Maggio 17th, 2018 Riccardo Fucile
TRE ANALISI DI SPECIALISTI CONCORDANO SUL DISASTRO POPULISTA
Quanto costa il contratto Lega-M5S?
Le prime stime, in attesa di definire più precisamente come si farà quello che si è promesso di fare, dicono circa cento miliardi l’anno.
Questo il “prezzo” dei tre punti principali del programma grilloleghista: il reddito di cittadinanza, il taglio delle tasse e il superamento della Fornero.
Mentre le misure farebbero schizzare il deficit dei conti pubblici al 5,5% del PIL nel 2019.
Il conto è stato fatto da Oxford Economics in un report redatto dall’economista Nicola Nobile: “I due partiti sono d’accordo su tre proposte economiche principali: un cambiamento nel sistema di protezione sociale (il reddito di cittadinanza), un taglio radicale alla tassazione sul reddito e una revisione della riforma pensionistica del 2011 (la riforma Fornero). Queste misure hanno un costo di circa 100 miliardi di euro all’anno (5,5% del Pil). Se attuate porterebbero a un drammatico deterioramento del deficit”.
Ma, ancora secondo Oxford Economics, “è improbabile che i mercati e la Commissione europea apprezzino simili proposte, quindi ci aspettiamo che vengano annacquate per rispettare il limite (del rapporto deficit/Pil ndr) del 3%“
Il reddito di cittadinanza arriverebbe a costare 30 miliardi, anche se la correzione imposta nell’ultima versione del contratto dovrebbe far scendere drasticamente il suo costo (ma le coperture non potranno venire, se non in minima parte, dal Fondo Sociale Europeo come auspicato nella bozza).
La Flat Tax circa sessanta e la riforma delle pensioni altri 15; in più ci sono 31 miliardi da rimediare nel biennio 2019-2020 per fermare l’aumento automatico dell’IVA con le due clausole di salvaguardia
I conti in tasca ai grilloleghisti
Questa spesa — spiega il report — porterebbe a una crescita boom del Pil del 3 per cento nel 2019 e del 2 per cento nel 2020, contro l’1,4 per cento atteso per il prossimo anno: ma non si tratterebbe, secondo Oxford Economics, di una crescita duratura, in quanto andrebbe affrontato in primo luogo il problema del debito pubblico, il secondo più alto dell’eurozona.
L’aumento vertiginoso della spesa porterebbe infatti l’Italia a «far fronte a tassi d’interesse significativamente più elevati in quanto i mercati avranno dubbi sulla sostenibilità della posizione fiscale del Paese».
L’agenzia di stampa AGI invece riporta le stime di Carlo Cottarelli, economista e già commissario alla spending review nel governo Letta, e del suo Osservatorio sui conti pubblici italiani istituito presso l’università Cattolica.
Secondo l’Osservatorio CPI, il reddito di cittadinanza avrebbe un costo stimato pari a 14,9 miliardi. Il numero proviene dall’Istat, ma bisogna dire che l’Inps ha una stima diversa e maggiore.
La flat tax voluta dal centrodestra — cioè con aliquota unica al 23% e no tax area fino a 12 mila euro — è una proposta diversa da quella della sola Lega, che vorrebbe un’aliquota unica al 15%, e che sarebbe dunque più costosa. Cottarelli dà una stima del costo solo della prima versione, che ammonterebbe a 64 miliardi di euro.
Secondo una stima riportata in un articolo del Sole 24 Ore nel gennaio 2018, a firma di Gianni Trovati, il costo di una flat tax al 15% sarebbe di 102 miliardi di euro l’anno.
L’abolizione della riforma Fornero, infine, avrebbe un costo di 21 miliardi di euro all’anno. Il costo totale delle tre proposte dipende da alcune variabili: se consideriamo la flat tax al 15% e le stime Inps sul reddito di cittadinanza, arriviamo a circa 160 miliardi di euro.
Se invece consideriamo la flat tax nella sua versione al 23% e le stime Istat sul reddito di cittadinanza, arriviamo a 90 miliardi.
Secondo i calcoli di Perotti la “stima realistica” del costo del reddito di cittadinanza è di 29 miliardi di euro all’anno.
La flat tax costerebbe poi tra i 50 e i 72 miliardi di euro all’anno in minori entrate, e l’azzeramento della riforma Fornero tra gli 11 e i 15 miliardi di euro all’anno.
