Settembre 11th, 2025 Riccardo Fucile
CARROCCIO NEL CAOS: NESSUNO RIESCE A SEDARE LA GUERRA INTESTINA TRA I DIRIGENTI SALVINIANI E IL MILITARE
La Lega, in Toscana, è piombata nel caos. Nessuno sta riuscendo a sedare la guerra intestina tra i dirigenti salviniani e il generale Roberto Vannacci, a cui Matteo Salvini ha assegnato il compito
di gestire la campagna elettorale per le Regionali, che si terranno il 12 e 13 ottobre. Prima è affiorato il malumore della zarina toscana Susanna Ceccardi, poi è arrivato il passo indietro dell’ex capogruppo in Regione Giovanni Galli, che si è rifiutato di correre questo giro.
E oggi, a Viareggio, si è dimesso l’intero consiglio direttivo del partito. Lo annuncia la storica dirigente del partito Maria Pacchini: «Non condividiamo la “vannaccizzazione” della Lega e quindi ci facciamo subito da parte. Ci dimettiamo in blocco».
Pacchini si sfoga, perché «la linea politica della Lega in Toscana è stata completamente stravolta». Vannacci, accusa la dirigente leghista, non ha coinvolto nessuno nella formazione delle liste per le Regionali, «premiando i suoi fedelissimi». A Viareggio hanno saputo quasi per caso che domani sarebbero state depositate le liste: «Si tratta di un palese atto di sfiducia nei nostri confronti».
Vannacci «ha ormai preso il completo potere nel partito», denuncia Pacchini, e lo fa con i soliti «ordini “militari”», «dispacci e direttive» che già avevano portato alle proteste di Ceccardi qualche settimana fa. In questo modo, dice la segretaria comunale leghista, Vannacci «ha confinato gli organi regionali e provinciali legittimamente in carica in un simulacro di quel ruolo che gli fu affidato dal congresso regionale di due anni fa».
(da agenzie)
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Settembre 11th, 2025 Riccardo Fucile
L’ESPERTA DI EST EUROPEO, ANNE APPLEBAUM: “MOSCA HA PIANIFICATO DI COLPIRE IN POLONIA, NON SI TRATTA DI UN INCIDENTE. PUTIN STA PERDENDO L’OFFENSIVA DI TERRA IN UCRAINA. IL SUO ESERCITO SUBISCE DECINE DI MIGLIAIA DI MORTI, FERITI E DISPERSI. LE CASSE DELLO STATO SONO IN DEFICIT PER LE ENORMI SPESE MILITARI CHE NON AVEVA PREVISTO NEL 2022. PUTIN CERCA DI ABBATTERE IL MORALE E LA VOLONTÀ DI RESISTENZA UCRAINI E CON LORO ANCHE QUELLI DEL FRONTE OCCIDENTALE”
«Vladimir Putin considera russo qualsiasi territorio che sia stato calpestato nel passato
da soldati russi. È bene che l’Europa tenga sempre a mente questo dato fondamentale», commenta Anne Applebaum. Nota esperta della storia dell’est europeo, ci parla per telefono da Varsavia
Mosca sfida apertamente la Nato?
«Visto che i soldati russi sono stati nel passato tra gli altri luoghi anche in Polonia, negli Stati baltici e persino in Germania, Putin non ha alcun problema a considerarli parte legittima delle zone di influenza russe. Putin in persona da giovane è stato un funzionario dei sistemi d’informazione sovietici a Berlino e tutt’oggi ritiene sia possibile ricreare il vecchio impero. Non si tratta di fantasie, è realtà».
Mosca nega di avere voluto colpire la Polonia. Lei cosa pensa, è stato un attacco deliberato?«Ovviamente sì. Mosca ha pianificato di colpire in Polonia, non si tratta di un incidente o di errori dovuti alle interferenze delle difese elettroniche. Donald Tusk ha parlato di 19 droni entrati nel suo spazio aereo: chiaro che è un’azione concertata».
«Putin sta perdendo l’offensiva di terra in Ucraina. Il suo
esercito subisce decine di migliaia di morti, feriti e dispersi. Le casse dello Stato sono in deficit per le enormi spese militari che non aveva previsto nel 2022. E, nonostante tutti questi enormi sforzi, le sue unità avanzano con una lentezza esasperante. Quello che Putin cerca di fare adesso è abbattere il morale e la volontà di resistenza ucraini e con loro magari anche quelli del fronte occidentale».
