Luglio 16th, 2022 Riccardo Fucile
“COSA RISPONDIAMO ALLE PERSONE SULLE BOLLETTE CHE AUMENTANO O SUI CANTIERI DEL PN RR CHE SI FERMANO?”… GIA’ SONO 15 GLI INTERVENTI DI CHI CONTESTA LA SCELTA DI CONTE
Monta la protesta dei parlamentari grillini contro la scelta di Giuseppe Conte di aprire di fatto la crisi di governo, dopo l’uscita dall’aula dei senatori grillini al voto sulla fiducia del Dl Aiuti.
Una decisione definita «scellerata» dalla deputata Soave Alemanno, se non addirittura «incosciente» secondo Niccolò Invidia.
E così come Alemanno, crescono i parlamentari che si dicono disposti da subito a confermare la fiducia al governo Draghi, tra questi anche Angela Masi, come riporta l’account Twitter Ultimora.net – Politics.
Secondo l’agenzia Ansa, sono almeno 15 gli interventi contrari alla linea tenuta finora dal Movimento. Tra loro anche Rosalba Cimino e Dedalo Pignatone.
Comune denominatore dei grillini ribelli alla linea di Conte è l’assurdità della posizione dei vertici M5s in un momento considerato cruciale e delicato per il Paese, vuoi per gli impegni internazionali, vuoi per la crisi economica che incombe di conseguenza con l’inflazione in risalita e le famiglie sempre più povere.
È per esempio il sunto dell’intervento di Diego De Lorenzis, che richiama proprio ai miliardi in ballo per il Recovery Fund: «Come spiego che si fermano le opere con il Pnrr e con i costi dell’energia così alta? Come si può non valutare opportunamente sulle risposte che darà Draghi per garantire risposte alle persone?».
E poi c’è la legge di Bilancio da approvare, impresa quasi impossibile se si dovesse tornare al voto in anticipo, tuona Vita Marticingno: «Serve fare la legge di bilancio, siamo stati dilaniati internamente e dobbiamo dare risposte alle persone, altro che destabilizzare e mandarci al voto».
(da Open)
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Luglio 16th, 2022 Riccardo Fucile
“NON SONO I LIKE E I SONDAGGI A DETTARE LA LINEA, LA POLITICA NON E’ UN REALITY SHOW”
L’attacco più duro che trapela dell’ennesima riunione del M5s degli ultimi
giorni, stavolta quella tra i gruppi parlamentari di Camera e Senato, è quello della deputata Soave Alemanno, che definisce una «scelta scellerata» quella fatta dal Movimento al Senato, dove i senatori grillini non hanno partecipato al voto di fiducia sul Dl Aiuti aprendo di fatto la crisi di governo.
Soave sarebbe andata anche oltre, racconta l’Ansa, dicendosi disponibile a votare di nuovo «senza alcun dubbio» la fiducia a Mario Draghi se verrà chiesta di nuovo alla Camera, rimproverandosi di non aver partecipato alla votazione a Montecitorio.
«In tempi di sfacelo totale della nostra economia, con che coraggio lamentiamo insoddisfazione per un governo che non ci ascolta e tuoniamo che faremo battaglie per difendere i nostri provvedimenti?», tuona la deputata davanti ai colleghi parlamentari e Giuseppe Conte. «Perché finché siamo stati maggioranza, non siamo riusciti a essere incisivi? E oggi noi, come mi dite, dovremmo raccontare agli italiani che andando all’opposizione saremo in grado di difendere le nostre leggi? Lo trovo utopistico».
E poi l’affondo ai vertici del Movimento, rimproverati di essere più attenti alla visibilità mediatica che a raggiungere concretamente un risultato con questa crisi: «Rendiamoci conto del paradosso – ha detto Soave – Non sono like e sondaggi che devono dettare la linea – aggiunge -. La politica non è un reality show. La realtà è un’altra ed è fatta di persone che hanno perso il lavoro, che devono sfamare la famiglia con un carovita pazzesco, che non sanno come pagare le bollette, curarsi e guardare al futuro. Con questo non si gioca».
