Ottobre 19th, 2021 Riccardo Fucile
UN MILIARDO IN PIU’ PER IL REDDITO DI CITTADINANZA, UNITO A CRITERI PIU’ SEVERI PER OTTENERLO, ALTRO SCHIAFFO AI SOVRANISTI… POI TAGLIO DELLE TASSE E AMMORTIZZATORI SOCIALI
Quando Mario Draghi sta per chiudere la riunione del Consiglio dei ministri a palazzo Chigi sulla manovra dopo oltre due ore, dalle sedie occupate dai leghisti arriva una richiesta: diamo il via libera, ma vogliamo mettere a verbale una “riserva politica” sul superamento di quota 100. Il premier annuisce e il Documento programmatico di bilancio ottiene il via libera. All’unanimità, votano sì anche i tre ministri del Carroccio Giancarlo Giorgetti, Massimo Garavaglia e Erika Stefani.
Non passa neppure un’ora e Matteo Salvini ci mette il cappello: “Sulle pensioni ci sono diverse ipotesi in ballo”, insomma nulla è deciso e comunque “escludo qualsiasi ritorno alla Fornero”.
Sono parole che provano ad arginare la grande sconfitta maturata proprio sulla misura bandiera, tra l’altro nello stesso giorno in cui i 5 stelle incassano un miliardo in più sulla loro di bandiera: il reddito di cittadinanza.
Dietro alle dichiarazioni precipitose di Salvini ci sono i numeri della manovra e questi numeri dicono che una decisione sul post quota 100 è stata presa.
L’ha presa il premier ed è una scelta che cestina non solo la struttura e lo spirito della misura bandiera, ma anche delle soluzioni immaginate dalla Lega per i prossimi anni.
Il dettaglio delle misure che non convincono la Lega – quota 102 per l’anno prossimo e quota 104 nel 2023 – non è contenuto nel Documento programmatico di bilancio, ma non è questo il veicolo preposto a questo compito.
Nel testo, invece, c’è scritto che per le pensioni ci sarà circa 1 miliardo e l’importo è riconducibile solo a interventi light, con platee limitate, non a riforme faraoniche come la quota 41 caldeggiata dal Carroccio.
Tra l’altro l’utilizzo di questi soldi è stato anticipato qualche ora prima dal ministro Daniele Franco durante la cabina di regia: oltre quota 102 e 104, ci saranno anche il rafforzamento dell’Ape sociale, voluta dal governo Gentiloni con la manovra del 2017, e un adeguamento delle pensioni all’inflazione.
Sono tutti interventi che costano poco e che servono a evitare l’effetto dello scalone che si determinerà a gennaio, quando chi non potrà andare in pensione prima con quota 100 si ritroverà nel guado perché non avrà i requisiti previsti dalla riforma Fornero.
Ma sono misure che, come spiega palazzo Chigi, servono ad “assicurare un graduale ed equilibrato passaggio verso il regime ordinario”. “Graduale”, senza il finestrone tipo quota 100. “Equilibrato”, senza spendere uno sproposito, come è stato fatto proprio con la misura voluta dalla Lega, costata fino ad ora 18,8 miliardi.
A parte il fatto che quota 100 era già una parentesi limitata all’interno del regime ordinario, cioè la riforma Fornero.
A maggior ragione la finestra dell’uscita anticipata si restringe dato che a quota 102 potranno accedere al massimo 50mila lavoratori in due anni, mentre a quota 100 hanno aderito 340mila lavoratori.
Quota 104, che permetterà di uscire in anticipo dal mondo del lavoro con 66 anni di età anagrafica e 38 anni di contributi, può tirare dentro ancora meno lavoratori rispetto a quota 102.
Fuori dai numeri: la finestra di flessibilità di quota 100 viene rimpicciolita ed è funzionale solo ad evitare un disagio ai pensionati che sono lontani dai requisiti della Fornero.
