Novembre 20th, 2021 Riccardo Fucile
IL MINISTRO FRANCO HA ILLUSTRATO LE INTENZIONI DEL GOVERNO
Un taglio dell’Irpef per un solo scaglione. Quello del 38% da 28 a 55 mila euro, che
aiuterebbe anche e soprattutto i redditi più alti. E una revisione delle detrazioni. Oltre a una soglia fissata per l’Irap che esoneri dal pagamento della tassa le piccole e medie imprese.
Questa è la proposta a cui lavora il ministro dell’Economia Daniele Franco, che ha illustrato come strutturare le riduzioni alla maggioranza che sostiene il governo Draghi.
Visto che sono otto i miliardi totali destinati al taglio delle tasse nella legge di bilancio, con questo schema se ne spenderebbero sei per i lavoratori e due per le imprese.
L’intervento sulle aliquot
I due interventi sono contenuti all’articolo 2, comma 1, della manovra stessa. La finanziaria 2022 prevede proprio di ridurre il cuneo fiscale sul lavoro e le aliquote marginali effettive. Un taglio da realizzarsi sia attraverso la riduzione di una o più aliquote, sia con una revisione organica del sistema delle detrazioni per redditi da lavoro dipendente e del trattamento integrativo.
E prevede poi la riduzione dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive.
Il Messaggero spiega oggi che ci sono due grandi filoni di intervento. Il primo prevede di intervenire direttamente sulle aliquote, in particolare quella del 38% che comprende i redditi tra i 28 mila e i 55 mila euro. La riduzione di un paio di punti accorcerebbe il salto rispetto allo scaglione precedente.
E porterebbe, secondo le simulazioni, 540 euro in busta paga in più l’anno ai redditi più alti. Più precisamente, i dati dei Consulenti del Lavoro dicono che tagliando dal 38 al 36% l’aliquota entrerebbero in tasca 340 euro a chi guadagna 45 mila euro lordi l’anno, single o con figli a carico.
Invece il beneficio salirebbe a 540 euro per chi ne guadagna 75 mila.
I redditi più alti godrebbero della riduzione per quella parte che rientra nello scaglione tra 28 e 55 mila euro.
Nulla invece per chi percepisce 25 mila euro.
Il secondo intervento invece si concentrerebbe sulle detrazioni del lavoro dipendente. Aumentando quelle spettanti ai redditi fino a 55 mila euro. L’intervento sulle aliquote avvantaggerebbe anche le pensioni. Quello sulle detrazioni complicherebbe invece ulteriormente un sistema che il governo aveva annunciato di voler semplificare.
(da agenzie)
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Novembre 20th, 2021 Riccardo Fucile
E’ FINITO IL TEMPO DEL MARKETING
E se non fosse più tempo di marketing? Di corpi buoni per riempire le piazze e mettersi in posa per i selfie, ma meno attrattivi quando c’è da decidere chi deve guidare la tua città, o pulire il tuo quartiere? Le ultime elezioni amministrative hanno segnato un arretramento pressoché totale dei populisti.
E l’avanzata di leader che – non fosse per il timore di offenderli – non si esiterebbe a definire noiosi. Quelli che non si inventano i giochi social acchiappalike (utili anche per “rubare” i dati degli elettori).
Quelli che rifuggono da meme, balletti TikTok, gadget personalizzati, per tornare al porta a porta, agli incontri nelle piccole piazze, a un radicamento sul territorio che prescinde dalle piattaforme informatiche, o in ogni modo le supera.
Non si tratta solo di Enrico Letta a Siena o Gaetano Manfredi a Napoli. Di Beppe Sala a Milano e Matteo Lepore a Bologna. È un vento che pare soffiare più forte e, se fosse generoso, porterebbe via il troppo marketing che negli ultimi anni ha circondato, e soffocato, una politica a corto di idee. Per non dire di ideali.