(da Open)
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Luglio 16th, 2022 Riccardo Fucile
“ABBIAMO POSTO DELLE QUESTIONI, ASPETTIAMO RISPOSTA”…E ANCHE OGGI SI DECIDERA’ DOMANI, E COSI’ FINO A MERCOLEDI’… UNA TRENTINA DI PARLAMENTARI GRILLINI “GOVERNISTI” PRONTI AD ABBANDONARE IL “PARTITO DI CONTE”
“Non spetta a noi in questo momento stabilire se ci sono elementi per recuperare la rottura del patto di fiducia di cui ha parlato Draghi: tutti gli stanno facendo pressione per proseguire il suo governo ma è sicuramente importante come proseguire questa azione di governo. Deciderà lui, noi non vogliamo tirarlo per la giacchetta ma non potremo condividere nessuna responsabilità di governo se non ci sarà indicazione concreta sulla prospettiva di risoluzione delle questioni poste da M5S e indicazione concreta sulla prospettiva di risoluzione delle questioni”.
Questa la sintesi dell’intervento in diretta Fb di Giuseppe Conte in serata.
Il leader del M5s ha spiegato che la decisione di non votare il Dl Aiuti è slegata dalla fiducia al governo: «L’ultimo voto di fiducia dice che esiste una maggioranza con ampi margini numerici»
Dopo un’assemblea nazionale quasi permanente e dopo l’incontro con senatori e deputati, Giuseppe Conte ha spiegato la linea che seguirà nei prossimi giorni il Movimento 5 Stelle.
Nessuna fuga all’opposizione, almeno non ora. Conte ha spiegato che la scelta di non votare il Dl Aiuti era la risposta a un ricatto subito dal M5s su alcuni punti, a partire dal termovalorizzatore di Roma: «Abbiamo chiesto che fosse estrapolata una norma che non c’entrava niente con il decreto aiuti. Diamo alle parole un senso. Qualcuno ha parlato di ricatto? Il ricatto l’abbiamo subito. Quando al Senato abbiamo partecipato al voto abbiamo cercato di circoscrivere al minimo il significato politico. Non era una votazione contraria e quindi neppure un’astensione. Ritenevamo giusto alla luce della forzatura che è stata operata nei nostri confronti e principi che non fosse attribuita a questa non partecipazione al voto il significato di un voto contrario alla fiducia. Quella nostra mancata partecipazione è stata intesa come elemento di rottura del patto di fiducia. Ne prendiamo atto».
Conte ha spiegato anche che Mario Draghi in questo momento è sostenuto ancora da una larga maggioranza: «Noi ci prendiamo le nostre responsabilità, così deve fare il presidente Draghi. L’ultimo voto di fiducia dice che esiste una maggioranza con ampi margini numerici. Non potremo condividere alcuna responsabilità di governo se non ci sarà chiarezza sui punti nel documento consegnato, e se non ci sarà indicazione concreta sulla prospettiva di risoluzione di quelle questioni. Senza risposte chiare e se non ci verrà garantito rispetto, il M5s non potrà condividere una responsabilità diretta di governo. Ci sentiremo liberi, sereni, ancor più responsabili, di votare e partecipare, in prospettiva che ci sia una prossima azione di governo, su quello che serve al Paese, senza alcuna contropartita politica».
Il leader del Movimento ha anche dichiarato che negli ultimi mesi il M5s è stato continuamente vittima di attacchi: «Abbiamo mandato giù di tutto e ricevuto offese e attacchi da altre forze politiche. Abbiamo chiesto risposte vere, concrete».
(da agenzie)
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Luglio 16th, 2022 Riccardo Fucile
L’AMBASCIATA RUSSA IN SVIZZERA MINACCIA IL QUOTIDIANO DI ZURIGO NEUE ZUERCHER ZEITUNG
L’ambasciata russa in Svizzera ha minacciato azioni legali contro il
quotidiano di Zurigo a Neue Zuercher Zeitung (Nzz), dopo la pubblicazione di articoli critici verso il leader del Cremlino Vladimir Putin e di una sua caricatura con il naso rosso da pagliaccio.
