Settembre 1st, 2025 Riccardo Fucile
COSÌ RILANCIA L’OFFENSIVA COMUNICATIVA, TRA SELFIE IN MODALITÀ “GIORGIA UNA COME NOI” E POST “SECURITARI” SULLO SGOMBERO DEL LEONCAVALLO…PER QUESTO VORREBBE IL DIRETTORE DEL TG1 GIAN MARCO CHIOCCI, A CAPO DELLA SUA COMUNICAZIONE
«L’estate sta finendo, e un anno se ne va. Sto diventando grande, lo sai che non mi va…». Così cantavano i Righeira e, nel frattempo, il governo Meloni cerca di triplicare i suoi anni di vita. Si sta infatti avviando verso i 1.050 giorni di navigazione, rappresenta il quarto esecutivo più longevo della storia repubblicana, e punta alla “medaglia di bronzo”, il traguardo del
superamento delle 1.093 giornate di durata del governo Craxi I.
Con tutta una serie di problemi all’orizzonte: dallo scenario internazionale sempre più instabile e turbolento (da ultimo, il ritorno del caos in Libia) […] a quello macroeconomico sconvolto dai dazi trumpisti e denso di incognite (per utilizzare un eufemismo), sino alle prossime elezioni regionali, dove non sono neppure andate a dama tutte le mosse per definire i candidati presidenti e perdura ancora la “grana Zaia”.
E per la leader di FdI, abituata a compulsare avidamente i sondaggi prima di prendere qualche decisione di rilievo, questo del voto amministrativo appare un fronte particolarmente caldo e preoccupante, dal momento che sui territori il sinistracentro – a dispetto della notoria tendenza all’autolesionismo – risulta nettamente competitivo.
Così, archiviate le vacanze, il ritorno in pista di Giorgia Meloni si configura da subito nel mood della campagna elettorale permanente. Dopo essersene andata in Grecia standosene sostanzialmente fuori dai riflettori (un elemento di discontinuità rispetto al passato), la presidente del Consiglio espone sulla sua bacheca Instagram un “uno-due” propagandistico che ne segna la ridiscesa in campo. Anzi, un “uno-tre”.
Il post sicuritario sullo sgombero del Leoncavallo a Milano, ancestrale battaglia della destra presentata in termini di ripristino della legalità (se non fosse per il doppiopesismo rispetto al palazzo romano del Demanio occupato dai “fascisti del terzo millennio” di CasaPound…).
La gallery fotografica dal Meeting di Rimini, côté più istituzionale, ma col punto di caduta di un discorso totus politicus, condito di citazioni ad hoc per il pubblico di Cl che l’ha salutata con una standing ovation e senza praticamente nessuna proposta concreta di policy per affrontare le (gigantesche) questioni della ripresa post-ferie.
E, infine, l’immancabile format «Giorgia una come noi», che si congeda dal periodo di riposo – seppure intervallato dalla versione «Meloninternational», tra il viaggio a Washington e i contatti con gli altri capi di governo.
Eccola in auto (con la cintura allacciata): look casual, occhiali scuri, una delle abituali faccette (la fisiognomica e la prossemica sono un pilastro del suo storytelling fortemente corporale) con cui occhieggia al pubblico.
Nonché un cappellino molto scanzonato sull’Unità nazionale con la scritta «Italia. Original 1861»: una spruzzata in salsa anglogiovanile di sovranismo e nazionalismo – e chissà come commenterebbero questo patriottismo made in “Brothers of Italy” gli autentici, e giustappunto original, padri dell’unificazione, figure come i sabaudi Cavour e D’Azeglio.
Meloni si prepara alla massiccia offensiva comunicativa d’autunno (sentendosi, in realtà, sulla difensiva), come lascia intendere anche il possibile passaggio del direttore del Tg1 Gian Marco Chiocci a suo portavoce.
L’idea del trasferimento a palazzo Chigi di una delle punte di lancia di TeleMeloni – senza, tuttavia che per il telegiornale di Rai1, come per molti altri programmi della tv di Stato militarizzata, l’audience sia stata premiante – segnala che la premier è appunto un po’ inquieta per gli esiti del voto autunnale.
E reagisce all’apprensione con il rafforzamento dei suoi apparati propagandistici, per cui nelle prossime settimane ci si deve attendere un diluvio comunicativo meloniano h24 e che “non farà prigionieri”, fra legacy media (stampa e tv) e social (da Facebook a TikTok).
Una mobilitazione comunicativa che, nell’opulenza della “vita smeralda”, ha visto anche l’annessione sentimentale di Fedez alla destra della coppia “panfilo e moschetto” La Russa-Santanchè.