Ricapitolando, perché ne abbiamo viste tante: ha cominciato la Bestia social della Lega con il VinciSalvini: più velocemente mettevi like ai suoi post, più possibilità avevi di vincere un regalo, una telefonata, addirittura un incontro. Come si faceva con le miss America degli anni ’60 e suppergiù – in quanto a modernità – siamo rimasti lì.
Già prima, però, l’ossessione dei selfie che ha invaso qualsiasi piazza politica aveva reso evidente che il “corpo” del candidato non era più uno degli elementi della scena, ma l’unico rimasto. Un concetto estremizzato a tal punto che, nell’estate del 2019, Matteo Salvini è arrivato a esporlo nelle spiagge, in costume e col mohito in mano.
Per farsi rispondere dalla renziana Maria Elena Boschi con gli stessi mezzi: per replicare a un attacco, in pieno agosto, l’ex ministra delle Riforme pensa bene di mostrarsi in bikini rosa con alcune amiche e twitta: “Un saluto a tutti dal mio sarcofago”.
Durante il giro che fece contro il referendum costituzionale di Matteo Renzi, l’allora M5S Alessandro Di Battista riempiva le piazze di signore che gli portavano da mangiare, lo vedevano smagrito, si preoccupavano della sua salute. Nel tour che ha fatto questo settembre, il neopresidente M5S Giuseppe Conte ha suscitato entusiasmi ancora maggiori davanti a platee sempre più folte, soprattutto al Sud. Solo che stavolta non è servito.
Quel tifo e quell’euforia non si sono trasformati in voti per il Movimento, come se a un tratto corpo e partito – almeno nel caso del M5S – si fossero scollati. Eppure, aveva sempre funzionato. Con la nuotata di Beppe Grillo che con Gianroberto Casaleggio, su una barca a fargli coraggio, aveva attraversato tutto lo Stretto di Messina, portando a un pieno di voti in Sicilia prima ancora dell’arrivo in Parlamento.
Con l’ex comico e fondatore del M5S che – in una manifestazione a tratti blasfema – aveva dato come un’ostia ai suoi eletti-adepti dei grilli essiccati. “Questo è il mio corpo”. E loro li avevano presi (tranne l’allora consigliera comunale, poi sindaca di Torino, Chiara Appendino: “Allatto, non posso”, aveva detto schifata, riuscendo a farsi saltare).
C’è stata l’ordalia dei social, delle dirette Instagram, della sindaca risponde (Raggi), ma anche del Matteo risponde (Renzi). Ci sono le penne, le sporte di stoffa personalizzate, le magliette (ferro e piuma, quella pensata da Carlo Calenda per la sua campagna elettorale romana, evocando la frase verdoniana: “Questa mano po’ esse fero e po’ esse piuma”).
Ci sono le foto dei cibi di tutto il Paese (sempre Salvini), ma ci sono stati anche i cani (dal Dudù di Berlusconi a quello messo in braccio a un imbarazzato Mario Monti da Daria Bignardi). Ci sono state le ampolle, il Dio Po, la Lega dei simboli celtici ora dimenticata. E però, quel che pare oggi è che il marketing della politica cominci ad avere i suoi primi veri inciampi, dopo aver mietuto i più grandi successi.
La bestia social della Lega ha fatto raddoppiare i consensi di quel partito inventando nuovi nemici (non più il Sud e Roma ladrona, ma gli immigrati e i “radical chic”) e rendendo virali messaggi d’odio attraverso filmati manipolati o uscite estemporanee (ricordate Salvini al citofono in un quartiere di Bologna?). Poi però si è inceppata sulla caduta del suo ideatore, Luca Morisi. E tutta l’ipocrisia che serviva a generarla la sta come logorando dall’interno.