Come?
«Il presidente russo lavora per dividere gli europei al loro interno e soprattutto per alzare muri tra Bruxelles e Washington. Un nemico poco uniforme è debole, scoraggiato, facile da demotivare. La stessa Polonia è un Paese molto polarizzato e Putin probabilmente tenta anche di influenzare politicamente a suo favore una parte dell’opinione pubblica interna. […]».
La crisi in Francia lo aiuta?
«Certo, questo è il suo ultimo scopo. però abbiamo visto anche un’ottima reazione unitaria da parte dei contingenti europei inquadrati nella Nato, che hanno subito risposto di concerto contro la minaccia dei droni russi in arrivo nei cieli polacchi».“ Da lungo tempo ormai Putin sfida la Nato. Ci sono state azioni di sabotaggio, incendi, assassinii mirati in Europa (tra l’altro in Spagna e in Germania), episodi di guerra cibernetica».
(da La Repubblica)
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Settembre 11th, 2025 Riccardo Fucile
PROPRIO COME SI AFFETTA UN SALAME E, FETTA DOPO FETTA, LO SI MANGIA TUTTO
Per qualche ora la Polonia ha vissuto lo stesso incubo degli ucraini. I fatti, secondo Varsavia: nella notte tra martedì e mercoledì almeno 19 droni di Mosca, mentre era in corso un massiccio attacco sull’Ucraina, hanno attraversato il confine polacco, costringendo la Nato a inviare caccia per abbatterli in quello che molti tra i leader occidentali ritengono un attacco «deliberato» da parte della Russia – e non un errore come avvenuto in passato – cominciato martedì alle 23,30 e terminato all’alba del giorno dopo.
A sostegno della difesa polacca e dei suoi F-16, la Nato ha fatto alzare in volo anche gli F-35 olandesi, un aereo italiano di sorveglianza Awacs e messo in stato di massima allerta i sistemi Patriot tedeschi. Secondo le prime indicazioni, dei 19 Uav ne sarebbero stati abbattuti 4, gli altri si sono schiantati nelle campagne polacche. Uno ha colpito il tetto di una casa di due
È stata la prima volta nella storia della Nato che i caccia dell’Alleanza hanno attaccato obiettivi nemici in uno spazio aereo alleato. «Non siamo mai stati così vicini a un conflitto
dalla Seconda guerra mondiale», ha detto il premier polacco Donald Tusk
Ora, a indagine «ancora in corso», ripetono dalla sede della Nato a Bruxelles, si dovrà stabilire, sulla base dei rottami dei droni e, soprattutto, sulle rotte seguite, se la violazione dello spazio aereo polacco sia stata un’azione deliberata. Se fosse confermato quanto sostiene Varsavia, l’escalation russa sarebbe una mossa per testare le difese alleate e […] parte della guerra ibrida in corso contro l’Europa per disturbare, destabilizzare, insinuare la sensazione che nessun confine sia sicuro.
Si tratterebbe, insomma, della cosiddetta “tattica del salame” di cui la Russia è maestra. Un metodo per raggiungere gradualmente un obiettivo strategico attraverso una serie di piccoli passi, ognuno dei quali singolarmente non sembra critico o sufficiente a innescare uno scontro frontale, ma nel complesso cambia radicalmente la situazione. Proprio come si affetta un salame e, fetta dopo fetta, lo si mangia tutto.
Nemmeno ai tempi della Guerra Fredda si era arrivati a tanto. Intanto Mosca mette in campo una strategia rodata: la smentita. «Non è stata presentata alcuna prova che questi droni siano di provenienza russa. Accuse infondate», ha detto l’incaricato d’affari di Mosca, Andrei Ordash, a Varsavia dopo essere stato convocato.