Una finestra piccola su una casa che è quella della riforma del 2011: Draghi ne ripristina lo spirito e l’architettura, anche se con piccoli correttivi, con la convinzione che le pensioni restano un tema caldo con Bruxelles, seppure non a rischio di conflitto come ai tempi dell’ultimo governo Berlusconi.
La Lega perde definitivamente la sua bandiera e anche un tema che si proietta su un elettorato mutevole, accarezzato tradizionalmente dalla sinistra, ma anche poi dalla destra berlusconiana e infine proprio dal Carroccio.
All’indomani dei ballottaggi disastrosi, la sconfitta fa ancora più male alla Lega perché i 5 stelle possono festeggiare.
Al reddito di cittadinanza andranno il prossimo anno 8,8 miliardi, circa un miliardo in più rispetto ai soldi già contabilizzati nelle previsioni di spesa.
Non è però una concessione tout court di Draghi ai grillini. Da una parte prevale la necessità di tenere il livello del finanziamento su quello di quest’anno, con la spesa lievitata rispetto agli anni pre-pandemia: 3,8 miliardi nel 2019 (anche se la misura entrò in vigore ad aprile), 7,1 miliardi nel 2020, 8,6 miliardi quest’anno.
Con un livello della povertà schizzato a livelli record e il Paese ancora in ripresa dalla pandemia, il premier da tempo pensa che non è il caso di invertire il trend di una misura che ha un forte impatto sociale.
Ma arriveranno anche i correttivi: controlli più severi contro i furbetti e un taglio all’assegno che scatterà dopo il rifiuto della seconda offerta di lavoro.
L’ambizione è quella di far funzionare le politiche attive e rendere il reddito di cittadinanza un passaggio verso un nuovo lavoro per chi non ce l’ha, traguardo che anche i grillini riconoscono di aver fallito. Insomma le modifiche avranno un peso politico limitato sul Movimento.
Fuori dalla logica del partito che perde e del partito che vince, all’interno di questo rimodellamento della manovra sovranista del 2018, con dentro il Rdc e quota 100, c’è il taglio di Draghi.
I 23 miliardi della manovra andranno a tagliare la tasse del ceto medio, serviranno a dare un ammortizzatore sociale ai lavoratori più fragili, alla sanità, alla scuola e alla ricerca, ancora al trasporto pubblico locale. Soprattutto agli investimenti, pubblici e privati.
E così Draghi, almeno nella prima battuta della legge di bilancio, può dire di aver tenuto insieme la maggioranza.
Al netto del dissenso della Lega, che però non si è consumato in uno strappo, tutti dicono I love you al premier, dal Pd a Forza Italia. E intanto il premier taglia le tasse, sogno ventennale del centrodestra, dà una protezione sociale ai lavoratori, ambizione storica del Pd, contrasta la povertà senza la presunzione di cancellarla, rendendo meno patetico il balconcino di palazzo Chigi da cui si affacciò Luigi Di Maio per festeggiare l’abolizione della povertà. Questa volta a palazzo Chigi non si è tenuta neppure la conferenza stampa del premier.
(da Huffingtonpost)
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Ottobre 19th, 2021 Riccardo Fucile
ARCURI AI MAGISTRATI HA PARLATO DI DUE MAIL E UNA TELEFONATA RICEVUTE DALLA MELONI
«Querelo Domani»: la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, minaccia il
nostro giornale dopo che la testata ha riportato che, nel corso di un interrogatorio, l’ex commissario all’emergenza, Domenico Arcuri, indagato per peculato e abuso d’ufficio, ha rivelato che Meloni gli avrebbe raccomandato un imprenditore.
«Vale la pena sapere che durante la pandemia», ha detto Meloni rispondendo ai giornalisti nel corso di una conferenza stampa, che alcune «persone, in quanto rappresentante delle istituzioni, mi hanno cercato per le mascherine e a tutti ho dato la stessa risposta. Io rispondo a tutti quanti: fai mandare una mail al braccio destro di Arcuri, altro io non posso fare. Non ho più saputo niente».
