BERLUSCONI E I TIMORI DEL VOTO: SE RENZI CROLLA SALTA IL PIANO B
UN PD DEBOLE RAFFORZEREBBE I CINQUESTELLE
Non c’è contraddizione tra il Berlusconi determinato a vincere con i suoi alleati e il Berlusconi preoccupato di veder perdere un avversario: in politica è necessario avere un «piano B».
E senza Renzi il «piano B» del Cavaliere salterebbe.
Perciò il leader di Forza Italia, che mira a conquistare la maggioranza di governo, osserva il progressivo logoramento del segretario democrat e lo teme: «Speriamo che regga», ha confidato dopo aver scorso l’ennesimo sondaggio.
Un conto è sconfiggere il Pd nelle urne, altra cosa sarebbe assistere al suo tracollo: l’eccessivo indebolimento dei democratici – secondo Berlusconi – porterebbe infatti a un rafforzamento politico, prima ancora che numerico, dei grillini nel prossimo Parlamento.
Il trend
E qualora non gli riuscisse il colpo grosso, se cioè il «piano A» fallisse, sarebbe poi complicato attuare il «piano B»: un Movimento Cinquestelle intorno al 30%, e magari primo partito nazionale, potrebbe pregiudicare se non addirittura impedire la nascita di maggioranze alternative.
Ecco la cosa che preoccupa maggiormente Berlusconi. Con un dettaglio ulteriore. Il trend negativo dei democratici – suo dire – potrebbe incidere anche sull’esito delle elezioni nei collegi uninominali.
Il voto grillino non è intellegibile, e non è scontato che lo scontro fratricida a sinistra finisca per agevolare la vittoria del candidato di centrodestra.
Lo schema
Questo schema appartiene alle dinamiche del sistema bipolare, che il Cavaliere giustamente considera superato.
La sua analisi semmai propone un’altra analogia con il passato, più specificamente con le elezioni del ’94 . Allora il Pds e il Ppi, artefici del Mattarellum, si scontrarono alle elezioni con l’obiettivo di accordarsi dopo in Parlamento per il governo. L’operazione saltò perchè – come disse il capo della sinistra Occhetto – nelle urne si era «dissolto il centro». Crollato uno dei due pilastri dell’intesa, Berlusconi ebbe la strada spianata per Palazzo Chigi.
La preoccupazione
Ecco un ulteriore motivo di preoccupazione per il fondatore del centrodestra, che invita il suo gruppo dirigente a insistere su una campagna elettorale tutta concentrata su M5S: «Il nostro avversario non è il Pd, sono i grillini».
La rappresentazione plastica di questo schema politico si è registrata nella Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche, dove – come rileva il capogruppo forzista Romani – «abbiamo tenuto un atteggiamento di grande responsabilità istituzionale».
A parte qualche sortita fuori dal coro sul «conflitto d’interesse della Boschi», che non è affatto piaciuta a Berlusconi, nessun azzurro ha attaccato la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio.
Il profilo
Il Cavaliere ha chiesto al suo partito un profilo basso, anche perchè «non sarà stata certo Banca Etruria la ragione delle difficoltà del sistema bancario».
Una linea peraltro già tenuta ai tempi della crisi di Mps, «a cui – disse allora il leader di Forza Italia – sono affezionato perchè fu il primo istituto a concedermi una linea di credito». L’approccio è chiaro, tuttavia Berlusconi ha ben presente che l’affaire banche può segnare le sorti elettorali di Renzi. E il suo «speriamo regga», fa seguito proprio ai report che gli segnalavano il netto calo di consensi del Pd.
La determinazione
Sia chiaro, l’ex premier è concentrato sul «piano A», e l’intervista al Tg1 nella quale si dice «certo che dopo il voto il governo sarà nostro e sarà Forza Italia a indicare il premier», è frutto di un sincero convincimento. L
o si può notare dalla determinazione con cui ha approcciato alla costruzione della coalizione. Sapendo che il suo risultato alle elezioni sarà comunque il suo peggior risultato di sempre, il Cavaliere non si è soffermato sulle percentuali che riuscirà a ottenere ma sulla base parlamentare che ogni lista riuscirà a determinare. Con un obiettivo finale: realizzare un gioco di squadra che serva ad ingabbiare Salvini.
La quarta gamba
La «quarta gamba» appena nata ne è l’esempio: il simbolo ha il logo e i colori che richiamano al vecchio Pdl; il nome è in evidente contrapposizione a quello che il segretario della Lega scelse per tentare di «sfondare» elettoralmente al Sud.
«Noi con l’Italia» è l’antitesi mediatica e politica di «Noi con Salvini», contrappone l’unità nel nome del Paese a quella stretta attorno a un leader, distingue i popolari dai populisti. Ma non basta.
Nell’operazione di accerchiamento al capo del Carroccio, Berlusconi vuole coinvolgere la Meloni «che è persona molto ragionevole» e con la quale «vorrò stringere un rapporto più stretto nelle prossime settimane».
Le voci
Il resto sono solo voci, come quella che accredita una pattuglia di maroniani, pronta a sganciarsi da Salvini se in Parlamento dovesse cercare di rompere con Berlusconi.
Insomma, una mini-coalizione dentro la coalizione, pronta a lavorare «nell’interesse del Paese». Ma ciò sarebbe possibile solo se – saltato il «piano A» – restasse in piedi il «piano B». Perciò Berlusconi spera che Renzi «regga».
Per evitare che l’incubo diventi realtà : «Tra un Pd alla deriva, i comunisti, i grillini, Salvini… chissà dove andremmo a finire».
(da “il Corriere della Sera”)
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