Giorgia Meloni ha la furbizia e l’ironia necessarie per girare a suo favore gli attacchi che le vengono rivolti. Le danno della “pesciarola” (traduzione dal romanesco: pescivendola) per il tono di voce, e lei si butta in un mercato a difendere la dignità dei pescivendoli. Fanno un rap satirico dei suoi comizi “io sono Giorgia”, e lei intitola così un libro che vende tantissimo ancor prima di finire tra gli scaffali.
Mettendoci dentro tutto quello che può davvero avvicinarla agli elettori: la vita senza il padre, la madre che non ha abortito, la scoperta della maternità e del maschilismo, l’amore per il compagno, i sensi di colpa verso la figlia. Se stessa o quel che di sé vuole mostrare, insomma.
Lasciando che per una volta il posto del corpo lo prenda la parola scritta. Senza nulla che somigli a una riflessione vera sulle radici del suo partito, una presa di distanza dal fascismo nella storia d’Italia. Niente. Solo qualche pasticciata rievocazione di come sarebbe nato il razzismo (“non l’hanno inventato i regimi nazifascisti”) e di com’è ben strano che il fascismo si sia macchiato delle leggi razziali, “malgrado fossero ebrei molti dei protagonisti dell’ascesa di Mussolini”.
Successo di vendite, un po’ meno nelle urne per i suoi candidati. Anche lì, il personaggio e il politico non sembrano andare allineati. Almeno per ora. Enrico Letta ha fatto un libro anche lui, Anima e cacciavite, uscito nei giorni in cui accettava di diventare segretario del Pd dopo il passo indietro furioso di Nicola Zingaretti.
Niente autobiografismo: idee per la sinistra del futuro che però, per una volta, fanno discutere almeno quanto i ricordi di infanzia di Meloni (sebbene vendano meno). Una per tutte, la dote per i diciottenni per permettere a tutti di cercare la propria strada. Non fa in tempo a lanciarla, Letta, che un Paese incattivito gliene dice di tutti i colori.
A finanziarla servirebbe un aumento della tassa di successione per gli ultramilionari. Eresia. A lungo i guru della comunicazione hanno spiegato che così si andava a sbattere, che non c’è pathos, non c’è spettacolo, in un leader che fa un libro per lanciare idee. E però – alle comunali e alle suppletive di Siena – ha pagato più dei concorsi e delle lezioni di autodifesa alle manifestazioni della destra (è successo anche questo, in una piazza romana per il candidato Enrico Michetti).
Non è una garanzia per le politiche, il consenso è ormai labile e scritto sulla sabbia. È il segnale, però, che qualcosa si è rotto tra i populisti e il Paese. Che i personalismi arretrano e gli avventurismi pure, perché i temi sono seri: ci sono stati i morti del Covid, la solitudine, i malati, il Paese in ginocchio e ora – forse – in ripresa.
Il giocattolo della demagogia si è rotto e non c’è strategia comunicativa che possa coprire la mancanza di idee nuove, le divisioni interne, gli odi intestini, le richieste altalenanti a un governo che procede come se il circo dei partiti che gli sta intorno non esistesse. Non è più il tempo della bestia e non è più il tempo delle lotterie. Non è il tempo in cui i politici “si provano” in chiave antisistema, perché la rabbia per quello che è venuto prima prevale su tutto. Non è il tempo in cui basta uno slogan azzeccato, se dietro non esiste sostanza e non esiste messaggio. Non è finito il marketing della politica, ma è forse finito il tempo del marketing senza politica. O almeno, questo, è lecito sperare.
(da La Repubblica)
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Novembre 20th, 2021 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA REGIONE ABRUZZO ORA USA UN LINGUAGGIO DIVERSO DALLA MELONI
C’è chi prende le distanze dal proprio partito: è il caso di Marco Marsilio che si è
defilato da Fratelli d’Italia sulla questione vaccini.
Chi si ritrova in ospedale perché non vaccinato “non solo fa un danno a se stesso, che è già grave, ma fa un danno a tutta la comunità. Quelli che finiscono in terapia intensiva per scelte irrazionali e sbagliate danneggiano tutti perché tolgono anestesisti e operatori sanitari alle sale operatorie.
