Destra di Popolo.net

SALVINI CONDANNATO A FARE LA SUOCERA

Aprile 4th, 2021 Riccardo Fucile

CONTINUA A DARE CONSIGLI NON RICHIESTI A CHI GUIDA IL GOVERNO, SI SENTE A DISAGIO MA NON PUO’ ROMPERE

Governare con Salvini è come guidare un’auto con il passeggero accanto che vuole insegnarti come si fa: «Adesso cambia marcia, metti la freccia, suona il clacson, supera quello…».
Tutti i giorni l’uomo al volante, cioè Draghi, subisce una razione di pareri non richiesti, ripetuti con insistenza.
Una volta è il “consiglio” di scaricare Arcuri: Matteo ne reclama la testa e Super Mario, per viaggiare tranquillo, gliela serve sul piatto d’argento.
Poi è l’invito a farsi sentire in Europa, con il premier che subito telefona a Macron, chiama la Merkel, tempesta la von der Leyen, blocca i vaccini destinati all’Australia, manda i carabinieri a contare le fiale nello stabilimento di Anagni.
Chiunque, soddisfatto, si acquieterebbe un po’.
Invece Salvini punta i piedi sulle cartelle da rottamare; ed ecco allora Draghi farsi concavo e convesso con un condono che, se l’avesse firmato Berlusconi, le coscienze morali sarebbero insorte dallo sdegno.
Ma il Capitano, non pago, insiste per riaprire l’Italia. Stressa i ministri della Lega. Reclama lo scalpo di Speranza. Non darà tregua al governo fino a quando resteranno in piedi i divieti delle zone rosse e arancioni.
Una volta che questi saranno stati allentati, è facile prevedere il seguito: Salvini insegnerà a Draghi come impedire gli sbarchi, in che modo respingere i disperati che arrivano sui barconi e magari vorrà cacciare pure la Lamorgese (se non mostrerà il pugno di ferro). Un tormento. Una spina nel fianco.
Per un verso si capisce perché: il leader leghista non vuole deludere gli elettori, compresi quelli che si attendono la luna.
Per tenere alte le aspettative, Salvini è condannato a non accontentarsi mai, deve aggiungere nella bacheca sempre nuovi trofei. L’uomo, inoltre, teme di cedere voti alla furba Meloni, che in ogni sondaggio gliene rosicchia un po’.
Stare al governo mentre Giorgia lo incalza, costringe Matteo a fare il cane da guardia. Ringhiando, abbaiando, mostrando le zanne: una parte, tra l’altro, che gli riesce alla perfezione.
Purtroppo, sempre più spesso Matteo esagera. Da Draghi pretende accelerazioni che vanno contro il buonsenso; lo pungola là dove non ce ne sarebbe bisogno, per esempio sulle riaperture (chi più di un ex presidente Bce vorrebbe ridare fiato all’economia?); esige sterzate a destra incompatibili con la natura di questo governo, che tra l’altro a bordo ha Cinque stelle e Pd, messo lì da Mattarella per fare un paio di cose fondamentali. A forza di distrarre il conducente, Salvini rischia di provocare un frontale.
Ma c’è un’altra interpretazione dell’inquietudine salviniana, che di politico ha poco e affonda le radici nella dimensione umana del personaggio. Il quale, per dirla banalmente, finché guida un altro si annoia. In attesa del proprio turno non ce la fa a star buono. Diventa un’anima in pena.
Si vede a occhio nudo che morde il freno, e soffre in quel limbo che non è più opposizione ma non è ancora governo come lo intende lui, con i “pieni poteri”. Tornare al Viminale gli sarebbe piaciuto, però sai che casino; sganciarsi da Draghi è tardi, chiamarsi fuori quasi impossibile perché significherebbe, primo, dar ragione a Giorgia dopo nemmeno due mesi; secondo, farsi una fama da sfasciacarrozze quasi peggio di Renzi; e terzo, perfino se la Lega si sfilasse non andremmo comunque a votare perché siamo entrati nel cerchio magico del semestre bianco che scatterà ad agosto, ma è come se già ci fosse.
Insomma: Salvini sembra condannato a restare chissà per quanto nel cosiddetto posto della suocera.
A girarsi i pollici e a disturbare il manovratore. Letta e Conte, da questo punto di vista, se la passano meglio. Se non altro loro hanno un partito da rimettere in piedi.
Il segretario Pd deve affermare la propria leadership tra i “Dem”, smentendo l’immagine di persona troppo onesta e perbene; l’ex Avvocato del popolo si è addentrato nella giungla grillina, chissà se ne uscirà vivo.
Entrambi comunque hanno una “mission”, una fabbrica del Duomo che li terrà indaffarati, Salvini zero.
Potrebbe fondare un nuovo raggruppamento in Europa, ma sai che allegria cenare con l’ungherese Orbán o con il polacco Morawiecki: a chiunque passerebbe la voglia. Girare l’Italia è impossibile, idem i bagni di folla.
Non ha nemmeno un mulino a vento contro cui scagliarsi lancia in resta. Un tema esistenziale che, prima o poi, diventerà un problema politico

