ALTRO CHE ASSALTO ALLA DILIGENZA IN VISTA DELLA MANOVRA: LA PRIORITÀ DI GIORGETTI È PORTARE IL DEFICIT VERSO IL 3%, AL DI SOTTO DELLA SOGLIA MASSIMA IMPOSTA DA BRUXELLES
IL GOVERNO PREVEDE UNA CRESCITA DEL PIL DELLO 0,8% NEL 2026, MA L’UFFICIO PARLAMENTARE DI BILANCIO È PIÙ CAUTO E INDICA UN +0,5%… PER LA NUOVA ROTTAMAZIONE DELLE CARTELLE ESATTORIALI LE COPERTURE NON CI SONO. E IL NUOVO CONCORDATO PREVENTIVO DELLE PARTITE IVA, CHE DOVEVA PORTARE SOLDI IN CASSA, SI ANNUNCIA UN FLOP
Al ministero dell’Economia si stanno ancora elaborando i dati in vista del Consiglio dei ministri di giovedì quando sul tavolo ci sarà il Dpfp, il documento programmatico di finanza pubblica che ha preso il posto della Nadef, però il quadro sembra ormai consolidato.
Da qui alla riunione di Palazzo Chigi […] sono ancora possibili modifiche marginali, a partire dal livello di deficit di quest’anno, che sarà su valori prossimi al 3% del Pil. In questo caso però un decimale può fare una grossa differenza perché se il disavanzo si attestasse davvero al 3,0% l’Italia sarebbe fuori con un anno di anticipo dalla procedura per deficit eccessivo, a differenza del percorso concordato con la Commissione europea che prevedeva il 3,3% nel 2025 e il 2,8% nel 2026.
Fonti della maggioranza fanno comunque trapelare ottimismo sul fatto che il deficit torni già quest’anno al di sotto della soglia del parametro Ue.
La crescita tendenziale del 2025 è già acquisita allo 0,5% grazie ai risultati del secondo trimestre, perciò il governo potrebbe confermare la previsione di aprile che era dello 0,6%. Per quel che riguarda il 2026, il Pil tendenziale – ovvero a legislazio
vigente – arriverebbe allo 0,7% mentre il programmatico – con l’effetto delle misure contenute in legge di bilancio – potrebbe alzare l’asticella allo 0,8%.
Anche in questo caso si avrebbe dunque una conferma della dinamica del prodotto interno lordo immaginato dal governo in primavera, peraltro ribadito a giugno dall’Istat: 0,6% nel 2025 e 0,8% nel 2026. Più prudente l’Upb, l’authority sui conti pubblici, che ad agosto ha tagliato le stime del Pil allo 0,5% sia nel 2025 sia nel 2026.
Il Dpfp dovrebbe dettagliare anche alcune misure che saranno inserite nella manovra con i relativi costi, quindi c’è attesa di capire come sarà costruita la rottamazione light delle cartelle che dovrebbe valere tre miliardi in tre anni, e come funzionerà il taglio di due punti dello scaglione Irpef al 35% per i redditi tra 28 mila e 50 mila euro
Allargare la base a 60 mila euro sembra ormai escluso per i costi del provvedimento. Sul contributo da chiedere alle banche Matteo Salvini vede «a portata di mano una soluzione di buon senso, non imposta ma condivisa». Una dichiarazione che appare come una parziale retromarcia rispetto alla richiesta della Lega di tassare gli extraprofitti degli istituti bancari di 5 miliardi di euro.
Tra le fonti di finanziamento della manovra dovrebbe esserci anche il concordato preventivo, l’accordo che le Partite Iva soggette agli Isa possono stipulare con il Fisco accettando la proposta dell’Agenzia delle entrate di far emergere parte del reddito non dichiarato e mettendosi così al riparo dai controlli per due anni.
La finestra per aderire alla seconda edizione del concordato scade oggi e il vice ministro dell’Economia Maurizio Leo chiarisce che non ci saranno proroghe. Lo scorso anno aveva aderito una platea non ampia, 600 mila persone su 4,6 milioni di aventi diritto, con una raccolta da 1,6 miliardi, ma stavolta la partecipazione dei contribuenti sembra essere deludente.
«La sensazione è che le adesioni saranno parecchio inferiori in questa edizione», spiega il presidente dell’Associazione nazionale commercialisti, Marco Cuchel, sottolineando che per dare una vera svolta al concordato bisognerebbe svincolarlo dagli Isa, gli Indici sintetici di affidabilità fiscale, provando ad intercettare altre platee di contribuenti.
(da agenzie)
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