco ce n’è per tutti.
Dentro le mura, in Urbe, e contro i muri, nell’Orbe.
Dal discorso del 21 dicembre, che ha proiettato sulla curia e sul tramonto precoce del processo di riforma l’ombra del giorno più corto dell’anno, sino alla benedizione di oggi a mezzodì, che ha posizionato sulla Terra Santa lo zenit dei mediatico, rigettando il fatto compiuto e progettando “la coesistenza di due Stati, all’interno di confini concordati tra loro e internazionalmente riconosciuti”.
Nel suo excursus, Bergoglio assume lo sguardo dei bambini, dal buco nero dell’Africa Centrale, che li rapisce innocenti e restituisce combattenti, al cielo incandescente della Corea, dove la scia luminosa della cometa si confonde con quella dei missili balistici.
Mentre il pianeta si contende Gerusalemme, la Chiesa di Francesco ritorna bambina e si protende a Betlemme: verso le tante, anonime Betlemme che spuntano dalla storia e sbiadiscono nella memoria, fluida, dei contemporanei, ma trovano fissa dimora e promessa fioritura nell’agenda, e sull’atlante, del Romano Pontefice.
Ossia nel programma e nell’organigramma di un prossimo conclave. Rinnovando venti secoli dopo la magia e l’energia rigeneratrice del Natale cristiano.
Fuor e fior di metafora. E’ questo l’epilogo geografico dell’apologo evangelico, nell’orizzonte dell’umanità globalizzata.
Come in un film di Frank Capra o in una fiaba dei fratelli Grimm, al traguardo del quinto anno pontificato, la parabola del Papa venuto dai confini del mondo racconta di sconfitte interne e riforme mancate, sicuramente, ma pure di cenerentole elette regine, immantinente, calzando la scarpetta cardinalizia e scalzando dalla vetta natalizia dell’albero gerarchico nomenclature a lungo intangibili.
Morelia e Mèrida, Les Cayes e San Josè de David, Bamako e Ouagadougou, Bangui e Santiago de Cabo Verde, Port Louis e Port Moresby, Nuku’alofa e Tlalnepantla, Cotabato e Pakse, Dacca e Yangon: dalle sabbie del Sahel alle spiagge dei mari del Sud, dai deserti che spingono alla fuga i diseredati ai sobborghi delle metropoli che li attraggono.
Città semisconosciute o isole sperdute, in fondo alle hit della notorietà e del reddito, ricevono la chiamata degli angeli, alla stregua dei pastori, e vengono ammesse al presepe di Bergoglio, per contemplare da vicino il figlio di Dio e prepararsi un giorno all’elezione del suo Vicario.
Se la “sfinge” curiale — per rassegnata constatazione di Francesco e significativa citazione di Monsignor De Mèrode – rimane impassibile e apparentemente invincibile davanti al tentativo di riformarla, o ripulirla, “con uno spazzolino da denti”, è altrettanto vero che la “piramide” nel suo insieme, a livello globale, risulta spiazzata a tratti spazzata via, progressivamente, dalla più grande redistribuzione di potere geopolitico, e genealogico, nella storia bi-millenaria dell’istituzione.
Al punto da chiedersi quale sia l’obiettivo autentico del Pontefice: tra il bersaglio immobile dell’Urbe, che di anno in anno delegittima e destabilizza con ironia creola (un dentista, restando al celebre paragone del gesuita De Mèrode, osserverebbe che non riuscendo a curare la carie la devitalizza e incapsula, per contenerne il danno), e lo scenario dell’Orbe, dove viceversa il movimento, e cambiamento, si mostrano continui e irreversibili.
Un filo rosso che di viaggio in viaggio, attraverso una tenace, sagace tessitura di nomine cardinalizie, ha modificato la pigmentazione purpurea del mappamondo e collocato le “chiese bambine” in vantaggio su Roma e Gerusalemme.
Un “codice Bergoglio”, che dallo scoglio di Lampedusa e dal groviglio del Bangladesh – Myanmar conduce dritto sulla soglia della Sistina, dove si sceglierà l’eletto al soglio, con il bagaglio di genialità e ingenuità , inesperienza e intraprendenza che l’anagrafe reca in dote.
