Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile
DI MAIO VORREBBE UN PASSO INDIETRO DI SAVONA O AFFIANCARGLI MINISTRO DI PESO… NIENTE PIU’ TRICOLORE ALLE FINESTRE E IMPEACHMENT, SI TORNA ALL’AVANSPETTACOLO
E’ una notizia che potrebbe avere dell’incredibile, ma il M5S sta spingendo per riaprire i giochi a
un governo politico con la Lega.
La speculazione di queste ore fa paura.
Fonti del M5S confermano che si sono riattivati canali di comunicazione con il Quirinale per tentare la strada di una riconciliazione e riprovare a mandare alle camere, per chiedere la fiducia, un governo giallo-verde.
Se non subito, dopo un sostegno pilotato all’esecutivo neutrale di Cottarelli che possa far guadagnare tempo per ricostruire le basi di un dialogo con il Colle e placare i mercati. La legislatura sarebbe salva.
Quello che sappiamo finora è che diversi parlamentari leghisti e grillini sono stati preallartati, Luigi Di Maio ha annullato gli appuntamenti televisivi di oggi e di domani mattina, Cottarelli ha dilatato i tempi per la presentazione della lista dei ministri, l’impeachment del M5S contro Mattarella è ormai avviato al tramonto.
Resta il nodo del ministro dell’Economia.
I 5 Stelle hanno fatto sapere che non si opporranno a un passo indietro di Paolo Savona. Ma è una decisione che spetta alla Lega e che deve prendere Matteo Salvini assieme all’economista.
Il capo del Carroccio però appare granitico: su Savona non si cede.
Secondo i 5 Stelle, a questo punto, se il professore non si sacrificherà , l’unica mediazione possibile è l’affiancamento di Savona con altri ministri di peso e due sottosegretari.
Quando tutto sembrava ormai chiuso si riapre uno spiraglio, piccolo.
E’ una speranza del M5S forse, e non solo sua, ma la presenza di Giuseppe Conte, l’ex premier incaricato, fuori dalla Camera, beccato dalle telecamere del TgLa7, è una curiosa coincidenza.
(da “La Stampa”)
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Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile
“SE M5S E LEGA SI ALLEANO POTREBBE FORMARSI UN FRONTE COMUNE ANTI-SOVRANISTA”… “L’AREA SOVRANISTA NON VA OLTRE IL 35% E LA MAGGIORANZA DEGLI ITALIANI STA CON MATTARELLA”
La Stampa riepiloga oggi cosa pensano i sondaggisti dell’attuale situazione politica e dell’issue emergente che animerà il dibattito pubblico nei prossimi mesi, ovvero dell’uscita dall’euro che ha fatto irruzione durante la caduta del tentativo di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi.
Com’era ampiamente prevedibile, la tematica è un’arma a doppio taglio: se da una parte le affermazioni del tipo “i ministri ce li scegliamo noi italiani, non l’Europa” provocano il prevedibile ruggito della platea, dall’altra quella di uscire dall’euro e cambiare moneta è un’opzione che non vede molti entusiasti.
Antonio Noto spiega che attualmente il fronte sovranista è in vantaggio perchè «c’è stata una forte discrepanza: Di Maio e Salvini hanno comunicato molto le loro posizioni, su tutti i media, mentre il Presidente della Repubblica si è limitato a un’intervento» mentre forse ci sarebbe voluto un atto più solenne, magari un «messaggio a reti unificate».
Ma molto dipende anche dagli schieramenti con cui si andrà a votare, un’alleanza Lega-M5S potrebbe perdere qualche voto perchè «in politica 1 più 1 non fa mai 2, ma spesso fa 1,5…».
E a quel punto anche i partiti europeisti dal Pd a Fi potrebbero optare per un fronte comune «perchè sennò rischiano di essere polverizzati. E la partita si riaprirebbe».
