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IL MAGISTRATO ARDITA (CSM): “MESSINA DENARO HA GIA’ ORGANIZZATO LA SUA SUCCESSIONE PRIMA DELL’ARRESTO”

“AL 99% NON COLLABORERA'”

“Noi pensiamo che la mafia sia un fenomeno di costume, ma quando ci sono investimenti è chiaro che nulla avviene in maniera improvvisata. Quindi anche la successione di Messina Denaro sarà stata studiata e organizzata dall’organizzazione e da lui stesso: come manager di un’attività criminale avrà deciso cosa succederà ai vertici di Cosa nostra molto tempo fa”, così a Fanpage.it Sebastiano Ardita, consigliere del Csm, il Consiglio Superiore della Magistratura, già direttore generale dell’ufficio detenuti, responsabile dell’attuazione del regime 41bis e procuratore della Repubblica aggiunto presso il Tribunale di Messina.
Sull’ipotesi che il padrino di Cosa nostra collabori con la giustizia aggiunge che è “difficile dire se parlerà, anche se la condizione del 41-bis gli starà stretta e proverà a venirne fuori”. Secondo il magistrato però “in casi come questo il 99% delle volte non vi è collaborazione con la giustizia. I capi di Cosa nostra, i reggenti mafiosi, sono personaggi che non collaborano”. Infine spiega che “la lotta alla mafia non è una lotta militare ma una lotta di riaggregazione sociale”: “È facile parlare di repressione quando si vede qualcuno che spara – conclude – ma la lotta si fa proponendo qualcosa di diverso, attraverso le possibilità”.
Matteo Messina Denaro è stato arrestato dopo 30 anni di latitanza: cosa significa questo arresto e soprattutto ci si può aspettare che inizi una collaborazione con la giustizia?
Se parlerà è difficile saperlo, credo che Messina Denaro si fosse un po’ rassegnato all’idea di essere preso, poi bisogna capire quale fosse il tuo intento. Se avesse avuto una posizione radicale di fuga lo avrebbero trovato probabilmente all’interno del bunker, il secondo covo trovato a Campobello di Mazara, mentre lui mi sembra di capire che fosse entrato nell’ordine di idee di poter essere arrestato. Detto questo, dire a cosa Matteo Messina Denaro voglia andare incontro, non ci è dato sapere.
Parliamo allora per fatti e per ipotesi
Ciò che è certo è che diventerà un detenuto, un detenuto importante classificato al 41-bis, e di conseguenza avrà una libertà limitata, con rapporti con l’esterno praticamente azzerati. Non so se accadrà, ma è probabile che venga anche allocato in un’area riservata, ovvero una porzione di carcere separata dalla stessa porzione di 41-bis, cosa che prevede non solo una evidente difficoltà di contattare il mondo esterno, ma anche con gli altri detenuti.
Inoltre avrà delle forti limitazioni sotto l’aspetto economico, un detenuto di quel livello al 41-bis è sottoposto a regole ferree che prevedono limite di spesa e di pacchi che possono essere ricevuti, così come un limite massimo di denaro che può essere ricevuto e inviato all’esterno. Passeggerà in una zona dedicata solo a lui, avrà contatti col suo compagno di cella e forse con un altro paio di detenuti al massimo. La vita di Matteo Messina Denaro sarà questa d’ora in poi.
Cosa intende dire?
Poniamoci una domanda: di fronte a tutti queste restrizioni, una persona come lui, che ha anche un problema sanitario, come deciderà di affrontare la detenzione? Ci riesce facile immaginare che vorrà uscire da questa situazione e potrà scegliere di farlo attraverso la porta principale, ovvero collaborando con la giustizia, oppure una porta secondaria, ovvero sfruttando la condizione di incompatibilità con il regime carcerario legata al tumore al colon. Questo è però impossibile, tanto che c’è un dibattito in corso sul regime carcerario del 41-bis che però non credo possa portare a cambiamenti effettivi in questo momento.
Quindi in realtà le opzioni sono due, di fatto è chiamato a decidere se farsi il carcere lungo e restrittivo, dove sarà curato e anche meglio che all’interno della clinica La Maddalena di Palermo, oppure collaborare e uscire dal 41-bis.
È chiaro che chi lo gestisce avrà un interesse a portarlo verso la collaborazione, sarà avviato per lui un programma di trattamento specifico che servirà a condurlo verso una valutazione di questa scelta, o almeno così dovrebbe essere. Per Matteo Messina Denaro scegliere di collaborare con la giustizia significherebbe attenuare o limitare i danni che i tanti anni ai vertici mafiosi hanno provocato.
Una figura come quella di Messina Denaro, alla luce anche della sua condizione fisica, cosa farebbe?
Il primo aspetto da non sottovalutare è che Messina Denaro avrà un vantaggio che gli sarà concesso dal sistema penitenziario italiano, ovvero la salute. Di fatto, come ho detto, sarà curato molto meglio di come è stato curato finora. A questo aggiungiamo che, dai primi elementi emersi, ma anche dalle indagini di questi lunghi anni, sembra che finora abbia sempre condotto una vita agiata, circondato da beni e oggetti di lusso.
