GOVERNO E CONDANNE, IL RISCHIO DEL CAVALIERE
IL CALENDARIO DELLE VICENDE GIUDIZIARIE DEL CAVALIERE PESERA’ SULLA TENUTA DEL GOVERNO
Countdown giudiziario per Silvio Berlusconi che nell’ultima versione della sua rinascita politica si erge a “pacificatore” dell’Italia.
Vedremo se sarà proprio così, in caso di sentenze avverse, o se minaccerà crisi istituzionali.
Il fattore B, si sa, pesa tanto sulla tenuta del governo.
Lunedì prossimo, 6 maggio, la Cassazione (dopo aver già rinviato il 18 aprile per l’elezione del capo dello Stato) dovrà pronunciarsi sulla richiesta della difesa del leader del Pdl di far trasferire i processi in corso da Milano a Brescia.
L’appiglio è una norma ad personam votata dal centrodestra nel 2005: la legge Cirami sul legittimo sospetto.
Con questo giochino Berlusconi è riuscito a far congelare il processo Mediaset, a un soffio dalla sentenza d’appello e il processo Ruby, a un soffio dalla richiesta di condanna dei pm Ilda Boccassini e Antonio Sangermano.
Tutto fermo, per legge, in attesa della decisione della Cassazione.
Nell’istanza degli avvocati, e sempre parlamentari, Niccolò Ghedini e Piero Longo, si parla di un palazzo di Giustizia milanese “ostile” a Berlusconi.
Vengono indicati la presidente del processo Mediaset, Alessandra Galli, attaccata a livello personale, per un suo discorso da figlia del magistrato ucciso dai terroristi, Guido Galli; immancabili gli odiati pm Fabio De Pasquale e Ilda Boccassini.
Nel girone dei persecutori finiscono anche il procuratore generale Manlio Minale e il presidente della Corte d’Appello Giovanni Canzio per aver chiesto e promosso il procedimento disciplinare a carico di Francesca Vitale, la presidente del processo stralcio per la corruzione di David Mills che nelle motivazioni della sentenza di prescrizione per Berlusconi si è spinta a criticare i colleghi del processo al testimone Mills.
Ci sono pure le due ossessioni del Cavaliere: i giudici che hanno condannato la Fininvest a 560 milioni di risarcimento a Carlo De Benedetti per il lodo Mondadori (appello civile) e i 3 milioni al mese assegnati all’ex moglie Veronica Lario (Tribunale civile).
Questi fatti, insieme ad altri, devono essere valutati dalla Cassazione per decidere se Berlusconi, che pure ha goduto di provvedimenti generosi (vedi la derubricazione del reato e le attenuanti generiche per la vicenda Mondadori che gli permisero di uscire dal processo in udienza preliminare) possa essere giudicato a Milano oppure no.
A dirla tutta, leggere di “clima ostile” suona paradossale se si pensa che l’11 marzo scorso il Pdl fece una manifestazione al limite dell’eversione: marcia sul Palazzo di giustizia e sua invasione nel giorno di un’ udienza del processo Ruby finita in nulla per l’uveite dell’imputato, per diversi giorni ricoverato in una suite dell’ospedale San Raffaele.
E tra una uveite , uno “sbalzo pressorio” e un ricorso per legittimo sospetto, i processi Mediaset e Ruby sono fermi da un paio di mesi.
I giudici, però, in vista della Cassazione, hanno fissato nuove udienze: l’8 maggio, appello Mediaset e il 13 maggio, Ruby.
Se la Cassazione respingerà la richiesta di trasferimento a Brescia, i giudici del processo Ruby potranno emettere la sentenza tra fine maggio e i primi di giugno. Quelli d’appello Mediaset entro fine maggio: mancano soltanto l’arringa di un difensore e le eventuali repliche dell’avvocato generale Laura Bertolè Viale che ha chiesto la conferma della condanna per Berlusconi: 4 anni di pena (3 indultati) 5 anni di interdizione dai pubblici uffici e 3 dalle cariche societarie per frode fiscale.
Ma sul processo Mediaset pende anche la decisione della Corte costituzionale sul conflitto di attribuzione sollevato da Berlusconi, quando era premier, contro i giudici di primo grado, per un legittimo impedimento negato nel 2010.
La sentenza, già rinviata nel 2012, si aspettava per settimana scorsa.
La Corte, però, a camera di consiglio già iniziata, per “opportunità politica”, per non turbare il governo nascente, l’ha lasciata a metà e non ha fissato ancora un’altra seduta.
Se la Consulta dovesse accogliere le ragioni di Palazzo Chigi, i giudici d’appello Mediaset potrebbero dover valutare non solo l’annullamento di quell’ordinanza di 3 anni fa ma tutti gli atti seguenti.
Persino, in astratto, la sentenza di condanna in primo grado.
Sarebbe assicurata la prescrizione: è nella primavera-estate del 2014.
Ma se Berlusconi fosse condannato fino in Cassazione (a bocce ferme c’è tutto il tempo per un verdetto definitivo) rischierebbe l’interdizione dai pubblici uffici e il Senato dovrebbe riunirsi per il suo decadimento.
Sempre che per quel periodo ci sia ancora questo governo e questo Parlamento.
Antonella Mascali
(da “il Fatto Quotidiano“)
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