Personale che tra l’altro è impegnato ora nel recupero delle liste d’attesa e che non può farlo perché deve assistere i malati di Covid in terapia intensiva. E’ questo il danno reale ed è quello che vogliamo evitare”. Così al termine dell’Unità di Crisi il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio.
“È chiaro che se oggi siamo preoccupati per i numeri che abbiamo, dobbiamo ricordare che un anno fa i Pronto Soccorso non erano più in grado di accogliere i pazienti, che le file fuori dagli ospedali erano lunghe e che c’era una gravissima difficoltà nel fronteggiare la situazione. Non c’è alcun dubbio che la campagna vaccinale ha un grande effetto per contenere la pandemia. Non dobbiamo fare l’errore però di pensare che con il vaccino sia tutto risolto. Un errore ancora peggiore fatto da chi pensa che il non serve a niente, non se lo fa, e poi si ritrova in ospedale”, ha aggiunto il governatore abruzzese.
(da Globalist)
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Novembre 20th, 2021 Riccardo Fucile
IL GOVERNATORE VENETO DISOBBEDISCE AGLI ORDINI DI SCUDERIA DEL SEGRETARIO
Per Matteo Salvini sarà un colpo al cuore: a quanto siamo in grado di anticipare domani sera uno dei big leghisti più celebrati Luca Zaia, governatore del Veneto, sarà ospite del salotto di sinistra per antonomasia. Quello di Fabio Fazio.
E pensare che i rapporti tra Fazio e Salvini, leader della Lega, non si sono più riappacificati dopo le polemiche di qualche anno fa.
Si aprirà ora una fase nuova dopo gli oltre “100 attacchi” portati da Matteo Salvini, come ebbe a dire in un’intervista il conduttore?
Luca Zaia sarà da Fabio Fazio domani sera a presentare il suo ultimo libro “Ragioniamoci sopra” (Marsilio). Il presidente del Veneto rompe l’embargo di Salvini che aveva dato l’ordine di scuderia ai leghisti di non andare a “Che Tempo Che Fa”, su Rai 3, ai tempi in cui il segretario era al Viminale.
“E’ stato un anno difficile”, aveva detto il conduttore nel 2019. Si apriva allora una nuova fase dopo una stagione complessa, caratterizzata anche dagli oltre “100 attacchi” dall’allora ministro dell’Interno.
(da agenzie)
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Novembre 20th, 2021 Riccardo Fucile
“ESCLUDERE I NO VAX DALLE ATTIVITA’ SOCIALI”
“La strada è un super Green pass responsabile e condiviso, per non far pagare a tutti
l’egoismo di alcuni”. A sottolinearlo, in un’intervista al Corriere della Sera, il ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta.
“Se ci saranno cambi di colore perché devono pagare tutti gli italiani vaccinati, per colpa dello zoccolo duro dei no vax, estrema minoranza, sempre più invisa? – prosegue Brunetta – Se gli indicatori ospedalieri dovessero peggiorare, penso sia il caso di rafforzare il Green pass escludendo i non vaccinati da alcune attività sociali”.
Quali sarebbero le attività off limits? “Ristoranti, stadi, piste da sci, teatri, cinema, discoteche – spiega il ministro -. Perché far pagare a tutto il mondo del terziario urbano, della cultura, dello sport e del tempo libero con restrizioni che rischiano di ripiombarci in lockdown parziali? Vorrebbe dire costi di impresa, ristori, deficit, crisi, nuovo crollo dei consumi”.
E riguardo il mondo del lavoro afferma: “Io per ora il mondo del lavoro lo lascerei col green pass standard. Con alcune eccezioni. Per esempio estendendo la terza dose alle categorie già obbligate, sanitari ed Rsa. Dovremmo puntare molto sulle terze dosi. Se trasformiamo i richiami in una nuova, grande campagna vaccinale, possiamo anche far crescere la propensione alle prime dosi”.