“Siamo estremamente indignati per la pubblicazione della caricatura offensiva del Presidente della Federazione russa”, si legge in una lettera pubblicata sul sito dell’ambasciata.
L’ambasciata aggiunge di riservarsi il diritto di denunciare per diffamazione e calunnia il giornale per i suoi articoli passati, così come per eventuali future pubblicazioni dal tenore simile nei confronti della leadership russa.
A provocare l’irritazione russa sarebbe stato un articolo pubblicato dalla Nzz il 9 luglio, secondo il quale la guerra in Ucraina è anche una battaglia di narrazioni.
Il testo era corredato da una foto ritoccata di Putin, ritratto con un naso rosso da clown e i colori dell’arcobaleno sul volto.
Questa era stata diffusa su Twitter con l’hashtag #PutinWarCriminal. L’ambasciata russa aveva già criticato la Nzz per i suoi servizi sul Paese e sul conflitto ucraino. Dal canto suo, il giornale non ha rilasciato alcuna dichiarazione in merito alla vicenda.
(da agenzie)
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Luglio 16th, 2022 Riccardo Fucile
AUMENTANO I CRITICI DELLA LINEA CONTE TRA I GRILLINI. SI VA VERSO UN’ALTRA SCISSIONE? … DI MAIO CHIAMA I SUOI EX COMPAGNI DI MOVIMENTO: “IL M5S NON C’È PIÙ, ORA SI CHIAMA IL PARTITO DI CONTE”
La sensazione è che il M5s sia una pentola a pressione pronta a esplodere. E che il «botto» faccia sbalzare Conte, Taverna e tutti falchi. Passata la sbornia degli applausi in Senato, si inizia a prendere coscienza dell’errore fatto giovedì in aula con la mancata partecipazione al voto di fiducia sul decreto Aiuti. È il giorno del pentimento. Si comincia a metabolizzare l’idea di dover andare a casa.
Si prova a correre ai ripari. Ma forse è già troppo tardi.
La frittata è fatta. Ora va ingoiata. A microfoni spenti, Fraccaro, Bonafede, Dieni, Crippa sono un fiume in piena contro l’avvocato di Volturara Appula e la sua corte.
L’idea è che almeno una cinquantina di parlamentari, tra Camera e Senato, sia ostaggio di Taverna, Turco e Gubitosa, i tre vicepresidenti che hanno diretto la strategia politica fino allo strappo.
L’ex sindaco di Torino Chiara Appendino mette agli atti il suo dissenso contro la linea di Conte nel corso di una delle tante riunioni del Consiglio nazionale: «Se si vuole uscire dal governo si deve avere una strategia, così andiamo a schiantarci» accusa Appendino nel corso del summit grillino. L’ex primo cittadino ha avallato la scelta di Conte ma ora si è già pentita. Però è in buona compagnia.
Federica Dieni non le manda a dire. Ma ora preferisce il silenzio. Altra decisione (il silenzio) imposta da Casalino e Conte, che però rischia di alimentare ulteriori tensioni. Riccardo Fraccaro non parla. Ma il fotomontaggio apparso – e poi sparito – sul suo stato di WhatsApp vale più di mille parole: è l’immagine del leader della Lega in versione dj nel noto stabilimento balneare di Milano Marittima durante l’estate del 2019, quando decise di staccare la spina al governo gialloverde. Al posto del volto di Salvini, a torso nudo e con un bicchiere di mojito in mano, c’è però quello di Conte. Il messaggio è diretto al leader grillino: «Abbiamo fatto un errore stile Salvini».
Tra i «pentiti» in cerca di perdono c’è l’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Non ha condiviso nulla della linea del duo Taverna-Conte. È già pronto a rivotare la fiducia al governo Draghi. Il suo pentimento è stato formalizzato nel corso del Consiglio nazionale. Sono già pronti alla retromarcia i tre ministri: Fabiana Dadone, Stefano Patuanelli e Federico D’Incà. Dei tre D’Incà è stato il più duro. Mettendo in discussione, come già nel Consiglio nazionale, la scelta dell’Aventino parlamentare.