Dunque il costo totale delle tre proposte, secondo Perotti, oscilla da un minimo di 90 miliardi di euro a un massimo di 116 miliardi di euro.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 17th, 2018 Riccardo Fucile
M5S E LEGA NON RIESCONO A CHIUDERE, IL NODO E’ CHI SI SIEDE A PALAZZO CHIGI
Ennessimo rinvio. Il programma di governo tra Lega e 5Stelle non è ancora chiuso. E non
lo è perchè la trattativa, quela vera, è ancora in alto mare e va ad oltranza: sul nome del premier Lega e Movimento 5 Stelle sono lontani dalla soluzione.
Un solo passo avanti: un parlamentare Cinque Stelle come primo ministro.
Secondo le ultime indiscrezioni i papabili sono: lo stesso Di Maio, Bonafede, Fraccaro, Crimi e Spadafora. In pole, proprio il capo politico del Movimento. Del tutto tramontata l’ipotesi staffetta tra il capo politico del Movimento e Matteo Salvini.
Al segretario del Carroccio dovrebbe essere affidata la guida del ministero dell’Interno.
Mentre per gli altri ministri “di peso” i nomi più probabili sono quello di Giampiero Massolo – presidente del cda di Fincantieri – agli Esteri e del grillino Bonafede alla Giustizia.
Il leghista Giancarlo Giorgetti è in pole position per il ruolo di sottosegretaro con delega ai Servizi mentre la Lega dovrebbe indicare i nomi per l’Agricoltura e il Turismo.
Mentre il ministero dell’Economia e quello delle Politiche Ue potrebbero essere affidate a tecnici. Un altro parlamentare M5S entrato in alcune rose di papabili, Emilio Carelli, smentisce di essere indisponibile a ricoprire il ruolo di premier: “Non è vero, sono e resto a disposizione del movimento”. Poi precisa: “Il candidato resa Di Maio”.
Novità anche sul fronte del programma: nonostante le richieste dei Cinque Stelle c’è un limite temporale previsto per l’erogazione del reddito di cittadinanza: sarà di due anni. I due leader, si apprende da fonti M5s, hanno sciolto i nodi relativi ai punti rimasti in sospeso. Il programma, confermano dai 5Stelle, ora sarà votato su Rousseau.
Ritorno al Quirinale.
Luigi Di Maio e Matteo Salvini potrebbero salire lunedì al Colle? “Una data realistica”, fanno sapere dal Movimento 5 stelle.
Non sarebbero peraltro previsti altri incontri dei due leader, che nei prossimi giorni saranno impegnati sul territorio per iniziative elettorali e per l’appuntamento con i gazebo per illustrare il Contratto di governo ai rispettivi iscritti e simpatizzanti: Salvini sarà stasera ad Aosta mentre Di Maio a Monza.
Gentiloni: leader Ue preoccupati.
Mentre si definiscono gli ultimi tasselli del puzzle giallo-verde, parole sempre più allarmate arrivano dal premier ancora in carica, Paolo Gentiloni. Tra i leader europei circolano “preoccupazioni che io personalmente sento” su “tre capitoli” del futuro governo italiano, ha detto parlando a Sofia, a margine del vertice Ue-Balcani. Preoccupano le “posizioni italiane sulle grandi scelte internazionali”, finora “sempre condivise”, anche da “Tsipras e Orban”. E poi gli effetti “delle politiche a debito” e un possibile cambiamento delle “politiche migratorie”.
(da agenzie)
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Maggio 17th, 2018 Riccardo Fucile
ANDREA SCANSI: “SARA’ UNA CAMPAGNA ELETTORALE PERENNE”
“Governo Salvini-Di Maio? Guardando ai numeri, credo che la trazione sarà grillina, perchè il M5s ha, più o meno, il doppio dei voti della Lega. Bisogna anche vedere di quale Lega si parla”.
Sono le parole del giornalista de Il Fatto Quotidiano, Andrea Scanzi, nel corso di Otto e Mezzo (La7).
