Agosto 25th, 2020 Riccardo Fucile
MA CHE BEL SELFIE: SALVINI SENZA MASCHERINA NEL CARCERE DI SECONDIGLIANO (PER ADESSO SOLO IN VISITA) CON ALCUNI AGENTI PENITENZIARI SENZA MASCHERINA E SENZA RISPETTARE IL DISTANZIAMENTO
Matteo Salvini è arrivato quest’oggi a Napoli, ma a far scatenare le polemiche sono le foto
apparse in Rete, in cui il leader della Lega appare senza mascherina tra le persone che lo circondano, anche loro con mascherine quasi tutte abbassate o assenti, durante al visita al carcere di Secondigliano.
Le immagini, pubblicato da un candidato al consiglio regionale della Campania con la Lega hanno fatto subito discutere.
“Qui a Secondigliano gli agenti della Polizia Penitenziaria sono costretti a sacrifici enormi. Il nostro primo impegno sarà quello di investire in sicurezza” hanno promesso i leghisti.
Ma in primo piano, si vede distintamente Matteo Salvini che non indossa la mascherina, nonostante la folta presenza di varie persone attorno a lui.
Tra questi agenti della polizia penitenziaria che si fanno fotografare con un imputato di sequestro di persona duplice e aggravato, potenziale futuro ospite della struttura in caso di condanna.
Agenti senza mascherina e senza rispettare il distanziamento, come se non fossero tenuti al rispetto delle leggi e delle normi anti-Covid.
Agenti che sono quotidianamente a contatto con altri colleghi e con i detenuti, con il rischio di contrarre e diffondere il virus nell’intera struttura.
Una bella immagine di garanti della sicurezza degli italiani…
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Agosto 25th, 2020 Riccardo Fucile
“MINACCE E VOLGARITA’ USATI COME ARMA POLITICA, SERVE UNA SVOLTA CULTURALE”… NO, BASTA BUSSARE ALLA LORO PORTA
Insultata come ministra ma, soprattutto, come donna. La titolare del dicastero della Scuola, Lucia Azzolina, è stata vittima, su Facebook, di insulti sessisti nei commenti di un gruppo della Lega.
A dare la notizia è stata, con un post sulla sua pagina social, la stessa ministra, che ha accompagnato il grafico con il montaggio delle frasi volgari avvertendo: “Mai nessuna donna dovrà più leggere commenti così infimi”.
Già a fine maggio Azzolina era stata vittima di analoghi oltraggi e minacce (sessiste) online, tanto che fu messa sotto scorta e ancora viene guardata a vista da alcuni agenti della Guardia di Finanza.
“Nessuna donna dovrà mai più leggere commenti così infimi, subire attacchi volgari e abietti come questi. È e sarà la mia battaglia. “, dice senza troppi giri di parola la ministra 5Stelle. E la faremo – aggiunge – a scuola, educando le nuove generazioni al rispetto dell’altro, uomo o donna che sia, al pensiero critico, allo scambio di idee fatto con i contenuti e non con la volgarità ”
Il post di Azzolina prosegue così: “Provo molta pena per chi si esprime in questo modo e per chi alimenta questo tipo di reazione, parlando solo alla pancia e mai alla testa delle persone. È un sistema che va combattuto ed è lapalissiano che la scuola sia il naturale antidoto”.
Alla ministra alla Scuola è arrivata, immediata, la solidarietà della viceministra dell’Economia, Laura Castelli. “Insulti sessisti, offese, minacce e linguaggio volgare usati come ‘arma’ politica. Ad essere colpite sono sempre le donne, serve una svolta culturale e l’impegno di tutti. A Lucia Azzolina tutta la mia stima e solidarietà con un forte abbraccio e gli auguri di buon compleanno”, scrive sui social Castelli.
Parla di “offese ignobili” Vito Crimi, capo del Movimento 5 Stelle. “Le espressioni di disprezzo e odio nei sui confronti sono intollerabili- aggiunge- opera di miserabili vigliacchi aizzati quotidianamente dagli attacchi pretestuosi e violenti di soggetti che li rappresentano pienamente. C’è chi passa le giornate a offendere – conclude Crimi – e a creare divisioni, a noi interessa continuare a lavorare in modo inclusivo e costruttivo per il bene della scuola”.