Meloni dice di non essersene più interessata: «Io non ho mai avuto idea se Fabio Pietrella o altri soggetti che mi chiedevano conto» abbiano avuto risposta sulle mascherine, «apprendo dalla stampa oggi che di quella proposta di Confartigianato Moda non si è fatto niente».
Per questo «da qui a dire che ho raccomandato terzi ce ne passa, domani deposito una querela per il “Domani”, sono stanca di questo modo di fare giornalismo».
La presidente di Fratelli d’Italia rigetta la ricostruzione di Arcuri: «Non ho mai raccomandato terzi», ma se la prende con Domani. Ha poi aggiunto: «Non credo che l’abbia detto Arcuri. Se sì, allora lo denuncio per calunnia, che è un reato».
IL CASO
L’ex commissario all’emergenza Domenico Arcuri è stato interrogato sabato scorso dai pm della procura di Roma. Le accuse riguardano l’inchiesta sulla maxi-fornitura da 1,25 miliardi di euro per l’acquisto di milioni di mascherine cinesi da parte della struttura commissariale per l’emergenza Covid.
Domani ha scoperto che Arcuri ha prima spiegato perché ha trattato con l’ex giornalista della Rai Mario Benotti. La sua difesa: «Non sono stato io a chiedere aiuto a Benotti, al contrario è stato lui a proporsi. Io gli comunico di inviare una mail alla struttura: dello sviluppo di questa trattativa io non ne so nulla».
Riguardo la trattativa della leader, Arcuri ha spiegato: «L’onorevole Giorgia Meloni il 22 e il 27 marzo è in copia (in una email, ndr) all’offerta di tale Pietrella per mascherine chirurgiche con richiesta di anticipo del 50 per cento e costo del trasporto a carico del governo italiano».
Insomma, dice Arcuri a verbale, la leader di Fratelli d’Italia – che risulta aver contattato Arcuri al telefono – avrebbe raccomandato un’offerta di terzi.
(da Domani)
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Ottobre 19th, 2021 Riccardo Fucile
E’ LA SUA GIUSTA COLLOCAZIONE, LO DICIAMO DA ANNI
Una cena che non è un matrimonio, ma un gemellaggio politico. Il patto
“Forza Italia Viva” si fa sempre più concreto.
La cena a Firenze tra Gianfranco Miccichè e Matteo Renzi svelata ieri dal quotidiano La Sicilia rompe gli schemi e apre a nuovi scenari politici in vista delle Comunali di Palermo, in programma a maggio 2022.
Il vicerè berlusconiano Miccichè è volato in Toscana per una cena a quattrocchi con Mr. “Se perdo al referendum non mi vedrete più”. Era il 2016 e aggiungeva “Se io perdo, con che faccia rimango? Ma non è che vado a casa, smetto proprio di fare politica” – 8 maggio 2016.
Renzi invece è ancora in sella e dopo aver fatto cadere il Governo Conte bis, con un partito del 2%, pensa di passare col centrodestra per conquistare Palermo. Evidentemente non gli è bastato l’accordo bluff con Crocetta che fece perdere alla Sicilia qualcosa come 3 miliardi per i contenziosi con lo Stato.
A svelare i retroscena di questo patto tra gli azzurri e i renziani è lo stesso Miccichè, che oggi dalle colonne di Repubblica racconta come si è arrivata a questa intesa. «Forza Italia sposa Italia Viva? Macché. L’ho detto a Renzi che i matrimoni si celebrano a Roma. Non un matrimonio, ma ottimi rapporti. In ogni caso credo che il destino di Renzi sia nel centrodestra. Secondo me alle comunali di Palermo e Genova, Renzi ufficializzerà la sua adesione al centrodestra».
Un motivo in più per non votarli.