E spiega: “E’ necessario capire se Salvini fa parte di questo governo con convinzione, avendo reciso il cordone ombelicale con Berlusconi, oppure se è lì con questo convitato di pietra che si chiama Silvio Berlusconi e quindi, non appena c’è la mal parata, Salvini fa cadere tutto. Ricordiamo, però, che la Lega ha meno numeri del M5S, ma è enormemente più smaliziata dei 5 Stelle, dal punto di vista governativo. Quindi” — continua — “credo che sarà una sfida tra i numeri del M5s e la maggiore esperienza della Lega. In più, a un certo punto può anche esserci una sorta di gara a chi fa cadere prima il governo o a chi dà la colpa all’altro.
Sarà , insomma, un governo, ma anche una perenne campagna elettorale”.
E aggiunge: “Tra le mille difficoltà che hanno Lega e M5s, c’è quella di trovare un punto di unione tra le smisurate promesse e la realtà dei fatti. Riguardo all’anti-europeismo, credo che questa sia una difficoltà maggiormente riscontrabile nella Lega che non nel M5s. Quando Salvini, rivolgendosi al Financial Times, ha detto “meglio barboni che servi”, parlava innanzitutto al suo elettorato, come a dire “adesso andiamo noi e non vi tradirò”. Se poi ci riuscirà , sarà tutto da vedere”.
Riguardo all’immigrazione e alla posizione del leader del Carroccio, Scanzi osserva: “Credo che concretamente Salvini si renderà conto dell’enorme distanza tra promesse e realtà . Sia lui, sia Di Maio come punto di contatto si attesteranno alle posizioni e alle metodologie di Minniti. Credo che non ci sarà un grande cambiamento di passo. Sarebbe, peraltro, l’unica maniera per tenere unite due forze come Lega e M5s, che sull’immigrazione sono più distanti di quello che sembrano”
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 17th, 2018 Riccardo Fucile
“APPREZZIAMO SFORZI M5S E LEGA PER ELIMINARE LE SANZIONI”
Come da copione, dopo aver fatto tutto il possibile per inquinare le elezioni nei Paesi
europei a vantaggio delle sedicenti forze sovraniste al soldo di Mosca, arriva puntuale l’endosement della oligarchia sovietica verso il governo M5S-Lega.
La volontà di ritirare immediatamente le sanzioni Ue alla Russia inclusa nel contratto di governo fra Lega e Movimento 5 Stelle è un “buon segno” anche se l’Italia sarà chiamata a uno “sforzo maggiore” in sede europea se davvero vuole che le sanzioni vengano abolite. Lo dice all’ANSA una fonte vicina al Cremlino.
“Non è possibile per nessuno Stato membro dell’Ue decidere in modo unilaterale la fine delle sanzioni”, ragiona la fonte.
Salvo che non esca dalla Ue, ovviamente.
La strategia degli ex comunisti russi riciclatisi in oligarchi corrotti e miliardari con la spartizione dei proventi del gas è chiara da tempo: appoggiare e finanziare tutti i movimenti che possono destabilizzare il continente per affermare la propria presenza militare e commerciale.
Se l’Europa si affrancasse dagli imperialismi Usa e russo, attraverso una linea autonoma, per i “padroni del mondo” sarebbe un guaio.
Per questo aiutano da una vita i servi.
(da agenzie)
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Maggio 17th, 2018 Riccardo Fucile
BLUFF REDDITO DI CITTADINANZA: NON PRIMA DEL 2020, CON PALETTI CHE ESCLUDONO MOLTI E COPERTURA INESISTENTE
Com’era prevedibile, il MoVimento 5 Stelle e la Lega ci ripensano sull’Europa e sull’euro e mollano la bomba del referendum e la proposta di cancellare il debito da parte della Banca Centrale Europea, cambiando prospettiva rispetto alla guerra a Bruxelles che soprattutto il Carroccio aveva promesso in campagna elettorale.
Alle questioni aperte si dà una prima risposta nel paragrafo “Debito pubblico e deficit” del contratto Lega-M5S, nel quale in primo luogo si auspica la riduzione del debito pubblico attraverso la crescita e gli investimenti ad alto moltiplicatore.
L’azione di Governo sarà mirata a un programma di riduzione del debito pubblico non già per mezzo di ricette basate su tasse e austerità , politiche che si sono rivelate errate ad ottenere tale obiettivo, bensì per il tramite della crescita del PIL attraversa la ripartenza della domanda interna e con investimenti ad alto moltiplicatore e politiche di sostegno al potere d’acquisto delle famiglie.
Al fine di consolidare la crescita e lo sviluppo del Paese riteniamo necessario scorporare la spesa per investimenti pubblici dal deficit corrente in bilancio, come annunciato più volte dalla Commissione europea e mai effettivamente e completamente applicato.