(da “Huffingtonpost”)

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INTERVISTA A NELLO SCAVO, IL GIORNALISTA DI “AVVENIRE” VITTIMA DELLE INTERCETTAZIONI ILLEGALI DELLA PROCURA DI TRAPANI

Aprile 4th, 2021 Riccardo Fucile

“VOGLIONO INTIMIDIRE LE NOSTRE FONTI, E’ L’EFFETTO COLLATERALE DELLE INTERCETTAZIONI”

Le sue inchieste sui lager libici, i respingimenti in mare, i finanziamenti a trafficanti di esseri umani “riciclati” nella cosiddetta Guardia costiera libica, hanno lasciato il segno. Nello Scavo, firma di Avvenire, è uno dei giornalisti intercettati nell’inchiesta di Trapani. Globalist lo ha intervistato.
Partiamo dalla più stretta attualità. Andrea Palladino sul Domani rivela che l’ordine di indagare sulle Ong è partito dal ministero dell’Interno. “Le indagini – scrive Palladino – sono state cruciali per legittimare la battaglia del ministro Minniti prima e di Salvini poi contro i ‘taxi del mare’. Ora si scopre che fu lo stesso ministero a dire alla polizia di indagare sulle organizzazioni umanitarie, pur non avendo alcun elemento concreto”.
E aggiunge: il 12 dicembre del 2016, all’inizio del governo Gentiloni, dal ministero dell’Interno esce Angelino Alfano e arriva Marco Minniti. Quello stesso 12 dicembre in un ufficio del Viminale alcuni funzionari licenziano una lunga informativa. L’oggetto – rivela Palladino – è “attività di analisi dei flussi migratori in Italia” ed è indirizzata allo Sco, ovvero all’ufficio di polizia giudiziaria che gestirà l’inchiesta di Trapani”. Tu sei tra i giornalisti intercettati. Qual è il segno più profondo di questa vicenda?
Per comprenderne appieno la gravità occorre inquadrarla nel contesto politico-temporale nella quale si innesta. In quelle settimane, arriva in segreto la delegazione libica in Italia , di cui fa parte uno dei capi del traffico di esseri umani, “Bija”. Noi riusciamo a dimostrarlo due anni dopo. Ci sono queste inchieste, si comincia a parla di “taxi del mare”. Salvini che nel marzo di quell’anno accusa i servizi segreti di tenere nel cassetto informazioni sensibilità sul rapporto tra Ong e trafficanti. Il senatore Stucchi, leghista, che a quei tempi era presidente del Copasir, dopo due giorni emette un comunicato in cui dice “dopo avere sentito i vertici dei Servizi, possiamo affermare che le dichiarazioni del senatore Salvini sono al momento destituiti di ogni fondamento”. Tempo dopo scopriamo che invece c’erano questi addetti alla sicurezza privata delle navi di salvataggio che passavano informazioni alla Lega. E la polizia, raccogliendo queste informazioni, annota in un verbale che i pizzini che gli passavano questa vigilanza privata, sono stati utilizzati dalla Lega per la campagna elettorale. Questo lo scrive un poliziotto che annota le comunicazioni. Se mettiamo insieme tutto questo contesto, non è illogico che vengano direttamente o indirettamente intercettati alcuni giornalisti. Perché evidentemente c’era molta preoccupazione anche su quali fossero le nostre fonti. Prendiamo la vicenda che mi coinvolge: don Mussie Zerai era indagato in quanto individuato come collegamento tra trafficanti e Ong. Adesso lui è stato archiviato. A quel tempo lui è considerato un perno di questa inchiesta. Viene intercettato mentre parla con me. Io l’ho chiamato diverse volte, e chissà perché vengono annotate come “importanti” solo alcune telefonate…
Vale a dire?