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2021 Riccardo Fucile
SI PARLA DI NUOVI ADDII E DELL’ASCESA DELLA AZZOLINA
“Non mi convince”, dice secco Carlo Calenda sul campo largo proposto da
Enrico Letta, una coalizione che da Italia Viva e Azione arrivi alla sinistra di Leu, Movimento 5 stelle compreso.
L’ipotesi al contrario non è affatto osteggiata da Giuseppe Conte, che in queste ore deve tuttavia destreggiarsi con la secca contrarietà di una larga parte dei pentastellati. Quello che viene definito il “Nuovo Ulivo”, o l’”Ulivo 2.0”, non trova terreno fertile da quelle parti.
“Il problema non è capire cosa sia questo nuovo Ulivo, il problema è capire chi siamo noi” dice Federica Dieni, deputata di lungo corso.
Il malessere scorre trasversale, il Movimento è un caos nel quale nessuno vuole scagliare la prima pietra. “Perché sono tutti in attesa delle nomine della segreteria – spiega un dirigente – sono tutti coperti e in fila per uno strapuntino”.
Quella segreteria che qualcuno attende da qui a una decina di giorni, qualcun altro dice che servirà di più, molto di più, mentre il leader e il suo entourage mantengono il mistero, prassi ormai consolidata sin dai tempi del nuovo Statuto.
Una polveriera pronta a esplodere, mentre si rincorrono le voci di nuovi addii, “anche di insospettabili”, non una scissione politica, ma una serie di fughe alla chetichella “perché ormai siamo finiti”.
Che la fosca previsione si avveri o meno, la contrarietà al campo largo è netta e diffusa. I pochi che accettano di uscire allo scoperto su questo sono netti: “Renzi? In Sicilia farà l’accordo con la destra, ha fatto politiche di destra al governo, è legato a Denis Verdini: non so perché debba essere collocato a sinistra”.
Perché così la pensa Letta, la facile obiezione. “Capisco benissimo che voglia tenere insieme tutto – la risposta – ma verrà il momento in cui dovremo decidere il perimetro di ogni possibile coalizione: siamo sicuri che serva Renzi?”.
Il segretario del Pd lo è, Conte meno, ma è al lavoro più per cucire che per strappare. Il trailer di questo film è stato trasmesso in anteprima a Bologna, quando al momento di appoggiare il candidato Dem è stato detto senza mezzi termini o noi o loro.
Conte dice che a Roma e a Torino M5s andrà all’opposizione, un messaggio che ha lasciato disorientati tutti quelli che hanno in mente l’endorsement a Roberto Gualtieri e il ribadito progetto di dare vita a un nuovo centrosinistra, il leader fa una fatica bestiale a veicolare un messaggio coerente e a tenere insieme un gruppo che è sfaldato, che attende le nomine prossime venture come una possibilità personale di ottenere un podio e distribuire un po’ di potere o come occasione ulteriore di attacchi e rivendicazioni”.
Dino Giarrusso dice che il voto “non è stato un disastro, ma è oggettivo che abbiamo perso due grandi città”. Chiede “un cambio di passo”: “Occorre ripartire dalle persone che ci sostengono sul territorio: il simbolo da solo non basta, mentre Conte, che è apprezzatissimo, non da tutti è associato al M5s”.
Il claim delle piazze piene e delle urne vuote, un problema che già da prima del voto, e a maggior ragione dopo, assilla l’entourage dell’ex premier: come convertire il gradimento popolare in voti?
Una domanda che per ora non ha una risposta, mentre un senatore spiega di avere il forte timore di “rischiare di diventare un ramoscello dell’Ulivo”. Sono in molti a non voler fare questa fine, e si rincorrono le voci di nuovi addii.