Abile e scaltra, la presidente del Consiglio asseconderà un’onda che, in verità, stante la scarsa condizione di salute del Paese, si
traduce in un mero galleggiamento (o poco più). Giorgia ormai trifronte si muoverà con il consueto funambolismo ed equilibrismo, al crocevia fra esaltazione del ruolo internazionale, strategia narrativa della normalizzazione, opportunismo, piccolo cabotaggio nella politica interna, presentazione di FdI quale partito della nazione conservatore e pragmatico, ma cercando in ogni modo possibile di continuare ad apparire come la vera e unica depositaria della tradizione della destra-destra italiana. L’ircocervo della “Balena nerazzurra”, con buona pace di Salvini (e pure di Vannacci).
(da La Stampa)
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Settembre 1st, 2025 Riccardo Fucile
IL 34ENNE ANNE È STATO SPUTTANATO DA UN ANONIMO CHE HA ANCHE DIVULGATO LE SUE FOTO E LO HA ACCUSATO DI ORGANIZZARE FESTINI CON MINORENNI
Una lunga serie di nomi. Imprenditori, tanti. E anche politici, di maggioranza e di
opposizione. La procura di Prato ha acquisito gli elenchi degli affiliati alla loggia Sagittario di Prato-valle del Bisenzio, parte della Gran loggia Alam (Antichi liberi accettati muratori), già citata nell’inchiesta per corruzione sull’ex sindaca Pd Ilaria Bugetti e l’imprenditore Riccardo Matteini Bresci (che fino al 2020 aveva ricoperto il ruolo di Gran Maestro), e ora di nuovo sotto i riflettori per il caso che ha coinvolto Tommaso Cocci. [.
Nel respingere con sdegno le accuse infamanti (anche l’uso di droga e festini con minori) contenute nelle lettere di minacce, Cocci ha fatto un’unica ammissione rispetto a quanto scritto nelle missive, relativa proprio al suo ruolo di segretario nella loggia di via Lazzerini, a Prato. «Mi sono messo in sonno a giugno» ha detto, indicando dunque proprio il periodo in cui Bugetti veniva travolta dall’indagine per corruzione.
Una sorta di contrappasso, per la destra pratese, che proprio sui presunti rapporti tra pezzi del centrosinistra e massoneria stava facendo leva in vista della campagna per le regionali. Ma è tutta la politica locale ora a interrogarsi sui possibili sviluppi di questa e di altre indagini, e sulla stessa capacità della loggia Sagittario di orientare le scelte della politica o comunque di creare un terreno di incontro tra il mondo dell’impresa e quello istituzionale.
In questo intreccio, si aggiungono i sospetti — particolarmente imbarazzanti per Fratelli d’Italia — lanciati dallo stesso ex consigliere su un collega di partito, che avrebbe cercato di ostacolare la sua corsa alle elezioni con tutti i mezzi, forse spingendosi fino al ricatto.
L’inchiesta è nata proprio dalla denuncia di Cocci, nei mesi scorsi, alla digos pratese. Due i plichi ricevuti, e fatti circolare anche ai vertici di Fratelli d’Italia. «Se continui a fare politica ti distruggiamo la vita» una delle minacce, accompagnata da accuse anche gravissime. E con un riferimento proprio all’affiliazione alla loggia Sagittario, la stessa tramite la quale, almeno stando alle conversazioni intercettate nell’inchiesta sul caso Bugetti, Matteini Bresci avrebbe convogliato migliaia di voti poi risultati decisivi nella corsa a sindaco.
Un elemento ricorrente, la massoneria, nelle ultime inchieste che hanno scosso la politica pratese. Ancor prima del caso Bugetti, c’era stato quello dell’ex comandante della compagnia dei carabinieri Sergio Turini, accusato di aver piegato la sua funzione agli interessi del solito Matteini Bresci: in una conversazione, il militare parlava di una cena nei locali di una nota aziende pratese, definendola uno «special club» e indicando tra i componenti alcuni facoltosi imprenditori del distretto.
(da La Repubblica)
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Settembre 1st, 2025 Riccardo Fucile
NEL CODICE ETICO DEL SODALIZIO CARO ALLA DESTRA C’È SCRITTO COSA FARE QUANDO UNO DEI “CAPI” FINISCE DIETRO LE SBARRE? QUALCUNO TEME UNA SCALATA AL VERTICE DELLA FONDAZIONE DA PARTE DELLA “SORELLA D’ITALIA”, ARIANNA MELONI
La convocazione è militaresca: «L’assemblea dei partecipanti di diritto e degli aderenti alla Fondazione Alleanza nazionale è convocata per il giorno mercoledì 10 settembre 2025 alle ore 14.30. La riunione si svolgerà esclusivamente in modalità telematica tramite piattaforma Zoom».