Quelle nelle quali parliamo di come lui mi deve passare alcune informazioni. Se tu leggi tutte le intercettazioni, quelle di Sergio Sandura, quelle di Nancy Porsia, alla fine si sono fatti una idea molto precisa di come lavorano i giornalisti in quei contesti. E’ questa la cosa che più mi ha colpito, oltre naturalmente al fatto di essere stato intercettato. A ciò si aggiunge il fatto che questi dicono che le intercettazioni sono penalmente irrilevanti e però invece di buttarle nel cesso, come prevede la legge, sono rimaste in giro. In quel contesto politico molto particolare, quelle intercettazioni sono sintomatiche. Sintomatiche di un modus operandi molto particolare. E del resto l’attuale procuratore facente funzione di Trapani ha sostanzialmente disconosciuto. O meglio, lui dice non disconosco l’indagine però non me ne ero occupato io. E quando in una intervista di ieri all’Adnkronos gli chiedono, in buona sostanza, se fosse stato lei a istruire quell’inchiesta avrebbe fatto intercettare i giornalisti? La sua risposta è stata: su questo preferisco non commentare. Il che vuol dire che non era molto d’accordo con questa pratica. Io la inserisco in questo clima molto particolare in cui probabilmente loro avevano capito che noi stavamo toccando dei fili scoperti. E lo facevamo senza neanche conoscerci, a quel tempo. Loro forse pensavano che questi giornalisti lavorassero in pool, invece questo non c’era perché ognuno seguiva il proprio percorso giornalistico d’inchiesta.
La vicenda delle intercettazioni è una ennesima puntata di questa caccia al testimone scomodo, iniziata cercando di criminalizzare le Ong operative nel Mediterraneo?
Secondo me sì. Questi giornalisti erano individuati come schierati, ma poi hanno intercettato anche Biroslavo che non è certo uno schierato per l’accoglienza. Loro avevano necessità di capire quale era tutta la rete delle nostre fonti, non solo in Italia, perché quello che fanno su Nancy Porsia è un lavoro che fanno anche in Libia. Un po’ alla volta ci hanno attenzionati tutti, ed alcuni sono finiti sotto tutela. Uno degli effetti collaterali di questi sviluppi sulle fonti, anche interne alle istituzioni In queste ore diverse di queste fonti mi hanno contattato, con i metodi che usiamo noi, molto preoccupate. Mi chiedono, e non credo che sia il solo, ma ci siamo anche noi in queste intercettazioni, possiamo essere tranquilli? Immagina di essere un pubblico ufficiale, una fonte informativa che potrebbe dare a dei giornalisti di cui si fida , con cui vorrebbe stabilire un contatto, perché tante volte è andata così, ci hanno cercato le fonti. Se tu hai il dubbio che siamo tutti intercettati, ma io, è la logica conseguenza, a chi le do queste informazioni? Io penso che il problema non è Nello Scavo, Sergio Scandura, Nancy Porsia e gli altri intercettati. Non è minacciata la mia libertà d’informare, a essere minacciata è la libertà dei cittadini di essere informati. E’ talmente massiccia l’operazione che io mi metto nei panni di una fonte. Lì per lì non ci avevo pensato, poi mi ci ha fatto pensare una fonte del caso “Bija”. Una persona che vive da tempo con preoccupazione. Lui ha voluto darmi una mano, di sua iniziativa tra l’altro, ma sente la preoccupazione di finire inguaiato. Ovviamente mi ha chiesto “Nello posso stare tranquillo? Io non ci sono, tu hai letto qualcosa che mi riguarda?”. Gli ho risposto di stare tranquillo, che lui non c’era. Ma questo ti fa capire che altre fonti, in futuro, prima di contattare Sergio o me o Francesco o altri, ci penseranno due volte. Vogliono farci terra brucia intorno, intimidire le fonti. E questa è davvero la cosa più grave.

(da Globalist)

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IL VUOTO D’ARIA DEL LEGHISTA CAPARINI

Aprile 4th, 2021 Riccardo Fucile

MASSIMO FINI SPIEGA CHI E’ L’ASSESSORE LEGHISTA MESSO DAL PARTITO A DIRIGERE TRAGICAMENTE LA PRENOTAZIONE DEI VACCINI IN LOMBARDIA