“”Le violente frasi sessiste rivolte alla ministra Azzolina dai follower di pagine social riconducibili alla Lega sono di una gravità inaudita. Condanniamo fermamente non soltanto la inqualificabile condotta di chi ha rivolto quelle parole becere a una donna, ma anche chi tollera e coltiva un clima di odio che ormai ha raggiunto livelli intollerabili”., scrivono in una nota le deputate e i deputati del Movimento 5 Stelle in commissione Cultura.
E la ministra alla Semplificazione, Fabiana Dadone, aggiunge: “Certe espressioni e linguaggi indegni qualificano solamente chi li utilizza. Bisogna sconfiggere proprio con l’educazione e la scuola un modello, una visione “machista” che blocca il progresso della nostra societa’”.
(da agenzie)
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Agosto 25th, 2020 Riccardo Fucile
CAVILLI, DISTINGUO, BUROCRAZIA, NORME VAGHE: FINIRA’ TUTTO A TARALLUCCI E VINO
“Onorevoli furbetti”, “traditori delle istituzioni”, “vergognosi”. Il tutto accompagnato da una
promessa, ribadita fino allo stremo da tutti i partiti: i cinque deputati che hanno chiesto il bonus destinato alle partite Iva per l’emergenza Covid saranno scovati.
Tre di loro si sono autodenunciati, ma l’identità degli altri due è ancora ignota. E rischia di restarlo ancora a lungo.
Gli ultimi sviluppi, ricostruiti da Huffpost attraverso fonti parlamentari di primissimo livello, danno forma a un vicolo cieco.
Le fonti rivelano che la commissione Lavoro della Camera ha inviato una lettera all’Inps il 18 agosto. Dentro c’è scritto di rendere noti i nomi dei cinque deputati che hanno fatto richiesta e/o che hanno percepito il bonus. Nella risposta che l’Istituto invierà entro questa settimana saranno confermati i nomi dei tre deputati già noti (Andrea Dara e Elena Murelli della Lega e Marco Rizzone dei 5 stelle), ma per gli altri due l’assenza di una norma di legge impedirà di renderne nota l’identità .
La questione della grande “caccia” si complica.
I due deputati di cui non si conosce ancora il nome, infatti, hanno solo richiesto il bonus ma a differenza degli altri tre non l’hanno ricevuto. Le norme sulla privacy impediscono di rendere pubblici i dati dei richiedenti.
E in assenza di una base normativa che permetta di superare questo divieto ne consegue che l’identità dei due deputati non può essere resa nota.
Anche nelle due comunicazioni che il Garante della privacy ha inviato all’Inps, rispettivamente l′11 e il 17 agosto, si fa riferimento alla possibilità di rendere noti i dati dei “beneficiari”, non dei richiedenti.
In particolare, l’ultima nota del Garante ha come oggetto “i chiarimenti sulla pubblicazione e comunicazione dei dati dei beneficiari del bonus 600 euro che ricoprono cariche elettive pubbliche”. E nella decisione, messa in capo all’Inps, di “verificare la possibilità di comunicare i dati personali” si fa sempre riferimento ai beneficiari.
La grande promessa della “caccia” riguardava anche i circa duemila amministratori locali che hanno percepito il bonus da 600 euro (salito poi a mille euro con il decreto Rilancio di maggio).
Cosa assai diversa dalla vicenda dei parlamentari (lo stipendio di un deputato è di 12mila euro, quello di un amministratore locale si riduce spesso a gettoni di presenza di pochi euro), ma anche qui tutti i partiti avevano promesso la mano pesante.
E anche qui ci si è infognati in un vicolo cieco. Il Garante si è tirato fuori, sottolineando che non ricorrono i presupposti per l’adozione di un suo parere formale sulle richieste di accesso civico ricevute dall’Inps.
Richieste che fanno riferimento a un procedimento che punta allo stesso obiettivo e cioè rendere pubblici i nomi dei beneficiari del bonus.