Come ai tempi del Covid, con le riunioni a distanza per evitare pericolosi contagi. A seguire, i punti dell’ordine del giorno, ossia le attività e i risultati della gestione e della conduzione amministrativa, l’elezione dei 50 membri del comitato dei partecipanti di diritto e degli aderenti. Tutto bene? Macché.
La fondazione vanta un patrimonio non indifferente, grazie alla società Italimmobili, ma i problemi non mancano: il presidente è Giuseppe Valentino, nel 2023 respinto con perdite nella sua corsa per una poltrona del Consiglio superiore della magistratura per colpa di inchieste giudiziarie nate in terra di Calabria, tanto da commentare «su di me palate di fango a orologeria».
E nel suo ruolo dovrà dire comunque qualcosa sul componente Gianni Alemanno, presente nel “board” pubblicato sul sito della fondazione, ristretto nelle patrie galere. Nel codice etico del sodalizio caro alla destra c’è scritto cosa fare quando qualcuno dei “capi” finisce dietro le sbarre? Va cacciato? O può tranquillamente rimanere al suo posto?
Dato che l’assemblea non sarà in presenza, bisogna vedere se verrà concesso all’ex sindaco di Roma, recluso nel penitenziario di Rebibbia, di partecipare da remoto. Ipotesi difficile da realizzare, dato il rischio di ottenere sì un collegamento, ma “guardato a vista” dalle forze dell’ordine. Tutto dipende da una decisione del magistrato di sorveglianza.
E nel board c’è pure Maurizio Gasparri, ex An e ora in Forza Italia, anche se per l’elettore “qualunque” lui è di Fratelli d’Italia. Qualcuno teme una scalata al vertice della fondazione da parte della sorella di Giorgia Meloni, Arianna, che appare tra i componenti. Non res Non resta che attendere il termine dell’assemblea
(da agenzie)
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Settembre 1st, 2025 Riccardo Fucile
IL 70% DI CHI HA CERCATO ALTERNATIVE ALL’ESTERO LO HA FATTO PERCHÉ I PREZZI NELLO STIVALE ERANO TROPPO ALTI … LA STORIA INSEGNA: QUANDO LA GENTE METTE LA MANO IN TASCA E TROVA IL PORTAFOGLIO VUOTO, SI INCAZZA E INIZIA A PENSARE AL PROSSIMO PARTITO DA VOTARE
Il caro vacanze ha pesato su 11 milioni di italiani. È questo il numero di chi non si è
spostato dalla propria città in questi mesi estivi. È quanto emerge da un sondaggio sulle abitudini e sull’impatto dei rincari per la stagione 2025, realizzato da Izi, azienda di analisi e valutazioni economiche e politiche, il 22,4% degli italiani sono potenziali vacanzieri che, a causa dei rincari, hanno rinunciato a viaggiare.
Per quanto riguarda le vacanze al mare, all’interno del 68,6 per cento che solitamente trascorre parte delle ferie in località balneari, ben un italiano su 4, ha rinunciato alle spiagge per i costi troppo elevati. Il 70% di chi ha cercato mete alternative all’estero lo ha fatto per i costi troppo elevati in Italia.
Alla domanda su quali incrementi dei prezzi abbiano influito maggiormente nelle scelte per queste vacanze estive, il 57,4% degli intervistati ha risposto che hanno pesato i rincari degli alloggi, il 49% quelli dei ristoranti ed il 42,5% ritiene che i costi dei servizi in spiaggia siano proibitivi.
Il caro ombrelloni si fa dunque sentire e quasi il 40 % degli intervistati ha optato per le spiagge libere come strategia di contrasto ai prezzi salati, mentre il 45,7 %, quasi un italiano su due, ha ridotto i giorni di vacanza a causa dei rincari generali
(da agenzie)
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Settembre 1st, 2025 Riccardo Fucile
S’AVANZA “FRATELLI SERPENTI”, UN PARTITO VITTIMA CRESCENTE DI INTRIGHI DI POTERE, CHE VIVE SCHIZOFRENICAMENTE LA PROPRIA EGEMONIA COME SABOTAGGIO DEL CAMERATA RIVALE …DALLA NOMINA DI FOTI A MINISTRO AL MURO DI IGNAZIO LA RUSSA A PROTEZIONE DI SANTANCHÉ FINO AL SUO ENDORSEMENT PER MAURIZIO LUPI PER IL DOPO-SALA IN BARBA AL MELONIANO FIDANZA, DAGLI SCAZZI CROSETTO-MANTOVANO A LOLLOBRIGIDA “COMMISSARIATO”, DALLA NOMINA DI GIULI ALLO SCONTRO SCHILLACI-GEMMATO. ESSI’: A VOLTE IL POTERE LOGORA CHI CE L’HA
“Cose da serve”, sentenzierebbe un umanista ferito nel cuore. “La finestra sul porcile”, titolerebbe un moralista indispettito. L’irritazione sorge spontanea rileggendo la scorrettissima smentita architettata da Gian Marco Chiocci per zittire lo scoop de “Il Foglio” sul suo possibile addio dalla direzione del Tg1 per diventare il portavoce di Giorgia Meloni.