Mentre risuonano le parole del profeta: “Non sei davvero il più piccolo capoluogo … da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 25th, 2017 Riccardo Fucile
“LE OMELIE DI MOLTI PRETI SPESSO SONO DELLE LEZIONI DI ANTI RELIGIONE”
La parola del Vangelo l’ha ascoltata fuori dal tempio: “Le Chiese sono diventate delle
grandi scuole di ateismo. Nella gran parte di esse, la forza paradossale del verbo di Cristo viene trasformata in un discorso catechistico e ripetitivo, un piccolo feticcio consolatorio e rassicurante, un idoletto. È l’opposto di ciò che insegnava Gesù domandando ai suoi discepoli: ‘Chi credete che io sia?'”.
Massimo Cacciari era ancora uno studente al secondo anno di liceo quando, tra lo Zarathustra di Nietzsche e le prime letture di Hegel, aprì le pagine del Nuovo Testamento: “Fu entusiasmante sentire la straordinarietà di quel testo, la bellezza di una storia che induce ad andare alla ricerca, senza certezze, rischiando. Al novanta per cento, i preti sono incapaci di rendere la potenza di quel racconto. Le loro omelie, spesso, sono delle lezioni di anti religione”.
Negli anni sessanta e settanta, mentre erano di moda i capelloni, Marx, i pantaloni a zampa d’elefante, Marcuse, l’eros e la civiltà , Kerouac, la Cina e Janis Joplin, Cacciari leggeva i testi della teologia cristiana: “Nelle riviste della sinistra non organiche al partito comunista — “Quaderni Rossi”, “Contropiano” — discutevamo della Santa Romana Chiesa insieme a Giorgio Agamben, Mario Tronti, Giacomo Marramao. Avevamo idee diverse, ma condividevamo le stesse letture: tutte abbastanza eretiche”.
Il Natale degli alberi in pivvuccì, degli acquisti online e i centri commerciali aperti tutto il giorno; il Natale della neve luccicante incollata sulle vetrine, delle barbe bianche, delle renne e delle slitte, non lo scandalizza: “Basta sapere che la nascita di Cristo non ha niente a che vedere con quello che vediamo intorno a noi. Il Natale è diventato un festa per bambini e adulti un po’ scemi. Non c’è da levare alti lai contro il consumismo. C’è solo da riflettere, meditando con sobrietà e disincanto”.
Nel suo libro, “Generare Dio” (Mulino), mostra — da laico — che nel mistero dell’incarnazione di Dio c’è un personaggio che abbiamo avuto sempre sotto gli occhi, eppure non siamo stati ancora in grado di vedere nella sua interezza: Maria.
Perchè, professore?
Maria è stata pressochè ignorata anche dai filosofi che hanno interpretato l’Europa e la Cristianità , come Hegel e Schelling. Il discorso ha privilegiato il rapporto del padre con il figlio. Maria è stata ridotta a una figura di banale umiltà , un grembo remissivo e ubbidiente che si è fatto fecondare dallo spirito santo senza alcun turbamento.
Invece?
Quando l’Arcangelo Gabriele le annuncia che concepirà e partorirà un figlio e che egli sarà chiamato Figlio dell’Altissimo, Maria ha paura. Si ritrae, dubita, è assalita dall’angoscia, medita. Il suo sì non è affatto scontato. Nel momento in cui lo pronuncia, è un sì libero e potente, fondato sull’ascolto della parola. Perchè Maria giunge a volere la volontà divina.
Nessuno se n’era accorto prima?
Nel pensiero, solo pochi autori — penso a Baltasar — hanno riflettuto sulla figura di Maria. È nella pittura — nella grande pittura occidentale — che Maria si innalza al ruolo di protagonista assoluta. Siamo di fronte a uno di quei casi in cui l’espressione figurativa è andata molto più in profondità del linguaggio.
Cosa riesce a mostrare?
Che se si toglie alla nascita di Cristo la scelta di questa donna che accoglie nel suo ventre il figlio di Dio e il suo Logos, l’incarnazione diventa una commedia. Maria è libera. Anzi, di più: il suo libero donarsi all’ascolto è in realtà un’iper libertà .
Perchè iper?
Quando — nel giardino dell’Eden — Adamo mangia il frutto dell’albero della conoscenza obbedisce al proprio desiderio. La sua libertà è la libertà di soddisfare i propri impulsi. Maria, invece, riflette, s’interroga, soffre. Poi, fa la volontà dell’altro. La sua libertà è quella di far dono di sè. È come suo figlio: fa la volontà del padre. E qual è la libertà maggiore: quella che ti incatena a te stesso; oppure quella che ti libera dall’amor proprio?