Ma c’è chi aggiunge qualcosa in più, come Fabrizio Masia di EMG che segnala il rischio dell’arma a doppio taglio che può cambiare il corso di questa campagna elettorale: «Fi e Fdi valgono circa il 19% complessivamente e il centrosinistra da LeU al Pd non arriva al 25%. Ma bisogna vedere come l’opinione pubblica metabolizzerà quello che è successo e come e quando si andrà a votare».
Il più chiaro di tutti è Nicola Piepoli, convinto che il bacino di voti potenziali per la Lega abbia un limite strutturale:
«È un’area di tipo fascista, ultranazionalista. In Francia ha un limite intorno al 35%». Lo stesso si può pensare in Italia, ma «qui i voti di Salvini sono concentrati al Centronord… Insomma, la capacità di espansione di Salvini è di qualche punto percentuale. E la maggioranza degli italiani capisce che Mattarella ha agito per difendere il Paese, i nostri risparmi».
(da agenzie)
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Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile
SE VOGLIONO RASSICURARE I MERCATI SI SPARINO UN COLPO ALLA TEMPIA COSI’ GLI EREDI VEDRANNO CHE CALA SUBITO
Vedi alla voce non conoscere vergogna. 
Oggi che la febbre dello spread comincia a crescere Matteo Salvini e Luigi Di Maio fanno a gara a utilizzare il differenziale BTP-Bund per la loro propaganda elettorale. Salvini si limita a un “Chiedete a Mattarella” quando gli domandano dello spread. Con audacia e sprezzo del ridicolo, Di Maio invece lavora come spesso gli succede sulla scarsa, se non nulla, memoria dell’esercito di piccoli fà ns per continuare a offendere la realtà , la logica e la verità dei fatti.
Nella narrazione dimaiana la politica economica del MoVimento 5 Stelle non ha mai previsto l’uscita dall’euro, salvo raccogliere le firme per un referendum sull’uscita dall’euro che avrebbe dovuto tenersi, secondo le promesse del M5S, nel 2015.
Questa proposta era contenuta anche nella bozza di contratto insieme a quella di farsi annullare il debito dalla Banca Centrale Europea e a quella di togliere dal conteggio del debito pubblico quello posseduto da Francoforte: tutto ciò è stato letto da chiunque prima di essere cancellato con tutto quello che era aggressivo nei confronti dell’Europa nella bozza finale.
E se il giochino di dire “no ma io poi ci ho ripensato” funziona con il pubblico delle rockstar, quelli che investono di solito la terza media l’hanno finita da un po’.
Ma se la retromarcia sull’Europa imposta dal contratto poteva servire a salvare le apparenze, la battaglia sul nome di Paolo Savona, improponibile per quello che aveva detto e per quello che stava per dire nel libro in uscita, ha chiarificato che l’obiettivo di M5S e Lega era palese al di là dei contratti firmati.
D’altro canto non ci si gioca un governo per un nome, a meno che quel nome non serva per rompere il governo: prima che arrivi la fiducia, come è stato nel caso del povero Conte, oppure dopo per lucrare al massimo da posizione di forza alla prima avvisaglia di guerra con l’Europa come aveva intenzione di fare Salvini.
Lo spread oggi ha superato i 300 punti base andando oltre a quella che era stata definita la “soglia Monti”. L’ex premier a fine 2012 dopo circa un anno di governo aveva individuato come obiettivo per lo spread quota 287, ovvero la metà dei 574 punti che erano stati raggiunti il 9 novembre 2011 (con un rendimento al 7,47%) prima della sua entrata a palazzo Chigi.
Intorno alle 12 lo spread è risceso sotto la soglia a 278 punti con un rendimento del 3,07%.
Quando è cominciata questa corsa? Il 16 maggio scorso, ovvero il giorno successivo alla pubblicazione della bozza di contratto a cui lavoravano Lega e M5S.
Quel giorno il leader della Lega reagì proprio come ci si attendeva: disse che lo spread che sale riguardava i giochini di finanza ed è segno che stavanno facendo bene (cosa? Non avevano fatto nulla…).
Quel giorno, quindi, almeno non era colpa di Mattarella.