Scorrettissima perché Chiocci ha sputtanato in piazza, con apposito comunicato, il privato territorio professionale di direttore del primo telegiornale del servizio pubblico, scodellando puntigliosamente i suoi contatti riservati con la premier.
Sentite un po’: “Di vero c’è solo che nei giorni scorsi la premier mi ha sondato informalmente per capire una mia eventuale, futura, disponibilità nella gestione della comunicazione, affiancando il collega Fabrizio Alfano che segue già tutta la comunicazione di Palazzo Chigi e del Consiglio dei ministri”.
Ma non finisce qui: perché il direttore del Tg1 ha aggiunto, buttandola lì, con massimo cinismo e minimo riserbo, altre informazioni riguardo la sua “special relationship” con la Ducetta: “Una chiacchierata, come tante altre in questi mesi, a cui non è seguita assolutamente alcuna decisione da parte mia…”.
Se tale sputtanamento dei rapporti stretti e “informali” con la Melonissima puntava ad essere un messaggio rivolto al suo nemico più intimo all’interno della Rai, l’Ad Giampaolo Rossi, e ai massimi esponenti della Fiamma Magica di Palazzo Chigi (da Fazzolari a Mantovano) che hanno sempre nutrito dubbi sulla sua affidabilità, è altrettanto certo che ritrovarsi in un gossip da corridoio telefonico degno di Dagospia, pascolo della maldicenza anti-governativa, non abbia fatto alcun piacere alla suscettibile Statista della Sgarbatella.
Aggiungere che un’infrazione così compiaciuta del galateo istituzionale, come quella di Chiocci, non poteva non diventare massimo godimento per le opposizioni.
Sandro Ruotolo, responsabile Informazione del Pd-Elly, ha tuonato: “Chiocci ha due strade: smentire categoricamente questa ipotesi oppure dimettersi subito. Nel servizio pubblico i
dirigenti apicali non possono mettersi al servizio di una parte”. Stessa linea per Roberto Natale (Avs): “La definizione di “Tele-Meloni” non è più solo uno slogan”.
S’avanza così, dopo tre anni di Palazzo Chigi, Fratelli Serpenti, un partito vittima crescente di intrighi di potere, tra colpi bassi di “fuoco amico” e velleità arbitrarie, che vive schizofrenicamente la propria egemonia politica come sabotaggio del camerata rivale.
Del resto, dopo la nomina di Tommaso Foti a ministro degli Affari Europei, Giorgia Meloni ha capito che Fratelli d’Italia non sarà più il partito monolitico costruito intorno ai suoi boccoli, che è stato fino alla presa di potere del 2022.
Negli anni precedenti, l’unica voce lievemente critica è stata quella del suo ex mentore, il capogabbiano di Colle Oppio Fabio Rampelli, che però non ha mai osato sfidarla apertamente.
Quando la Ducetta decise, dicembre 2024, di sostituire l’ex democristiano salentino Fitto, promosso commissario europeo, con l’ex missino piacentino Foti, tra gli ex camerati del Sud scoppiò più di un malcontento.
I più irritati, i Fratellini di Puglia e Campania, fecero presente alla premier di non volere uno sfegatato fan del Nord al posto di Fitto, nel ruolo chiave di gestore dei fondi Pnrr e dei fondi di coesione territoriale e le deleghe per il Sud.
Che Fratelli d’Italia non sarà più così granitico nella sua devozione e obbedienza a Giorgia Meloni è dimostrato anche dall’attivismo del co-fondatore di Fratelli d’Italia, Ignazio La Russa. La seconda carica dello Stato ha fatto muro a chi, all’interno del partito, compresa Meloni, ha provato ad accompagnare informalmente alla porta Daniela Santanché, tallonata da tre procedimenti giudiziari.
E quando la Giorgia dei Due Mondi ha indicato in maniera riservata il fedelissimo Fidanza come candidato nel 2027 al Comune di Milano, ‘Gnazio, gran boss della Lombardia, l’ha
subito contraddetta facendo un pubblico endorsement per Maurizio Lupi, il leader di “Noi Moderati, in vista del dopo-Sala.