Il Cremlino a caldo non commenta, e rinvia il dossier al suo ministero della Difesa che accusa il governo polacco di «diffondere storie» per «aumentare l’escalation» di quella che Mosca definisce «crisi ucraina», cioè l’aggressione russa a Kyiv. Ma le foto dei resti di alcuni dei droni rinvenuti sul territorio
polacco mostrano che si potrebbe trattare di Gerbera una versione più economica e semplificata dello Shahed-136 progettato per missioni kamikaze, ricognizione e trasmissione di segnali per estendere il raggio operativo di altri droni. Sebbene siano spesso impiegati come esche, possono essere equipaggiati anche con piccole cariche esplosive fino a cinque chilogrammi.
(da agenzie)
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Settembre 11th, 2025 Riccardo Fucile
IL MATERIALE CREATO CON L’IA E’ POSTATO SUI SOCIAL DAI MANIFESTANTI …TRA CHI PROTESTA C’E’ CHI SOLLEVA DEI DUBBI: “COMPAGNI, EVITIAMO L’UTILIZZO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE PERCHE’ DA’ UN’IMMAGINE SENZ’ANIMA DELLE MANIFESTAZIONI”
Foto, video, musica, volantini… Gli strumenti di creazione di contenuti tramite
intelligenza artificiale generativa, come ChatGPT o Suno, sono stati ampiamente utilizzati per mettere a punto gli appelli a bloccare il Paese, scrive Le Monde.
“Ciao a tutti, qualcuno sa usare ChatGPT? Ho isolato una piccola sezione di una canzone di Balavoine, vorrei chiedergli di incollare il testo con una voce.» La domanda appare domenica 7 settembre sul canale Telegram «Les Essentiels». Si tratta di uno dei primi spazi online ad aver diffuso, a metà luglio, appelli a bloccare la Francia il 10 settembre, sullo sfondo, almeno
all’inizio, di rivendicazioni sovraniste e anti-europee.
Nella loro grammatica visiva, “Les Essentiels” ha dato fin dall’inizio il tono: quello di un uso marcato dell’intelligenza artificiale (IA) generativa. Strumenti come ChatGPT, Gemini, Midjourney… o applicazioni basate sulla creazione automatizzata di immagini, testi o video. Contenuti che da diverse settimane costellano i canali Telegram o YouTube, gli account TikTok o le pagine Facebook, generati dai simpatizzanti del movimento.
Il video figura tra le pubblicazioni del sito e dei social network degli “Essentiels”, che a maggio erano ancora gestiti direttamente da Julien Marissiaux. Questo libero professionista, il cui lavoro consiste nel progettare supporti di comunicazione online, è chiaramente un fan dell’IA generativa: a maggio ha spiegato su LinkedIn di utilizzare ChatGPT per i suoi bilanci di competenze.
Già dal 21 maggio, una pubblicazione TikTok degli “Essentiels” mostrava una Marianne, visibilmente generata dall’IA, in lacrime. Il video fa parte dell’insieme delle pubblicazioni del sito e dei social network degli “Essentiels”, che a maggio erano ancora gestiti direttamente da Julien Marissiaux. Questo freelance, il cui lavoro consiste nel progettare supporti di comunicazione online, è chiaramente un fan dell’IA generativa: a maggio spiegava su LinkedIn di utilizzare ChatGPT per i suoi bilanci di competenze.
Altre persone hanno scoperto questo universo in occasione della loro mobilitazione politica intorno al 10 settembre. È il caso di Christelle, un’ex “gilet giallo” che vive nel Var, oggi amministratrice del canale Telegram degli “Essentiels”, che
sostiene di essere stata la prima a fissare questa data per un appello alla mobilitazione.
Già dall’11 luglio, ha pubblicato sul suo account TikTok un primo video interamente realizzato dall’IA che invitava a “confinare la Francia il 10 settembre 2025”. Spiega a Le Monde: “Ho avuto l’idea il 10 luglio e l’ho realizzata tramite CapCut”, dal nome dell’applicazione di montaggio video creata da Bytedance, la casa madre di TikTok, che dispone di un generatore di video IA. “Il montaggio era semplice e accessibile a tutti. Era la prima volta che utilizzavo una funzione di intelligenza artificiale per questo tipo di creazione”, continua.
Il movimento del 10 settembre ha ormai superato completamente il quadro degli “Essenziali”. Gli appelli a “bloccare tutto” il 10 settembre sono stati ampiamente ripresi dai movimenti di sinistra, dai sindacati e dai partiti come La France insoumise. Altri schieramenti politici, di tendenza nazionalista o sovranista, hanno invece lanciato appelli al boicottaggio delle banche e delle grandi catene commerciali.
