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“TROPPI ATTI VANDALICI”: L’AZIENDA DI BIKE SHARING GOBEE LASCIA L’ITALIA

Febbraio 14th, 2018 Riccardo Fucile

LA SOCIETA’ DI HONG KONG ERA PRESENTE DA ALCUNI MESI A ROMA, FIRENZE E TORINO… “DANNEGGIATE IL 60% DELLE BICI”

Gobee bike, società  di Hong Kong di bike sharing, presente da alcuni mesi a Firenze, Roma e Torino, lascia l’Italia e l’Europa.
Motivo, il vandalismo contro le proprie flotte di biciclette, che ha reso economicamente insostenibile la prosecuzione delle attività .
A renderlo noto, lo stesso colosso asiatico, con una mail inviata a tutti i propri utenti. Gobee bike ringrazia i Comuni «che hanno riposto fiducia nel progetto» e comunica di aver già  chiuso gli account degli iscritti, provvedendo a rimborsare ogni eventuale credito.
«Con tristezza annunciamo ufficialmente alla nostra comunità  di utenti la fine del servizio di Gobee bike in Italia, oggi 15 febbraio 2018 – si legge nel messaggio del colosso di Hong Kong – Lo scorso autunno Gobee bike ha iniziato la sua avventura in diverse città  europee. Abbiamo dovuto affrontare una serie di ostacoli, e purtroppo, tra tutte queste sfide, una in particolare ha rappresentato un problema che non potevamo superare: nelle ultime settimane i danni alla nostra flotta hanno raggiunto limiti che non possiamo più contenere con le nostre forze e con le nostre risorse».
Durante i mesi di dicembre e gennaio, spiega ancora la società , «le nostre biciclette sono diventate il bersaglio di sistematici atti di vandalismo, trasformandosi così in oggetti da distruggere per puro divertimento. Mediamente, il 60% della nostra flotta ha subito danneggiamenti, vandalismi o è stato oggetto di fenomeni di privatizzazione. Per questi motivi non c’è stata nessun’altra opzione se non procedere al termine del servizio a livello nazionale e continentale. Una decisione sofferta dal punto di vista morale, umano e finanziario».
Una bella immagine per il nostro Paese.

(da agenzie)

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IL DEPUTATO M5S CON 46.000 EURO SPESI IN PASTI

Febbraio 14th, 2018 Riccardo Fucile

MATTIA FANTINATI AMMETTE: “ALLA VOCE VITTO HO MESSO ALTRE SPESE PER COMODITA’ E LEGGEREZZA”

«Non ho pasteggiato a caviale e champagne». A un certo punto della telefonata Mattia Fantinati, originario di Nogara, una laurea in ingegneria gestionale con una specializzazione in Supply Chain Management alla Bocconi, ma soprattutto una legislatura appena conclusa con i Cinquestelle, si altera.
È stato proprio lui il primo fra i M5S a intervenire al Meeting di Rimini, ha sempre avuto un ruolo di primo piano e forse anche per questo è arrabbiato e alza il tono della voce. Non ci sta il deputato a passare per uno che ha trascorso la legislatura da un ristorante all’altro.
Dal sito «tirendiconto.it» risulta però che ha speso in vitto, ovvero in pranzi e cene, 46.391 euro.
Onorevole, è lei ad avere il primato fra i parlamentari pentastellati?
«Non lo so».
La cifra riportata dal sito è sbagliata?
«Non ho mai verificato».
Però dai resoconti risulta questa numero.
«Guardi, la voce vitto è una voce tecnica. All’interno della quale sono state inserite altre spese. Le ripeto, non ho pasteggiato a caviale e champagne. Ho solo inserito all’interno del vitto altre cose».
Quali?
«Ho utilizzato parte di quel budget per alcune consulenze con professionisti. Alcune spese le ho messe lì per comodità  e leggerezza».
Ma questa prassi era consentita o è stato lei ad aggirare l’ostacolo?
«A un certo punto ci hanno detto di specificare ogni cosa. Infatti, si può notare che negli ultimi due anni sono più preciso e regolare».
Riavvolgiamo il nastro. In questi cinque anni dove ha abitualmente pranzato o cenato?
«Dice sul serio o sta scherzando? Se vuole può chiedere ai commessi della Camera che mi hanno visto o alla buvette o alla mensa dei dipendenti. Eppoi con i vostri potenti mezzi potete controllare dove mangiavo, a che ora la facevo e quanto spendevo».
Quanto ha speso mediamente per i pranzi e per le cene?
«Per carità , perchè insiste? Posso capire che sia molto più interessante sapere dove mangi. Ma sono davvero questi i problemi degli italiani? Io vorrei parlare di lavoro, immigrazione, di programmi».
Ritorniamo sui 46.391 euro di cui si parla nel rendiconto.
«Basta, sono soldi privati. Perchè non ponete la stessa domanda a qualsiasi altro parlamentare di qualsiasi altro gruppo? A giudicarmi saranno gli attivisti dei cittadini che dovranno trarre le loro conclusioni».