Anche l’altro co-fondatore di FdI, Guido Crosetto, che paga lo scotto di non possedere lo stigma post-missino bensì democristiano, deve guerreggiare su ogni nomina di pertinenza del ministro della Difesa, dalla gestione dell’intelligence al comandante dei carabinieri, con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e autorità delegata ai Servizi, Alfredo Mantovano.
La rottura matrimoniale di Lollobrigida con Arianna Meloni, plenipotenziaria del partito, non è stata indolore né dal punto di vista emotivo né sul lato politico. Se prima il suo potere decisionale era indiscusso, poi il vispo Lollo ha dovuto ingoiare la nomina del nuovo portavoce, Gennaro Borriello, figura-chiave che concordava le presenze in radio e in tv dei meloniani, sotto la supervisione del gran visir Fazzolari.
Da parte loro, i puri e duri di Serpenti d’Italia non hanno granché digerito la scelta di Arianna Meloni di nominare ministro della Cultura, post-Sangiuliano, l’ex gabbiano ribelle che fu prese a calci in culo da Rampelli e finì a fondare il gruppo estremista Meridiano Zero, Alessandro Giuli, subito “commissariato” in ogni mossa da Emanuele Merlino, longa manus di Fazzolari.
Ad irritare gli otoliti della prima inquilina di Palazzo Chigi, il recente scazzo che è esploso tra il ministro della Sanità, Orazio Schillaci, un tecnico di area FdI, e l’ex militante del Fronte della Gioventù Marcello Gemmato, il farmacista che ogni anno fa da anfitrione in Puglia alle vacanze della Ducetta, che avrebbe brigato per la nomina di due medici idoli dei no-vax nella commissione vaccini, al punto che il ministro ha minacciato le dimissioni.
Ed ora, s’infiamma la lotta di potere tra i due meloni del pollaio Rai: Gian Marco Chiocci e Giampaolo Rossi, due tipini che non si sopportano nemmeno in fotografia.
Il primo dà la colpa del calo degli ascolti del Tg1 non al fatto ch
il suo notiziario sia “pettinato” secondo i voleri di Tele-Meloni bensì al moscio pre-serale di Pino Insegno (che non voleva) e soprattutto ai “pacchi” in vacanza di Stefano De Martino, sostituiti dal logoro “Techetechetè”, mentre i tele-morenti si riversano in massa sul Tg5 per non perdersi nemmeno un minuto de “La ruota della fortuna”.
Anche qui, come nei casi di Fitto, Crosetto, Schillaci, entra in ballo lo stigma di Fratelli d’Italia: se Rossi inalbera un puro pedigree da gabbiano di Colle Oppio, come le due figlie di Anna Paratore, l’attuale direttore del Tg1 è solo un giornalista di destra che vanta rapporti ramificati e solidi con i vertici degli apparati di Stato, in primi i Servizi Segreti e Guardia di Finanza, ma nello stesso tempo ha sempre architettato una rete di contatti con la scena del centro-sinistra, Vaticano compreso.
Essì, a volte il potere logora chi ce l’ha….
(da Dagoreport)
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Settembre 1st, 2025 Riccardo Fucile
“ABBIAMO RAGGIUNTO UN ACCORDO ALLA CASA BIANCA”: TRUMP OFFRE I JET AMERICANI COME COPERTURA PER I SOLDATI EUROPEI – GIOVEDÌ SI RIUNISCONO DI NUOVO A PARIGI MACRON, MERZ, STARMER E RUTTE. PALAZZO CHIGI FA TRAPELARE L’IRRITAZIONE DELLA DUCETTA CAMALEONTE
Gli Stati membri Ue stanno mettendo a punto “piani piuttosto precisi” per i possibili
dispiegamenti militari in Ucraina come parte delle garanzie di sicurezza post-conflitto, con il sostegno delle capacità statunitensi.
“Le garanzie di sicurezza sono fondamentali e assolutamente cruciali. Abbiamo una roadmap chiara e abbiamo raggiunto un
accordo alla Casa Bianca: questo lavoro sta procedendo molto bene”, ha assicurato la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen in un’intervista al Financial Times, in tour negli Stati dell’Europa orientale confinanti con la Russia.
Le capitali stanno lavorando a piani per uno schieramento “di truppe multinazionali e il sostegno degli americani”, ha spiegato la politica tedesca secondo cui il presidente Usa “Trump ci ha rassicurato che ci sarà una presenza americana come parte del sostegno”.
Le truppe dovrebbero includere potenzialmente decine di migliaia di personale guidato dall’Europa, sostenuto dall’assistenza degli Stati Uniti, compresi sistemi di comando e controllo e risorse di intelligence e sorveglianza.