La situazione odierna invece è precipitata perchè Lega e MoVimento 5 Stelle, dopo aver rifiutato di fare il governo per non dover cambiare un nome, hanno cominciato ad accusare Mattarella di aver fatto fallire tutto.
Salvini, più furbo di Di Maio, ha mandato avanti lui e la Meloni a sostenere le accuse di alto tradimento e attentato alla Costituzione che hanno contribuito a gettare benzina sul fuoco dell’instabilità italiana, aumentata anche dalla certezza che il governo Cottarelli, che probabilmente arriverà oggi al Quirinale, non avrà la fiducia del Parlamento.
E infatti poco fa lo spread tra il Btp a due anni il corrispondente titolo tedesco è volato a 313 punti base, ai massimi dal 2012 quando l’Italia era nel pieno della crisi finanziaria.
Il titolo italiano rende il 2,38%. Il differenziale sulla scadenza decennale, invece, ripiega a 275 punti base con un rendimento del Btp al 3,03%.
Ovviamente è completamente inutile spiegare a chi non vuole capirlo che se il panico comincia a diffondersi è per l’intero quadro della situazione politica italiana, visto che con Cottarelli a cavallo il capro espiatorio perfetto è già a portata di tweet.
E che la situazione fosse esplosiva era facilmente comprensibile da quello che è successo nell’ultima settimana, quando la polemica sul nome di Paolo Savona ha cominciato a far capire a tutti che in ballo non c’era il nome del professore ed economista, ma un confuso vociare di gente che si diceva “arrabbiata” mentre altri mettevano il mipiace come gli adolescenti che hanno un problemino con la ragazza.
Allora, molto semplicemente, va spiegato che lo spread cresce perchè:
— Tutti hanno capito che il paese resterà per molto tempo senza un governo, perchè il progetto di Conte è finito sugli scogli del nome di Savona e ci aspettano nuove elezioni dall’esito ancora più incerto di quello del 4 maggio: Lega e MoVimento 5 Stelle si rubano i voti tra di loro e d’altro canto la Lega non ha ancora detto se si presenterà con il centrodestra o con i grillini in campagna elettorale;
I due partiti hanno però già annunciato il loro no a Cottarelli e questo fa saltare anche la possibilità di tranquillizzare la situazione nei prossimi mesi, che saranno di campagna elettorale non dichiarata; in mezzo ci sono le clausole di salvaguardia dell’IVA da evitare di far scattare e la legge di bilancio da fare, ma queste sono bazzecole;
— Alle prossime elezioni si combatterà una battaglia sull’euro e sull’Europa in cui la faranno da padroni i distinguo e i giochi di parole (un esempio da quella appena passata: i giochini di parole sul voler ridiscutere Maastricht facendo intendere che si parla dei trattati, sì, e nei trattati c’è anche l’euro).
Insomma, visto che questi elementi sono sotto gli occhi di tutti, nel valutare l’alibi di Salvini e Di Maio tenete a mente il motto di Agatha Christie: se tre indizi fanno una prova, tremilanovecentosettantasette indizi cosa fanno, un ergastolo?
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile
POI, USCITO DAL QUIRINALE, VUOLE METTERE IN STATO D’ACCUSA MATTARELLA… DOVREBBERO ESSERE RESI PUBBLICI I VERBALI, SAI CHE RISATE LA BASE GRILLINA CHE SUI SOCIAL INSULTA
Ugo Magri, quirinalista della Stampa che in questi giorni di crisi ha riportato le impressioni prima e le decisioni poi del Colle riguardo le possibili soluzioni di governo e il naufragio del tentativo di Conte, oggi ci racconta che dalle parti di Mattarella sono tutti molto arrabbiati per quello che è successo con Luigi Di Maio:
Certo, da Di Maio un voltafaccia così clamoroso il Presidente non se lo sarebbe aspettato.
Se c’è qualcuno che al Quirinale ha sempre riscosso la giusta attenzione riservata al nuovo, di cui i Cinque Stelle si sentono portavoce, quel qualcuno è stato proprio il loro capo politico.
