I NEGOZI DI CANNABIS LIGHT SONO LEGALI E NON SI POSSONO CHIUDERE, I GESTORI: “SALVINI E’ UN CALUNNIATOREâ€
LA CASSAZIONE A GENNAIO HA RIBADITO CHE SI TRATTA DI ATTIVITA’ LEGALE… I TRE SHOP CHIUSI A MACERATA VENDEVANO PRODOTTI CON MISURA DI THC NON CONSENTITO E NON C’ENTRANO UNA MAZZA CON GLI ALTRI
Ma davvero i negozi di cannabis light chiuderanno in seguito a una direttiva di Salvini? E i primi tre stop imposti dalla questura di Macerata sono conseguenza di quell’input del Viminale?
E in definitiva. quali sono i limiti di legge per commercializzare i prodotti a base di canapa?
Il rischio di fare confusione e di sovrapporre notizie di natura diversa è facile.
Tutto parte dalle dichiarazioni odierne del ministro dell’interno il quale ha dichiarato che fare chiudere «a uno a uno» tutti i punti di vendita di derivati della marijuana in quanto centri di spaccio. Aggiungendo che le prime tre chiusure sono già state decise in provincia di Macerata. Un fatto vero ma di sicuro non diretta conseguenza delle parole di Salvini. vediamo perchè .
Innanzitutto la vendita della cosiddetta cannabis light è regolata da una legge del 2016 e si basa su un principio base: è ammesso il commercio di prodotti a base di canapa purchè il loro contenuto di Thc (vale a dire la sostanza che dà effetti psicotropi) sia inferiore allo 0,6%.
Discorso a parte riguarda la marijuana terapeutica, che può essere venduta solo dietro prescrizione medica.
Per fare un paragone, uno spinello contiene all’incirca il 5-8% di thc. Ma se esiste una legge che regola un intero settore commerciale, appare difficile che un ministro possa «disapplicarla» firmando una lettera a prefetti e questori.
Lo ha fatto notare anche Federcanapa, associazione di produttori e rivenditori, che ha definito «calunnie» le parole di Salvini: «Su quali basi fonda la sua dichiarazione che un negozio su due è luogo di spaccio?».
Ma allora come si spiegano le tre chiusure di negozi di cannabis light avvenuti in provincia di Macerata? Lo ha spiegato in una conferenza stampa il questore della città marchigiana Antonio Pignataro: i titolari sono stati sorpresi a vendere infiorescenze di cannabis che superavano il già citato 0,6% di Thc. «E’ possibile commerciare shampoo, saponi o altri prodotti – ha riferito – ma non infiorescenze».
Dunque la chiusura è arrivata semplicemente perchè i tre commercianti violavano la legge del 2016.
Ma nell’offensiva dichiarata da Salvini contro di loro, le catene di negozi hanno un altro scudo dietro il quale difendersi: lo scorso mese di gennaio la cassazione ha stabilito che la vendita di prodotti a base di marijuana light è legale, annullando un sequestro avvenuto ai danni di un punto vendita di Prato. L’importante è poter dimostrare in ogni momento che viene rispettato il famoso tetto dello 0.6% e che la materia prima provenga da coltivazioni legali.
Un ulteriore pronunciamento della Suprema Corte, questa volta a sezioni unite è atteso proprio alla fine di maggio
(da agenzie)
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