(da “il Corriere della Sera”)

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SALVINI FAN DI DE ANDRE?’ LASCI PERDERE, L’OPERA DI FABRIZIO E’ CONTRO LA SUA POLITICA

Febbraio 14th, 2018 Riccardo Fucile

“SALVINI SCIACALLO, IGNORANTE E INCOERENTE, NON SEI DEGNO DI PRONUNCIARE IL SUO NOME ‘”

“Grande, unico Fabrizio. Per una volta dico Grazie alla Rai”: è un messaggio chiaro e preciso, quello riguardo al film di Rai Uno Fabrizio De Andrè – Principe Libero che rimbalzato su Facebook di bacheca in bacheca, ma a lanciarlo non è stato un semplice estimatore della poesia di Faber, bensì il leader della Lega, Matteo Salvini, che nelle ore di messa in onda della pellicola ha fatto sapere ai suoi follower di amare incondizionatamente l’artista scomparso.
Il suo post è diventato ben presto virale, ottenendo però l’effetto contrario da quello voluto dal politico: sotto al suo messaggio, infatti, a spiccare non sono stati tanto i commenti di apprezzamento, quanto quelli degli avversi dell’europarlamentare, che hanno voluto dargli una lezione sulla musica di De Andrè: “Ignorante e incoerente, l’intera sua opera è contro di te”.
Il film Principe Libero ha riscosso un gran successo di pubblico, battendo nettamente la concorrenza nel Prime Time di martedì 13 febbraio. Tra gli spettatori estasiati che non sono riusciti a staccarsi dal piccolo schermo, evidentemente, c’era anche il capo della Lega, che ha espresso il fascino del film sui social, forse non pensando di scatenare un vespaio di polemiche.
“L’intera opera poetica di Fabrizio De Andrè è una limpida, ostinata e struggente dichiarazione d’amore per gli ultimi, gli emarginati e le vittime dell’ingiustizia sociale” gli fa sapere ad esempio un utente su Facebook, ottenendo il plauso degli altri internauti.
“In sostanza: chi ascolta e comprende De Andrè non può che ritenere Salvini un avversario politico”. Un pensiero tagliente da digerire per il leader politico, ma ci sono stati altri utenti che hanno usato parole ancora più dure: “Non sei minimamente degno di pronunciare quel nome, anche perchè sui valori contenuti nelle sue canzoni – come il rispetto per gli ultimi, la dignità  incondizionata e il senso di appartenenza ad un genere e non ad una razza -, tu ci sputi continuamente sopra”.
“Se solo Faber fosse ancora vivo, probabilmente le direbbe, con quella sua particolare ironia, che lei è un misto d’incoerenza e ignoranza. Se ne faccia una ragione” scrive ancora un altro estimatore sul profilo social di Salvini.
“Se fosse vivo De Andrè si vergognerebbe di averti come suo fan” critica infine un oppositore del leghista, prima di dargli un consiglio: “Ascoltati ‘Oh mia bella Madunina’ e non dissacrare un mito anarchico di sinistra, sempre dalla parte dei più deboli. Mica come te, pronto a sciacallare su qualsiasi fatto di cronaca. Sciacquati la bocca quando lo nomini. Sei pericoloso, tu e i tuoi servi!”
“Lascia stare Fabrizio, dai… Davvero, Matteo… Per favore. Abbi pietà ” gli scrive più ironicamente un ragazzo, e una donna chiosa: “De Andre lascialo stare. Uno come lui preferirebbe insulti da gente come te, ma non complimenti”.
Il politico – che poco prima dell’inizio del film su Faber era in onda su La7 per un confronto a Otto e mezzo con Laura Boldirini – non ha risposto alle accuse di opportunismo ricevute sul social di Zuckerberg. Del resto, De Andrè è sempre stato uno dei miti anarchici e tentare di farlo diventare un mentore di chi guarda a destra non è stata una mossa vincente per Salvini.