Citando fonti diplomatiche, il giornale della City ricorda che giovedì, su invito del presidente francese Emmanuel Macron, dovrebbero riunirsi di nuovo a Parigi alcuni dei leader europei che hanno incontrato Trump a Washington per continuare le discussioni. Tra questi il quotidiano finanziario cita il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il primo ministro britannico Sir Keir Starmer, il segretario generale della Nato Mark Rutte e Von der Leyen.
Donald Trump vola alto sulle garanzie di sicurezza all’Ucraina, conferma l’apertura a fornire copertura aerea ai territori che fanno capo a Kiev nell’ambito di un più ampio piano di sicurezza militare che vede a confronto le due sponde dell’Atlantico.
«Faremo qualcosa, ma non con le nostre truppe, ogni settimana vengono uccisi da cinque a settemila soldati, per lo più giovani – dice il presidente in una intervista al Daily Caller -. Se potessi fermare tutto questo e far volare un aereo ogni tanto, lo farei anche per aiutare gli europei».
La dotazione cui pensa Trump potrebbe consistere in aviazione tattica o strategica, capace di intercettare e abbattere missili e droni, secondo quanto emerso dalle consultazioni tra alleati
condotte dal generale della Us Air Force, Dan Caine, capo di Stato maggiore congiunto, che ha avuto da Trump il compito di sviluppare opzioni sulle garanzie nell’ambito di un quadro giuridico più ampio.
Si inserisce in questo quadro l’apporto europeo con un piano Ue «piuttosto preciso» per l’invio di truppe in Ucraina, spiega Ursula Von der Leyen al Financial Times. Esiste una «chiara tabella di marcia» per i possibili schieramenti, chiosa la presidente della Commissione europea. Aggiungendo che Trump «ci ha rassicurati sulla presenza americana come parte della copertura».
Meno possibilista appare invece l’inquilino della Casa Bianca sull’ipotesi di vedere in tempi congrui il bilaterale tra Putin e Zelensky: «Un bilaterale non lo so, ma un trilaterale ci sarà. Sapete, a volte le persone non sono pronte». Il riferimento è al presidente russo con cui l’inquilino della Casa Bianca dice di avere avuto un rapporto «molto buono» avuto nel corso degli anni. «Ecco perché pensavo davvero che avremmo trovato una soluzione. Mi sarebbe piaciuto molto che ci fosse stata»,riferendosi con un certo rammarico al summit in Alaska. «Forse, devono combattere ancora un po’. Stupidamente».
Nel Vecchio continente intanto va in onda una nuova puntata dei Volenterosi, su ordine di Emmanuel Macron. L’invito del presidente francese, dice il Financial Times, è per giovedì a Parigi dove i leader Ue già presenti al vertice di Washington del 18 agosto proseguono i colloqui ad alto livello, specie sulle “convergenze” nell’impiego dei contingenti europei.
Sull’incontro, per ora, trapela ancora freddezza da parte italiana. Come è noto Giorgia Meloni non apprezza il pressing dei Volenterosi per la creazione di una forza militare da dispiegare in Ucraina. La premier, a meno di ripensamenti, dovrebbe quindi solo videocollegarsi alla riunione.
(da agenzie)
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Settembre 1st, 2025 Riccardo Fucile
IL POLITOLOGO LORENZO CASTELLANI: “UNA VITTORIA DI RICCI QUI, NONOSTANTE L’INCHIESTA, SAREBBE UNA OTTIMA NOTIZIA PER IL CENTROSINISTRA PERCHÉ SIGNIFICHEREBBE DUE COSE. LA PRIMA È CHE I TERRITORI PERSI SONO RICONQUISTABILI CON UN FRONTE UNITO E UN CANDIDATO VALIDO. LA SECONDA È CHE IL CENTRODESTRA È TORNATO BATTIBILE”
In questa tornata di elezioni regionali c’è un luogo da osservare con più attenzioni degli altri: la regione Marche. Le Marche non
sono soltanto una ex regione rossa passata alla destra, ma sono probabilmente la regione mediana per eccellenza del paese. Un territorio che rappresenta meglio di ogni altro la parabola politica ed economica degli ultimi vent’anni.
Per densità industriale e occupazione le Marche sono assimilabili a una regione del nord, ma con una miriade di piccole e medie imprese particolarmente minute in termini dimensionali e dunque particolarmente deboli. In termini di Pil pro capite, tuttavia, nell’ultimo ventennio questo territorio è passato dall’attestarsi al di sopra della media italiana ed europea a scendere sotto media in entrambi i settori.