(da agenzie)
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Novembre 20th, 2021 Riccardo Fucile
IL MOTIVO? E’ STATO CAZZIATO DAI VERTICI DELLA LEGA CHE HANNO MINACCIATO PROVVEDIMENTI… E DA PERSONA “COERENTE” SI E’ RIMANGIATO TUTTO
«Mancava lei… 75190». Lei è la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz dove è stata marchiata con quel numero. E a chiamarla in causa con un post su Facebook è stato Fabio Meroni, capogruppo della Lega a Lissone in Brianza, consigliere provinciale ed ex deputato. Ma anche dichiaratamente No vax.
Un post che Meroni ha spiegato così oggi al Giorno: «Non mi è piaciuta l’uscita della senatrice Segre sui vaccini come unica via di uscita dalla pandemia. Rispetto la sua storia e non ho mai avuto intenzione di offenderla, ma non condivido quello che ha detto su questo argomento. Non è un medico. Anche nel mondo scientifico c’è disaccordo. Ho usato quel numero perché se avessi scritto il nome della senatrice mi avrebbero bannato da Facebook, ho voluto evitarlo».
Il Partito Democratico di Lissone ha chiesto le scuse: «Le considerazioni volgari di chi come il consigliere Fabio Meroni equipara le vaccinazioni al nazifascismo offendono tutte le persone dotate di consapevolezza storica e di un senso di umanità».
Il post è stato successivamente rimosso dal consigliere, che ha pubblicato le sue scuse: «In questo clima d’odio purtroppo anch’io mi sono lasciato coinvolgere e in modo totalmente sbagliato ho cercato di esprimere il mio pensiero. Voglio chiedere scusa alla senatrice Segre, che non intendevo in nessun modo offendere e se un giorno avrò l’onore di poterle parlare spiegherò personalmente il mio pensiero. Ribadisco la mia stima nei suoi confronti. Lascio ad altri, odiatori da tastiera, sfogarsi contro di me», ha concluso Meroni.
Scuse che nascono forse dal fatto che a biasimare Meroni e il suo post insultante era stata anche la dirigenza della Lega, annunciando provvedimenti: “Ognuno ovviamente può esprimere liberamente il suo pensiero e le proprie critiche politiche, verso chiunque e su qualunque tema, ma il modo in cui il consigliere Fabio Meroni si è rivolto alla senatrice Liliana Segre è inaccettabile e non rappresenta il pensiero di nessuno. E per questo chiederò provvedimenti”, ha detto Fabrizio Cecchetti, vice capogruppo della Lega alla Camera dei Deputati e coordinatore della Lega Lombarda per Salvini Premier.
(da agenzie)
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Novembre 20th, 2021 Riccardo Fucile
“IL POPOLO POLACCO VUOLE RESTARE IN EUROPA”
Una situazione terribile: da una parte i liberticidi e xenofobi polacchi e dall’altra la
Bielorussia nelle mani di un tiranno che criminalizza e incarcera gli oppositori.
Nel mezzo i migranti lasciati in condizioni terribili.
“La Bielorussia cerca di far passare migliaia di profughi per destabilizzare l’Unione Europea. Ma il punto è perché tutte queste persone cercano di entrare? Il motivo è che le diseguaglianze tra i popoli sono troppo forti”.
E’ quanto afferma l’ex presidente polacco Lech Walesa, intervistato dal Corriere della Sera sulla crisi dei migranti al confine tra Bielorussia e Polonia.
“Di base la Russia è ostile all’Unione Europea, perché è il principale ostacolo al suo desiderio di riconquistare le repubbliche perdute – prosegue l’ex leader di Solidarnosc – Ma non sappiamo esattamente quali siano gli obiettivi di Lukashenko e di Putin”.