Addirittura, in piena campagna elettorale, Di Maio aveva potuto consegnare la lista dei potenziali ministri, in questo modo legittimandosi quale forza di governo al di là dei legittimi dubbi.
C’è addirittura chi, tra i frequentatori del Colle, oggi abbozza un’autocritica per quella come per altre prove di fiducia, nell’insieme tali da attirare su Mattarella svariate critiche come egli stesso ha segnalato nel suo drammatico discorso domenicale alla nazione.
Va bene che in politica la riconoscenza è il sentimento della vigilia, però Di Maio ha esaurito sul Colle il proprio credito e, fino alla fine del settennato nel 2022, verrà trattato come un bugiardo: forse per questo lui sta tentando la via disperata dell’impeachment, sapendo che al Quirinale non se ne fideranno mai più.
Al punto ieri da smentire Di Maio pubblicamente («Non risponde a verità ») sui presunti nomi suggeriti al posto di Savona.
Tra le righe si spiega che Di Maio ha tenuto un atteggiamento molto diverso al Colle rispetto a quello che ha detto poi pubblicamente, tanto che sembra che al Quirinale qualcuno voglia proprio dargli del coniglio:
Addirittura, se i verbali dei colloqui nello Studio alla Vetrata venissero resi pubblici in nome della trasparenza, il leader pentastellato faticherebbe a spiegare a Grillo, a Casaleggio o a un Dibba come mai in presenza di Mattarella fosse stato così mansueto, ossequioso e perfino remissivo («Ci dispiace, Presidente, per questa insistenza su Savona ma sa, purtroppo la Lega si è impuntata in quel modo»), salvo trasformarsi subito dopo da dr. Jekyll in mr. Hyde.
Meglio Salvini, allora.
Con Mattarella ha avuto domenica un dialogo franco, e proprio per questo apprezzato dal Presidente che, forse, si sarà rammaricato di non aver colloquiato più spesso e direttamente con un leader spigoloso ma, perlomeno, in privato non così diverso da come appare alla gente.
C’entrerà qualcosa anche la strana polemica sui consiglieri del Quirinale che meriterebbero l’impeachment?
(da “La Stampa”)
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Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile
IL POVERETTO E’ BOLLITO E VUOLE CONSEGNARE IL M5S ALL’ALLENZA CON LA LEGA…NEANCHE SI RENDE CONTRO CHE SALVINI GLI STA PORTANDO VIA ELETTORI
Fermi tutti. Nessuno tocchi Matteo Salvini. Il futuro alleato. L’ordine di scuderia è partito. Lo
staff ha chiesto a tutti gli eletti del M5S di non rilasciare dichiarazioni contro la Lega, nessuna insinuazione tipo quelle che stanno circolando e che sollevano sospetti sul suo doppio gioco.
Usare la voglia di governo del M5S per crescere nei consensi e al momento opportuno rompere per tornare al voto e incassare il dividendo favorevole di questa infinita trattativa.
Sia andata così o no, l’ordine è smentirlo. Anche se basta una passeggiata a Montecitorio per ascoltare dalla viva voce di sconosciuti parlamentari grillini che è proprio quello che pensano. «Salvini è stato molto più furbo di noi» ammette Felice Mariani, ex bronzo olimpico nel judo.
I sondaggi
È da questa amara certezza che i vertici del M5S devono ripartire. E da due sondaggi. Uno che spaventa, l’altro che fa intravedere un’opportunità .
Il primo registra il calo più sensibile dei consensi dei grillini, per la prima volta sotto la soglia del 30%, al 29,5 (Swg), mentre la Lega schizza all’insù al 27,5%. L’altro invece è dell’Istituto Cattaneo e mostra come il 90% dei collegi andrebbe ai grillo-leghisti, in caso di un’alleanza pre-elettorale.
Ma è davvero possibile? Nella Bibbia pentastellata sarebbe vietato fare alleanze. Ma tante regole si sono rimangiati i grillini.