I parlamentari pugliesi in fibrillazione per l’attivismo del fedelissimo Mario Turco, un malcelato attivismo di scouting in vista delle prossime elezioni, reclutamento nella società civile che ovviamente restringerebbe ancor più la possibilità degli uscenti di rimettere piede in Parlamento. E corre insistente la voce che Conte stia già mettendo la testa sui collegi uninominali, quali chiedere, quali trattare con il Pd, nella convinzione che scavallate le elezioni del presidente della Repubblica ogni momento sia buono per andare al voto.
E proprio in vista del rinnovo del capo dello Stato i contiani vorrebbero una sostituzione del capogruppo alla Camera Davide Crippa, considerato lontano dal nuovo corso, per fare largo ad Alfonso Bonafede o a Lucia Azzolina?.
Non sarà una passeggiata, a sentire un deputato: “Vogliono contarsi? Noi siamo pronti”.
(da Huffingtonpost)
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Ottobre 19th, 2021 Riccardo Fucile
COMINCIA LO SHOW DEI “DISOBBEDIENTI” ANCHE IN PARLAMENTO
Non ha voluto esibire il Green Pass entrando in ufficio e neanche a palazzo Madama, come aveva annunciato. È stata quindi segnalata dagli assistenti parlamentari ai questori, ma la senatrice di Alternativa C’è Bianca Laura Granato è riuscita a entrare a palazzo Madama per prendere parte ai lavori della commissione Affari costituzionali dove è obbligatorio esibire il ‘passaporto verde’.
Che sono stati poi sospesi dal presidente della Affari costituzionali, Dario Parrini, dopo essere stato informato della questione dagli uffici dei questori. “Non si può lavorare – ha notato Parrini – con la presenza di un trasgressore delle regole fondamentali”.
Il consiglio di presidenza di palazzo Madama, che si è riunito appositamente per discutere il caso, ha emesso il suo verdetto: i senatori che rifiuteranno di esibire il green pass, non potranno più entrare a Palazzo Madama e nei palazzi adiacenti che fanno capo al Senato.
Granato lo aveva annunciato ieri: “Siamo cittadini e non sudditi. Rivendichiamo il diritto alla tutela della salute del cittadino secondo quelle che sono le proprie convinzioni: anche per questo non entrerò con il Green Pass in Senato, non ho intenzione di esibire la tessera dell’obbedienza”, aveva detto l’ex grillina ora passata ad Alternativa c’è.
Le sanzioni previste dall’Ufficio di presidenza in caso di mancata esibizione del Green Pass, possono raggiungere la sospensione fino a 10 sedute, con la decurtazione della diaria”.
Un episodio simile è successo anche in Sicilia. A due deputati di Attiva Sicilia, Sergio Tancredi (capogruppo) e Angela Foti, è stato vietato l’accesso all’Ars.
Una guardia giurata ha chiesto ai due deputati di esibire il Green pass e al loro rifiuto gli ha impedito l’accesso al palazzo in cui ha sede il parlamento regionale. “Un abuso” lo ha definito Tancredi parlando con i giornalisti che si trovavano all’ingresso.
“Una guardia giurata può impedire a un eletto di entrare all’Ars ed esercitare la sua funzione – ha aggiunto – Io mi rifiuto di presentare il Green pass.”
Foti ha aggiunto: “Ho fatto stamattina l’ennesimo tampone e mi hanno rilasciato anche un Green Pass ma non è questo il punto. Non c’è una volontà di non volersi recare a lavoro. Il Green pass è una misura ipocrita e coercitiva che lede i principi della democrazia e le libertà personali”
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2021 Riccardo Fucile
IL PREMIER AUSTRALIANO RISPONDE IN MODO ESEMPLARE AL TENNISTA: “NESSUNA ECCEZIONE PER LUI, AL VIRUS NON IMPORTA SE SEI IL NUMERO UNO AL MONDO”
Il tennista numero uno al mondo Novak Djokovic non è sicuro di partecipare
agli Australian Open a Melbourne il prossimo anno a causa dei requisiti di vaccinazione contro il coronavirus.