Che, a suo dire, «rischia di mettere in crisi il Paese in un momento delicatissimo», non nascondendo le sue preoccupazioni «per gli obiettivi europei che abbiamo davanti e che non possiamo mancare. Non si capisce il senso di questa decisione ora, dopo aver consegnato a Draghi dei punti che dovevano anche essere recepiti nel prossimo decreto di 15 miliardi» al centro del confronto con le parti sociali e atteso per la fine del mese. Conte non avrebbe chiesto dimissioni alla delegazione di governo, ma, riportano fonti grilline, l’avrebbe sondata su quella opzione, non eliminandola dunque dal tavolo. I tre ministri guidano la fronda dei pentiti e potrebbero smarcarsi dalla linea del partito nel caso si decidesse di non votare più la fiducia all’esecutivo Draghi.
Il pentimento del giorno dopo inizia a provocare i primi smottamenti nel gruppo alla Camera. Il capogruppo Davide Crippa chiama a raccolta i deputati per affrontare la questione della crisi di governo.
Apparentemente tutto normale. Ma nel quartier generale di via di Campo Marzio suona l’allarme, perché della convocazione si apprende via lancio di agenzia, ma soprattutto perché ieri, come raccontato dall’Adnkronos, tra Crippa e il leader Conte in Consiglio nazionale sono volati gli stracci. Crippa non ha votato la fiducia. Si è pentito e ora vuole fare di testa sua.
L’incubo di una nuova scissione è uno scenario concreto.
(da il Giornale)
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Luglio 16th, 2022 Riccardo Fucile
IL MINISTRO M5S: “SCENARIO CRITICO, ANCHE I DECRETI LEGGE PENDENTI IN PARLAMENTO POTREBBERO SUBIRE UNO STOP”
Ancora una volta, il ministro 5S per i Rapporti con il Parlamento Federico
D’Incà prova a far capire ai suoi quali sono i rischi per il Paese in caso di “dimissioni del governo”.
Lo fa durante un altro Consiglio nazionale dei grillini, quello convocato in mattinata e durato cinque ore per decidere la linea da tenere sulla crisi in corso.
Illustra ai 5S uno scenario “estremamente critico” con i decreti legge pendenti in Parlamento che potrebbero subire uno stop e con le “riforme abilitanti per raggiungere gli obiettivi del Pnrr entro dicembre 2022” che non giungerebbero al traguardo, dalla concorrenza, ancora da approvare in Parlamento, alla giustizia, che aspetta invece i decreti attuativi. Al palo resterebbe anche la riforma del fisco.
D’Incà lancia così l’allarme. È stato sempre lui giovedì scorso a tentare l’ultima mediazione sul voto di fiducia al Senato sul dl Aiuti. E ora durante l’ennesima riunione del Movimento presenta un dossier allarmante.
“Una crisi di governo ed un eventuale scioglimento delle Camere – si legge nel documento – inciderebbero anche sull’adozione dei decreti legislativi attuativi di riforme già approvate dal parlamento” e in più, secondo il ministro “impedirebbe l’adozione di provvedimenti molto attesi dai cittadini come le misure relative al salario minimo e al contrasto della povertà. Si creerebbe, peraltro, anche una situazione di incertezza sull’adozione di misure volte a mitigare gli effetti dell’incremento dei costi dell’energia e dei carburanti.
Le riforme a rischio
In Parlamento si stanno ancora esaminando “quattro riforme immediatamente riconducibili agli impegni Pnrr” che riguardano gli Irccs, la giustizia tributaria, il codice della proprietà industriale e la concorrenza che, secondo gli accordi di maggioranza, andava approvata con l’ok definitivo entro la fine di luglio.
