I PARTITI FANNO MAQUILLAGE PER NON PERDERE VOTI, MA GLI IMPRESENTABILI CI SONO ANCORA
IL PRIMATO AL PDL, MA ANCHE NEL PD VI SONO INQUISITI IN CORSA
Ore d’ansia. Di pressioni per esserci a tutti i costi.
Alla fine, anche nella XVII legislatura, il partito degli inquisiti rischia di aggiudicarsi un ruolo da protagonista.
A riprova che la legge sulle liste pulite, ancorata alla condanna definitiva per pene oltre i due anni per reati gravi, non ha raggiunto l’obiettivo.
Nè ha fatto scattare fino in fondo l’autodisciplina nei partiti.
A cominciare dal Pdl dove chi giudica se gli altri possono stare dentro o fuori detiene il primato dei processi, perfino quelli in corso.
Silvio Berlusconi, con tre dibattimenti aperti (Ruby, Mediaset, intercettazione Fassino), supera qualunque altro.
Anche stavolta, nel radiografare i candidati, tocca partire dal Pdl, dove la strumentale operazione pulizia («Togliamoli, senno i sondaggi ci danno in calo» dice l’ex premier) lascia in campo nomi noti alla giustizia.
Il primo è Denis Verdini, immarcescibile coordinatore toscano che sta facendo le liste.
Indagato per false fatture, mendacio bancario e per gli appalti del G8, si è auto assolto.
Terzo posto come inquisito eccellente per il governatore lombardo Roberto Formigoni, un’accusa di corruzione per il denaro in arrivo dalla Fondazione Maugeri e dal consulente- mediatore Pierangelo Daccò.
Nell’elenco non sfigura Luigi Cesaro, battezzato “Giggino a’ purpetta”, destinato al collegio Campania1, indagato per associazione camorristica.
Nonostante sia stato assolto per un caso di corruzione, è tuttora alle prese con un altro processo per lo stesso reato il leccese Raffaele Fitto, ex ministro per gli Affari regionali del governo Berlusconi.
Il dibattimento, che riguarda una tangente dell’imprenditore e prossimo candidato Pdl Antonio Angelucci, potrebbe arrivare a sentenza prima del voto.
Probabili in lista in Sicilia il senatore uscente Antonio D’Alì, di nobile lignaggio trapanese ma rinviato a giudizio per concorso esterno in 416bis, che ai suoi avrebbe detto: «Se eliminate me non credo che il partito possa contare su altri over 40 in grado di prendere il mio posto ».
L’ex sindaco di Palermo Diego Cammarata ha sulle spalle un rinvio a giudizio per aver usato un operaio del Comune come skipper della sua barca.
Correrebbero nomi noti del vecchio Parlamento come Renato Farina (pena di sei mesi patteggiata per aver favorito il sequestro di Abu Omar), Elvira Savino (concorso in riciclaggio), Pino Galati (416, truffa e associazione segreta), Sabatino Aracu (rinvio a giudizio).
In Sicilia sorprese arrivano dall’Mpa di Raffaele Lombardo, l’ex governatore rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa per i suoi rapporti con il clan Santapaola.
Con lui gareggiano Roberto Di Mauro, capogruppo all’Ars, con una richiesta di rinvio a giudizio per omissione d’atti d’ufficio (da assessore all’Ambiente non contrastò l’inquinamento atmosferico) e Giuseppe Federico, ex presidente della Provincia di Caltanissetta, indagato per voto di scambio in un’inchiesta sul clan Madonia da cui avrebbe chiesto e ottenuto voti.
Grande Sud di Gianfranco Miccichè, che doveva essere il contenitore di tutti gli inquisiti, al momento non ne conta.
Su fronti opposti la Lega di Maroni e l’Udc di Casini chiudono le liste con nomi chiacchierati. Lo sono quelli di Umberto Bossi e Roberto Calderoli nel Carroccio, ma pure quello del plenipotenziario centrista Lorenzo Cesa, una condanna per corruzione aggravata poi annullata per vizio di forma, su cui si è molto discusso tra Monti e Casini.
In Sicilia ecco Giovanni Pistorio, in arrivo dall’Mpa, condannato a 50mila euro per danno erariale (dèpliant inutile per l’influenza aviaria).
Nel Pd, dopo l’intervento del garante Luigi Berlinguer, resta una pattuglia di nomi chiacchierati.
Nicodemo Oliverio, Crotone, ex tesoriere della Margherita, sotto inchiesta per bancarotta fraudolenta per la cessione di palazzo Sturzo.
Francantonio Genovese, ex sindaco di Messina, un abuso d’ufficio per un affidamento illegittimo a una società di servizi.
Il toscano Andrea Rigoni, una condanna prescritta a 8 mesi per un abuso d’ufficio.
L’ex capogruppo Pd alla Regione Puglia Antonio De Caro, imputato per un concorso in tentato abuso d’ufficio per aver raccomandato un cugino.
Un altro De Caro, ma di nome Umberto, avvocato ex Psi, legale di Nicola Mancino, condannato dalla Corte dei Conti.
Nell’elenco figurano Giovanni Lolli (un favoreggiamento prescritto) e la giornalista anti-camorra Rosanna Capacchione (calunnia).
Liana Milella
(da “la Repubblica”)
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