A domanda diretta Alessandro Di Battista, pronto a tornare dai suoi viaggi cheguevariani per abbattere il Batista di turno (ora è il Quirinale), non lo ha escluso: «È prematuro ma ora abbiamo un contratto comune» ha detto a Otto e mezzo.
In realtà gli strateghi del M5S, con l’assenso di Davide Casaleggio e in attesa di capire come la pensi Beppe Grillo, sono allo studio su due ipotesi.
La prima è la più difficile: una coalizione con la Lega, che però allontanerebbe immediatamente i voti da sinistra di chi con la Lega non vuole averci a che fare.
La seconda è più strategica: andare separati alle urne e unirsi dopo il voto.
Ma è uno scenario che sottintende la rottura di Salvini con Silvio Berlusconi, per evitare che il leghista giochi su due tavoli.
Alla testa del centrodestra, infatti, Salvini avrebbe due chance: vincere con la coalizione o, in caso di mancata maggioranza, rivolgersi ai 5 Stelle.
L’Opa leghista sul M5S
Di Maio ha capito che Salvini è stato politicamente più astuto e che conclusa l’Opa su Forza Italia potrebbe completare quella sul M5S.
Allora meglio scendere subito a patti. Ne hanno parlato durante l’incontro di ieri alla Camera, dove i due leader hanno discusso di come saldare l’asse nella commissione speciale e di come far partire le commissioni semplici.
Certo, hanno affrontato anche il tema dell’impeachment. I grillini vogliono tirare dritto: ma la messa in stato d’accusa «ci sarà solo se la Lega non si tirerà indietro».
Ha capito, Di Maio, che Salvini vuole frenare e che gli sta bene lasciare da solo il capo politico del M5S nei suoi nuovi toni incendiari.
La maschera moderata del grillino è caduta. Quello che per lui era un «nonno», Sergio Mattarella, che lo ha coccolato e gli ha dato l’occasione di maturazione politica, è ora il nemico numero 1.
E non fa nulla che possa apparire ingrato verso il Capo dello Stato. Non resta che inseguire la scia di Salvini, assecondare lo schema popolo vs èlite, attaccare l’Europa, i mercati, i consiglieri del Quirinale, la Germania.
Coprire le debolezze di un fallimento con le piazze. Anche se non saranno alleati, i 5 Stelle vogliono fare una campagna fianco a fianco alla Lega. Di Maio potrebbe non avere scelta. Anche perchè Di Battista ha confermato che tornerà candidato per le elezioni anticipate.
Ecco perchè, dismesso l’abito rassicurante, Di Maio sta già indossando i vestiti più movimentisti del «Dibba».
Bisogna partire subito e mediatizzare il conflitto, con una bulimica presenza nei programmi tv.
Portare tutto a un livello diverso dalla realtà , quello della propaganda, senza pensare alle contraddizioni in cui Di Maio è precipitato.
Per esempio dire di aver proposto a Mattarella per il Tesoro Armando Siri, un deputato della Lega che ha patteggiato per bancarotta fraudolenta e che per le regole inserite nel contratto per volontà del M5S non potrebbe fare il ministro.
(da “La Stampa”)
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Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile
NELLA SEDE RITROVATE ANCHE ARMI IMPROPRIE, MAZZE E COLTELLI
Sei militanti di Casapound sono stati denunciati dalla polizia per l’aggressione dello scorso 5 aprile a un simpatizzante del gruppo.
La vittima, 46 anni, è stato percosso con mazze e pugni davanti all’Asso di bastoni, sede del movimento di estrema destra. Il reato contestato è lesioni aggravate in concorso.
L’episodio in seguito a un diverbio tra la vittima dell’aggressione e il leader torinese di Casapound, Matteo Rossino, in occasione di un presidio in piazza Galimberti. Anche Rossino risulta tra gli indagati.