Tra tutte queste tendenze si riscontra tuttavia una costante: sui social network vengono diffusi numerosi contenuti visivi generati dall’intelligenza artificiale con lo scopo di amplificare la mobilitazione.
Tra un contenuto e l’altro, i membri dei gruppi “10 settembre” si aiutano a vicenda, si formano sul campo e si scambiano suggerimenti. “Per quanto ne so, ChatGPT non genera ‘voci’, ma può aiutarti a creare nuovi testi. Anche l’IA Claude può aiutarti. Devi trovare un modello di IA che generi video e audio”,
risponde JP, sul canale “Essentiels”, alla richiesta di aiuto formulata per modificare un brano di Daniel Balavoine.
“Ho passato molte ore a realizzare questo video e sono piuttosto inesperto in questo campo, vi prego quindi di essere indulgenti”, precisa nel frattempo un certo Zenkiai nella didascalia del suo video su YouTube, un’ode al 10 settembre composta grazie al software di creazione musicale basato sull’IA Suno, visto più di 110.000 volte.
L’uso di queste tecnologie genera anche una serie di dibattiti e discussioni. Alcuni vedono nell’abbondanza di contenuti generati dall’IA il segno di una produzione industrializzata di contenuti, possibile indizio di ingerenza straniera. Tuttavia, secondo le informazioni fornite dal quotidiano Le Monde, allo stato attuale i servizi dello Stato non hanno riscontrato alcuna manipolazione di rilievo sui social network in relazione al 10 settembre.
Una parte dei manifestanti deplora anche il ricorso a tecnologie considerate poco compatibili con i valori che difendono. “Potremmo evitare il più possibile di utilizzare l’IA, per favore, cari compagni?”, chiedeva il 29 agosto un certo Razoumiskin sul principale canale Telegram “Indignons nous!”. “Il suo utilizzo è deleterio per la causa, dà un’immagine approssimativa, senz’anima, simile al corporativismo e al freddo cinismo neoliberista che rifiutiamo in blocco”, ha poi aggiunto. “Gli artisti fanno parte delle persone in condizioni di precarietà, non incoraggiamo la loro precarietà”, ha concordato Dysno in risposta.
«Il problema delle IA generative, al di là delle drammatiche considerazioni economiche ed ecologiche, è che servono esseri
umani per addestrarle. Indovinate chi fa questo lavoro? Persone in condizioni di precarietà, soprattutto nel continente africano o in Sud America. Le persone vengono schiacciate. Il modello di sviluppo dell’IA è profondamente razzista, classista e discriminatorio”, ha scritto il 30 agosto un certo Ulthar. Considerazioni che, secondo le nostre osservazioni, sono per lo più assenti dagli spazi di mobilitazione più riservati o più orientati a destra.
Articolo
di “Le Monde”
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Settembre 11th, 2025 Riccardo Fucile
INTERVISTA AL PROF. MARINIELLO. DOCENTE DI DIRITTO PENALE INTERNAZIONALE ALLA JOHN MOORES UNIVERSITY DI LIVERPOOL
L’attacco alla nave Alma, parte della Global Sumud Flotilla diretta a Gaza, avvenuto nelle acque territoriali tunisine, rappresenta una violazione del diritto internazionale e solleva interrogativi precisi sulla responsabilità degli Stati coinvolti. Tra questi, anche l’Italia, che ha l’obbligo giuridico, non solo politico, di garantire la protezione dei propri cittadini all’estero. Fanpage ne ha parlato con il giurista Mariniello: “L’Italia ha l’obbligo di fare pressioni su Israele per fermare eventuali violazioni”.
Mentre il genocidio a Gaza continua senza tregua, con l’esercito israeliano che intensifica le operazioni di terra anche nel cuore della Striscia, costringendo ancora una volta un’intera popolazione martoriata a spostarsi a Sud, un nuovo attacco ha colpito la Global Sumud Flotilla, la missione civile diretta a Gaza per rompere simbolicamente l’assedio. Nella notte di ieri, l’imbarcazione Alma, battente bandiera britannica, è stata infatti presa di mira mentre si trovava nelle acque territoriali tunisine, al largo di Sidi Bou Said, nella zona nord di Tunisi.