Lo afferma lo stesso Djokovic alla stampa serba: “stando le cose come stanno, non so ancora se andrò a Melbourne. Di questi tempi le persone si spingono troppo oltre nel prendersi la libertà di fare domande e giudicare una persona. Qualunque cosa tu dica ‘sì, no, forse, ci sto pensando’, ne trarranno vantaggio. Certo che voglio andare, l’Australia è il mio torneo del Grande Slam di maggior successo. Voglio competere. Amo questo sport e sono ancora motivato. Il mio manager, che è in contatto con la Australian Tennis Federation, mi dice che stanno cercando di migliorare le condizioni per tutti, sia per chi è stato vaccinato sia per chi no”.
Non una novità, a dire il vero. Nole dall’inizio della pandemia si è regalato al dibattito pubblico per posizioni che faticano ad avere senso
Intanto il dubbio sulla partecipazione o meno di Nole, è stato subito fugato. Ed è semplice: stando così le cose, la risposta è no.
Il premier dello Stato di Victoria, Dan Andrews, ha dichiarato di non prevedere deroghe alle regole per la vaccinazione contro il Covid-19 per i giocatori che parteciperanno agli Australian Open di gennaio. “Non credo che un tennista non vaccinato otterrà un visto per entrare in questo Paese”, ha detto Andrews. “Al virus non importa quale sia la tua classifica tennistica o quanti Slam hai vinto”, ha aggiunto.
“E se ottenessero un visto, probabilmente dovrebbero essere messi in quarantena per un paio di settimane, quando nessun altro giocatore dovrebbe farlo”.
Andrews ha anche affermato che chiunque vorrà partecipare al Gran Premio d’Australia di Formula 1 dovrà essere vaccinato. “Il Gran Premio è ad aprile, non credo che ci sarà folla di persone a cui non sarà ancora stata somministrata una doppia dose”, ha detto Andrews. Djokovic ha vinto tre Australian Open consecutivi e vorrebbe aggiudicarsi il suo 21/o Slam da record a Melbourne, la capitale del Victoria, dopo aver perso la finale degli Us Open lo scorso settembre.
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2021 Riccardo Fucile
LA VITTIMA 14ENNE ERA FINITO IN OSPEDALE… “DEVE ASSUMERSI LE SUE RESPONSABILITA E RISPONDERE DELLE SUE AZIONI'”
Una decisione difficile, ma indispensabile. Questa storia arriva da Castrolibero, un Comune di 9mila anime in provincia di Cosenza. Un padre che trova il coraggio di denunciare il proprio figlio che ha picchiato – costringendolo al ricovero in Pronto Soccorso – un suo compagno di scuola.
Una vicenda che racconta di come, spesso e volentieri, sia difficile per i genitori rendersi conto di ciò che fanno i propri figli. Ma si racconta anche come ci sia il tempo per recuperare e restituire al mondo un senso di educazione in linea con il proprio ruolo genitoriale.
“Se davvero voglio aiutare mio figlio devo farlo alla luce del sole, non possiamo nasconderci. C’è bisogno che la comunità capisca”, ha scritto il padre del 16enne che aveva picchiato, solo qualche giorno fa, un 14enne in un cortile della sua scuola. Perché il giovane, per motivi ancora da chiarire, aveva ripetutamente colpito al volto l’altro ragazzo. E la madre di quest’ultimo aveva condiviso sui social le foto del minore con il volto insanguinato dal letto del Pronto Soccorso della cittadina in provincia di Cosenza.
Lo aveva fatto per cercare la verità dietro a quell’assurda aggressione. Lo aveva fatto per chiedere a chi avesse visto quel pestaggio di farsi avanti e testimoniare.
Ma i giorni sono passati, senza notizie in merito. Fino al “crollo” del 16enne che ha deciso di raccontare ciò che aveva fatto al suo compagno di scuola.