L’Inps avvierà nei prossimi giorni le procedure per far seguito alle richieste di accesso civico arrivate a metà agosto. Il tutto deve essere portato a termine entro trenta giorni. Entro un mese dalla presentazione dell’istanza, cioè, il procedimento di accesso civico deve concludersi con un provvedimento motivato.
Ma qui subentra la burocrazia della trasparenza che complica il tutto e che rischia di allungare i tempi a dismisura.
Il provvedimento che guida l’accesso civico è il decreto legislativo n.33 del 2013: “Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità , trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”.
Le norme del testo tracciano chiaramente il rischio dell’imbuto. L’amministrazione “cui è indirizzata la richiesta di accesso” ai dati (in questo caso l’Inps) è tenuta a inviare una comunicazione ai soggetti in questione “mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento”.
In pratica l’Inps deve mandare una raccomandata andata/ritorno o una comunicazione per via telematica ai circa duemila amministratori locali che hanno ottenuto il bonus per chiedere l’autorizzazione a rendere noti i loro dati.
Una volta ricevuta la comunicazione, i destinatari possono però respingere la richiesta di accesso.
A questo punto i tempi si dilatano ancora perchè salta il vincolo dei trenta giorni individuati per portare a termine l’intero procedimento. Si legge nel testo del decreto: “A decorrere dalla comunicazione ai controinteressati, il termine di cui al comma 6 è sospeso fino all’eventuale opposizione dei controinteressati”.
Il termine di cui parla il comma 6 è proprio quello dei trenta giorni. Se cioè un amministratore locale si oppone, allora il limite dei trenta giorni per chiudere la pratica non vale più. La sospensione significa che i tempi si allungano. E se l’amministratore si oppone? I poteri che la legge dà all’Inps sono limitati. La patata bollente andrebbe al Garante.
La promessa dei partiti prevedeva di scovare i furbetti e di punirli. Siamo a un altro vicolo cieco. E questo è un vicolo da cui è la politica che deve tirarsi fuori. In base a quale norma (altra cosa è la questione etica) i cinque deputati sono obbligati a restituire le somme incassate?
Sull’onda dell’emergenza, infatti, il Governo ha deciso di erogare il bonus per i lavoratori autonomi praticamente senza paletti. Con eccezione di uno: niente bonus a chi già riceve la pensione.
Ma i fondi di Camera, Senato, consigli regionali e via dicendo sono previdenziali oppure no? La questione è irrisolta. Questi fondi non sono gestiti dall’Inps, rispondono a leggi nazionali o regionali. La risposta a questa questione è fondamentale perchè traccia il confine tra la legittimità o meno della richiesta del bonus. E quindi tra la legittimità o meno di restituire i soldi.
La norma esclude dal beneficio del bonus chi ha altri fondi previdenziali. Nei suoi archivi l’Inps non ha i dati di Camera, Senato o delle assemblee regionali perchè questi soggetti non li condividono. Non trovando beneficiari con altri fondi previdenziali, quindi, l’Istituto ha pagato il bonus.
Poi è intervenuta la Direzione antifrode, anticorruzione e trasparenza che si è posta il problema di verificare se ci sono altri fondi previdenziali non presenti negli archivi dell’Inps.
C’è qualcosa di molto simile ai fondi previdenziali e questo qualcosa si chiama vitalizi. I controlli sui deputati e sugli amministratori locali sono scattati per verificare se il bonus era stato pagato correttamente o se oppure bisognava recuperare l’indebito. Bisogna risolvere la questione.
Se la Camera dei deputati piuttosto che un Consiglio regionale dovesse identificare il proprio fondo come un fondo previdenziale, allora si aprirebbe un precedente.
Il risultato? L’applicazione delle regole del fondo previdenziale a tutti i contesti. E quindi addio alle condizioni vantaggiose attuali per i parlamentari e per tutte le altre cariche elettive. Di tempo comunque c’è n’è. In base a quanto prevede la legge, infatti, l’Inps ha dieci anni per richiedere indietro i soldi.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 25th, 2020 Riccardo Fucile
DIPENDENTI DEL SAN RAFFAELE SONO PREOCCUPATI
Flavio Briatore, ricoverato all’ospedale San Raffaele di Milano, non si trova nel reparto Covid. A riportare la notizia è il settimanale L’Espresso, che ha divulgato oggi la notizia sul ricovero dell’imprenditore per Coronavirus.