Secondo le prime ricostruzioni, confermate anche da Francesca Albanese, relatrice speciale dell’ONU per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati, un drone privo di luci di segnalazione ha sganciato un ordigno incendiario contro la nave; l’esplosione ha innescato un incendio sul ponte superiore, poi rapidamente domato. Fortunatamente non si registrano feriti tra i passeggeri né tra i membri dell’equipaggio.
Fanpage.it ne ha parlato con il professor Triestino Mariniello, docente di diritto penale internazionale alla John Moores University (Liverpool) , per analizzare le implicazioni giuridiche dell’attacco e chiarire quali siano gli obblighi degli Stati coinvolti, compresa l’Italia, nella tutela delle proprie navi civili e dei cittadini a bordo in acque internazionali o territoriali di altri Paesi.
Professore, dal punto di vista del diritto internazionale, attacchi come quelli avvenuti in Tunisia alle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla sono legittimi?
Gli attacchi sono da considerarsi veri e propri atti ostili nei confronti del Paese nelle cui acque territoriali avvengono. Nel
caso specifico della Tunisia, parliamo di un atto di aggressione contro la sua sovranità. Colpendo imbarcazioni che battono bandiera straniera – come la Family Boat con bandiera portoghese e l’Alma con bandiera britannica – Israele ha compiuto poi atti ostili anche verso gli Stati cui appartengono quelle navi. Non esiste, insomma, alcuna base legale che possa giustificare tali azioni.
In quali circostanze il diritto internazionale consente di fermare o attaccare una nave straniera?
Solo in casi molto limitati: ad esempio se l’imbarcazione rappresenta una minaccia concreta per la sicurezza di uno Stato. Ma qui parliamo di barche umanitarie, ferme in porto o in navigazione, che non costituiscono alcun pericolo. Anche nel caso in cui fossero intercettate in acque internazionali, l’attacco sarebbe comunque illegittimo, perché la flottiglia non rappresenta alcuna minaccia per Israele.
Salvini continua a presentare la flottiglia come diretta a Israele: come si concilia questa affermazione con il fatto che la destinazione dichiarata sia Gaza, territorio palestinese?
L’obiettivo dichiarato e assolutamente documentato è raggiungere Gaza, territorio palestinese, non Israele. Questo è un punto fondamentale: perché solo la Palestina avrebbe giurisdizione nel decidere se consentire o meno l’ingresso di queste imbarcazioni nelle proprie acque territoriali. Israele non ha alcun titolo legale per impedirne l’accesso.
Se questi attacchi dovessero continuare, gli Stati hanno l’obbligo di proteggere le proprie imbarcazioni?
Assolutamente sì. Le imbarcazioni sono tutelate ai sensi del diritto internazionale. La giurisdizione segue la bandiera dell’imbarcazione: ciò significa che, in questo caso Portogallo e Regno Unito, hanno obblighi precisi di tutela nei confronti di chi si trova a bordo. Entrambi, essendo membri della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, hanno cioè l’obbligo di garantire la sicurezza del personale umanitario e dei passeggeri a bordo, e di intervenire in caso di violazioni.
Questo quindi vale anche per i cittadini italiani presenti a bordo?
Si. I cittadini italiani hanno diritto alla protezione consolare e diplomatica del loro Stato. Il governo italiano deve cioè attivarsi, nel più breve tempo possibile e con tutte le misure possibili, per garantire la loro sicurezza, soprattutto di fronte a un rischio concreto di violazione dei diritti umani, come quello già verificato in passato, in altri episodi: attacchi, arresti arbitrari, trasferimenti forzati e maltrattamenti subiti dagli operatori umanitari fermati da Israele.
Dunque, se l’Italia non intervenisse, verrebbe meno a un obbligo giuridico.
Esattamente. Non si tratta di una scelta politica discrezionale, ma di un obbligo giuridico internazionale. Le parole del ministro Tajani, secondo cui ‘hanno scelto loro di partire’ spostano la questione sul piano politico, ma il governo non ha nessuna discrezionalità politica. La responsabilità dello Stato è molto chiara: proteggere i propri cittadini e fare pressioni su Israele per fermare eventuali violazioni.