Ma la libertà può essere slegata da ciò che si desidera?
Ma perchè non si dovrebbe desiderare di donare se stessi agli altri? Perchè non può essere questo l’oggetto del desiderio, anzichè quello di soddisfare le proprie pulsioni?
Possiamo riuscirci?
Gesù, Maria, Francesco ci hanno dato degli esempi della libertà intesa come dono. È oltre umano seguirli? Può darsi. E può anche darsi che proprio qui s’incontrino la radicalità del messaggio cristiano e il super uomo di cui parlava l’anti cristiano Nietzsche: nell’impossibile.
Ma se è impossibile, perchè provarci?
Perchè l’impossibile non è una fantasia, un gioco inutile e vano. L’impossibile è l’estrema misura del possibile. E, se non orienti la tua vita in quella direzione, rimarrai prigioniero del tuo tempo. È questo il messaggio di Gesù: per essere libero, abbi come misura la mia impossibilità .
Se non possiamo essere come lui, perchè Cristo si è fatto uomo?
Perchè è necessario avere come misura qualcosa che ci oltrepassa per riuscire a spingerci altrove. Cristo non predicava nei templi: predicava fuori, nelle strade. I suoi discepoli dicevano: “È fuori”. Nel senso: “È fuori di testa, è pazzo”. Eppure, Gesù ha segnato un prima e un dopo nella storia dell’uomo, ha creato il mondo culturale e antropologico in cui viviamo. C’è qualcosa di più realistico di questo? Senza quell’impossibilità niente ci spingerebbe a uscire da noi, a ri-orientare diversamente le nostre vite.
Perchè dovremmo farlo?
Per liberare il nostro tempo dalle sue miserie. Più la nostra epoca ci rinserra dentro di essa, più servono grandi idee, pensieri limite, parole ultime. Sono le uniche cose che ci possono sradicare dal tempo in cui ci viviamo.
Come lo definirebbe?
Osceno, nel senso letterale del termine: un tempo in cui tutto deve essere posto sulla scena: i nostri pensieri, le nostre fotografie, i nostro segreti. Niente deve stare in una zona scura. Invece, è proprio dal buio che proviene la luce che illumina e rivela. Pensi alla pittura d’Europa, la terra del tramonto: cosa raffigurerebbe senza il gioco dell’ombra?
È tutto davvero così esposto?
Al contrario. Quella della trasparenza è solo un’ideologia. Mai come oggi le potenze che governano il mondo sono state così nascoste. Al di là dell’apparenza, la nostra è l’epoca dell’occulto, dei poteri anonimi, di ciò che non si vede. Mentre, nel caso di Maria, la luce divina si copre d’ombra per manifestarsi nella realtà , nel nostro tempo l’oscuro si nasconde dietro la luminosità . Lucifero è negli inferi, però finge di essere portatore di chiarore. La nostra epoca è attraversata dallo spirito dell’anti-Cristo. Ci sono stati momenti in cui esso si è manifestato nella sua forma pura. Oggi, invece, circola mascherato.
Anche la politica avrebbe qualcosa da imparare da Maria?
Maria è una figura della libertà , non è il santino che raccontano i preti. La sua humilitas è meditazione e ascolto. Se leggessero ancora, i politici potrebbero imparare anche da lei. Se non altro, per essere più consapevoli della storia in cui si collocano. Il dramma, però, è che c’è stata una completa divaricazione tra il sapere e il potere.
Per quel che riguarda le figure religiose, i cristiani non potrebbero aiutarli?
I cristiani sono i primi ad aver dimenticato il Natale, smettendo di predicare la paradossalità del verbo.
Anche il Papa?
Il discorso è più complesso. Francesco si inscrive nella tradizione ignaziana, dove l’etica della fede si coniuga alla volontà di potenza e l’assoluta dirittura morale ed etica si combina a una grande capacità di catturare il mondo nelle proprie reti.
Perchè neanche le femministe hanno riflettuto su Maria?
Perchè anche loro — benchè protagoniste dell’ultima vera rivoluzione degli ultimi decenni — sono rimaste vittime della lettura maschilista dell’incarnazione. Hanno guardato Maria come un figura servile, totalmente oscurata dal rapporto tra padre e figlio, non riuscendo a scorgere quello che c’è oltre.
(da “Huffingtonpost”)
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