Riguardo poi all fatto che il premier polacco Mateusz Morawiecki accusa Angela Merkel di legittimare il regime di Minsk trattando con Lukaskenko, Walesa afferma: “Non sono d’accordo con Moraviecki su tante questioni e neppure su questa. I politici polacchi al potere oggi sono deboli, mentre Angela Merkel è una buona negoziatrice e sta cercando di fare del suo meglio”.
Infine sui rapporti difficili tra Varsavia e la Ue, Walesa esclude una “Polexit” “perché anche se i governanti polacchi sono euroscettici, il popolo vuole restare nell’Unione”. E poi punta il dito contro “le nuove classi politiche al potere” che “stanno distruggendo” quanto conquistato in Polonia sul fronte dei diritti civili e libertà: “Ci siamo battuti negli anni passati per far includere nella carta costituzionale le basi dei diritti principali. E ci eravamo riusciti con Solidarnosc”.
(da agenzie)
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Novembre 20th, 2021 Riccardo Fucile
A MILANO POCHE CENTINAIA BLOCCATI DALLA POLIZIA, 60 IDENTIFICATI E TUTTI A CASA… QUANDO LO STATO C’E’ I RIVOLUZIONARI DA OPERETTA E GLI UNTORI CRIMINALI VANNO A FARE SHOPPING
Sono circa 4mila, la maggior parte senza mascherina, e intonano i soliti cori contro il governo e le restrizioni legate al coronavirus. È un altro sabato di proteste no green pass quello che ha preso il via a Roma, dove in poche migliaia si sono presentati al sit-in Liberiamo l’Italia al Circo Massimo al grido di “libertà, libertà”, “giù le mani dai bambini” e “la gente come noi non molla mai”.
Durante i controlli che hanno preceduto l’evento, è scattata anche la denuncia per uno dei leader, Nicola Franzoni, che tempo fa aveva ricevuto il foglio di via dalla capital
Tra le bandiere tricolore spicca anche una del Regno delle due Sicilie e uno striscione per Trump. Uno dei manifestanti espone uno stendardo che raffigura la madonna che accarezza un neonato che dorme sul mondo. “L’ho portata per proteggere tutti – dice – sono l’unico non vaccinato in famiglia”.
E sul palco allestito per l’occasione prende la parola anche il medico no vax recentemente sospeso, Mariano Amici, che sfida a distanza il governo: “Visto il numero dei partecipanti qui qualcuno dovrebbe iniziare a preoccuparsi” (sicuramente lui, vita la figura barbina di chi annunciava un milione di persone in piazza)
E ha poi iniziato con una serie di invettive negazioniste e basate su principi non dimostrati: “Ci hanno fatto credere che questa malattia chiamata Covid fosse come la peste ma non è vero. Un teatrino basato su presupposti assolutamente antiscientifici. I numeri sono non reali, il tampone non è strumento attendibile e soprattutto non è strumento diagnostico. Al governo non interessa la salute dei cittadini, ma gli interessa far vedere che ci sono i morti per governare in maniera dittatoriale. Tutti i morti sono contati come Covid”.
Anche i gilet arancioni e l’ex generale Antonio Pappalardo erano presenti alla manifestazione: “Stasera nasce un nuovo movimento che si deve opporre a questo regime – ha detto – Dobbiamo essere uniti perché il nemico è troppo forte. Un leader lo deve scegliere il popolo e non Mattarella. A casa mia questa non è democrazia ma è una volgare dittatura. Ci deve essere un movimento che dica ‘ora dovete andare a casa””.
A Milano, nel primo pomeriggio le forze dell’ordine hanno identificato circa 60 manifestanti. La calma, in piazza Duomo, è tornata dopo tensioni tra i no green pass e le forze dell’ordine. I manifestanti, che si erano dati appuntamento alle 17 in piazza Fontana, hanno ripetutamente cercato di forzare i cordoni di sicurezza e spostarsi in corteo.