E, allora, i suoi genitori hanno trovato il coraggio educativo di fare quel che doveva essere fatto: andare dai Carabinieri per auto-denunciare il proprio figlio. E il padre ha spiegato perché ha deciso di portare avanti questa dolorosa decisione: “Il fatto, da qualunque angolazione lo si guardi, è di gravità inaudita. È grave per la giovane vittima, è grave per la sua famiglia, è grave per nostro figlio, è grave per nostra figlia che, frequentando quella stessa scuola, rischia di portare il peso di comportamenti non suoi. Ed è grave per me e mia moglie, che stiamo vivendo il dramma di un fallimento. Perché in questo momento ci troviamo a sperimentare che quello del genitore è veramente il mestiere più difficile al mondo”.
Il testo della lettera di scuse
Cosenza Channel ha pubblicato la lettera di scuse firmata da Stefano Pallone, il padre del giovane che – alla fine – si è auto-denunciato ai Carabinieri.
“Da poche ore abbiamo appreso, da nostro figlio, che è lui l’autore dell’aggressione al giovane di Castrolibero. E, da quello stesso istante, il mondo ci è crollato addosso, con una sola certezza: quella di dover informare le Forze dell’Ordine. Il fatto, da qualunque angolazione lo si guardi, è di gravità inaudita. E’ grave per la giovane vittima, è grave per la sua famiglia, è grave per nostro figlio, è grave per nostra figlia che, frequentando quella stessa Scuola, rischia di portare il peso di comportamenti non suoi e, se possibile, è ancora più grave per me e mia moglie, che stiamo vivendo il dramma di un fallimento. Perché in questo momento ci troviamo a sperimentare che quello del genitore è veramente il mestiere più difficile al mondo. Non facciamo altro che chiederci dove abbiamo sbagliato, dopo aver vissuto tutta la vita, e il nostro essere famiglia, guidati dai valori dell’accoglienza, della correttezza e del senso di responsabilità: valori lontani anni luce da queste azioni. Non so se avremo mai risposta a questa domanda, ma, proprio sulla base dei valori che ci guidano, riteniamo giusto che nostro figlio impari ad assumersi le sue responsabilità ed a rispondere delle sue scelte e delle sue azioni, sebbene ancora minorenne. Alla madre ed al padre della giovane vittima giunga il senso più profondo del nostro dolore per l’accaduto, che è solo l’altra faccia di una stessa medaglia.”
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2021 Riccardo Fucile
LE IDEE DIFFUSE SU SOCIAL E TELEGRAM
Blitz contro i neonazisti in tutta Italia. Dalle prime ore di questa mattina la
Polizia di Stato di Napoli, su delega del Procuratore della Repubblica del capoluogo campano, sta eseguendo perquisizioni domiciliari nei confronti di 26 persone indagate per associazione sovversiva di matrice neonazista e suprematista nell’ambito di una complessa indagine.
Le perquisizioni, che interessano le province di Napoli, Caserta, Avellino, Siena, Roma, Torino, Ragusa, Lecce e Ferrara, sono eseguite dai rispettivi uffici Digos e con la collaborazione del Servizio della Polizia Postale e delle Comunicazioni. L’indagine è svolta dalla Digos partenopea e dalla Direzione Centrale Polizia di Prevenzione – Servizio per il Contrasto dell’Estremismo e del Terrorismo Interno.
Neonazisti, si indaga sull’Ordine di Hagal
Al centro delle indagini per associazione sovversiva neonazista che hanno portato oggi a 26 perquisizioni in varie città, c’è un gruppo chiamato ‘Ordine di Hagal’, presente sul web con un proprio sito internet. Non tutti i destinatari delle perquisizioni – disposte dalla procura di Napoli – sarebbero iscritti nel registro degli indagati. Sul sito dell’«Ordine di Hagal» anche un post in cui si sostiene che il vaccino anticovid «non è un vaccino ma una terapia genica sperimentale che modifica il dna in maniera irreversibile e perpetua».