Cosa succede però se il governo Meloni decidesse comunque di non farlo? Quali conseguenze legali potrebbe affrontare
Nei confronti dell’Italia non esiste un meccanismo di ricorso
internazionale efficace per sanzionare direttamente eventuali violazioni legate alla mancata azione del governo. Questo riflette una criticità generale del diritto internazionale, che soffre della mancanza di un vero e proprio sistema di enforcement. Diverso è il caso dei paesi che hanno dato la bandiera alle imbarcazioni: se dovessero esserci violazioni dei diritti umani a bordo, potrebbe essere possibile presentare un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, basandosi, come dicevamo, sulla giurisdizione di quei paesi sulle imbarcazioni battenti la loro bandiera.
(da Fanpage)
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Settembre 11th, 2025 Riccardo Fucile
LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA IN MANO A TRE INDAGATI
Il primo è stato condannato perché spifferava segreti all’amichetto di stanza e, in
passato, aveva avuto un problema con una guida in stato d’ebbrezza. Il secondo brigava con protocolli e documenti per liberare un torturatore e riportarlo in patria. La terza è andata dai magistrati a raccontare quello che sapeva omettendo e mischiando il falso con il vero. Quello descritto non è un terzetto qualunque, ma il vertice del ministero della Giustizia, dove un tempo lavorava Giovanni Falcone, giudice ucciso da Cosa Nostra il 23 maggio 1992, quando a via Arenula occupava la direzione degli affari penali. Si tratta nell’ordine del sottosegretario, Andrea Delmastro Delle Vedove, del ministro, Carlo Nordio e della capo di gabinetto, Giusi Bartolozzi.
Il governo delle destre ha ridotto così quel dicastero mentre si prepara ad affrontare la riforma delle riforme, quella per la separazione delle carriere, vecchio pallino di Silvio Berlusconi e prima ancora di Licio Gelli, capo della loggia segreta P2. L’ultimo guaio giudiziario, un atto dovuto e inevitabile da parte della procura di Roma, è l’iscrizione nel registro degli indagati di Giusi Bartolozzi, capo di gabinetto e zarina del ministero.
I guai della zarina
Il tribunale dei ministri l’ha ascoltata nell’ambito dell’indagine sulla gestione del caso di Osama Almasri, il criminale libico rispedito in Libia con volo di stato nonostante la richiesta di arresto della corte penale internazionale. Nell’atto di accusa delle giudici del tribunale ‘speciale’ si legge: «La versione fornita dalla dottoressa Bartolozzi è da ritenere sotto diversi profili inattendibile e, anzi, mendace». I profili individuati sono tre e ruotano attorno alla mancata condivisione con il ministro della bozza predisposta dall’ufficio. Una tesi in contrasto con le stesse affermazioni di Bartolozzi quando ha dichiarato che lo sentiva «quaranta volte al giorno (…) noi ci sentiamo immediatamente; io quando ricevo gli atti glie li mandavo… ogni volta che c’era lui, c’ero anch’io».
Una tesi ritenuta logicamente insostenibile e in contrasto con gli obblighi inerenti il suo incarico, e smentita dalle dichiarazioni di Mariaemanuela Guerra, direttore generale della direzione generale degli Affari Internazionali. La posizione di Bartolozzi, ora indagata dalla procura per aver mentito ai pm, è stata affrontata ieri dalla giunta per le autorizzazioni della camera dei Deputati. Il centrodestra ha provato la strada del conflitto di attribuzione, ma appare un tentativo vano.
La posizione giudiziaria di Bartolozzi non può essere assimilata a quella di Nordio, del sottosegretario, Alfredo Mantovano, e del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Semplicemente perché non è indagata in concorso di reato e quindi non può ‘godere’ del beneficio dell’autorizzazione a procedere, l’ombrello che mette al riparo dal processo i componenti del governo. Dalle parti del ministero corre una battuta di bocca in bocca: «Ne resterà una
sola. Lei».