Come ci raccontano le cronache è stato Davide Caparini, assessore al bilancio, in quota Lega, a volere Aria, l’agenzia che doveva occuparsi della distribuzione e della prenotazione dei vaccini dove ha combinato disastri: prenotazioni in luoghi molto distanti da chi ne doveva usufruire, in un giorno in cui le location non erano disponibili, prenotazioni per soggetti che non avevano maturato il diritto al vaccino.
Io stesso sono stato oggetto di una di queste disfunzioni, perché sono stato convocato via sms in quanto over 80, anche se quell’età sono ancora abbastanza lontano dal raggiungerla e, per la verità, ma questo è affar mio, non ho nessuna voglia di raggiungerla.
Il governatore della Lombardia Fontana ha dimissionato il consiglio di amministrazione, ma ha lasciato al suo posto Caparini, cioè il principale responsabile di queste disfunzioni.
Davide Caparini l’ho già incrociato nella mia vita, quando, appena trentaseienne, faceva parte della commissione di vigilanza Rai, un posto di notevole responsabilità, non si capisce a quale titolo, perché è laureato in ingegneria meccanica, se non quello di essere appunto un esponente della Lega, in cui era entrato giovanissimo, a 18 anni.
Ma qui bisogna fare un lungo passo indietro. Tornare all’autunno del 2003.
Eduardo Fiorillo propone al direttore di RaiDue Marano un programma, Cyrano, cui dovrei partecipare anch’io, non come conduttore (questa parte è riservata a Francesca Cheyenne), devo semplicemente legare i vari spezzoni del programma che parlano di narcisismo, di vecchiaia, del rapporto con la morte, insomma niente di politico, il tutto trasmesso in terza serata.
Marano accetta, pensa sia utile proporre qualcosa di culturale in RaiDue che proprio in quei mesi ha dato il via all’Isola dei Famosi. Marano accetta, il contratto è firmato.
La trasmissione viene annunciata dagli organi ufficiali della Rai e da parecchi giornali. Noi intanto facciamo le prove in Corso Sempione a Milano, la puntata-pilota non è stata ancora montata, insomma in Rai nessuno l’ha vista.
Tre giorni prima della trasmissione, che dovrebbe andare in onda martedì, Marano, che appunto non l’ha ancora vista, telefona a Fiorillo dicendo che il programma si può fare ma che deve eliminare la mia presenza. Fiorillo resiste. Marano ci riconvoca per il lunedì proprio il giorno prima della messa in onda.
D’accordo con Fiorillo ci portiamo in tasca un registratore. Marano è a suo modo sincero: “A questo punto la trasmissione l’ho vista e potrei dirle che lei non buca il video, che ci sono dei difetti e altre cose del genere, ma non me la sento, non è così. Il fatto è che c’è un veto politico e aziendale sul suo nome, da parte di persona cui non posso resistere”.
E mi propone di apparire solo come autore. Io rifiuto per una questione di principio, oltretutto non sono neanche uno degli autori del programma. Cyrano non andrà in onda, verrà sostituito con un simil Cyrano chiamato Border Line, senza di me. Secondo quanto ha dichiarato Marano in Commissione di Vigilanza Rai, sarebbe stato Antonio Socci a mettersi di mezzo.
Districarsi fra le contraddizioni di Marano, di Socci e degli altri dirigenti Rai coinvolti, un vero nido di vipere, è impossibile.
Quel che è certo è che qualcuno è andato da Berlusconi, che aveva ben altro da fare che guardar me all’una di notte, e gli ha detto: “Ma come, adesso facciamo lavorare anche un antiberlusconiano doc come Massimo Fini?”.
Per la verità Berlusconi non avrebbe dovuto c’entrarci per niente, visto che la trasmissione era Rai, ma lasciamo perdere. Berlusconi fa telefonare da qualcuno a Cattaneo, in quel momento Direttore generale della Rai, Cattaneo telefona a Marano e almeno la filiera diventa istituzionalmente regolare.
Quella censura nei miei riguardi, che Marco Travaglio nel suo libro Regime definirà “antropologica”, provocò alcuni rumors, per la verità non molto accalorati.
Chi si superò fu Marcello Veneziani, consigliere di amministrazione Rai, che disse più o meno: “Perché la sinistra si lamenta se la Rai non fa lavorare Fini, dal momento che Fini non ha lavorato nemmeno quando la Rai era di sinistra?”.
Seguendo questa logica ineccepibile io non avrei dovuto lavorare mai.
Perché se la Rai era di destra la scusa era che nemmeno la sinistra mi aveva fatto lavorare, se era di sinistra la scusa era che la destra non mi aveva fatto lavorare
Io farò causa alla Rai e la vincerò. Il Tribunale mi riconobbe i danni materiali, ma non quelli morali con la singolare motivazione che ero stato io a darne notizia ai giornali e quindi mi ero autodanneggiato. Sarebbe come se a una ragazza stuprata non fossero riconosciuti i danni morali perché ha denunciato lo stupro.
La questione arrivò comunque davanti alla Commissione parlamentare di vigilanza Rai, di cui era presidente Claudio Petruccioli, allora Ds.
A Petruccioli avevo mandato la registrazione che dimostrava in modo inequivocabile che c’era stato un veto politico. E Petruccioli si comportò da Petruccioli. Acquisì la mia registrazione, ne diede notizia alla Commissione di vigilanza ma non gliela fece ascoltare. Quindi la sola cosa che risultava era che io avevo compiuto un atto moralmente se non penalmente illecito. Oltre al danno la beffa.
Per quella registrazione Davide Caparini chiese, insieme al forzista Lainati, la mia radiazione dall’Ordine dei giornalisti. Bella riconoscenza visto che io la Lega di Bossi, quella in cui era entrato il giovanissimo Caparini, l’avevo difesa a spada tratta quando tutti i media la attaccavano.
Perché mi sono soffermato così a lungo su un quidam come Davide Caparini? Non per puro spirito di rivalsa. Perché Caparini è emblematico, come per altri versi Luigi Bisignani, di un certo ceto politico e amministrativo che attraversa tutti i partiti.
Non ha mai fatto una vera ora di lavoro in vita sua, come piace dire a Berlusconi quando si tratta dei suoi nemici, sorvolando sui suoi amici.
La sua carriera è tutta interna alla Lega che gli ha permesso di cumulare presidenze, cariche nei consigli di amministrazione, assessorati, posti di potere che, come abbiamo visto con Aria, incidono sull’amministrazione pubblica e in definitiva sulla nostra vita.
Qualche anno dopo quel consiglio di amministrazione Rai, in cui aveva chiesto la mia radiazione dall’Ordine dei giornalisti, incontrai per caso il Caparini in un talk di basso livello. Poiché come ogni polemista sono aggressivo sulla pagina, ma cerco di comportarmi in modo civile nella vita, invece di dargli un cazzotto sul muso come si sarebbe meritato mi fermai a chiacchierare con lui.
Mi diede l’impressione di un uomo un po’ “ritardato”, pardon, “indietreggiato” come si dice in Canton Ticino per gli alunni che hanno bisogno di un insegnante di sostegno. Con amministratori di questo genere, di cui il Caparini è solo un esempio marginale, non possiamo poi lamentarci se l’Italia, come l’epidemia ha solo evidenziato, è conciata com’è conciata.
Massimo Fini
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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ASTRAZENICA, ANCHE L’ITALIA VALUTA DI LIMITARLO AGLI OVER 60