“Le condizioni di Flavio Briatore sono assolutamente stabili e buone”, ha scritto in una nota lo staff dell’imprenditore. “Flavio Briatore — specifica il comunicato — domenica sera, accusando leggera febbre e sintomi di spossatezza, si è recato all’Ospedale San Raffaele di Milano per un controllo. L’imprenditore è stato ricoverato, è stato sottoposto a un check-up generale e resta sotto controllo medico”.
Secondo quanto riporta l’Espresso, Briatore avrebbe chiesto e ottenuto di essere ricoverato nel “reparto solventi”, le stanze che in alcuni ospedali sono a disposizione dei degenti che pagano per ricevere un trattamento migliore rispetto agli standard, ad esempio maggiore privacy o pasti migliori.
Il giornale sottolinea però che il reparto solventi dell’ospedale “non è però attrezzato per ospitare pazienti positivi al Covid”.
“Per chi ha contratto il Coronavirus infatti la struttura milanese ha predisposto una dependance staccata, chiamata Villa Turro, isolata in modo da garantire la sicurezza degli operatori sanitari e il rispetto delle normative anti-contagio”, si legge.
Il ricovero nell’area sta dando luogo a polemiche dentro la struttura, con dipendenti preoccupati per il rischio legato a un positivo in un’area non adeguatamente attrezzata. Il primario del San Raffaele di Milano è Alberto Zangrillo (amico di Flavio Briatore) che diverse settimane fa aveva definito il Coronavirus “clinicamente morto”.
(da agenzie)
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Agosto 25th, 2020 Riccardo Fucile
L’EX MINISTRO GLI HA AFFIDATO IL SUO PROFILO SOCIAL: “E’ STATO CORAGGIOSO E SPIRITOSO”
“Punzecchio spesso Carlo Calenda perchè usa Twitter come un ottantenne. E poi non si
replica al signor La Sega: rispondere solo a degli esistenti in vita è già un passo avanti. Ma è stato coraggioso e spiritoso, avercene”.
Luca Bizzarri, conduttore televisivo e comico, attore e doppiatore, è diventato per un giorno — ieri – social media manager di Carlo Calenda. È stato l’ex ministro, dopo un battibecco sulla risposta a un follower sconosciuto, a proporre la sfida: “Daje. Ti ho mandato user e password. Fino a domani sei Smm ad honorem. Regolati”.
Risposta del cabarettista: “Sarebbe bellissimo”. E lo è stato.
Come è andata? Non è riuscito a trattenersi o era un giorno d’agosto senza niente da fare?
In realtà Calenda è una mia vittima perchè fa un uso di Twitter da ottantenne, benchè conosca anziani che lo usano meglio. Lo punzecchio spesso. Ieri ho visto che discuteva di fascismo con il signor La Sega del Movimento del Cazzo. Ho provato a convincerlo che con un interlocutore simile si soprassiede. A quel punto è stato spiritoso e coraggioso. Avercene.
Avercene come opinionista o come politico?
Come politico non lo conosco. Non l’ho mai votato. Almeno però, rispetto ad altri, sa di quel che parla e parla di quel che sa. Sarebbe naturale, ma in questo Paese diventa una stranezza.
Calenda applica lo stile veltroniano: rispondere a tutti, alla cara Maria come al signor Duilio. Lo stile dalemiano, invece, era fulminare con lo sguardo il malcapitato. Chi vince?
La virtù sta nel capire quando è il caso di rispondere e quando no. Tra la signora Maria e il signor La Sega c’è una differenza.
La signora Maria è più educata?
Lei esiste e lui no. Rispondere a degli esistenti in vita è già un passo avanti. Ma devo dire che non potrei mai fare il politico: non saprei comunicare in una campagna elettorale perenne.
Lei però sui social interloquisce spesso con i politici. Qual è l’errore più comune che commettono?