I distretti industriali hanno subito un duro colpo a causa della trasformazione dell’economia mondiale e dell’incapacità di politica e imprenditoria locale nel trovare nuove soluzioni. Molti gruppi medi o grandi hanno venduto a società estere, hanno delocalizzato o in qualche caso chiuso, con migliaia di posti di lavoro persi e forse l’ancor più grave sensazione, insita nella società, che a questa amputazione economica e sociale non si sarebbe mai posto rimedio.
La produzione industriale, dopo la crisi del 2008-2013, non è mai tornata ai livelli precedenti e anche la ripresa post-pandemica è stata più lenta della media italiana.
Qualcuno potrebbe sostenere che il declino industriale sia stato parzialmente colmato dalla crescita del turismo, ma le Marche confermano che le attività ricettive sono spugne di occupazione ma non di crescita del Pil pro capite e della produttività.
Senza dimenticare la mala gestione bancaria degli anni della crisi, intreccio di interessi e politica locale, che ha spazzato via l’intero sistema finanziario regionale.
Inoltre, la popolazione è andata incontro a un rapido invecchiamento e allo spopolamento delle aree interne. Il tasso di natalità è inferiore alla media nazionale, l’età media più elevata, il saldo naturale marcatamente negativo
L’immigrazione straniera, con un totale pari quasi al 10 per cento degli abitanti, come in molti territori, ha alimentato paure e diffidenze.
Le difficoltà di integrazione non mancano, basti pensare che il tasso di disoccupazione tra gli stranieri (17 per cento) è di dodici volte più alto rispetto agli italiani e che circa il 30 per cento dei reati è commesso da stranieri.
Questi fattori, insieme a un governo incontrastato del centrosinistra nella seconda repubblica che aveva perso smalto e legittimità, hanno dato origine alla rivolta populista prima e nazionalista poi che ha portato al potere un governatore di Fratelli d’Italia.
Ma le Marche sono interessanti anche perché sono un microcosmo di piccoli paesi e cittadine, basti pensare che il capoluogo di regione Ancona non arriva a centomila abitanti, dove negli ultimi anni i partiti di destra sembrano andare molto meglio rispetto alle metropoli e i partiti di sinistra molto peggio.
Esse rappresentano, insomma, una regione dell’Italia di mezzo con una marcata caratterizzazione provinciale.
Per questo le regionali qui saranno particolarmente indicative dello stato di salute del centrodestra, anche perché il governo si è giocato la carta della Zes che può portare vantaggi ma di fatto declassa la regione nella fascia del sottosviluppo includendola nel meridione sul piano economico.
E ciò non è un gran segnale da dare se si corre da governanti uscenti alle elezioni. Rivincere per il centrodestra significherebbe che il consenso, in una ex regione rossa, dopo cinque anni si sta consolidando in territori con determinate caratteristiche. Al contrario, una vittoria del centrosinistra starebbe a dire che tale legame non è poi così solido.
Una vittoria di Ricci, nonostante l’inchiesta della magistratura che lo ha visto protagonista, sarebbe una ottima notizia per il centrosinistra a livello nazionale perché significherebbe due
cose. La prima è che i territori persi sono riconquistabili con un fronte unito e un candidato valido. La seconda è che il centrodestra, in un terreno favorevole e in una elezione maggioritaria a turno unico, è tornato battibile. Negli ultimi anni entrambe le cose sono sembrate estremamente difficili.
Lorenzo Castellani
per “Domani”
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Settembre 1st, 2025 Riccardo Fucile
THIEL È CONVINTO CHE L’APOCALISSE SIA POSSIBILE, E VICINO, E CHE ARRIVERÀ UN “KATECHON” CHE ARGINERÀ IL CAOS DATO DAL POTERE GLOBALE (A VOLTE IDENTIFICATO CON LA CINA, ALTRE CON GOOGLE E L’ALA LIBERAL DELLA SILICON VALLEY
Un’organizzazione no profit della California è pronta a ospitare una serie di
conferenze a porte chiuse con protagonista il miliardario investitore Peter Thiel sul personaggio biblico dell’Anticristo.
Thiel, 57 anni, offrirà le sue riflessioni su “come la sua fede cristiana informi la sua comprensione del mondo”, toccando ambiti di teologia, storia, letteratura e “politica dell’Anticristo”, nell’ambito di una serie di quattro conferenze presso il Commonwealth Club di San Francisco, secondo quanto riportato in una locandina dell’evento.
Programmate per il 15 settembre, il 22 settembre, il 29 settembre e il 6 ottobre, le lezioni di Thiel esploreranno le dimensioni teologiche e tecnologiche dell’Anticristo, attingendo a pensatori religiosi come il filosofo francese René Girard, sotto il quale Thiel studiò alla Stanford University, insieme a Francis Bacon, Jonathan Swift, Carl Schmitt e John Henry Newman.
