PERCHE’ AVEVAMO LA CERTEZZA CHE SILVIA AVREBBE VINTO A GENOVA AL PRIMO TURNO
LA CORTE DEI MIRACOLI: RIXI, TOTI, BUCCI, PICIOCCHI (PRIMA PUNTATA)
L’erede al trono
Piciocchi non è altro che il prestanome di Bucci che a sua volta è stato il prestanome di Toti dopo essere stato scelto come candidato sindaco dal sottosegretario leghista Rixi, colui che ha da 20 anni un rapporto fraterno con Salvini, cementato sulla spiaggia di Recco. durante i soggiorni estivi del Capitone.
Le differenze tra i tre: Rixi ha imparato ad agire dietro le quinte, distribuisce poltrone dopo aver fatto anticamera per anni nella Lega, quando comandava il tesoriere Balocchi e lui si dedicava ad organizzare ronde a Sampierdarena a caccia di sospetti delinquenti notturni, esistenti solo nella sua immaginazione. Ronde ovviamente con stampa e polizia al seguito (per proteggere lui e il suo cane) che si concludevano sempre in orari conciliabili con il suo metabolismo.
Dopo Belsito e l’addio di Bossi e Maroni, l’uomo di fiducia di Salvini, dopo qualche anno in Regione Liguria, è stato piazzato al ministero come sottosegretario e provvede a fare nomine negli enti portuali, a piazzare fedelissimi e neofiti leghisti sulle poltrone che contano.
Ha rifiutato di presentarsi come candidato governatore della Regione e come sindaco di Genova perché una eventuale sconfitta gli avrebbe stroncato la carriera di burattinaio. Meglio non rischiare.
Direte: con questi appoggi e conoscenze la Lega a Genova avrà un grande seguito. Mi spiace deludervi: il partito a Genova è sceso sotto il 7%, peggio della media nazionale.
Passiamo a Bucci, “il sindaco che cria” (tradotto dal genovese: che urla) o “l’uomo del fare”.
Premessa per gli extraliguri: lo scolmatore del Bisagno lo ha pagato il governo Renzi, il Ponte Morandi il governo Conte, i progetti attuali derivano dai soldi del Pnrr chiesti da Conte e messi a terra da Draghi. Morale: un mare di quattrini a disposizione per meriti altrui spacciati per “modello Genova” da Toti e dal suo clone Bucci.
Poi il contorno: palazzo della Regione a luci tridimensionali, feste di Capodanno con reti Mediaset, persino lo scivolo d’acqua in via XX Settembre, il mortaio del pesto da far navigare sul Tamigi, spot pagati centinaia di migliaia di euro con Elisabetta Canalis. Tutto quanto fa spettacolo. Con Bucci definito grande manager quando di fatto a Genova ne esistono a decine al suo livello. Diventa presidente di Liguria Digitale per indicazione della Regione e poi Rixi lo candida sindaco e il cerchio leghista si chiude.
Quando, dopo lo scandalo Toti e relativa condanna per corruzione, il centrodestra teme di perdere la Regione, Bucci viene catapultato a candidato govenatore e Piciocchi (leghista dell’Opus Dei) fa il reggente. Bucci perde il confronto con Orlando a Genova e Spezia, si salva solo grazie ai voti di Scajola nell’imperiese e viene eletto. Passa le consegne a Piciocchi, come nelle migliori aristocrazie dinastiche.
Peggiore candidato non potevano scegliere (lo dice anche La Russa): il poveretto non ha carica empatica, ha l’immagine del grigio burocrate, non ha l’ascendente per tenere a bada i cani sciolti sovranisti che insultano la Salis sui social creando l’effetto opposto di consolidarla.
Quando ormai è disperato lo mandano a incontri suicidi con i comitati di quartieri dove arriva ad ammettere che non conosce il problema di cui si parla (dopo anni che sta in Comune) . Il massimo è quando si congeda dopo la sconfitta dicendo “rifarei tutto quello che ho fatto”. Ma sei hai perso proprio per quello che hai fatto?
Vabbè, toglierà il disturbo perché “non credo di essere adatto a fare opposizione”.
Cala il sipario, addio.
(prima puntata)
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