L’errore di base è considerare i social – e Twitter in particolare che è quello più frequentato dai politici — un punto importante della propria agenda. È un semi-affollato bar pieno di disperati. Un circoletto dove ce la cantiamo e ce la suoniamo. Non è un posto importante dal punto di vista strategico o elettorale: è l’unico luogo al mondo in cui nessuno cambia idea. Vai a vedere confermate le tue idee, sennò scattano gli insulti. È un postribolaccio.
Ormai tutti gli annunci dei leader politici arrivano su Twitter. I comunicati stampa sono desueti.
Appunto, questo la dice lunga sulla qualità della politica italiana. Ci sono dei senatori della Lega che ogni tanto litigano anche con me.
Lei è un comico ed è genovese. Magari si allenano…
L’altro è molto più bravo di me sia come comico che come politico. Ma se si annullano le differenze diventa tutto comico, purtroppo, non politico
Lei ha bacchettato diversi politici per foto o commenti poco istituzionali. Quasi un paradosso da parte di un professionista dello spettacolo, non crede?
L’istituzione è più importante della persona, e non il contrario. Bisognerebbe rispettare il ruolo. Una volta il senatore leghista Alberto Bagnai mi ha preso per matto perchè dicevo che in Parlamento rappresenta anche me e non soltanto i suoi elettori. Ma citavo quel libercolo che si chiama Costituzione. Oggi è la fiera delle vanità , che va bene nel mondo dello spettacolo: la politica dovrebbe essere un filino più seria.
Calenda ha detto che sui numeri ha vinto lei 20 a zero. Contento?
Non era quello lo scopo. Ma è stato davvero coraggioso: non ha interferito sui contenuti, neanche sulla legalizzazione delle droghe leggere.
I tweet erano tutti condivisi?
L’unico passo indietro che gli ho fatto fare è sui videogiochi. Non si può dire che sono il male. Fanno parte della cultura come libri, film, musica. Non si può essere contrari e basta, come allo scioglimento dei ghiacci. Se fossi un politico in questo momento cercherei piuttosto di cavalcare l’industria che fa più fatturato al mondo.
Quale altro politico avrebbe bisogno di un social manager migliore? Chi sbaglia di più?
Ammiro molto il buon Luca Morisi (il creatore della “Bestia” di Matteo Salvini, ndr) perchè riesce a fare tutti i tweet sbagliati. Non ne fa uno giusto. Però è un gioco che funziona perchè porta numeri. Elettoralmente invece dubito che paghi: non vedo un elettore del Pd che li legga e cambi idea. Alla fine, ognuno liscia il pelo al proprio elettorato. Salvini, Adinolfi, Calenda… Solo che probabilmente Calenda non ha un elettorato..
Questa è una vera cattiveria
Ma io posso dirlo: non ho mai votato un partito che prendesse più del 2%. Ero bordiniano, nemmeno pannelliano.
Quindi ora è pronto per votare Azione, +Europa, Italia Viva forse è oltre…
No grazie, preferisco vivere. Sono un orfano politico. Mi considero un elettore last minute: potrei votare chiunque, tanto una volta uscito dall’urna me lo dimentico.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 25th, 2020 Riccardo Fucile
QUATTRO DEI CINQUE CANDIDATI GOVERNATORI DELLE REGIONI SI SONO GIA’ GARANTITI UNA POLTRONA IN CONSIGLIO REGIONALE
“Non mi vendo per una poltroncina” tuonava stentoreo Gian Mario Mercorelli per bloccare qualsiasi accordo con il Partito democratico. Il candidato del Movimento 5 stelle nelle Marche ci ha tenuto a precisare che lui “non è uomo d’apparato” e che gli strapuntini sono roba per altri.
Non si è venduto, questo è certo, ma un regaletto se lo è fatto. Perchè il buon Mercorelli si è autoconferito un posto nelle liste dei consiglieri regionali, cercando di mettere al sicuro una poltroncina in Consiglio.
Già , perchè in quasi tutte le Regioni, al netto di complicate alchimie nell’esito del voto, la “poltroncina” viene acquisita di diritto solo dal candidato presidente arrivato secondo. Tutti gli altri rimangono con un pugno di mosche in mano, lasciando il passo a quella manciata di boss delle preferenze che riescono a strappare i pochi seggi che rimangono appannaggio delle liste che appoggiano chi arriva terzo, quarto e via discorrendo.