Gli agenti della Questura di Torino hanno sequestrato, a casa degli indagati e all’Asso di bastoni, un tirapugni con lama, un manganello, un coltello, una torcia allungabile, 14 mazze di legno, due tubi di ferro e uno di plastica rigida, due bastoni di carta pressata, due Jammer per rilevare le microspie
Uno dei denunciati, Pasquale Calabrà³, 50 anni, è stato arrestato per detenzione illegale d’armi. Nella sua abitazione, la Digos ha trovato una bomboletta spray con gas lacrimogeno. Un altro, invece, è stato denunciato perchè in possesso di un Teaser.
«I soggetti politici devono rispettare le regole come tutti i cittadini, altrimenti devono essere indagati e arrestati». Così il questore di Torino, Francesco Messina, a margine della presentazione delle indagini della polizia che per la prima volta ha portato alla perquisizione della sede torinese di CasaPound, in via Cellini.
(da agenzie)
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Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile
LA PRECISAZIONE DEL GIORNALISTA PONE FINE ALLA POLEMICA, SALVINI, DI MAIO E LA MELONI POSSONO RIPORRE LA TUTA MIMETICA DI CARNEVALE
Il capo della comunicazione di Deutsche Welle, Christoph Jumpelt, HA chiarito all’agenzia di
stampa Ansa come sia stato possibile l’errore nel tweet sull’Italia, relativo all’intervista al commissario europeo al Bilancio, Gunther Oettinger, che ha provocato molte reazioni indignate.
“Il nostro redattore purtroppo nel suo tweet non ha separato in modo chiaro la propria valutazione dalla citazione. Di questo ci scusiamo. Questo è stato corretto col tweet successivo”, afferma Jumpelt.
Inizialmente, il giornalista Bernd Thomas Riegert aveva scritto in un tweet che il commissario Oettinger gli aveva detto: “I mercati insegneranno agli italiani a votare nel modo giusto”.
(da agenzie)
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Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile
A “POMERIGGIO 5” LA PADRONA DI CASA METTE IN DIFFICOLTA’ DI MAIO E SALVINI
Prima li divide, facendoli entrare uno per volta. Poi gli fa le stesse domande, usando le risposte dell’uno contro l’altro.
Sembra incredibile ma alla fine la prima a far crollare dall’interno la coppia Di Maio-Salvini è proprio Barbara D’Urso, che li ha avuti entrambi come ospiti a “Pomeriggio 5”.
Punto di partenza, ovviamente, la crisi istituzionale. La rottura, decisa, tra maggioranza e Quirinale.
E tra smentite più o meno decise e voci di pressioni internazionali sul presidente Mattarella, arriva il primo errore. E a commetterlo è Luigi Di Maio.
Fatica, annaspa; non riesce a trovare quel consenso che, forse, s’aspettava di trovare nel salotto della D’Urso.
E quindi gioca al rialzo: ogni parola viene seguita da un fiume in piena di sensazioni, idee, proposte. Traballa. Poi alza il tiro, e sbaglia: dice che dopo il nome del professor Savona, proposto come Ministro dell’Economia, lui e Salvini ne hanno fatti altri. «Bagnai e Siri», dice.
Appena pochi minuti dopo, sempre in diretta, arriva la smentita del Quirinale.
E Barbara D’Urso è tanto brava da leggerla a Matteo Salvini, enfatizzando il momento, sottolineando che si tratta una cosa grave. E Salvini, calato immediatamente nella parte di chi non sa o fa finta di non sapere, si tira indietro.
«No, io non ho mai fatto altri nomi». Se sono stati fatti, li ha fatti solo Di Maio. «Io non c’ero, non ero sotto la poltrona».
Poi continua, sempre Salvini: quella che è stata bocciata dal Quirinale è stata l’idea di un uomo a parlamentare con l’Unione Europea, non il nome in sè.
Ecco il secondo punto importante: dopo ore di insistenze su un’impuntatura del Capo dello Stato, appare evidente che la preoccupazione di una linea antieuropeistica, che ha spinto il presidente Mattarella a rifiutare il nome di Savona, non era così infondata.
