COSA FANNO LE FREGATE FASAN E ALPINO SCHIERATE PER SEGUIRE LA FLOTILL
LA FREGATA ALPINO SUBENTRA ALLA FASAN
La fregata anti-sommergibile «Alpino» subentrerà alla «Fasan», la nave schierata ieri dal governo Meloni a protezione dei cittadini italiani a bordo della Global Sumud Flotilla.
Lo ha reso noto il ministro della Difesa, Guido Crosetto. L’unità della Marina militare, soprannominata «ammazzadroni» e che si trovava a nord di Creta prima di cambiare rotta verso la flotta umanitaria diretta a Gaza, farà ora ritorno alla sua missione originaria. «Non ci saranno due navi contemporaneamente impiegate nell’area», fa sapere Crosetto.
La decisione di schierare le fregate è stata presa dall’esecutivo dopo gli attacchi con droni, condotti con l’obiettivo di dissuadere attivisti, politici e giornalisti diretti verso la Striscia di Gaza con aiuti umanitari, tra cui cibo e medicine.
Nel frattempo, la Flotilla ha avvisato la comunità internazionale di possedere «informazioni di intelligence credibili» secondo cui Israele potrebbe intensificare gli attacchi contro la missione nelle prossime 48 ore, «con il possibile impiego di armi in grado di affondare le imbarcazioni, causare feriti e/o provocare vittime tra i partecipanti».
Ma cosa sappiamo sulle navi della Marina militare italiana e cosa potrà fare la fregata «Alpino»?
La nave Fasan: «l’ammazzadroni»
La nave italiana Virginio Fasan, che lascerà al posto alla fregata «Alpino», «non è una nave di scorta» della Flotilla, ha precisato stamattina il ministro della Difesa nella sua informativa al Senato. «Non è un atto di guerra», ha proseguito Crosetto, né «una provocazione» nei confronti di Israele. A bordo dispone di missili, siluri contro sommergibili, cannoni, mitraglieri, lanciarazzi e generatori di onde elettromagnetiche che possono depistare i droni. Dedicata a un eroe trevigiano della Prima guerra mondiale, la fregata ha preso parte a diverse operazioni in mare. È stata, infatti, operativa in Somalia, nel Mar Rosso, e nello Yemen per contrastare l’attività terroristica degli Houthi. Il 29 aprile dello scorso anno ha abbattuto con il suo cannone un drone nei pressi dello stretto di Bab el-Mandeb, il passaggio che collega il Mar Rosso al Golfo di Aden e quindi all’Oceano Indiano. Niente a che vedere, per ora, con i droni utilizzati per attaccare la Flotilla. In quell’occasione, il ministero della Difesa aveva riferito che il velivolo senza pilota – simile per caratteristiche a quelli già impiegati in precedenti attacchi dagli Huthi – si trovava a circa cinque chilometri dall’unità militare italiana, in rotta verso il mercantile sotto scorta. Ora riprenderà la sua missione Mare Sicuro nel Mediterraneo.
La fregata Alpino: «Di qui non si passa»
Al posto della «Fasan» arriverà la «Alpino», una fregata anti-sommergibile intitolata al corpo degli Alpini. Il suo simbolo rappresenta un’ancora sormontata da un’Aquila, mentre il motto è lo stesso delle Penne nere: «Di qui non si passa», coniato dal generale Luigi Pelloux – primo ispettore generale del Corpo degli Alpini – durante una parata militare a Roma, il 18 ottobre
1888. La nave, varata nel 2014, è stata impiegata in numerose missioni di sicurezza marittima, tra cui l’operazione «Mare Sicuro» al largo della Libia, dove ha fornito protezione ai pescherecci, alle piattaforme petrolifere dell’Eni e supporto logistico alle operazioni di recupero migranti. Ha un equipaggio normalmente ridotto (170 marinai), è progettata per ospitare elicotteri e forze speciali ed è pensata sia per il combattimento, infatti è dotata di missili, sia per fornire aiuto umanitario e soccorso.
Cosa potrà fare la fregata?
Non è chiaro se sarà autorizzato l’uso della forza per evitare eventuali incidenti; d’altra parte, per ovvie ragioni di sicurezza, le regole d’ingaggio di una nave militare non sono rese pubbliche nei dettagli. Il ministro ha inoltre precisato che «in acque israeliane, non garantiremo la sicurezza delle navi». Ciò significa che, una volta entrati nei territori marittimi palestinesi sotto il controllo israeliano, le unità navali italiane non potranno intervenire. Per l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, già capo di Stato maggiore intervistato dal Messaggero, servono soprattutto in un’ottica di «deterrenza» per dissuadere da altre aggressioni, ovvero «dire agli israeliani di non superare il limite».
Alla domanda se la nave italiana possa intervenire in acque internazionali in caso di attacco a un’imbarcazione connazionale, Di Paola precisa: «Dipende, innanzitutto, da chi effettua l’attacco. Alcuni droni, ad esempio, si presume siano di provenienza israeliana. Se uno di questi velivoli rappresentasse una minaccia reale – tale da poter danneggiare o addirittura affondare una nave della Flotilla – allora sì, l’unità italiana
potrebbe intervenire. Ma si tratterebbe di una situazione molto specifica. Se invece si tratta di droni impiegati per sorvegliare o creare disturbo – conclude l’ammiraglio -, non credo che ci sarà alcuna reazione».
(da agenzie)
Leave a Reply