“Più importanti dei miei vantaggi personali (mi hanno promesso poltrone certe, prestigio assicurato), ci sono gli interessi dei pugliesi”, diceva la pentastellata Antonella Laricchia, precisando con una certa drammatizzazione da soap opera che lei non avrebbe piegato la testa, “piuttosto tagliatemela”.
Interessi dei pugliesi che evidentemente coincidono con quelli della candidata presidente M5s, visto che anche lei per assicurarsi una sedia nel Consiglio regionale di Bari figura in lista, confidando nei tanti che scriveranno il cognome del presidente sulla scheda, come accade ovunque e da sempre, dandole più chance di raggiungere l’obiettivo.
Destino che la accomuna a Valeria Ciarambino, anche lei candidata presidente in Campania ma in lista a Napoli, perchè Vincenzo De Luca sembra più forte della destra, la quale comunque è più forte dei 5 stelle e quindi non sia mai che si debba tornare alla vita di prima.
Laricchia e Ciarambino lo sanno bene, visto che sembrano da anni le uniche possibili candidate nelle due regioni, e che vengono riproposte nonostante magri raccolti elettorali, in ossequio a potentati locali da non disturbare per non avere più di tanti casini a Roma.
Stessa questione per il veneto Enrico Cappelletti, e meno male che c’è la Toscana, con l’irreprensibile Irene Galletti che un posto in lista non l’ha voluto, tetragona.
Che poi lì la legge elettorale garantisca un posto a tutti i candidati presidenti che superano il 5% è un’altra storia. O forse no. Dichiarare di non volere le poltrone volendole è la nuova rivoluzione dei cittadini portavoce, altro tonno tirato fuori dalla scatoletta, perchè giammai smaniare per una poltrona. Quello lo fa l’establishment
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 25th, 2020 Riccardo Fucile
IN QUESTI CASI CHIAMARE LA POLIZIA PER IDENTIFICAZIONE E DENUNCIA O SCEGLIERE ALTRA VIA
“Non voglio essere servito da lei perchè è nera”. Sarebbe stata questa la frase pronunciata da
un cliente di un supermercato della catena Unicoop di Pistoia. A denunciare l’episodio nelle scorse ore sono giunti i sindacati Filcams Cgil e Rsu del negozio Unicoop della cittadina toscana.
“Un cliente – scrivono in una nota Filcams Cgil e Rsu dell’Unicoop Pistoia -, davanti al banco gastronomia, in presenza di altri clienti e degli addetti, ha affermato di non voler essere servito dall’addetta, in quel momento disponibile, perchè nera”.
“Chiediamo alla cooperativa di agire nei confronti di questo ‘cliente’, nelle modalità opportune per la tutela dei propri dipendenti – si legge nella nota dei sindacati – Siamo convinti che ogni episodio di razzismo vada denunciato, perchè ‘lasciar correre’ significa accettare un modo di pensare che accettabile non può essere”.
La nota prosegue: “Siamo tutti uguali, ognuno con le proprie caratteristiche fisiche, ma con gli stessi diritti, come dispone la nostra Costituzione agli articoli 2 e 3, nei suoi principi fondamentali. Per quanto ci riguarda esprimiamo solidarietà e vicinanza nei confronti della nostra collega oggetto dell’attacco razzista”.
Pronto il sostegno di Unicoop a favore della dipendente attraverso una nota di solidarietà nei suoi confronti, assicurando che episodi del genere non sono accettati nei suoi supermercati.
(da agenzie)
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Agosto 25th, 2020 Riccardo Fucile
L’AZIENDA RIDUCE DEL 50% LA PRODUZIONE PER AUMENTARE IL DISTANZIAMENTO, MA ORMAI IL DANNO E’ FATTO
Riduzione della produzione del 50%, distanziamento fra le postazioni operative e diminuzione del numero di lavoratori per turno. Sono le decisioni assunte oggi nel corso di un vertice convocato dalla Prefettura di Treviso sul caso dello stabilimento Aia di Vazzola, in provincia di Treviso.
Al vertice con le organizzazioni sindacali e le autorità sanitarie e municipali si è discusso delle misure per affrontare la gestione del focolaio di contagi di Covid-19 nato fra i dipendenti dello stabilimento agroalimentare Aia.