Per quanto riguarda le politiche sul deficit si prevede una programmazione pluriennale volta ad assicurare il finanziamento delle proposte oggetto del presente contratto attraverso il recupero di risorse derivanti dal taglio agli sprechi, la gestione del debito e un appropriato ricorso al deficit.
Poi si spinge allo scorporo della spesa per investimenti pubblici dal deficit corrente in bilancio, una promessa mai mantenuta dalla Commissione. Sul debito da far annullare a Draghi, la proposta è cambiata:
Riteniamo opportuno, come evidenziato dalla Corte dei Conti, intervenire per avere la massima trasparenza sulle operazioni in derivati effettuate sia dallo Stato che dagli enti locali con l’obiettivo di valutare le possibilità di miglioramento della spesa legata a tali strumenti. Ci attiveremo in sede europea per proporre che i titoli di stato di tutti i Paesi dell’area euro già acquistati dalla banca centrale europea con l’operazione del quantitative easing siano esclusi pro quota dal calcolo del rapporto debito-PIL.
Lega e M5S si attiveranno per cambiare il calcolo del rapporto debito-PIL sull’orma di quello che fa il Regno Unito. Si tratta, come per quella di ieri, di una proposta che dovrà trovare il necessario consenso all’interno delle istituzioni europee. Finora ci hanno provato in tanti, tutti con scarsa fortuna.
Il Sole 24 Ore sul punto segnala che anche questa strada, comunque, appare parecchio complicata perchè implicherebbe uno “sconto contabile” apparentemente generalizzato, ma nei fatti a vantaggio solo di pochi Paesi: e non avrebbe effetti finanziari perchè i titoli vanno in ogni caso onorati alla scadenza per evitare un evento di default.
Ammorbidita anche la parte sulla revisione dei rapporti con la UE, che dovrebbe però contemplare una ridiscussione del contributo italiano all’Unione, un ritorno all’ispirazione «pre-Maastricht» e un «superamento» della direttiva Bolkenstein nelle parti in cui ostacola «gli interessi nazionali»: un passaggio, quest’ultimo, che schiererebbe l’alleanza a fianco dei concessionari di stabilimenti balneari e del commercio ambulante.
Nei rapporti con la Ue rientra anche la questione banche, su cui viene proposta una «revisione radicale» del bail-in per offrire tutele più forti ai piccoli risparmiatori.
E infatti Claudio Borghi, onorevole leghista e specialista della questione europea, fa sapere che “se ci dicono di no” — come pronostica facilmente oggi Daniel Gros — prenderanno “le decisioni conseguenti”: ovvero quelle che oggi non sono nel contratto e che il M5S ha già dimostrato di non volere.
Ma un’altra interessante “modifica” riguarda anche il reddito di cittadinanza: in primo luogo non partirà prima del 2019 e più probabilmente nel 2020.
Tra i requisiti per ottenere l’assegno spunta anche un limite patrimoniale (ad esempio il possesso di immobili). Ma la parte più interessante è quella che riguarda il finanziamento.
Andrà avviato un dialogo nelle sedi comunitarie al fine di applicare il provvedimento A80292/2017 approvato dal Parlamento europeo lo scorso 6 ottobre 2017, che garantirebbe l’utilizzo del 20% della dotazione complessiva del Fondo Sociale Europeo per istituire un reddito di cittadinanza anche in Italia (unico paese europeo oltre la Grecia a non prevedere tale misura) anche invitando la Commissione europea a monitorare specificamente l’utilizzo del FSE per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, nonchè a valutare/esaminare, nella prossima revisione del regolamento recante disposizioni comuni sui Fondi strutturali (regolamento (UE) n. 1303/2013).
Scompaiono, infatti, tutte le idee sul fatto che il reddito di cittadinanza si finanzia da solo, di cui ha parlato nel marzo scorso a più riprese il professor Pasquale Tridico.
In compenso compare l’ideona di usare i soldi del Fondo Sociale Europeo per finanziare il reddito di cittadinanza.
Ma attenzione: l’Italia, ricorda il Sole 24 Ore, per i sette anni della programmazione 2014-2020 del FSE ha destinato 2,3 miliardi a questo capitolo su 10,2 della dote Fse. Quindi già oggi il FSE destina il 20%.
