“MIO FRATELLO UN MILIZIANO? LA SUA UNICA MISSIONE ERA VOLER FARE IL REPORTER”
PARLA LA FAMIGLIA DI AL-SHARIF, IL GIORNALISTA UCCISO A GAZA E SMONTA LE BALLE DELLA PROPAGANDA DI ISRAELE
Mahmoud, fratello di Anas Al Sharif, il giovane giornalista di Al Jazeera ucciso domenica con altri cinque colleghi in un raid mirato dell’esercito israeliano a Gaza, parla al Corriere della Sera. Ci tiene a respingere le accuse dell’Idf che hanno agito «perché terrorista di Hamas».
«È tutto falso, non lo è mai stato. È propaganda. La campagna contro di lui è partita un mese dopo l’inizio della guerra, perché a Israele non piaceva la sua notorietà. A dicembre 2023, ci hanno bombardato la casa e nostro padre è morto».
«Fotografava gli eventi politici della Striscia, ma non vuol dire essere affiliati»
Non era a capo di nulla: era un fotoreporter, un povero uomo di Gaza. Non un miliziano», racconta. E aggiunge: «È doloroso sentire queste parole su di lui che ha vissuto il mestiere come
una missione: era tra gli unici rimasti a Nord, lo hanno ucciso ora perché mostrava la carestia». Anas, spiega il fratello, non ha mai ricevuto pagamenti dal gruppo terroristico, come ha scritto il portavoce dell’esercito. Prima della guerra ha seguito come giornalista i comizi e le celebrazioni di Hamas e della Jihad islamica perché «fotografava gli eventi politici della Striscia, e poi mandava le immagini alle agenzie. Ma questo non vuol dire essere affiliati». «Perché l’Idf non ha preso di mira solo lui. Sapevano dove stava, ha passato gli ultimi ventidue mesi nella tenda dei media, davanti all’Al Shifa: potevano arrestarlo e interrogarlo. Perché uccidere in questo modo? Come giustificano la morte degli altri cinque colleghi?», racconta l’uomo. Bihan di cognome fa Sinwar. Anche su questo punto la famiglie respinge ogni sospetto: «Voglio che sia chiaro: non è una parente dell’ex leader di Hamas, come ha detto qualcuno. Sinwar è un cognome molto comune qui».
(da agenzie)
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