Ci sono poi, si ricorda nel documento, riforme Pnrr approvate in via definitiva ma che vanno completate con l’adozione di decreti attuativi (la delega sugli appalti, la riforma del processo civile, penale e dell’ordinamento giudiziario, la delega sullo spettacolo) mentre “nelle prossime settimane dovrebbero essere presentate, sulla base degli impegni assunti dal nostro Paese, ulteriori riforme” come quella degli alloggi universitari e degli istituti professionali.
I decreti
Sul fronte dei decreti ancora in conversione (il dl infrastrutture che scade a metà agosto e contiene misure legate al Pnrr, e il decreto semplificazioni fiscali che scade il 20 agosto), D’Incà ricorda che “in caso di governo dimissionario, qualora dovessero emergere posizioni contrapposte all’interno della maggioranza, ovvero ostruzionismo delle opposizioni, il governo non potrebbe ricorrere eventualmente alla questione di fiducia per garantire il rispetto dei termini costituzionali per la conversione”.
(da agenzie)
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Luglio 16th, 2022 Riccardo Fucile
I SONDAGGI DI IPSOS DICONO CENTRODESTRA IN 3 SCENARI SU 5
Su cinque diversi scenari per la simulazione di un eventuale voto anticipato, tre danno la vittoria al centrodestra.
Ne parla oggi sul Corriere della Sera il direttore di Ipsos Nando Pagnoncelli, tratteggiando un voto con il Rosatellum o con la legge elettorale proporzionale con sbarramento al 4%.
Il Rosatellum è la legge elettorale mista con il 36% dei seggi attribuito attraverso il maggioritario e le sfide nei collegi e il 64% con il proporzionale e i collegi plurinominali.
Il proporzionale invece è la “vecchia” legge che ha prodotto parlamenti fino al 1992, prima del referendum di Mario Segni.
Oggi è tra le ipotesi di riforma ma pare difficile che ci siano i tempi per attuarla se davvero le dimissioni di Draghi diventeranno irrevocabili mercoledì 20 luglio.
Infine, va ricordato che per il taglio dei parlamentari votato da Lega e Movimento 5 Stelle si sono sensibilmente ridotte le cariche sia alla Camera che al Senato.
I cinque scenari per la simulazione del voto di Ipsos
A Palazzo Madama i posti sono 200, a Montecitorio 400. E in ogni caso, spiega Pagnoncelli, molti dei collegi oggi sono da considerarsi contendibili perché la differenza tra le coalizioni è inferiore al 5%. Molto quindi, se non tutto, dipenderà dalle candidature in ogni collegio.
Ciò premesso:
il primo scenario prevede un’alleanza di centrodestra composta da Lega, Fdi e Forza Italia / Noi con l’Italia contro una coalizione Pd, M5s, Leu. In questo caso il centrodestra batterebbe il (teorico) campo largo 211 seggi a 157 alla Camera e 106 a 76 al Senato. I restanti seggi andrebbero a Italexit e alle liste centriste di +Europa/Azione e Italia Viva/Italia al Centro;
il secondo scenario prevede l’allargamento dell’area centrista a Forza Italia; in questo caso il parlamento sarebbe privo di una maggioranza assoluta e il centro allargato, con 39 deputati e 19 senatori, sarebbe l’ago della bilancia;
nel terzo scenario si ipotizza l’inclusione del centro nella destra e il campo largo nel centrosinistra: in questo caso la destra avrebbe un vantaggio di due deputati e di un senatore, ma vincerebbe lo stesso.
Va detto che Insieme per il Futuro di Luigi Di Maio non è stata inclusa in nessuna delle due coalizioni (per ora è dato al 2,3%). Mentre l’allargamento al centro di Forza Italia ad oggi è un’ipotesi di scuola. Infine, gli ultimi due scenari:
il quarto scenario differisce dal precedente solo per l’esclusione del M5S dal «campo largo»: si produrrebbe così la maggioranza più netta a favore del centrodestra che si affermerebbe con 244 deputati (contro 109 del centrosinistra) e 124 senatori (contro 50);
il quinto scenario è il proporzionale con soglia di sbarramento al 4%: sommando i seggi delle due principali coalizioni non ci sarebbe maggioranza assoluta e ciò lascerebbe spazio ad alleanze e formule di governo di altro tipo. Come nella Prima Repubblica.
