EXPO COME VIA MONTENAPOLEONE PER MANGIARE TRA I PADIGLIONI
PREZZI DA RECORD: 5 EURO UN TOAST, 1,5 EURO UN CAFFE, 6 EURO UN PANINO… EATALY HA TUTTI I POSTI CENTRALI, I RISTORANTI PIU’ ECONOMICI DEFILATI ALLA VISTA
Un toast al prosciutto cotto? Cinque euro. Un panino con le acciughe? Sei euro. Un caffè espresso? Un euro e cinquanta.
Ovvero, rincarato di un terzo rispetto al prezzo di un comune bar italiano.
Distributori di acqua potabile e gratuita che non funzionano.
E i locali più “economici” quasi nascosti dai padiglioni e offuscati dai ristoranti delle grandi, celebri e proibitive catene di ristorazione.
Va bene che “il cibo è l’energia della vita”, come recita uno degli slogan dell’esposizione universale, però, più che a Expo 2015, “sembra di essere in via Montenapoleone”.
I cancelli di Rho Pero si sono spalancati ai visitatori il giorno dopo l’inaugurazione ufficiale finalmente scintillanti sotto il sole di maggio.
L’aria è tiepida, la pioggia battente sembra ormai un ricordo. Terminate le cerimonie ufficiali e spariti vip di ogni sorta, oggi ad affollare i padiglioni espositivi sono soprattutto famiglie con bambini a seguito, provenienti da ogni parte del mondo, pronti a sperimentare piatti che arrivano da ogni angolo del pianeta e — soprattutto — le eccellenze italiane.
Tutto perfetto, se non fosse per una cosa. Prezzi stellari per panini e bevande e acqua (gratuita) quasi introvabile.
E così, quella che dovrebbe essere l’occasione per far conoscere specialità da tutto il mondo, rischia di diventare l’ennesima trappola per turisti.
Come spiega bene Giacomo, bolognese, arrivato ad Expo insieme alla moglie e al figlio di cinque anni: “Tre piatti di pasta a dodici euro a testa. Più altrettanti contorni e il gelato. Abbiamo speso più di sessanta euro. A me pare francamente un po’ troppo”.
Se si vuole rinunciare al primo e puntare su un più frugale panino al volo, il risultato non cambia di molto.
Perchè un banale toast con prosciutto cotto costa cinque euro. Quattro euro, invece, il prezzo di una brioche salata con affettato.
“Abbiamo girato mezz’ora in cerca di un locale meno costoso — racconta Karen, israeliana — alla fine abbiamo optato per il chiosco belga che vende patatine fritte: 4 euro e 50 centesimi a porzione”.
In verità , piccoli locali più economici ci sarebbero.
Che hanno persino ideato un menù fisso a prezzi più che abbordabili. Solo che sono talmente defilati rispetto al percorso principale che scovarli, per i visitatori, è difficile. Anche perchè ad “eclissarli” ci hanno pensato le grandi catene di ristorazione, che occupano quasi interamente la strada maestra dell’esposizione.
Come Eataly, che si è aggiudicata gli spazi più grandi dedicati all’intera ristorazione di Expo, con 21 ristoranti che propongono le specialità regionali italiani.
Prodotti certamente genuini ed eccellenti. Ma, mentre l’architettura e il design dei locali invitano ad entrare, i prezzi spaventano i visitatori.
“Sei euro per un panino a me pare francamente troppo! – sbotta Francesca, maestra, che accompagna una classe di 17 studenti — la prossima volta faccio portare ai ragazzi il pranzo da casa”.
Proibitivi per i visitatori anche i prezzi per le bevande: un caffè espresso — che in un comune bar viene costa solitamente un euro — qui arriva a un euro e cinquanta. “Siamo ad Expo o in via Montenapoleone?”, scherza ma non troppo un uomo sulla cinquantina, mentre mette mano al portafoglio davanti alla cassa.
A salvare la situazione dovrebbe esserci, perlomeno, l’acqua potabile gratuita, offerta ai visitatori in 32 appositi chioschi self-service disseminati per l’intero Expo.
Almeno, così era stato pubblicizzato. E dunque, chi scrive, è andato a cercarli.
Peccato che, su tre chioschi scovati, due fossero già fuori uso.
Con tanto di tecnici intenti a riparlarli.
(da “Huffingtonpost”)
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