Aprile 4th, 2021 Riccardo Fucile

I PAESI BASSI HANNO SOSPESO DEL TUTTO LE VACCINAZIONI CON ASTRAZENICA

Non ce l’ha falla la donna in rianimazione al San Martino di Genova: 32 anni, trombosi cerebrale, il 22 marzo si era vaccinata con AstraZeneca e venerdì ha avuto i sintomi, gravi.
I Paesi Bassi ieri l’altro hanno limitato agli over 60 le vaccinazioni con il prodotto dell’azienda anglo-svedese dopo 5 casi “sospetti”, ieri le hanno sospese del tutto.
In Gran Bretagna al 24 marzo, ha fatto sapere il Medicines and healthcare regulatory agency (Mhra), ci sono stati sette decessi su 22 casi di trombosi cerebrale dei seni venosi e otto altri tipi di trombosi, 30 in tutto su 18 milioni di vaccinati con quel prodotto.
Non vi è certezza di un nesso causale col vaccino, anzi il Mhra ribadisce che “i benefici superano i rischi”. Sappiamo solo che alcuni eventi avversi si presentano in numeri limitati ma ritenuti superiori all’atteso e in misura assai variabile da un Paese all’altro: nei 14 giorni presi in esame dal report dell’agenzia europea del farmaco europeo Ema datato 18 marzo 2021 le trombosi del seno cerebrale erano in tutto 15, 13 nello Spazio economico europeo (Ue più Islanda, Liechtenstein e Norvegia) e 2 in Gran Bretagna, ma in percentuale corrisponde al 42% in più del valore atteso nell’intera area e addirittura al 394% in più, il quintuplo, eliminando i dati britannici.
Riguardano soprattutto giovani donne, che a volte prendono la pillola anticoncezionale e a volte no.
Si cerca di evitare reazioni scomposte come quelle delle scorse settimane, quando in Italia siamo passati da “è sicurissimo” a “fermiamo tutto” dopo che l’ha fatto la Germania.
La Danimarca non ha mai ripreso a usare AstraZeneca. Insomma, grande pressione su AstraZeneca
Aspetteremo le valutazioni di Ema sulle trombosi, forse già martedì. Al ministero della Salute però si avanza l’ipotesi di fare come in Francia, Germania e altri Paesi e limitare AstraZeneca al di sopra di una certa età, potrebbe essere 65 anni.
“Utilizzeremmo Pfizer per i giovani, non sarebbe una cattiva idea perché i primi studi negli Stati Uniti rilevano un’elevata efficacia di Pfizer/Biontech nel prevenire l’infezione e non solo la malattia grave. Può essere utile proprio per i giovani che hanno maggiori contatti. E AstraZeneca offre agli anziani assolute garanzie contro la malattia grave”, ragiona una fonte qualificata.
I Centri per il controllo delle malattie (Cdc) statunitensi hanno reso noto uno studio condotto su 3.950 medici, infermieri e altri lavoratori vaccinati con Pfizer/Biontech e Moderna e monitorati per 13 settimane quando già circolavano le varianti: il rischio di infezione è ridotto del 90% dopo due dosi e dell’80% dopo una sola.
Nulla è deciso, tocca ad Aifa, l’agenzia del farmaco, che all’inizio aveva consigliato AstraZeneca agli under 55 perché non erano ritenuti sufficienti i dati sugli anziani, che poi sono arrivati con le vaccinazioni in Gran Bretagna.
Ma c’è anche chi scappa da quel vaccino: ieri il Sappe, uno dei sindacati della polizia penitenziaria, ha fatto sapere che il 20-30% degli agenti lo rifiuta e chiede Pfizer o Moderna; a Roma girano nelle chat elenchi degli hub che fanno questo o quel vaccino in modo che l’utenza possa provare a scegliere.