(da “Huffingtonpost”)

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QUANDO GLI ACCUSATI DELLA RIMBORSOPOLI GRILLINA GLIELE CANTAVANO ALLA KASTA

Febbraio 14th, 2018 Riccardo Fucile

ERANO SPECIALISTI NEL FARE LA MORALE AGLI ALTRI, ECCO COSA DICEVANO

Il MoVimento 5 Stelle ha annunciato sulla sua pagina Facebook che sta procedendo con i controlli per mettere fuori dalla porta quelli che non hanno donato tutto quello che avrebbero dovuto.
Per ora sono emerse irregolarità  da parte di Andrea Cecconi, Carlo Martelli, Maurizio Buccarella, Ivan Della Valle e Emanuele Cozzolino. Sono questi i cinque nomi, ma Beppe Grillo ha parlato di “dieci o dodici persone” due in più della lista delle Iene, di coloro che hanno “esagerato un po’ nel rimborso spese. Il Garante del M5S ha detto di voler regalare a costoro un libro dal titolo “Come smettere di fare schifo quotidianamente” che dovrebbe contenere “10 consigli che comunque loro non seguiranno“
Carlo Martelli si dimezzava lo stipendio?
Ad eccezione di Ivan Della Valle, che non è candidato alle prossime politiche, tutti gli altri quattro “sotto osservazione” sono stati messi in lista.
Questo significa che hanno ottime probabilità  di essere eletti ed entrare nel prossimo Parlamento. I primi due portavoce ad essere scoperti sono stati Andrea Cecconi e Carlo Martelli, che hanno anche annunciato di aver firmato un documento nel quale si impegnano a dimettersi il giorno stesso della loro elezione. Ma non è così semplice perchè — come sanno tutti tranne il Vicepresidente della Camera Luigi Di Maio — le dimissioni dovranno essere approvate dalle rispettive Camere.
Il MoVimento 5 Stelle ieri (13 febbraio 2018) prometteva controlli severi per espellere tutte le “mele marce” che saranno senza dubbio punite. Non si sa come, visto che la possibilità  di tornare in Parlamento e starci altri cinque anni non sembra una punizione poi così terribile.
Questi controlli il M5S avrebbe dovuto farli prima, se non durante tutta la legislatura almeno prima dell’apertura della lotteria dei click delle Parlamentarie, esattamente un mese fa. Ed invece la “selezione ferrea” operata da Di Maio in persona e dallo Staff di Rousseau di “mele marce” ne ha fatte passare parecchie.
Perchè anche se non c’è nulla di penalmente rilevante nel comportamento dei parlamentari pentastellati beccati a non versare nel fondo del microcredito è impossibile far finta di non vedere l’elefante nella stanza rappresentato da quello che gli stessi andavano predicando.
Ad esempio il buon Carlo Martelli — come tutti i 5 Stelle — ci ha fatto una testa così sul fatto che loro sono “più onesti” e “più trasparenti”. Pensate, il M5S durante la campagna sul referendum costituzionale ha addirittura presentato   un DDL per “dimezzare lo stipendio di tutti i parlamentari”.
La firmataria del provvedimento era quella Roberta Lombardi che anche se non è implicata nella vicenda “rimborsopoli” avrebbe molte cose da chiarire sui suoi rimborsi.
Martelli, come tutti i pentastellati, era uno che amava fare la morale agli altri ricordando ad esempio come “i soldi degli stipendi dei parlamentari del #M5S tornano ai cittadini”. Forse non è proprio così vista la situazione in cui è coinvolto Martelli.
Sempre nel 2015 Martelli pubblicava indignato le foto delle vacanze di Matteo Renzi con i soldi degli italiani. Ed è curioso che Martelli sia stato beccato a non rendicontare correttamente quello che ci faceva lui coi soldi dei cittadini.
E cosa dire di questa frase, forse profetica, di Martelli che nell’ottobre 2014 accusava Renzi di “versare il nulla nel niente”. Evidentemente c’è un problema di versamenti generalizzato in Parlamento
Maurizio Buccarella faceva la morale ai parlamentari PD che non rispettavano il regolamento
Purtroppo non possiamo parlare di quello che scriveva sugli “altri” Andrea Cecconi, perchè il deputato marchigiano ha oscurato la sua pagina Facebook. Online ci sono però ancora le dichiarazioni di fuoco dei suoi compagni di sventura. Prima delle elezioni del 2013 Maurizio Buccarella faceva la morale al Partito Democratico dove — secondo il regolamento interno — i parlamentari non possono fare più di tre legislature. Ed è interessante che proprio Buccarella sia stato beccato a non rispettare il regolamento interno del suo partito.