La vittoria annunciata del centrodestra
Tre scenari su cinque darebbero quindi la vittoria al centrodestra.
Nei due restanti le forze politiche dovrebbero trovare un nuovo accordo su un uomo super partes a Palazzo Chigi. Ovvero la stessa situazione di oggi.
Ieri invece YouTrend ha disegnato tre possibili scenari (sulla base delle percentuali dell’ultima Supermedia), in cui vengono esaminati i possibili risultati a seconda delle alleanze tra i partiti, e in particolare di quella tra il centrosinistra e il Movimento 5 stelle. Nel primo scenario i partiti di centro (Azione, +Europa e Italia Viva) correrebbero in una coalizione separata dall’alleanza Pd-5 Stelle con Verdi e Sinistra.
La coalizione di centrodestra (Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega) avrebbe la maggioranza: 221/400 seggi alla Camera e 108/200 al Senato. Nel secondo, con il M5s che corre da solo, il centrodestra si aggiudicherebbe una maggioranza degli eletti fino al 60%. E potrebbe governare tranquillamente. Il terzo scenario è il campo largo: in questo caso si produrrebbe una situazione di quasi-pareggio. Il centrodestra raccoglierebbe 198/400 voti alla Camera e 99/200 al Senato.
(da agenzie)
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Luglio 16th, 2022 Riccardo Fucile
DI BATTISTA, IL CHE GUEVARA DE NOANTRI, GIÀ AFFILA LE ARMI PER FARLO FUORI
Che vita difficile, e che parabola incredibile. Mancano 120 ore al giudizio
universale, che vale per tutti, ma per Giuseppe Conte in modo particolare. Padella o brace.
Da una parte l’andata a Canossa, qualora il pressing italiano e internazionale convincesse Mario Draghi a restare.
Dall’altra la rottura e una nuova sfida, stavolta con le pulsioni iper populiste di Alessandro Di Battista, che già affila le armi perché la guida del Movimento in mano all’ex premier non sia che una parentesi.
Mercoledì il premier dimissionario sarà davanti alle Camere e il filo sottile, quasi inesistente, che porta a una riedizione del governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi, passa per una porta strettissima per l’avvocato del popolo.
Sì al termovalorizzatore, no allo scostamento di bilancio, si alle riforme fiscali e della concorrenza, si al sostegno all’Ucraina senza cedimenti, no a una quotidianità fatta di strappi piccoli e grandi per cercare di razzolare i voti perduti.
Dura da digerire. Ma dura anche da rifiutare, perché dall’altra parte c’è la fiera pasionaria dei barricadieri a Cinque stelle, ugualmente rissosi ma assolutamente privi della fantasia onirica, per quanto velleitaria, del fondatore: il Beppe Grillo della prima ora.
I contorcimenti delle ultime ore con l’ipotesi di ritirare i ministri, con i ministri che fanno sapere che non ci pensano proprio e con Giuseppe Conte costretto a veicolare che non è lui che l’ha detto ma che piuttosto il dimissionario è Draghi, non sono che un assaggio disperato di quello che può succedere nei prossimi giorni. O in questi minuti, con l’ex premier che magari la spunta e riesce a portar via dal governo la sua delegazione.
Ma è qui che si aprirebbe la partita più ardua per Conte, quella per mettersi a capo di un’Armata Brancaleone assai difficile da guidare.
Non abbiamo leggi contro il cattivo gusto, perché da noi, e non solo da noi, è stato convertito in un genere di consumo. E quindi è lecito raccontare cosa pensa Alessandro Di Battista, con le parole che lui stesso ha affidato alle agenzie.
Il Che Guevara di casa nostra, con la vespa al posto della motocicletta e il parco alberato di Monte Mario al posto della giungla cubana o boliviana, ancora non si fida.