(da “Huffingtonpost”)

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SONDAGGIO: IL 58% DEGLI ITALIANI A FAVORE DELL’OBBLIGO DI VACCINARSI, 9 ITALIANI SU 10 HANNO PAURA

Aprile 4th, 2021 Riccardo Fucile

LA MAGGIORANZA DEGLI ITALIANI RITIENE CHE APERTURE E CHIUSURE VANNO DECISE SECONDO I DATI SCIENTIFICI

La paura del contagio è al livello più alto dal marzo 2020: 9 italiani su 10 sono spaventati.
E il 58% ritiene che il vaccino anti Covid debba essere obbligatorio per tutti, mentre un altro 21% lo reputa indispensabile almeno per operatori sanitari e altre categorie a rischio.
Il sondaggio di Demos mostra che, a più di un anno dallo scoppio della pandemia, gran parte dei connazionali si sente insicura e teme che l’uscita dal tunnel sia lontana: quasi uno su quattro crede che dovremo trascorrere insieme al virus molti anni, il 56% almeno un anno.
I timori vanno di pari passo con la fatica psicologica per le restrizioni: un’altra rilevazione, condotta in questo caso da Euromedia research di Alessandra Ghisleri per La Stampa, rivela come sia in crescita la quota di italiani che ammettono di “non farcela più”.
E tra loro c’è il 55% degli studenti e il 36,4% delle casalinghe.
Nonostante questo, la maggioranza relativa (45,3%) concorda sul fatto che le aperture e chiusure devono essere decise sono sulla base del numero di contagi e decessi. Un altro 40,2% auspica che si fissi una data oltre la quale aprire, anche in base agli sviluppi della campagna vaccinale.
Ilvo Diamanti, fondatore di Demos, nell’analisi sul quotidiano romano spiega che nella seconda Pasqua “rossa” è cresciuta “la componente sociale che immagina “un futuro senza futuro”: 8 italiani su 10 si stanno preparando a una lunga convivenza” con il Covid. E dunque “mostrano una disponibilità molto ampia verso i metodi e gli strumenti di contrasto e di prevenzione. Anzitutto, i vaccini”.
Solo due su 10 hanno un atteggiamento di diffidenza e rifiuto, mentre quasi 6 italiani su 10 considerano l’obbligo per tutti una soluzione auspicabile. E circa 8 su 10 condividono l’utilità del passaporto vaccinale europeo per spostarsi all’estero o all’interno dei paesi per lavoro o turismo.
La Ghisleri sulla Stampa affronta invece il tema della tenuta psicologica: in 15 giorni sono saliti di 2 punti percentuali, al 30,6%, coloro che dichiarano di “non farcela più”. Tra i pensionati la quota si ferma al 28%, mentre i più esasperati sono studenti e casalinghe seguite dai disoccupati (35,8% di “non ce la faccio più”) e dagli autonomi (32,6%).
Il 27,5% del campione invece si sente “ancora forte” e in grado di andare avanti: i più resilienti sono proprio i pensionati (34%) mentre gli studenti, provati dalla dad, appaiono i più fragili. Oltre al 55% che non ce la fa più, un altro 20% dice di avere “i primi segni di cedimento nervoso“.
(da “il Fatto Quotidiano”)