Il senatore, che di mestiere fa l’avvocato, sostiene di aver revocato bonifici di “restituzione” per 12mila euro perchè aveva intenzione di cambiare conto corrente in quanto aveva intenzione di chiudere il conto nei mesi successivi.
Fa sorridere che nel 2013, assieme ai suoi colleghi senatori del M5S, Buccarella abbia esposto un cartello nel quale invitava gli altri senatori (quelli della Casta) a restituire anche loro. Non era una cosa difficile da farsi, spiegavano i pentastellati “se possiamo farlo noi, potete farlo anche voi!“. Evidentemente era più difficile del previsto visto che nemmeno “loro” lo hanno fatto.
Ivan Della Vallle e la forza del Microcredito dell’onestà 
Si arriva poi al caso dell’unico dei cinque che non è ricandidato. Ivan Della Valle ha annunciato ieri su Facebook il suo addio al M5S ricordando le sue numerose battaglie contro la Direttiva Bolkenstein. Non ha dato alcuna spiegazione circa “il recente caso mediatico sulle rendicontazioni M5S ha visto coinvolti diversi parlamentari tra cui il sottoscritto”. Della Valle si limita a una riga in cui scrive “Non mi soffermo sui problemi finanziari e personali che mi hanno portato a tutto questo, non sono scusanti”. Un po’ poco.
Anche perchè Ivan Della Valle avrebbe tanto da raccontare.
Ad esempio di quando nel 2016 attaccava Renzi che “vi prende in giro con le menzogne” mentre “ogni giorno i nostri FATTI lo fanno vergognare”.
Quali? L’unico “fatto” che i parlamentari del M5S (essendo all’opposizione) potevano rivendicare: il cosiddetto “microcredito a 5 Stelle” finanziato con i versamenti volontari dei parlamentari pentastellati. E sarebbe interessante sapere l’entità  degli ammanchi nei versamenti di cui è accusato Della Valle
l povero Della Valle ad agosto 2016 se la prendeva con gli “onorevoli” che hanno votato contro la proposta del M5S per ridurre del 50% gli stipendi.
Lo stesso mese Della Valle riceveva dalla Camera dei Deputati uno stipendio netto pari a 4.864,00 euro trattenendone “la metà ” ovvero 3.259,42 euro. Peccato che quella cifra corrisponda al 67% dello stipendio netto e no alla metà . Ma in questa situazione, c’è da dire, Della Valle non è certo il solo, anzi
Emanuele Cozzolino e i privilegi della casta
Last but not least il deputato veneto Emanuele Cozzolino. Anche lui su Facebook conferma che “a fronte di problemi personali” ha mancato di versare 13mila euro. Cozzolino ci tiene a ribadire che una parte di quei soldi “sono rimasti sul conto” mentre un’altra parte — che in nome della trasparenza non si sa a quanto ammonti — è stata utilizzata “forse con leggerezza” in un “momento di difficoltà  personale”.
Anche per Cozzolino come per tutti gli altri è iniziata la gogna ed è stato sommerso di insulti da parte di attivisti ed elettori del 5 Stelle. Lo stesso genere di insulti che generalmente venivano riservati agli appartenenti della tanto odiata casta.
Appena due giorni fa, il 12 febbraio, Cozzolino scriveva “tagliare gli sprechi significa smettere di pagare assicurazioni dei parlamentari per punture d’insetto, insolazioni, guida in stato d’ebbrezza. Significa ridurre gli stipendi dei parlamentari, come abbiamo già  fatto per i nostri”. Il MoVimento 5 Stelle vuole tagliare sprechi, privilegi e costi della politica. Però non riesce a farlo con i propri.
Basta fare un rapido giretto su Tirendiconto?? per accorgersi che il buon Cozzolino ha usufruito in più occasioni dei rimborsi previsti per l’assistenza sanitaria integrativa per i parlamentari e i loro familiari. Un privilegio che Riccardo Fraccaro (M5S) ha sempre detto che il MoVimento avrebbe abolito. Ma i 5 Stelle sono fatti così: contestano una cosa ma poi la usano.
Come fa la casta.
Appena un paio di mesi fa Cozzolino era a fare volantinaggio per le elezioni e distribuiva volantini che raccontavano “come sarebbe col movimento 5 stelle al governo” dove nel primo paragrafo si legge che i cittadini possono controllare come vengono spesi i contributi che il Parlamento versa ai pentastellati semplicemente “controllando i siti web”. Evidentemente non era così.
Ed evidentemente i controlli non sono stati sufficienti, perchè forse è mancato qualcosa: l’onesta e la trasparenza.