E c’è un altro problema:
Dalla dote europea del Fse se ne possono prelevare poco meno di 330 (milioni, ndneXt) che diventano 500 con il cofinanziamento nazionale: meno del 3%, briciole. Se poi si considera che già a fine 2017 più di un terzo di queste risorse era impegnato in progetti già avviati e circa il 10% era già stato speso, è evidente che la copertura europea si è ulteriormente assottigliata e continuerà a ridursi ancora.
Ma l’ostacolo principale ad utilizzare i fondi europei per il reddito di cittadinanza non è solo nell’esiguità dell’importo disponibile: se anche tutta la dote Fse di sette anni fosse destinata allo scopo, non basterebbe a coprire i costi di un solo anno della misura.
Il problema vero è che per dirottare qualsiasi importo del Fse al reddito di cittadinanza bisognerebbe rinegoziare uno per uno tutti i programmi operativi regionali (Por) e nazionali (Pon) definiti tra il 2013 e il 2014 tra regioni (o ministeri), governo nazionale e Commissione Ue, le basi su cui poggia ogni programma di spesa.
«Un lavoro di una complessità estrema, sia dal punto di vista politico che amministrativo» spiegano alla Dg Occupazione a cui compete la gestione del Fse.
«E se anche con una bacchetta magica tutti i programmi operativi italiani fossero per incanto rinegoziati, la cifra ottenuta sarebbe tutt’altro che risolutiva».
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 17th, 2018 Riccardo Fucile
“CAMBIARE I TRATTATI? MA LO SANNO CHE CI VUOLE L’UNANIMITA’ DI TUTTI GLI STATI EUROPEI?”…”HANNO CREATO UN DANNO GRAVE ALL’ITALIA: CHI COMPRERA’ I TITOLI, SAPENDO CHE QUALCUNO TRAMA PER NON RESTITUIRE I SOLDI?”
Daniel Gros, l’economista tedesco che dirige il prestigioso Center for european policy
studies di Bruxelles e che in molte occasioni ha dimostrato la sua sostanziale ostilità nei confronti della solidarietà europea, va all’attacco del governo Lega-M5S e in particolare della bozza circolata l’altroieri.
Ma Gros fa notare soprattutto che la proposta di cambiare i trattati è scritta sull’acqua:
«Non fa niente. Il solo fatto che qualcuno abbia pensato di inserire in un programma di governo assurdità come l’“auto-perdono” di 250 miliardi di debito, anche se poi se l’è rimangiato, aleggerà per sempre come una cappa inestinguibile sul vostro Paese. Senza contare il grossolano errore di attribuire alla Bce quello che sta nei forzieri della Banca d’Italia, che se li cancellasse farebbe un doppio danno al suo Paese. E poi, guardi, sono sicuro che loro lo pensano davvero. Sono stato proprio oggi a un dibattito con un eurodeputato leghista che ha placidamente ribattuto: ma che problema c’è? E questo l’ha detto a smentita ufficiale fatta».
E l’uscita dall’euro?
«Beh, l’avete sentito anche voi Grillo riprendere per l’ennesima volta il caso mentre la tempesta infuriava sui mercati. Non si rendono conto che Maastricht e le altre regole europee vincolano i Paesi e non i singoli governi. Questi possono cambiare, ma le regole europee sono lì, codificate».
La Lega risponde che si batterà per cambiare i trattati.
«Dato che serve l’unanimità , le probabilità sono zero. È solo propaganda, far parlare la pancia e non la testa. Populismo nel senso più letterale: le chiacchiere da bar, le proteste sterili e viscerali, diventano un programma politico. Anzi, un non-programma, perchè non dicono cosa fare se il loro tentativo va a vuoto, ma neanche se riesce»
E tanto per chiudere in bellezza, Daniel Gros pronostica anche la chiusura del Quantitative Easing: «Dopo questa “sparata” di Lega e M5S mi sembra impossibile. Chi continuerebbe a comprare titoli sapendo che sotto sotto c’è qualcuno che trama per non restituire i soldi?».