Nel sito, in cui operano 700 addetti fra operatori diretti e maestranze dell’indotto, a oggi risultano 182 casi di positività sui 560 test eseguiti (le persone mancanti sono assenti in generale per ferie), tutti asintomatici e in regime di quarantena.
La prossima settimana sarà eseguito un nuovo screening con l’utilizzo delle nuove procedure rapide, nel frattempo è stata stabilita la prosecuzione della produzione contro una ipotesi di chiusura dello stabilimento che era stata ventilata nelle ultime ore. L’interruzione dell’attività di macellazione, è stato infatti sottolineato, comporterebbe l’abbattimento di circa 1,5 milioni di capi di pollame, evento che avrebbe ripercussioni non semplici sul fronte igienico sanitario.
Al vertice erano presenti, tra gli altri, il direttore generale dell’azienda sanitaria Ulss n.2 di Treviso, Francesco Benazzi, e il sindaco di Vazzola, Giovanni Zanon.
(da agenzie)
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Agosto 25th, 2020 Riccardo Fucile
SONO LE PERSONE “PERBENE” CHE PIACCIONO TANTO AI SOVRANISTI… PAGATI APPENA 4 EURO L’ORA PER ALMENO 9 ORE AL GIORNO
L’azienda pluripremiata da Coldiretti, modello di start up fondata da un giovane bocconiano
di nobili origini, Guglielmo Stagno d’Alcontres, sfruttava i braccianti africani a una quindicina di chilometri di Milano.
Racconta sull’Agi.it Manuela D’Alessandro: E’ l’ipotesi che emerge dall’inchiesta ‘Corsa contro il tempo’: quella che, secondo i finanzieri del comando provinciale di Milano, dovevano fare i lavoratori per raccogliere le fragole il più in fretta possibile, minacciati altrimenti di licenziamento o di essere messi in ‘pausa di riflessione’ per un paio di giorni a casa
Frutti succosi e brillanti che da qualche anno spuntano agli angoli di Milano sui camioncini dell’azienda di Cassina de’ Pecchi, la cui sede è nel Parco agricolo Sud, vincitrice dell’Oscar Green di Coldiretti nel 2013 e 2014 e di altri riconoscimenti in tema di sostenibilità ambientale, oltre che seguita su instagram da sei milioni di followe attratti dalle immagini bucoliche.
Ora i finanzieri hanno messo sotto sequestro, su disposizione di un giudice, tutti i beni della società , consistenti in 53 immobili, tra terreni e fabbricati, 25 veicoli e 3 conti correnti e hanno nominato un amministratore giudiziario ai fini della continuità aziendale. Valore complessivo, 7,5 milioni di euro.
Sette i denunciati per intermediazione illecita e sfruttamento della manodopera, tra cui d’Alcontres, un altro amministratore, due sorveglianti, due impiegati amministrativi e il consulente dell’azienda che predisponeva le buste paga.
Agli investigatori i braccianti, provenienti da centri di accoglienza tra Milano e la Brianza, con regolare permesso di soggiorno, hanno detto tutti la stessa cosa: “Dovevamo raccogliere e confezionare le fragole a 4,5 euro all’ora per più di nove ore al giorno in tempi impossibili altrimenti alla sera, quando si faceva il bilancio della giornata, ci sgridavano. Nei casi peggiori ci mettevano in punizione a casa due giorni o non ci facevano più lavorare”.
“Condizioni degradanti per un salario misero”, aggravate dal mancato rispetto delle misure anti-Covid. “Una potenziale ‘bomba a orolgeria’”, spiega una fonte all’AGI, “decine di lavoratori gli uni vicini agli altri, senza mascherine, bagni, docce. Per fortuna, dai primi riscontri non sono emersi casi di positività ”.
L’indagine, durata due mesi, era partita dall’analisi delle banche dati a disposizioni dei finanzieri, insospettiti dal fatto che la StraBerry prendesse e mandasse a casa nel giro di due giorni numerosi lavoratori. Per il momento gli indagati non sono stati ancora sentiti in Procura.
(da “NextQuotidiano”)
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