Sarebbe un’ottima notizia, dice, se il governo cadesse, ma non ne è così sicuro: «Perché quelli che si appellano al senso di responsabilità, negli ultimi anni, sono stati responsabili solo del loro culo, tra l’altro flaccido come la loro etica. E in caso di elezioni non potrebbero fare comizi se non mettendosi di spalle, anche se in molti, guardandogli i deretani, riconoscerebbero all’istante i loro volti».
Davvero ha qualcosa a che fare con questo linguaggio l’uomo della pochette? Il premier che parlava con rassicurazioni flautare agli italiani chiusi in casa per il virus, il leader che faceva sapere di trattare alla pari con la cancelliera tedesca Angela Merkel per il Piano di ripresa e resilienza?
Lo statista che faceva fuori il Matteo Salvini del Papeete e che una volta sconfitto con il suo secondo governo passava la campanella a Mario Draghi assicurando il suo sostegno leale perché l’Italia viene prima?
O quello che pretendeva che si prendesse per buono il suo no a che diventasse presidente della Repubblica perché non si poteva assolutamente fare a meno di Draghi alla guida dell’esecutivo? E che fine ha fatto l’uomo che, ai tempi d’oro, il suo staff accreditava come uno statista che non avrebbe sfigurato al Quirinale?
Sembra suicida il suo tentativo di mettersi alla testa di una copia sbiadita e sgangherata dei tempi del vaffa, senza idee nuove, senza il lavoro certosino di quello sgobbone di Luigi Di Maio, con una ridotta di parlamentari fedeli solo finché qualcuno non gli buttasse un’ancora del si salvi chi può e con il ministro degli Esteri che è già pronto ad accogliere una pattuglia nutrita di nuovi fuggiaschi.
Si apre per altro, per l’ex premier, una partita disperata sul fronte delle alleanze. Nel Pd c’è chi comincia a mettere in discussione anche le primarie comuni per le regionali siciliane e la possibilità di individuare nei collegi uninominali candidati unitari è destinata a naufragare con il giudizio diverso sul governo Draghi, sulla guerra e su tante altre cose. Con l’aggiunta del taglio dei parlamentari quello che fu l’esercito dei cinque stelle si avvia sulla strada dell’irrilevanza.
Conte non può nemmeno contare su un sostegno sicuro di Beppe Grillo, che ha smesso di amarlo già agli esordi della sua contrastata leadership, quando tentò, senza riuscirci, di ottenere per statuto i pieni poteri, esautorando il fondatore. È in fondo la sua vocazione avvocatizia a confonderlo, l’idea che in politica ci si possa impossessare del timone di un partito mettendolo per iscritto, e non conquistandolo giorno dopo giorno.
(da Corriere della Sera)
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Luglio 16th, 2022 Riccardo Fucile
LA CNN PUBBLICA LE FOTO DEGLI INCONTRI
Una delegazione russa si è recata almeno due volte all’aeroporto iraniano di Kashan per acquistare dei droni.
Lo afferma la Cnn, che è riuscita a entrare in possesso di alcune immagini satellitari in esclusiva che mostrano come alcuni iraniani illustrino i loro velivoli senza pilota, chiamati Unma
«Siamo in possesso di informazioni che indicano che il governo iraniano si sta preparando a fornire alla Russia diverse centinaia di Uav», ha dichiarato il consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan alla Cnn, «riteniamo che una delegazione russa ufficiale abbia recentemente valutato una serie di droni iraniani in grado di attaccare».
Le immagini pubblicate fanno riferimento a una visita avvenuta nel mese di giugno.
«È stata la prima volta che una delegazione russa ha visitato questo aeroporto per una simile valutazione», afferma Sullivan. A Kashan, a sud della capitale Teheran, gli iraniani hanno mostrato agli inviati russi due Uav in particolare: Shahed-191 e Shahed-129. Si tratta di droni in grado di trasportare missili guidati di precisione. Come riferito dai funzionari americani, un’altra delegazione si sarebbe recata ancora a Kashan lo scorso 5 luglio.
(da agenzie)
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