(da “NextQuotidiano”)

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NEGLI SPAZI ELETTORALI LE FACCE DEI MIGRANTI, LA PROVOCAZIONE: “VOTA PER ME”

Febbraio 14th, 2018 Riccardo Fucile

BLITZ NOTTURNO DI UN GRUPPO DI ARTISTI IN VARIE CITTA’ ITALIANE: “NON SI USINO LE STORIE DEI PROFUGHI PER LA GUERRA ELETTORALE”

Tranquilliziamo subito quelli che a malapena leggono i titoli degli articoli o che si soffermano a guardare frettolosamente le foto: Jasvir, Michael, Anayet, Mamhut, Zhang, Rahaman, Viltus e Ali non sono candidati.
I manifesti che in questi giorni vedrete in molte strade d’Italia sono solo una provocazione: legata alla campagna elettorale, certo, visto che il tema dell’immigrazione è attuale e oggetto di polemiche tra le coalizioni.
Negli spazi destinati ai manifesti che i partiti non occupano più, visto che i social hanno sostituito la propaganda fatta di faccioni sulle strade, da questa notte compaiono grandi fotografie. Ragazzi con la pelle nera o con gli occhi a mandorla, donne col il velo sul capo o giovani papà  che hanno rischiato la vita per fuggire dalla guerra. Primi piani realizzati da un gruppo di artisti che da anni sono impegnati anche nel sociale: c’è scritto “Vota per me” e questo potrebbe trarre in inganno i i soliti frettolosi.
Il messaggio ha bisogno di un po’ di attenzione: «Questa è la nostra risposta alla violenza verso i migranti che già  prima dei fatti di Macerata ha caratterizzato la campagna elettorale. Una campagna in cui tutti i partiti hanno strumentalizzato in una direzione o nell’altra il ruolo degli extracomunitari, scegliendo la semplificazione come caratteristica fondamentale del loro linguaggio».
Gli artisti che hanno scelto le foto lanciare un grido sulla discussione politica hanno fatto scattare la scorsa notte il loro primo raid. Incappucciati, armati di colla e manifesti, sono entrati in azione nelle strade di Trieste, Cagliari e Olbia. Nei prossimi giorni si sposteranno a Roma, Milano, Bologna, Forlì e Treviso.
La rete si allarga, non solo perchè il tema è sentito ma anche perchè le storie raccolte da Gianluca Vassallo (ideatore di questo nuovo progetto di “guerrilla art”) sono identiche a quelle di chi si ritrova ad avere paura a Macerata, di chi è costretto a vivere nelle panchine della stazione centrale di Milano, di chi annega sognando Lampedusa e di chi muore di fame e di freddo vicino al dormitorio di Torino. «Attraverso le facce e le storie dei migranti cerchiamo di riportare al centro del dibattito pubblico la verità  delle vite e la dignità  degli individui – sottolinea il fotografo
Gli spazi elettorali disertati dai politici diventano metafore, metafore del lavoro nei campi, del lavoro operaio, delle minuterie vendute agli angoli delle città , dell’assistenza agli anziani, della memoria dell’oppressione individuale e collettiva, metafora della fame di futuro».

(da agenzie)

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INVIA FIORI ALLE PERSONE FERITE DA TRAINI E RICEVE MINACCE DI MORTE: “I FIORI LI METTEREMO SULLA TUA TOMBA”

Febbraio 14th, 2018 Riccardo Fucile

AVEVA SCRITTO: “QUANDO STARETE MEGLIO SAREMO FELICI DI OSPITARVI IN SICILIA”… C’E’ CHI INVECE PREFERISCE UN INFAME TERRORISTA

Aveva inviato dei tulipani rossi alle persone rimaste ferite nella sparatoria di Macerata. Un pensiero corredato da un invito: “Quando starete meglio saremo felici di ospitarvi nella nostra Sicilia“.
Adesso, però, per quel gesto viene minacciato di morte. “Se inviti ancora quei bastardi a casa nostra, i fiori li metteranno sulla tua cassa da morto“, c’è scritto su in biglietto indirizzato ad Antonio Rubino che ha denunciato l’episodio alla Digos che sta indagando.
Nel giorno della manifestazione   di Macerata, avevano inviato un mazzo di fiori ai sei migranti rimasti feriti nel raid xenofobo di Luca Traini.
A corredo un biglietto che recitava: “Avremmo voluto essere in piazza per difendere voi, noi stessi e la nostra bandiera nazionale dalla violenza razzista, perchè un fatto del genere non accada più. Le autorità  locali hanno chiesto di evitare. Questi fiori valgono come segno della nostra vicinanza e della nostra volontà  di riscattare l’Italia dalla barbarie in cui vorrebbero portarla. Quando starete meglio saremo felici di ospitarvi nella nostra Sicilia culla di civiltà  e città  dell’accoglienza per abbracciarvi di persona”.

