IL NAUFRAGIO DI UN’IMBARCAZIONE CARICA DI MIGRANTI AL LARGO DI LAMPEDUSA (CHE È COSTATO LA VITA AD ALMENO 27 PERSONE) È SOLO L’ULTIMA DELLE STRAGI NEL MEDITERRANEO: DALL’INIZIO DELL’ANNO SONO 675 I DISPERATI DECEDUTI IN MARE NEL TENTATIVO DI FUGGIRE A GUERRE, POVERTÀ E CARESTIE
SONO QUASI 40.000 I MIGRANTI SBARCATI IN ITALIA AL 13 AGOSTO 2025. L’1,64% IN PIÙ RISPETTO ALL’ANNO SCORSO: LA MAGGIOR PARTE PROVENE DAL BANGLADESH, MA ANCHE ERITREA, EGITTO, PAKISTAN
Lo chiamavano Mare Nostrum, ora è tomba per migliaia di persone. Sono 675 i morti o dispersi in mare al 13 agosto 2025, l’anno scorso erano stati 1.810. Uomini, donne e bambini con nome e cognome e storie di disperazione alle spalle.
E se al 31 dicembre 2024, rispetto a fine anno 2023, gli arrivi erano diminuiti del 57,74%, ora quei viaggi di speranza e di disperazione sembrano ricominciare. Quasi quaranta mila, per la precisione 38.263, i migranti sbarcati in Italia al 13 agosto 2025. L’1,64% in più rispetto all’anno scorso, quando il conteggio era di 37.644.
In oltre dodicimila sono arrivati dal Bangladesh. Poi dall’Eritrea (5.215), dall’Egitto (4.655), dal Pakistan (2.980). E ancora. Etiopia (1.687), Sudan (1.624), Somalia (1.392), Siria (1.120) e così via. Più di 33 mila hanno scelto la tratta libica. Una delle più pericolose. E solo nelle scorse settimane sono state trovate due fosse comuni con corpi martoriati da innumerevoli ferite d’arma da fuoco.
Diciannove quelli scoperti a Jakharrah, 400 chilometri a sud di Bengasi, altri nel deserto di al-Kufra, a sud est del Paese.
Per raggiungere l’Italia, in circa tremila si sono imbarcati in Tunisia, in 867 in Turchia e in 759 in Algeria. La maggioranza è sbarcata in Sicilia. Altri 1.572 in Calabria. Poi 966 in Sardegna, 772 in Toscana, 759 in Liguria, 683 in Puglia. Quella di ieri, a Lampedusa, è solo l’ultima delle stragi nel Mediterraneo.
Nel 2013, a poche miglia dall’isola dei Conigli, morirono 368 persone, più di sessanta erano bambini. Venti corpi non sono stati mai trovati. Ammassati in un peschereccio partito da Misurata, in Libia, erano in cinquecento, in maggioranza etiopi ed eritrei. Poco lontano dalla costa, l’imbarcazione si è inabissata.
Il 18 aprile 2015, al largo delle coste libiche, nel canale di Sicilia, è affondata una nave eritrea. Solo ventotto persone sono state salvate. Cinquattotto le vittime accertate, circa mille i dispersi. Novantotto bare, trentacinque bianche, piccolissime, restano il simbolo della strage di Cutro il 26 febbraio 2023. Il naufragio del caicco Summer Love, con a bordo 180 migranti, era partito cinque giorni prima dalle parti di Smirne, in Turchia. Ed era stato avvisato dall’agenzia europea Frontex a circa 38 miglia dalle coste calabresi.
Sul ponte non c’erano giubbotti di salvataggio, numerose persone erano ammassate nella stiva. Una serie di errori e omissioni nelle operazioni di soccorso. La Summer Love viene diretta verso la spiaggia di Steccato di Cutro. Chi era al timone sbaglia manovra. Si arena su una secca. Il caicco si sgretola. Gli scafisti sono stati condannati a vent’anni di carcere. Ora il focus degli inquirenti riguarda i soccorsi e sei militari sono finiti a processo.
Di queste stragi restano due immagini simbolo. Quella di Aylan Kurdi, tre anni, ritrovato morto il 2 settembre 2015 su una spiaggia di Bodrum, in Turchia. Con la famiglia era fuggito dalla Siria per raggiungere l’Europa.
E la foto di quel bambino con la maglietta rossa, scattata dalla giornalista turca Nilufer Demir, divenne emblema della tragedia dei migranti. La politica si indignò, discussioni, promesse. Poi un’altra strage. E c’è la storia di un adolescente del Mali. Nessun nome, nessun riconoscimento, ma una pagella scolastica cucita nella giacca e trovata da chi si occupò dei cadaveri del naufragio del 18 aprile 2015. Una pagella che chissà, forse i genitori pensavano gli sarebbe servita nell’Europa delle speranze. Anche in quel caso i potenti della terra piansero e si sdegnarono. E
arriviamo a ieri. Ad altro sdegno, senza nessun mea culpa.
(da La Stampa)
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