Circa 60 sono stati identificati dalla polizia già tra le 16 e le 17. In piazza Duomo, hanno cercato di mescolarsi alla folla per creare scompiglio, muovendosi in maniera disordinata. Le forze dell’ordine hanno bloccato più tentativi degli attivisti di entrare nella piazza che, però, era blindatissima. Momenti di tensioni, urla, spintoni e altri manifestanti fermati e identificati prima che, a poco a poco, la situazione tornasse apparentemente normale.
Durante le fasi più concitate, un manifestante, fermato da un agente in borghese, ha provocato la reazione degli altri no green pass/no vax, con urla e spintoni. In tre sono stati fermati e qualche altro momento di tensione si è registrato al momento dell’identificazione da parte della polizia. Un manifestante bloccato da un agente in borghese ha scatenato reazioni tra gli altri no green pass con spintoni e urla. Secondo quanto si apprende non ci sarebbero stati feriti né contusi. I manifestanti hanno provato anche a fare blocco sedendosi a terra, ma sono stati spostati dalle forze dell’ordine.
“Senza alcun preavviso presentato in Questura, alcuni dimostranti no green pass sono confluiti in piazza Duomo e in piazza Fontana; la Polizia di Stato ne ha identificati 60 invitandoli ad abbandonare piazza Duomo. Il tentativo di fare un corteo è al momento loro impedito” spiega la Questura milanese.
(da agenzie)
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Novembre 20th, 2021 Riccardo Fucile
UN DATABASE INDICHERA’ I NON VACCINATI: SANZIONE PECUNIARIA E SE NON PAGHI LA GALERA
L’Austria ha deciso di usare il pugno duro contro la quarta ondata di Covid-19. Non solo da lunedì entrerà in vigore il lockdown totale per tutti, vaccinati e non, che durerà almeno fino al 12 dicembre incluso, ma da febbraio sarà introdotto l’obbligo vaccinale.
È il primo paese europeo a prendere una decisione simile e il quarto in tutto il mondo, dopo Indonesia, Micronesia e Turkmenistan. “Nonostante mesi di impegno non siamo riusciti a convincere abbastanza gente a farsi vaccinare – ha detto il cancelliere Alexander Schallenberg -. Ci sono troppe forze politiche che ci vanno contro”.
Così, a partire dall’anno prossimo, chi rifiuta di vaccinarsi rischia sanzioni amministrative, che possono essere convertite in una pena detentiva se la multa non può essere pagata. Per verificare chi si atterrà alle regole, Vienna ha a disposizione un database nazionale centralizzato per le vaccinazioni. In questo modo il governo potrebbe verificare tra i residenti nel Paese chi non ha ancora ricevuto il vaccino, ma un sistema preciso è ancora in fase di studio.
Si dovrebbe poter partire con l’obbligo vaccinale il primo febbraio, ma è possibile che il piano si sviluppi per fasi e per fasce anagrafiche.
Intanto, da lunedì parte il lockdown generale che dovrebbe durare almeno fino al prossimo 12 dicembre. Solo le scuole rimarranno aperte ma nelle aule è obbligatorio indossare la mascherina e gli alunni potranno scegliere di studiare anche da remoto. Obbligo di mascherina FFP2 anche nei luoghi di lavoro al chiuso. E tutto mentre continua a salire il numero dei nuovi casi: secondo gli ultimi dati in Austria l’incidenza è arrivata a 1.000 casi ogni 100mila abitanti, con punte di 1.600 a Salisburgo e di oltre 1.500 in Alta Austria, che sono al momento le zone più colpite. “Non vogliamo una quinta, una sesta e una settima ondata”, ha detto ancora il cancelliere parlando del nuovo blocco ha sottolineato che “avrà conseguenze enormi”, ma era necessario. Una valutazione della sua efficacia si farà dopo 10 giorni e al massimo il 13 dicembre finirà per la popolazione vaccinata o per chi è guarito dal virus, mentre resterà in vigore per chi non è immunizzato.
(da Fanpage)
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