(da agenzie)

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PROCESSO CAPPATO: PER LA MORTE DI DJ FABIO ATTI RINVIATI ALLA CORTE COSTITUZIONALE

Febbraio 14th, 2018 Riccardo Fucile

AFFINCHE’ VALUTI LA LEGITTIMITA’ DEL REATO DI AIUTO AL SUICIDIO

Nè assoluzione nè condanna per Marco Cappato, accusato di avere aiutato Dj Fabo a morire in Svizzera con il “suicidio assistito”.
La Corte d’Assise di Milano ha infatti deciso di trasmettere gli atti alla Consulta affinchè valuti la legittimità  costituzionale del reato di aiuto al suicidio nel processo all’esponente dei Radicali e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, imputato per la morte di Fabiano Antoniani, 40 anni, noto come dj Fabo, in una clinica svizzera col suicidio assistito il 27 febbraio 2017. I pm chiedevano l’assoluzione; in subordine avevano proposto l’eccezione di illegittimità  costituzionale.
Il processo a Cappato davanti alla Corte presieduta da Ilio Mannucci Pacini (a latere Ilaria Simi De Burgis e sei giudici popolari) era iniziato lo scorso 8 novembre. Ed è scaturito prima dall’autodenuncia dello stesso Cappato ai carabinieri di Milano il 28 febbraio 2017, il giorno dopo la morte nella clinica Dignitas di Antoniani, e poi dalla decisione del gip Luigi Gargiulo, che respinse la richiesta di archiviazione della Procura e ordinò l’imputazione coatta per l’esponente radicale spiegando che l’imputato non solo aiutò Fabo a suicidarsi, ma lo avrebbe anche spinto a ricorrere al suicidio assistito, «rafforzando» il suo proposito.
Nel corso del dibattimento ci sono stati molti momenti toccanti, dolorosi e angoscianti come la proiezione in aula dell’intervista che Fabo rilasciò a Le Iene un paio di settimane prima di andare, accompagnato in auto da Cappato, nella struttura vicino a Zurigo. «Andrò via col sorriso perchè vivo nel dolore», diceva, prima di essere colpito da una delle tante crisi respiratorie, Antoniani, cieco e tetraplegico dopo un incidente stradale nel 2014. Davanti a quelle immagini anche il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, come tanti in aula, si era commossa.
«Sono assolutamente convinto della mia scelta – diceva ancora Fabo – la mia vita è insopportabile, è una sofferenza immane».
Poi la testimonianza della madre, Carmen Corallo, che prima che Fabo schiacciasse con la bocca il pulsante ebbe la forza di dirgli: «Vai Fabiano, la mamma vuole che tu vada».
La fidanzata, Valeria Imbrogno, poi, ha raccontato che per Fabiano ciò che era più insopportabile era la cecità  e fece anche lo «sciopero della fame e della parola» coi suoi cari per non essere fermato.
I pm Siciliano e Sara Arduini avevano chiesto l’assoluzione mettendo in luce che Cappato aiutò Fabo «a esercitare un suo diritto, non il diritto al suicidio ma il diritto alla dignità » nel morire. In subordine, avevano chiesto la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale per la valutazione della legittimità  del reato di aiuto al suicidio, previsto dall’articolo 580 del codice penale. Sulla stessa linea erano anche le richieste dei difensori di Cappato.
L’associazione Luca Coscioni ha definito la trasmissione alla Consulta «un’occasione senza precedenti per superare un reato introdotto nell’epoca fascista» e consentire alle «persone capaci di intendere, affette da patologie irreversibili con sofferenze, di ottenere legalmente l’assistenza per morire senza soffrire anche in Italia, senza bisogno di dover andare in Svizzera». L’associazione già  ieri, in un documento, elencando gli esiti possibili del processo di Milano, sottolineava come proprio il rinvio alla Corte Costituzionale potesse fare chiarezza su un reato, di cui lo stesso Cappato era accusato, ritenuto ormai superato.
La pronuncia della Corte Costituzionale, oltre a incidere sul processo a Cappato, potrebbe indicare una strada in una materia, quella del “fine vita”, che pone molti interrogativi etici e giuridici e solo con la recente legge sul testamento biologico ha trovato una prima risposta da parte della politica.