Negli ultimi mesi sono andati via funzionari e dirigenti storici, chi ha raccontato la sua versione e contribuito alla ricostruzione del caso Almasri paga il prezzo dell’isolamento e un’estate sotto pressione, neanche i rapporti con l’area comunicazione sono idilliaci. Nei posti chiave ci vanno fedelissimi o imputati, come è successo alla direzione generale della formazione del Dap. Nonostante tutto Nordio ha dato ordine di salvare la zarina ribadendo la sua posizione anche in un incontro a palazzo Chigi con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
La proposta di Bartolozzi
Giusi Bartolozzi da Gela è il prototipo del magistrato che piace tanto alla destra. Nella sua carriera giudiziaria nessuna pagina da segnalare tranne quando ha deciso di scendere in politica. Candidata ed eletta con Forza Italia, il suo pensiero sul rapporto politica-magistratura lo aveva sintetizzato in una singolare proposta di legge, presentata nell’aprile 2021, dal titolo «Istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sull’uso politico della giustizia».
L’obiettivo era quello di approfondire i rapporti tra le forze politiche e la magistratura. In questo caso avrebbero potuto iniziare ascoltando lei. Ma la commissione Bartolozzi doveva anche indagare i rapporti tra la magistratura inquirente e i mezzi di informazione. Per motivare l’esigenza di istituire quel pool parlamentare d’indagine, Bartolozzi ha vergato una relazione parlando tra gli altri dei pm come coloro che rubano la scena mediatica «avvalendosi della “favola” dell’obbligatorietà dell’azione penale» prima di dissertare sulla separazione dei poteri.
Prima del caso Almasri, Bartolozzi aveva avuto un ruolo anche nella vicenda giudiziaria che aveva portato alla condanna, in primo grado e ora si apre l’appello, di Delmastro Delle Vedove per rivelazione di segreto d’ufficio. La storia è nota, le informazioni riservate passate dal sottosegretario all’amico di stanza, Giovanni Donzelli, il deputato di Fdi che poi le aveva usate come clava politica contro le opposizioni. Anche in quel caso Bartolozzi ha firmato un altro disastro dal quale è stata prontamente salvata.
Nella sentenza di primo grado si legge in merito alle sue dichiarazioni: «È stato chiesto alla teste Bartolozzi quale fosse il senso della citazione di norme che contemplavano gli atti per i quali è escluso il diritto di accesso, ma la teste non è stata in grado, per quanto firmataria dell’atto, di dare una spiegazione convincente (dove all’incalzare delle domande del P.M. che chiede contro di una incongruenza, la teste infine si rifugia in un non ricordo)». Un guaio dietro l’altro, ma la zarina Bartolozzi resta intoccabile.
(da editorialedomani.it)
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Settembre 11th, 2025 Riccardo Fucile
SIAMO ALLA FOLLIA, LA DONNA HA UN NERVO OCULARE LESIONATO IN MODO PERMANENTE E IL SUO VOLTO E’ STATO RICOSTRUITO CON 21 PLACCHE DI TITANIO
Lucia Regna è stata picchiata dall’ex marito il 28 luglio 2022. Il suo volto è stato ricostruito con 21 placche di titanio e un nervo oculare lesionato «in maniera permanente». Ma lui, «libero presente» al processo, secondo la sentenza va «compreso». Perché lei ha «sfaldato un matrimonio». «Per sua iniziativa personale». «Un matrimonio ventennale, allietato dalla nascita di due figli». E ha, inoltre, «comunicato la separazione in maniera brutale». E quindi «l’amarezza» dell’imputato causata dalla «dissoluzione della comunità domestica era umanamente comprensibile».
La sentenza sui maltrattaementi a Lucia Regna
Anche se, racconta oggi La Stampa, lui davanti ai figli diceva alla compagna «sei una puttana», «non vali un cazzo», «non sei una brava madre», va «compreso». Lui si sentiva «vittima di un torto» perché lei aveva un altro. «Un sentimento molto umano e comprensibile per chiunque», scrive il giudice di Torino, Paolo Gallo. Nel quale «va cercata una delle chiavi di lettura di quel che accadde la sera dell’episodio violento». Per questo ha ricevuto una condanna a un anno e sei mesi solo per il reato di lesioni. Con attenuanti e condizionale.
La pm Barbara Badellino ne aveva chiesti quattro e mezzo.
