GIORGIA, LA SENTI LA VOCE DEGLI INDUSTRIALI? CONFINDUSTRIA GELA IL GOVERNO E PREVEDE PER QUEST’ANNO UNA CRESCITA DEL PIL DI APPENA +0,5%, A CAUSA DEI DAZI E DELL’INCERTEZZA INTERNAZIONALE. E LANCIA UN AVVERTIMENTO ALLA MELONI IN VISTA DELLA SCADENZA DEL RECOVERY
“LA DINAMICA DEL PIL ITALIANO IN ASSENZA DI PNRR SAREBBE DI -0,3% NEL 2025 E DI +0,1% NEL 2026, NON CI SAREBBE CRESCITA, MA UNA STAGNAZIONE. È NECESSARIO MUOVERE L’ITALIA, INTERVENENDO CON LE LEVE PIÙ EFFICACI A DISPOSIZIONE, ANCHE SBLOCCANDO LA RICCHEZZA FINANZIARIA DAL PARCHEGGIO IN DEPOSITI BANCARI IMPRODUTTIVI”
Secondo le previsioni d’autunno di Confindustria quest’anno la crescita del Paese sarà ancora più bassa del basso livello del Pil già previsto dal governo: a causa della grande incertezza che caratterizza il quadro internazionale, del peso dei dazi, del rallentamento dell’economia dell’Eurozona, quest’anno non andremo oltre il +0,5% (0,1 punti in meno dello scenario di aprile), mentre l’anno prossimo risaliremo a +0.7%.
«La dinamica annua dell’economia è frenata in particolare dalla battuta d’arresto nel 2° trimestre 2025 a causa della caduta delle esportazioni» spiegano dal Centro studi di Confindustria aggiungendo che «la debole dinamica del Pil, sia nella media del 2025 che nel 2026, sarà sostenuta prevalentemente dagli investimenti, in minor misura dai consumi delle famiglie, mentre contribuiranno negativamente le esportazioni nette».
Esportazioni che stando allo scenario del Csc, presentato oggi a Roma, rappresentano la componente più debole della domanda arrivando vicino allo zero nel biennio 2025-2026 (rispettivamente +0,2 e +01%).
«La crescita anemica del Pil attesa quest’anno e il prossimo rende chiede ora Confindustria secondo cui «all’impatto molto positivo del Pnrr, che è già all’opera ma che si concluderà nei primi mesi del prossimo anno, va affiancata una manovra di bilancio che sapientemente prosegua sulla strada dello stimolo agli investi menti produttivi.
Gli investimenti sono necessari per rilanciare la crescita del Paese e gli incentivi possono funzionare efficacemente per stimolarli, anche nel Mezzogiorno, come si è visto negli ultimi anni» rimarca l’associazione guidata da Emanuele Orsini.
«Le prospettive non sono buone, visto che l’attività industriale europea è attesa risalire solo gradualmente e i freni protezionistici e geopolitici appaiono duraturi – è scritto nel Rapporto -. Viceversa, la componente di domanda più robusta in Italia sono gli investimenti fissi.
Dopo il rallentamento nel 2024 (+0,5%), la loro dinamica è tornata a rafforzarsi tra fine anno scorso e prima metà del 2025. Sono attesi rimanere in espansione nella seconda parte di quest’anno (+3,0% in media) e
rallentare il prossimo (+1,9%)».
Per il resto i consumi delle famiglie residenti saliranno dello 0,5% nel 2025 e dello 0,7% nel 2026, l’occupazione totale salirà dello 0,9% quest’anno e dello 0,5 il prossimo, i prezzi al consumo sui stabilizzeranno a +1,8% in entrambi gli anni, le retribuzioni pro-capite aumenteranno invece del 3,2% quest’anno e del 2,7% il prossimo.
Secondo l’analisi del Csc l’implementazione del Pnrr, che include investimenti pubblici, riforme, incentivi, avrà un impatto molto positivo sulla crescita del Pil nel biennio di previsione: nell’ipotesi che tra il 2025 ed il 2026 venga spesa la metà delle risorse disponibili, circa 65 miliardi, l’effetto positivo del Pnrr sul Pil è stimato in un +0,8% nel 2025 e un +0,6% nel 2026, rispetto alla variazione nello scenario base (+1,4% cumulato nei due anni)
«Questo significa – viene fatto notare che – la dinamica del Pil italiano in assenza di Pnrr sarebbe di -0,3% nel 2025 e di +0,1% nel 2026 (-0,2% nel biennio): non ci sarebbe crescita, ma una stagnazione».
Per Confindustria «è necessario tornare a disegnare incentivi che siano potenzialmente in grado di far fare il salto necessario all’Italia». Secondo Orsini con la prossima legge di Bilancio il governo per questo deve prevedere uno stanziamento di almeno 8 miliardi di euro all’anno per i prossimi tre anni.
Oltre a questo «un ruolo cruciale per accelerare gli investimenti può avere la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane» pari a oltre 6.000 miliardi di euro nel 2024 compresi 1.500 miliardi di depositi bancari di famiglie.
Per Confindustria basterebbe mobilitarne una parte, anche piccola, per liberare ingenti risorse per finanziare nuovi investimenti produttivi nel Paese: basterebbe spostare appena un 1% dai depositi verso obbligazioni e azioni emesse da aziende italiane per ottenere un finanziamento di 15 miliardi da destinare a nuovi investimenti.
«Per questo, servono misure di policy ben costruite, che inducano le famiglie e i grandi intermediari finanziari (come i fondi pensione, le società di assicurazione, i fondi comuni) a muovere risorse verso strumenti emessi dalle nostre imprese» sollecita Confindustria, sottolineando «che tali risorse potrebbero essere utilmente impiegate anche per finanziare
infrastrutture di interesse nazionale, investimenti in sanità e in istruzione, creando un contesto più favorevole alla crescita».
(da agenzie)
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