(da “La Stampa”)

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GASPARRI “THE MAN” E QUEL NEURONE CHE ATTACCA FAVINO

Febbraio 14th, 2018 Riccardo Fucile

IL FATTO CHE SIA VICEPRESIDENTE DEL SENATO FA CAPIRE CHE PER L’ITALIA NON C’E’ SPERANZA

Come molti sanno, il presto 62enne Maurizio Gasparri è la prova vivente di come la Teoria dell’evoluzionismo di Darwin abbia non poche falle nel sistema.
Luttazzi diceva che Gasparri è l’unico convinto che le sliding doors dei supermercati si aprano solo per coincidenza quando ti avvicini, e verosimilmente non era una battuta.
Costante vittima di se stesso, dotato di una voce drammaticamente borbottante nonchè intriso di una sfavillante incapacità  trasversale che lo accompagna pressochè ogni giorno, Maurizio “The Man” Gasparri — anche se non sembra — è vicepresidente del Senato.
E già  solo questo fa capire come l’Italia non abbia speranza alcuna di redenzione. Studiosi di ogni Paese si arrovellano da anni attorno a due dilemmi.
Il primo: quando Gasparri insiste sul fatto che sua moglie lo ritiene affascinante perchè “somiglio ad Al Pacino”, scherza o asserisce il vero?
Il secondo: Gasparri ha mai detto qualcosa di sensato? Pare di no, anche se nel settembre del 2017 lo studioso Stanislas Thelonius Bottazzi dell’Università  dell’Ohio ha scoperto — dopo lunghissime ricerche — dei fonemi gasparriani mediamente sensati. Poi però si è scoperto l’arcano: a parlare non era Gasparri, ma Neri Marcorè che lo imitava.
Sabato sera, dopo che Pierfrancesco Favino aveva magistralmente interpretato a Sanremo il monologo tratto da La notte prima delle foresta di Bernard-Marie Koltès, Gasparri ha dato ulteriore prova della sua attività  faticosamente mono-neuronica: “Penoso #Favino”, ha cinguettato.
Gli ha fatto eco, in un parossismo di niente, Matteo Salvini, non per nulla suo alleato. Per un tizio che ha dato il nome a una legge (chiaramente orrida) che lui stesso pare non aver neanche letto e men che meno capito, tali mirabili elargizioni di scibile non stupiscono.
Del resto, proprio su Twitter, Gasparri sa dare il meglio di sè. Che peraltro non esiste. Qualche esempio.
Parlando di Giorgia Meloni, Maurizio “The Man” scrive: “È figlia della destra e proprio per quello le chiesimo la disponibilità ”.
Di fronte allo zimbellamento generale (uno dei tanti) per quel verbo sbarazzino, lui dà  coraggiosamente la colpa a uno stagista e lo caccia.
Un utente gli manda poi la foto di Jim Morrison, spacciandolo ironicamente per un criminale clandestino: Gasparri ci casca come una pera cotta e dice che è “una vergogna”. Quando poi gli fanno notare che quello lì è (stato) una delle rockstar più note al mondo, si vanta di non conoscerlo.
Insulta quindi una fan di Fedez (da lui chiamato “cosodipinto”), irridendola per il peso e scrivendo: “Meno droga, più dieta, messa male”.
Per molto meno un politico verrebbe cacciato, ancor più con la faccia (e lo sguardo) che si ritrova Gasparri, ma in Italia è tutto un ridere. Ah ah ah.
Nel frattempo “The Man” crede alla bufala delle rapite Greta e Vanessa, secondo la quale avrebbero fatto sesso con gli aguzzini, e sintetizza così: “#VanessaeGreta sesso consenziente con i guerriglieri? E noi paghiamo!”.
Mentre il Tso tarda colpevolmente ad avere luogo, Gasparri litiga con il Puffo Brontolone, sul serio: non è una battuta.
Rischia di scatenare la Terza guerra mondiale insultando l’Inghilterra durante i Mondiali (“Fa piacere mandare a fare… gli inglesi, boriosi e coglioni”) e la Merkel (“impietoso il paragone tra orrenda Merkel e giovani argentine inquadrate poco fa”), continuando peraltro ad atteggiarsi comicamente per un figaccione che può dare lezioni di eleganza e bellezza.
Si potrebbe andare avanti a lungo, ma non ne vale la pena.
In fondo parliamo solo di Gasparri. In fondo parliamo solo del vicepresidente del Senato.
Cosa vuoi che sia, nel perenne Paese di sottosopra.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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OMBRE SUI CONTI DEL M5S IN EUROPA