La psicologa
Lucia Menna non vuole parlare. La segretaria dello studio legale sussurra: «La signora non riesce a parlare. La dobbiamo ancora ricevere. É la sua psicologa che le sta leggendo la sentenza. È sotto choc, meglio che gliele spieghi prima lei». Il giudice scrive che ciò che ha raccontato la donna va preso «con estrema cautela perché è portatore di macroscopici interessi». Questo perché ha chiesto all’ex che le ha spaccato la faccia un risarcimento da centomila euro.
«Va compreso»
La sua avvocata di parte civile, Annalisa Baratto, dice: «La sentenza viviseziona e mortifica la persona offesa, mentre è indulgente verso l’uomo che ha sfondato il volto a Lucia e le ha fatto perdere la vista da un occhio. Non mi stupisco quando le donne mi dicono che hanno perso la forza di denunciare perché temono di finire sotto processo loro». Sugli insulti e le minacce il collegio scrive che sono «frasi che devono essere calate nel loro specifico contesto, l’amarezza (dell’imputato, ndr) per la dissoluzione della comunità domestica, che era umanamente comprensibile». L’imputato, «sincero e persuasivo», ha avuto uno «sfogo» «perché si sentiva vittima di un torto» la sera dello scampato femminicidio. Sapeva che il nuovo compagno di Lucia Regna era stato «nella casa che per quasi vent’anni era stata la sua dimora familiare».
(da agenzie)
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Settembre 11th, 2025 Riccardo Fucile
“QUESTO ATTACCO RICHIEDE UNA RISPOSTA ARABA, ISLAMICA E INTERNAZIONALE PER FERMARE LA POTENZA OCCUPANTE E DISSUADERE LE SUE PRATICHE CRIMINALI MIRATE A DESTABILIZZARE LA SICUREZZA E LA STABILITÀ DELLA REGIONE. SIAMO PIENAMENTE AL FIANCO DEL QATAR IN QUALUNQUE MISURA DECIDA DI ADOTTARE, SENZA LIMITI”
Durissima presa di posizione del principe ereditario saudita dopo l’attacco israeliano a
Doha. Mohammed bin Salman ha parlato davanti al Consiglio della Shura, chiedendo una risposta araba, islamica e internazionale contro quella che ha definito una minaccia alla sicurezza regionale. Ha promesso pieno sostegno al Qatar “senza limiti”, ribadendo la disponibilità del regno a mettere in campo tutte le sue capacità.
Respingiamo e condanniamo le aggressioni delle autorità israeliane nella regione, l’ultima delle quali è stato il brutale assalto allo stato fratello del Qatar. Questo attacco richiede una risposta araba, islamica e internazionale per affrontare simili aggressioni e adottare misure volte a fermare la potenza occupante e a dissuadere le sue pratiche criminali mirate a destabilizzare la sicurezza e la stabilità della regione. Siamo pienamente al fianco del Qatar in qualunque misura decida di adottare, senza limiti, e metteremo a disposizione tutte le nostre capacità per questa causa.
(da agenzie)
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Settembre 11th, 2025 Riccardo Fucile
“È LUI QUELLO RICERCATO DALLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE. STA CERCANDO DI MINARE OGNI POSSIBILITÀ DI STABILITÀ, OGNI POSSIBILITÀ DI PACE. NON C’È ALCUNA GIUSTIFICAZIONE PER QUELLO CHE HA FATTO: VA CONSIDERATO UN ATTO DI TERRORISMO”
Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu deve “essere consegnato alla giustizia”, ha dichiarato il Primo Ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al-Thani, alla Cnn “Deve essere assicurato alla giustizia”, ;;ha detto Al-Thani. “È lui quello ricercato dalla Corte Penale Internazionale”.
Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu – ha aggiunto Al-Thani – sta “cercando di minare ogni possibilità di stabilità, ogni possibilità di pace” attaccando la leadership di Hamas nella capitale del Qatar. Al-Thani ha affermato che era “molto noto al pubblico” che stava incontrando la leadership di Hamas, agendo nel ruolo di mediatore nel conflitto mediorientale. “Tutto ciò che riguarda l’incontro è ben noto a israeliani e americani. Non è qualcosa che stiamo nascondendo”, ha affermato. “Non c’è alcuna giustificazione: questo va considerato un atto di terrorismo”.
(da agenzie)
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