Altro nodo che la D’Urso riesce a sciogliere è quello dell’impeachment: sacrosanto e fermo per il Movimento 5 Stelle, meno per Matteo Salvini che non vuole assolutamente abbracciare, non ora e non in diretta, la posizione di Luigi Di Maio. «Ora sono ancora arrabbiato», dice.
Infine questione Berlusconi. Anche qui la D’Urso gioca bene le sue carte: legge il comunicato del Cavaliere prima a Di Maio e poi a Salvini, e a entrambi fa la stessa domanda. Alleanze?
Di Maio si trincera dietro la sua convinzione che alle prossime elezioni, insieme alla Lega, otterranno la maggioranza assoluta. Salvini, invece, non dice nulla.
Nessuna certezza. Nessuna promessa. Si vedrà . Porte aperte sia per il centrodestra che per i Cinquestelle.
E quindi, forse, come ha già detto qualcuno, questa rottura c’era già : e la versione secondo cui una manovra sotterranea di Salvini era all’opera non è poi così lontana dalla realtà .
Perchè lui sa, e si capisce da come sceglie i tempi, sdrammatizza, da come cerca sempre il pubblico del salotto della D’Urso. Sa cosa dire e come dirlo. Scherza, parla di suo figlio; sa come creare un legame con le persone.
Mentre Di Maio, ancora acerbo, cerca costantemente il rilancio, la promessa, il colpo di scena. E ricasca negli stessi meccanismi della vecchia politica, che il suo partito è nato proprio per scongiurare.
Siamo davanti a un paradosso: l’arena scelta per celebrare il trionfo delle ultime ore, il rilancio della campagna elettorale che si terrà nei prossimi mesi, diventa il cimitero delle buone intenzioni e del binomio Cinquestelle-Lega.
E a infliggere il colpo di grazia è Barbara D’Urso.
Che non ha fatto niente di più, nè di meno rispetto a quanto fatto in altre occasioni, per altri temi. Padrona di casa fino in fondo: una del popolo, come ama ripetere.
Il linguaggio si mantiene sempre semplice ed essenziale, ed è nella mancanza di giri di parole, di storpiature politichesi, che le contraddizioni vengono a galla.
Il fatto stesso di avere intervistato prima Di Maio e poi Salvini, separati, è un accorgimento apprezzabilissimo: non possono aiutarsi, guardarsi, sostenersi; la versione di uno, poi, potrà non coincidere con quella dell’altro.
E tutto in diretta, sotto gli occhi di milioni di spettatori. La cosa più facile, all’improvviso, diventa una tragedia.
Insomma: diamo alla D’Urso quello che è della D’Urso.
(da “La Stampa”)
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Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile
IL SINDACO LEGHISTA DI GENOVA COME PONZIO PILATO: “NON DOBBIAMO DAR PESO A QUESTE COSE”
Il responsabile di Lealtà Azione Genova, Giacomo Traverso, è stato denunciato dalla Digos per
diffamazione aggravata dall’odio razziale. Il 15 maggio Traverso aveva definito sulla sua pagina Facebook gli ebrei come «una lurida razza di mercanti dal naso adunco».
La diffamazione aggravata dall’odio razziale, prevista dalla legge Mancino, è procedibile d’ufficio (e così è stato) ma il presidente della comunità ebraica, Ariel Dello Strologo, ha annunciato che presenterà comunque una querela, sempre negli uffici della Digos.
La stessa comunità ebraica genovese ha chiesto che «il sindaco dica qualcosa, visto che l’equidistanza in questo caso non può essere una soluzione»:
«Mi sembra che espressioni di questo genere non si meritino nemmeno una virgola, non dobbiamo dar peso a queste cose». È questo l’unico commento del sindaco di Genova Marco Bucci sollecitato a intervenire
«Non so chi sia Giacomo Traverso – detto il sindaco – e non so cos’è Lealtà Azione. Non mi trascinate per la giacchetta su queste cose» ha ripetuto ancora una volta irritato da domande che a suo avviso esulano dal suo ruolo.
Non merita neanche un commento.
(da “il Secolo XIX”)
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