Neonazisti, l’addestramento paramilitare per chi aderiva
L’associazione neonazista su cui indaga la procura di Napoli aveva base operativa nella provincia partenopea, ma avrebbe svolto anche attività di addestramento paramilitare in alcuni campi tra il Napoletano e il Casertano, avvalendosi del supporto di ex combattenti ucraini. L’arsenale consisteva in armi ‘softair’ (normalmente utilizzate nei giochi di combattimento con palline di gomma) modificate per sparare proiettili veri. Il gruppo svolgeva lezioni in presenza e via social per estendere la propria rete di proseliti: un ‘insegnamentò dalla forte matrice suprematista e negazionista della shoah con simbologia e riti hitleriani. L’inchiesta è condotta dai pm Claudio Onorati e Antonello Ardituro, coordinati dal procuratore capo Giovanni Melillo.
Neonazisti, le idee no vax per attirare più seguaci
Le prese di posizione «no vax» presenti sul sito internet dell’Ordine di Hagal, venivano utilizzate come «richiamo» per avvicinare proseliti alla causa nazista e negazionista. È uno degli elementi che emergono dall’inchiesta sull’associazione neonazista. Le persone ritenute dagli inquirenti a capo del gruppo sono Maurizio Ammendola e Michele Rinaldi, rispettivamente di 40 e 46 anni, presidente e vice presidente dell’ Ordine di Hagal ai quali viene contestato anche il possesso di armi. Complessivamente sono circa una quindicina gli indagati.
Neonazisti: le teorie diffuse sui social, WhatsApp e Telegram
L’associazione eversiva di matrice neonazista individuata dalla Procura di Napoli utilizzava, per diffondere l’odio razziale, i social e note chat, come WhatsApp e Telegram. Sono emersi contatti con formazioni ultranazionalista apertamente neonaziste ucraine denominate «Battaglione Azov», «Misantrophic Division», «Pravi Sector» e «Centuria». Trovate, durante le perquisizioni eseguite oggi, numerose armi «soft air», fra cui anche un lancia granate, abbigliamento tattico militare e altre attrezzature sulle quali sono in corso accertamenti.
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2021 Riccardo Fucile
LE ACCUSE SONO DI ASSOCIAZIONE A DELINQUERE DI STAMPO MAFIOSO
Sono associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico illecito di rifiuti ed altri reati ambientali le accuse delle quali devono rispondere a vario titolo ventinove persone raggiunte da misura cautelare questa mattina nell’ambito dell’operazione “Mala Pigna”.
Tra gli indagati anche diversi esponenti apicali della cosca ‘ndranghetista Piromalli, mentre spunta il nome dell’avvocato ed ex parlamentare Giancarlo Pittelli, già imputato nel maxiprocesso Rinascita-Scott della DDa di Catanzaro.
Anche in questo caso l’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa. L’avvocato, che si trovava già agli arresti domiciliari, è stato condotto in carcere. L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal giudice per le indagini preliminare del tribunale di Reggio Calabria Vincenza Bellini su richiesta della Dda di Reggio Calabria guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri.
Il blitz è scattato questa mattina all’alba da parte dai militari del Gruppo Carabinieri Forestale di Reggio Calabria con il supporto dei colleghi di vari Reparti in Calabria, Sicilia, Lombardia ed Emilia Romagna, e dai militari del Comando Provinciale di Reggio Calabria ha portato anche al sequestro di cinque aziende per il trattamento rifiuti tra Calabria e Emilia Romagna.
Stando a quanto emerso dalle indagini i rifiuti partivano da Gioia Tauro per raggiungere poi il Nord Italia ed essere smaltiti. Gli arresti effettuati dai Carabinieri forestali sono avvenuti anche in Sicilia e Lombardia.
(da agenzie)
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