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L’APRILE NERO PER I VACCINI E QUELL’OBIETTIVO DELLE 500.000 DOSI AL GIORNO SEMPRE PIU’ LONTANO

Aprile 4th, 2021 Riccardo Fucile

AD APRILE ARRIVERANNO SOLO 8 MILIONI DI DOSI

“Se il sistema regge e mi porta ad avere 500mila vaccinazioni al giorno a fine aprile, entro settembre chiudo la campagna”, aveva detto il commissario straordinario all’emergenza il generale Francesco Paolo Figliuolo in conferenza.
Eppure – ahinoi – rischia di essere solo tremendo ottimismo. Perché i conti non tornano e già si fatica ad arrivare all’altro obiettivo del generale, quello che annuncia da settimane, ma che da settimane non si riesce a raggiungere.
E cioè: 300 mila dosi quotidiane, quando invece il numero più alto raggiunto è stato quello delle 287mila dosi al giorno raggiunte il 31 marzo.
Infatti ad aprile è previsto l’arrivo di 8 milioni di dosi di vaccini, mezzo milione delle fiale nuove e monodose di Johnson & Johnson. Il che significa, che per vaccinare 300mila persone al giorno ne servirebbero 2,1 milioni a settimana; 3,5 milioni se invece veramente si pensasse si poterne realizzare 500mila.
E allora i conti non tornano, a meno che le case farmaceutiche non facciano arrivare più dosi. Che, però, sembra cosa assai improbabile. Sembra anche che le nuove fiale non arriveranno nei prossimi giorni (J & J il 19), ma più avanti, nella seconda metà con un rush finale.
Scrive Repubblica:
Proiezioni più caute ipotizzano di raggiungere stabilmente 240-270mila somministrazioni nella prima metà di aprile, per poi salire a 350-400mila nell’ultima decade. Senza escludere la possibilità (esigua) di toccare il tetto del mezzo milione il 29 o il 30 aprile. (…) Un cambio di ritmo per ora lo si è visto soltanto con gli over 80 chiamati al primo inoculo: sono diventati il 56 per cento del totale. Ne rimangono ancora due milioni. L’obiettivo è colmare il ritardo entro il 15 aprile: in undici giorni si punta a proteggere tutti gli ultraottantenni.
Tutto questo mentre le dosi di vaccini somministrate sono 10.990.307, con più di 50 milioni di persone over 16 ancora da vaccinare. I vaccinati con la doppia dose? Solo 3.417.353.
(da “Huffingtonpost”)

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L’ASSESSORE ALLA SANITA’ DEL LAZIO: “ARRIVANO LA META’ DEI VACCINI NECESSARI, LE DOSI JOHNSON BASTANO PER DUE GIORNI”

Aprile 4th, 2021 Riccardo Fucile

“FIALE INSUFFICIENTI, COSI’ NON SI VA LONTANO”

“La macchina non si ferma, ma per arrivare all’obiettivo che ha indicato il premier Draghi servono 15 milioni di dosi in Italia al mese e un milione e mezzo nel Lazio. Ne arrivano la metà. Quando arriveranno queste dosi possiamo dire che l’obiettivo è raggiungile e mi sembra che c’è ancora distanza”.
Lo ha detto l’assessore alla Sanità del Lazio Alessio D’Amato oggi in visita all’hub vaccinale della Nuvola all’Eur.
“Più dosi arrivano – ha aggiunto – prima arriviamo all’immunità di gregge. Noi siamo pronti a farne 60mila al giorno, ma non mi sembra che ad aprile ci sia questa possibilità, almeno dalle cose che ho sentito”.
Quanto ai vaccini Johnson&Johnson, “sicuramente” le dosi annunciate dal colosso farmaceutico “non sono sufficienti – afferma D’Amato – significherebbe andare avanti un paio di giorni e non è proprio possibile. Per cui devono arrivare le dosi”.
(da agenzie)

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MILLE PASSEGGERI POSITIVI TROVATI IN CANADA NONOSTANTE IL TAMPONE IN PARTENZA