(da agenzie)
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Maggio 17th, 2018 Riccardo Fucile
IL PATACCARO ORA SI RIMANGIA LE POLEMICHE COI GRILLINI CON CUI DEVE SPARTIRSI LE POLTRONE … LA RISPOSTA DEI ROMANI: “CI RICORDEREMO DI SALVINI A OGNI BUCA CHE CENTRIAMO”
«Sono in una delle bellezze di Roma e almeno dove sono io ora, qui non ci sono buche». Durante la diretta Facebook in cui ieri ha gettato acqua sul fuoco delle polemiche per il contratto Lega-M5S, Matteo Salvini ha dato interessanti segni di convergenza con il MoVimento 5 Stelle su un punto che sarà di importanza fondamentale per la costruzione dell’intesa alla base del loro governo: la negazione della realtà .
Il leader che diceva fino a qualche tempo fa no a un governo Spelacchio ha infatti scoperto che nella Roma amministrata dallo stesso partito con cui sta stringendo un’alleanza politica non ci sono le buche — e forse a breve scoprirà che gli autobus vanno una meraviglia — un po’ come Pinuccia Montanari qualche tempo fa non vedeva neanche un topo.
Cristiano Davoli, presidente dell’associazione Tappami, gli ha risposto ieri a tono: Il leader della Lega (già Lega Nord — Roma Ladrona, Padania Libera) cambia idea. La Capitale è un’isola di buon governo. Apprendiamo con sincero sconcerto che il futuro junior partner nella coalizione di Governo con i 5 Stelle ha preso a pesci in faccia milioni di romani asserendo candidamente in una diretta Facebook che a Roma ‘non ci sono buche’ per poi aggiungere, con la coda di paglia, ‘almeno dove sto io’. Dove stava Salvini, ci chiediamo. In un parco alberato?”.
“Per noi e’ semplicemente incredibile che il desiderio di ingraziarsi i neo alleati porti ad un’affermazione cosi’ goffa e smaccatamente offensiva per tutti i cittadini di Roma. Da anni lottiamo con il collasso della manutenzione stradale firmato dal sindaco Virginia Raggi- prosegue Davoli- Da anni ci distruggiamo ruote e auto su strade colabrodo o rischiamo la vita sui veicoli a due ruote. Da anni i volontari della nostra associazione vanno in giro a tappare le buche piu’ pericolose chiamati dai residenti e con l’aperta ostilita’ del Comune e dei Municipi a guida 5 Stelle. Ed oggi, bello bello, il Salvini aspirante ministro scende a fare due passi e lascia ad intendere che tutto questo i romani se lo sono sognato. Che ‘dove sta lui’ tutto e’ posto. Buono a sapersi che la strada tra Lega e 5 Stelle e’ l’unica che questi ultimi si sono ricordati di asfaltare. Ci ricorderemo di Salvini ad ogni buca che centriamo nel mondo reale fuori dal palazzo”.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 17th, 2018 Riccardo Fucile
UNA NOTTE CONVULSA DI INCIUCI CON IL SOLO OBIETTIVO DI SEDERSI SU QUELLA POLTRONA
Pressing, fortissimamente pressing. La trattativa tra Movimento 5 stelle e Lega ieri ha
fatto uno scatto. E si è attestata sulla linea che vuole un esponente stellato a Palazzo Chigi. È lì che al momento si è bloccata.
Perchè Luigi Di Maio è tornato a spingere con decisione sul suo nome. “Se il premier deve essere politico, non ha senso che non sia lui”, spiegano i vertici del Movimento.
La notte romana è stata frenetica. Cronisti in caccia del capo politico 5 stelle alla festa di compleanno di Manlio Di Stefano, suo buon amico, a due passi dall’ambasciata francese. Un buco nell’acqua.
A due passi dal ristorante preferito del leader a tarda sera passa Lorenzo Fontana, tra gli indiziati ad entrare nella squadra di governo: “Non parlo di politica, sto andando a salutare dei colleghi”.
Li incrocia poco dopo, si ferma il tempo di un bicchiere e si infila nuovamente nella notte. Transita Sergio Battelli, deputato 5 stelle: “Non chiedetemi, non so nulla, sto lavorando per far partire il gruppo”.
È il tesoriere alla Camera, gioca una partita che si sta svolgendo su altri tavoli.
Più tardi, a notte inoltrata, un alto dirigente leghista a due passi da Montecitorio si lascia sfuggire che “ci sono nomi in campo, ma la partita principale non è quella”.
È nell’apparentemente placida oscurità romana, nell’umidità dei vicoli del centro, tra le mura di case coperte dal segreto e riscaldate dal bollire dei cellulari che la trattativa si infiamma.