Questo ci fa presumere che la condizione del 41-bis non può che stargli stretta, e a quel punto sarà sempre e solo una sua scelta, ma se dovessi dirle cosa accadrà, in casi come questo il 99% delle volte è impossibile che vi sia una scelta di collaborazione con la giustizia. I capo di Cosa nostra, i reggenti mafiosi, sono personaggi che non collaborano, Santapaola, Bagarella, Provenzano non hanno mai collaborato.
Quali rischiano di essere i nuovi assetti all’interno di Cosa nostra?
Quello che noi possiamo fare è solo ipotizzare, a meno che non ci siano dei collaboratori che illustrino nomi e dinamiche degli sviluppi di Cosa nostra: probabilmente anche da latitante Messina Denaro è stato responsabile di tutta l’area del Trapanese, quindi l’assetto in quella zona potrebbe essere stato già consolidato nel tempo.
Noi pensiamo che la mafia sia un fenomeno di costume, ma quando ci sono investimenti, e sembra che Messina Denaro abbia finanziato l’attività con i soldi che erano provento delle attività illecite, è chiaro che nulla avviene in maniera improvvisata. Quindi anche la successione di Messina Denaro sarà stata studiata e organizzata dall’organizzazione e da lui stesso. Come qualunque persona in procinto di trovarsi in una situazione diversa, anche lui manager di un’attività criminale avrà deciso cosa fare molto tempo fa, ma cosa al momento non ci è dato sapere.
Lei ha parlato di un rapporto necessario con il potere pubblico per un soggetto come Messina Denaro alla luce di una latitanza così lunga, anche solo per assicurarsi di poter girare indisturbato in questi anni
Ci sono due profili che caratterizzano le associazioni mafiose. Il primo è un rapporto che si basa sul concetto di consenso fondato, e non parlo solo di omertà che è la conseguenza, ovvero la paura di violare le norme di Cosa nostra, ma anche di consenso stesso. Parlo dell’idea che la mafia possa esistere, e quindi che sia considerata per certi aspetti anche utile, inevitabile. Questo spiega anche perché in un territorio come quello in cui si è nascosto non è stato individuato.
Il secondo invece riguarda appunto il rapporto con il potere pubblico, che mi preme sottolineare non è un’affermazione allarmistica: sappiamo per certo infatti che un’organizzazione può essere definita mafiosa quando ha un rapporto stabile con il potere pubblico, ovvero con i poteri economici, finanziari e istituzionali. Ciò comporta due cose: la possibilità di connivenze che agevolino la commissione del reato e poi, come conseguenza, la possibilità di sottrarsi alle conseguenze dei reati stessi. La mafia è criminalità che dialoga ad alto livello coi poteri, quindi nelle latitanze tutto questo si manifesta nella sua forma più evidente.
Cioè?
Le faccio un esempio, Matteo Messina Denaro sappiamo per certo che aveva almeno due basi, un appartamento che occupava fingendosi un’altra persona, e un covo blindato in cui nascondersi. In entrambi i casi è evidente che per raggiungere questi luoghi, soprattuto il primo che era abbastanza scoperto, doveva spostarsi a piedi, magari andare a fare la spesa, andare in un negozio. E se anche avesse deciso di delegare tutte queste attività, possiamo ipotizzare che per avere un appartamento aperto che non fosse un bunker è perché lo frequentava. Di fatto non viveva nascosto, non faceva la vita del latitante: sappiamo per certo che si è concesso a selfie con i medici o chat con altri pazienti.
Pensiamo a un centro piccolo come il comune di Campobello di Mazara, immagino che qui una persona nuova venga subito notata, ed è normale che ci si interroghi su chi sia il nuovo arrivato: se lo domanderebbero tutti, dal vicino di casa al panettiere. E considerato che la sua fotografia è pressoché identica all’identikit diffuso in questi anni, qualcuno avrà capito a un certo punto di trovarsi dinanzi a Messina Denaro.
Tra tutte le persone che lo hanno capito è possibile che non ce ne sia stata nemmeno una che ricoprisse una funzione pubblica? Ecco che, ritornando a quello che le dicevo poco fa, le coperture del boss hanno riguardato sia un consenso diffuso da parte della popolazione sia le coperture istituzionali, insomma mi pare piuttosto scontato che qualcuno gli abbia garantito sicurezza in questi anni, altrimenti la latitanza non si può determinare, questo deve essere chiaro. Qui parliamo di una latitanza di 30 anni.
Lei prima ha detto che Messina Denaro a un certo punto si è reso vulnerabile, volendo ipotizzare i motivi ci si chiede per forza di cosa: perché?
È chiaro che la possibilità di essere arrestato a un certo punto sarà diventata per lui concreta, soprattutto alla luce della malattia. Cosa succederà ora? Capire cosa è la mafia non è facile, bisogna viverli quei contesti per capire che in certi paesi la linfa dello Stato non arriva, e così persone come Matteo Messina Denaro diventano dei simboli. La lotta alla mafia non è una lotta militare ma una lotta di riaggregazione sociale, è facile parlare di repressione quando si vede qualcuno che spara, ma la vera lotta si fa proponendo qualcosa di diverso, la si fa attraverso le possibilità.
(da Fanpage)

This entry was posted on giovedì, Gennaio 19th, 2023 at 21:07 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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