Aprile 4th, 2021 Riccardo Fucile

COSI’ IL CORONAVIRUS VOLA ANCHE SUGLI AEREI

Il coronavirus continua a viaggiare in aereo, nonostante test alle partenze e quarantene agli arrivi.
Ne sa qualcosa il Canada, che ha adottato un programma rigoroso per i passeggeri provenienti dall’estero, ma si è ritrovato con un migliaio di casi venuti dal cielo. Le restrizioni sono state introdotte a febbraio, fra molte polemiche.
I viaggiatori devono presentarsi all’arrivo con il certificato di un tampone negativo. Il test rapido non è considerato valido: ci vuole un molecolare. Poi devono eseguire un altro tampone all’arrivo in aeroporto e trasferirsi in hotel (a loro spese), per attendere il risultato. I negativi a quel punto possono andare a casa, o nella loro residenza, ma solo per completare lì la quarantena di 14 giorni. Per uscire serve un altro test negativo.
Il piano anti-Covid era stato molto criticato dai canadesi per il suo rigore. Eppure nel giro di un mese, tra il 22 febbraio e il 25 marzo, complici le varianti più contagiose, le autorità federali riferiscono di aver trovato all’arrivo più di mille passeggeri positivi: l’1,5% del totale. Su 70.819 viaggiatori, 1.094 avevano il virus.
Può darsi che il test alla partenza forse un falso negativo, o che le persone si fossero appena infettate. I tamponi impiegano infatti alcuni giorni prima di riuscire a rilevare il coronavirus.
Due passeggeri trovati a febbraio con un tampone falso (erano in realtà positivi, e lo sapevano), hanno dovuto pagare una multa da circa 10mila dollari. Quasi mille euro invece sono stati imposti a chi aveva cercato di allontanarsi clandestinamente dall’albergo della quarantena.
I contagi in aereo nonostante le precauzioni non sono una novità. A marzo la rivista Emerging Infectious Diseases aveva pubblicato il caso di un volo fra Dubai e Auckland, in Nuova Zelanda, in cui 7 passeggeri erano stati scoperti positivi. Anche la Nuova Zelanda – che si è prefissata addirittura l’obiettivo di eradicare il coronavirus dal suo territorio – prevede misure rigidissime per chi arriva in aereo, incluso il test alla partenza. I 7 infettati erano stati scoperti durante la quarantena, prima che potessero contagiare altre persone.
La ricostruzione dei loro percorsi (si erano imbarcati insieme a Dubai ma provenivano da 5 nazioni diverse) e l’analisi genetica del virus ha dimostrato che la trasmissione era avvenuta durante il volo, durato ben 18 ore, in cui i 7 erano distribuiti nell’arco di 4 file.
I cosiddetti voli Covid-free, in cui tutti i passeggeri sono testati alla partenza, sono una delle strategie con cui le compagnie aeree – e il settore del turismo in generale – cercano di riprendere a lavorare. Rappresentano sicuramente un passo avanti rispetto ai primi mesi della pandemia, in cui ci si limitava a misurare la temperatura all’imbarco. Ma hanno maglie non sempre strette a sufficienza per bloccare un virus agile come Sars-Cov-2.
A rischio in particolare sono i voli che durano molte ore e in cui i pasti impongono di togliere la mascherina. I Centers for Disease Control americani hanno sconsigliato di viaggiare (a prescindere dal mezzo) anche ai vaccinati, pur definendola un’attività “a basso rischio” per chi è immunizzato.
(da agenzie)

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DENTISTA POSITIVA AL COVID CONTINUAVA A VISITARE I PAZIENTI

Aprile 4th, 2021 Riccardo Fucile

ORA RISCHIA L’ACCUSA DI EPIDEMIA COLPOSA

Vicenda che lascia interdetti quella accaduta a Maestrino (Padova), dove una dentista che risultava essere positiva al Covid continuava a curare i pazienti nel suo studio.
Ora la dentista rischia l’accusa di epidemia colposa dopo che i carabinieri hanno messo i sigilli al suo ambulatorio, sospendendo l’attività fino a data da destinarsi.
A valutare se sia il caso di procedere contro la donna sarà ora l’Autorità giudiziaria.
La vicenda, scrive il “Messaggero”, è stata diffusa dopo la segnalazione di un paziente che, venuto a sapere della positività della dottoressa, ha presentato denuncia ai carabinieri.
Sono scattati subito i controlli nello studio medico ed è emerso che la dentista era effettivamente positiva al virus.
Ora, dopo i sigilli, il medico rischia l’accusa per il reato di epidemia colposa per aver esposto i suoi pazienti al rischio di contagio. Rischia inoltre provvedimenti disciplinari e una multa da 500 a 5mila euro.

(da Globalist)

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