Come in un Monopoli è la notte in cui si torna alla casella del via. I 5 stelle ricominciano a spingere su Di Maio premier.
I due leader fanno perdere le tracce, si mettono al sicuro da occhi indiscreti, incontrano potenziali ministri e futuribili presidenti del Consiglio.
La Lega tiene duro: “Abbiamo ceduto su Palazzo Chigi, non possiamo cedere su un nome che sia al di là dei due leader”. Vengono sondati alcuni nomi.
Quello che intercetta più consensi è quello di Emilio Carelli. Giornalista, uomo di mondo, parla tre lingue (inglese, francese e tedesco), ha lavorato per Murdoch in uno dei colossi mondiali della comunicazione, sarebbe una garanzia per Silvio Berlusconi visto il suo passato a Mediaset.
Viene sondato. Dà la sua disponibilità . È la Lega ad averlo indicato. Tra i 5 stelle non ci sono obiezioni di sorta.
Convince di più di Alfonso Bonafede, destinato ad altri incarichi, e di Vincenzo Spadafora, gran mediatore, smussatore di conflitti, sherpa di fiducia del leader, ma che non gode di un favore unanime tra le fila stellate, sia tra i più ortodossi sia tra i colonnelli legati maggiormente all’anima movimentista dei 5 stelle.
Avanza il nome di Vito Crimi, che viene gelato così da chi siede al tavolo delle trattative: “È una persona squisita, ma ce lo vedete a parlare con la Merkel?”.
Il borsino nella rosa dei nomi sì terzi ma comunque 5 stelle è in continua evoluzione. C’è una parte di robusta concretezza in alcuni di loro, altri sono gettati nel calderone per depistare. Perchè rappresentano tutti il piano B.
Nella battaglia l’obiettivo principale rimane uno: Di Maio presidente.
Lui forza la mano. In serata fa divulgare un’agenda fittissima di impegni, che lo porterà lontano da Roma dal primo pomeriggio di oggi, per vederlo rientrare solo nella notte di domenica.
Un’agenda in palese contrasto con la necessità di essere presenti fisicamente per la gestione di una trattativa così complicata. Il messaggio in bottiglia è: si chiude adesso, e si chiude sul mio nome.
Dal nuovo faccia a faccia tra i due leader sprizzeranno scintille. Che verranno celate agli occhi di spettatori indiscreti, nell’ennesimo incontro in una casa privata o al sicuro nelle inaccessibili stanze dei gruppi parlamentari.
Piano A contro piano B, mentre il sole è esploso su Roma, trascinando con sè i fumi dell’alcol, delle sigarette e di una notte convulsa di trattative senza sosta.
Oggi è un altro giorno. Forse quello decisivo.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 17th, 2018 Riccardo Fucile
CHISSA’ DOVE VIVEVANO: NOI LO SCRIVIAMO DA ANNI CHE CASALEGGIO E GRILLO PUNTAVANO ALL’ALLEANZA CON I RAZZISTI
Mentre il contratto Lega-M5S viaggia a ritmi poderosi, prosegue la rassegna degli esterrefatti per il fatto che Di Maio abbia fatto quello che era più naturale per un partito come il MoVimento 5 Stelle: si è alleato con la Lega.
Oggi tocca a una lettera firmata e pubblicata sul Fatto Quotidiano esprimere tutto lo stupore per l’ovvio:
Ho 69 anni e sono sempre stata di sinistra-sinistra ma ora per due volte ho votato M5S sperando veramente di scardinare il Parlamento, invece… Mai avrei pensato a un accordo M5S-Lega tanto più che Di Maio è napoletano. Come si può andare d’accordo con la Lega comandata da Berlusconi? Come si può accettare che Salvini diventi forse ministro dell’Interno?
Poveri noi: via tutti gli immigrati, autodifesa, più poteri alla polizia ecc… Inoltre niente inasprimento per la corruzione, evasione fiscale ecc… Senza contare la riabilitazione di Berlusconi. Sono veramente contro questo possibile governo.
Ieri anche un “vecchio comunista”, ospite a L’Aria Che Tira, ha manifestato tutto il suo stupore per l’alleanza con Salvini
Nei giorni scorsi era stato Tomaso Montanari ad auspicare che il M5S non trattasse “con la Lega razzista”.
(da “NextQuotidiano”)
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