LA COPPIA SCOPPIATA DA BARBARA D’URSO: LA CRISI NEL SALOTTO TV
A “POMERIGGIO 5” LA PADRONA DI CASA METTE IN DIFFICOLTA’ DI MAIO E SALVINI
Prima li divide, facendoli entrare uno per volta. Poi gli fa le stesse domande, usando le risposte dell’uno contro l’altro.
Sembra incredibile ma alla fine la prima a far crollare dall’interno la coppia Di Maio-Salvini è proprio Barbara D’Urso, che li ha avuti entrambi come ospiti a “Pomeriggio 5”.
Punto di partenza, ovviamente, la crisi istituzionale. La rottura, decisa, tra maggioranza e Quirinale.
E tra smentite più o meno decise e voci di pressioni internazionali sul presidente Mattarella, arriva il primo errore. E a commetterlo è Luigi Di Maio.
Fatica, annaspa; non riesce a trovare quel consenso che, forse, s’aspettava di trovare nel salotto della D’Urso.
E quindi gioca al rialzo: ogni parola viene seguita da un fiume in piena di sensazioni, idee, proposte. Traballa. Poi alza il tiro, e sbaglia: dice che dopo il nome del professor Savona, proposto come Ministro dell’Economia, lui e Salvini ne hanno fatti altri. «Bagnai e Siri», dice.
Appena pochi minuti dopo, sempre in diretta, arriva la smentita del Quirinale.
E Barbara D’Urso è tanto brava da leggerla a Matteo Salvini, enfatizzando il momento, sottolineando che si tratta una cosa grave. E Salvini, calato immediatamente nella parte di chi non sa o fa finta di non sapere, si tira indietro.
«No, io non ho mai fatto altri nomi». Se sono stati fatti, li ha fatti solo Di Maio. «Io non c’ero, non ero sotto la poltrona».
Poi continua, sempre Salvini: quella che è stata bocciata dal Quirinale è stata l’idea di un uomo a parlamentare con l’Unione Europea, non il nome in sè.
Ecco il secondo punto importante: dopo ore di insistenze su un’impuntatura del Capo dello Stato, appare evidente che la preoccupazione di una linea antieuropeistica, che ha spinto il presidente Mattarella a rifiutare il nome di Savona, non era così infondata.
Altro nodo che la D’Urso riesce a sciogliere è quello dell’impeachment: sacrosanto e fermo per il Movimento 5 Stelle, meno per Matteo Salvini che non vuole assolutamente abbracciare, non ora e non in diretta, la posizione di Luigi Di Maio. «Ora sono ancora arrabbiato», dice.
Infine questione Berlusconi. Anche qui la D’Urso gioca bene le sue carte: legge il comunicato del Cavaliere prima a Di Maio e poi a Salvini, e a entrambi fa la stessa domanda. Alleanze?
Di Maio si trincera dietro la sua convinzione che alle prossime elezioni, insieme alla Lega, otterranno la maggioranza assoluta. Salvini, invece, non dice nulla.
Nessuna certezza. Nessuna promessa. Si vedrà . Porte aperte sia per il centrodestra che per i Cinquestelle.
E quindi, forse, come ha già detto qualcuno, questa rottura c’era già : e la versione secondo cui una manovra sotterranea di Salvini era all’opera non è poi così lontana dalla realtà .
Perchè lui sa, e si capisce da come sceglie i tempi, sdrammatizza, da come cerca sempre il pubblico del salotto della D’Urso. Sa cosa dire e come dirlo. Scherza, parla di suo figlio; sa come creare un legame con le persone.
Mentre Di Maio, ancora acerbo, cerca costantemente il rilancio, la promessa, il colpo di scena. E ricasca negli stessi meccanismi della vecchia politica, che il suo partito è nato proprio per scongiurare.
Siamo davanti a un paradosso: l’arena scelta per celebrare il trionfo delle ultime ore, il rilancio della campagna elettorale che si terrà nei prossimi mesi, diventa il cimitero delle buone intenzioni e del binomio Cinquestelle-Lega.
E a infliggere il colpo di grazia è Barbara D’Urso.
Che non ha fatto niente di più, nè di meno rispetto a quanto fatto in altre occasioni, per altri temi. Padrona di casa fino in fondo: una del popolo, come ama ripetere.
Il linguaggio si mantiene sempre semplice ed essenziale, ed è nella mancanza di giri di parole, di storpiature politichesi, che le contraddizioni vengono a galla.
Il fatto stesso di avere intervistato prima Di Maio e poi Salvini, separati, è un accorgimento apprezzabilissimo: non possono aiutarsi, guardarsi, sostenersi; la versione di uno, poi, potrà non coincidere con quella dell’altro.
E tutto in diretta, sotto gli occhi di milioni di spettatori. La cosa più facile, all’improvviso, diventa una tragedia.
Insomma: diamo alla D’Urso quello che è della D’Urso.
(da “La Stampa”)
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