Febbraio 14th, 2018 Riccardo Fucile

L’ADDIO DI BORRELLI E’ UN TERREMOTO

«Perchè uno dovrebbe passare a un altro gruppo per motivi di salute? Non poteva dimettersi?».
A Luigi Di Maio spunta una smorfia nervosa: «È un disastro…». Il candidato premier è incredulo quando gli leggono il comunicato del capo delegazione Laura Agea: David Borrelli ha lasciato il gruppo degli europarlamentari e contemporaneamente ha abbandonato per sempre il M5S, «obbligato da motivi di salute».
Borrelli non è uno qualsiasi nel M5S: primo consigliere grillino eletto, a Treviso nel 2008, è il numero tre dell’associazione Rousseau, ed è assieme a Max Bugani il braccio destro di Davide Casaleggio, uno che si sentiva al telefono con il padre Gianroberto un paio di volte al giorno. Era nel cuore della macchina della propaganda e del potere del M5S. Borrelli non aveva anticipato nulla a nessuno e come se niente fosse, a mezzogiorno, ha scritto un post su Facebook. Poi, è scomparso. Ha chiuso il telefono e si è reso irrintracciabile.
Le domande che si rincorrono dopo si ripetono uguali. Perchè lascia pure il M5S? Perchè non ha scritto lui il comunicato? Di Maio è asserragliato nella sede del comitato elettorale, con tutto lo staff. Non hanno una risposta chiara. I sospetti che voglia lasciare proprio ora perchè è al secondo mandato, cioè l’ultimo per i 5 Stelle, si sprecano. Finchè le troppe coincidenze cominciano a sbrogliare il giallo.
Le Iene, ancora loro. Il programma Mediaset è sulle tracce di Borrelli. Qualcosa non tornerebbe del totale dei versamenti che il gruppo dei grillini europei ha dichiarato di aver versato nel fondo per la microimprenditorialità  del Mise: 606 mila euro. Era un impegno preso volontariamente.
Gli europarlamentari infatti sono esentati dalla regola che impone ai 5 Stelle il taglio dello stipendio. Di loro iniziativa avevano deciso di devolvere la quota fissa di mille euro per le piccole e medie imprese, un settore che Borrelli ha avuto sempre a cuore. Ma in quella cifra ci sarebbe un buco.
Le Iene stanno cercando Borrelli per chiedergli una spiegazione. Il grillino non è solo il fedelissimo di Casaleggio, ma anche il capo-ombra della squadra europea: fu lui a tentare il blitz segreto per portare – e avere così accesso a maggiori fondi – il M5S dal gruppo degli euroscettici, di cui era copresidente in condivisione con Ukip, ai liberali filo-Ue dell’Alde. Nigel Farage chiese e ottenne la sua testa. Sempre a lui, poi, il M5S aveva affidato l’organizzazione di Italia a 5 Stelle a Rimini e quindi i contributi raccolti per la festa di settembre.
Pubblicata la notizia del suo addio, La Stampa è stata contattata da una fonte che ha chiesto l’anonimato. Si tratta di un suo ex collaboratore veneto. «Andate a vedere le due case che possiede, a Bruxelles e a Strasburgo. Poi chiedetegli delle ristrutturazioni della sede della sua società , la Trevigroup, in via Castagnole a Treviso».
Nella casa a Bruxelles ha anche il suo ufficio e vive con la compagna Maria Angela Riva, da cui aspetta un bambino. Fu per lei che Borrelli finì nella bufera, a ottobre: si scoprì che, per averla con sè, la fidanzata era stata assunta da un’altra europarlamentare grillina, Isabella Adinolfi. E sarebbe stato sempre questo il motivo di recenti screzi con Casaleggio.
Attraverso la biografia di Borrelli si può leggere gran parte della storia del M5S. Licenza di terza media, pizzaiolo, poi tecnico informatico, il blog di Grillo lo lancia come «il consigliere più povero d’Italia». Borrelli però è un ambizioso.
Scala il M5S e diventa l’anello di congiunzione tra Casaleggio Sr e il mondo delle pmi venete. È membro del pensatoio di Confapri, l’associazione delle piccole imprese fondata dal futuro assessore di Roma Max Colomban e da Arturo Artom, due nomi chiave nel mondo imprenditoriale della galassia dei Casaleggio.
Nel 2014 viene accusato di stalking dall’ex senatrice Paola De Pin che parla di sue pressioni a favore delle imprese venete. Due anni dopo l’ex collaboratore del M5S Caris Vanghetti dimostra, intrecciando i dati, che molti soldi del fondo per la microimpresa finiscono alle aziende associate della Confapri. Una vera e propria lobby grillina. Nel frattempo Borrelli diventa europarlamentare e la sua società  raddoppia il fatturato.
«Grazie alla rete Confapri, le aziende comprano da lui i software gestionali». La vita privata di Borrelli spesso si intreccia alla sua attività  politica. «L’ufficio di rappresentanza da europarlamentare in Italia, pagato con i soldi dell’Ue, è la casa dell’ex fidanzata fatta declassare da uso abitativo a commerciale» spiega la fonte. Paga anche una collaboratrice a Treviso: Valentina Gerosa, moglie del candidato sindaco del M5S, Domenico Losappio.
«Se dovete cercarlo – suggerisce la fonte – andate in Argentina. Anni fa ci ha lavorato e ci torna spesso da europarlamentare».

(da “La Stampa”)

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