Ogni lezione — che non sarà trascritta né condivisa con il pubblico — è concepita come parte di una “serie coesa”, e
l’ingresso è previsto solo per l’intero ciclo, non per singole date.
L’evento includerà anche una sessione di domande e risposte moderata da Peter Robinson, conduttore del podcast Uncommon Knowledge della Hoover Institution di Stanford, oltre a un Q&A con il pubblico per dare ai partecipanti “la possibilità di interagire direttamente con Thiel”.
L’Acts 17 Collective, una no profit dedicata a “riconoscere Cristo nella tecnologia e nella società”, è l’organizzatore dell’evento.
L’evento segna l’ultima incursione nel pensiero cristiano per il cofondatore di Palantir e PayPal. A maggio, Thiel ha partecipato al DJ iHearCanvas a San Francisco, dove è stato intervistato dal pastore Toby Kurth della Christ Church della Bay Area.
Durante la conversazione con Kurth, Thiel ha condiviso le sue opinioni sui Dieci Comandamenti e ha identificato quelli che ritiene più significativi.
«I Dieci Comandamenti, i due più importanti sono il primo e l’ultimo della lista. Il primo comandamento è: devi adorare Dio», avrebbe detto Thiel ai presenti. «Il decimo comandamento è: non devi desiderare le cose che appartengono al tuo prossimo. In un certo senso, il primo comandamento è guardare in alto, e il decimo comandamento è non guardare intorno. E se sei troppo concentrato orizzontalmente su tutte le persone intorno a te, questa è la versione negativa in cui ti lasci intrappolare».
In un’intervista dell’ottobre 2024, Thiel aveva offerto uno spunto sulla sua prospettiva riguardo l’Anticristo.
«La mia tesi speculativa è che se l’Anticristo dovesse salire al potere, lo farebbe parlando continuamente di Armageddon. Lo slogan dell’Anticristo è pace e sicurezza, il che non ha nulla di sbagliato in sé», disse. «Ma bisogna immaginare che risuoni in modo molto diverso in un mondo in cui la posta in gioco è assoluta, in cui è estrema, dove l’alternativa alla pace e alla sicurezza è Armageddon e la distruzione di tutte le cose».
Il presidente Donald Trump ha incaricato Thiel di implementare un ordine esecutivo emanato a marzo che chiedeva alle agenzie federali di integrare pratiche di condivisione dei dati — un ordine che ha suscitato timori tra i difensori delle libertà civili, poiché potrebbe porre le basi per un vasto database federale di sorveglianza.
Oltre al suo sostegno a Trump, Thiel ha fatto la storia alla Convention nazionale repubblicana del 2016, diventando il primo relatore dichiaratamente gay a dire dal palco: «Sono orgoglioso di essere gay».
(da hristianpost.com/)
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Settembre 1st, 2025 Riccardo Fucile
LA CLASSIFICA DELLE REGIONI: MAGLIA NERA AL LAZIO
Nove edifici scolastici su dieci non dispongono di una o più certificazioni obbligatorie in tema di sicurezza. È quanto emerge da un dossier di Tuttoscuola, che ha analizzato i dati contenuti nella sezione Open Data dell’Anagrafe nazionale dell’edilizia scolastica. Per legge, ogni plesso dovrebbe fornire cinque certificazioni: il documento di valutazione dei rischi, il certificato di agibilità, l’omologazione della caldaia termica, il certificato di prevenzione incendi e il piano di evacuazione. Eppure, lo staff di Tuttoscuola ha scoperto che a 36.088 edifici scolastici, ossia 9 su 10, mancano una o più certificazioni. O perché non sono stati fatti i collaudi oppure perché non sono stati elaborati i piani che valutano i rischi legati alla sicurezza.
La classifica, regione per regione
L’analisi di Tuttoscuola è la prima in cui vengono spulciati i dati di ogni singolo edificio. E il quadro che emerge è piuttosto preoccupante: nelle zone ad alto rischio sismico, per esempio, «il certificato di collaudo statico è posseduto da meno della metà degli edifici». La regione che detiene la maglia nera per numero di edifici scolastici con certificato di agibilità è il Lazio, dove appena il 12,7% dei plessi (407 su 3.203) è in regola. La regione più virtuosa è invece la Valle d’Aosta, dove 122 plessi su 139 hanno tutti i certificati di agibilità, pari all’87,8% del totale.
Seguono Piemonte (53,4%), Veneto (52,7%) e Friuli (52%) con il Nord che in generale si attesta intorno al 50%. E poi ancora, tra le altre regioni, il Molise (47,8%), preceduto da Lombardia e Marche intorno al 50% e la Liguria ferma al 31.1%. A quota 30% Abruzzo e Campania, insieme al resto del sud.
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