ITALIA, GLI ADULTI SONO I MENO ISTRUITI NELL’UE E UNO SU QUATTRO E’ A RISCHIO POVERTA’
LO RIVELA LO STUDIO THEA AMBROSETTI SULLE DINAMICHE TRA SCUOLA E LAVORO… MALE ANCHE LE COMPETENZE DIGITALI
Il tema della povertà e del rischio di esclusione sociale è entrato, finalmente verrebbeda dire, anche nel luogo dove tutti gli anni si riuniscono imprese, economisti e politici, il Forum Ambrosetti. Dopo aver affrontato la questione dei Neet, dei giovani che, per motivi diversi, né studiano né lavorano, ieri è stato presentato un rapporto sulla povertà educativa, basato su primi risultati di una ricerca svolta congiuntamente dal Gruppo Ambrosetti (Thea Group) e dalla Fondazione Crt, con l’obiettivo sia di comprendere meglio il fenomeno, sia di identificare le migliori pratiche di contrasto della stessa, anche attraverso l’analisi delle esperienze internazionali e definire indicazioni di policy a livello nazionale e progetti pilota a livello territoriale che possano essere riproducibili.
I dati sono tutti noti presi uno per uno. Nel loro insieme disegnano una situazione ad alta problematicità. L’Italia è tra i
paesi Ue con la percentuale più alta (23,1% rispetto alla media) di persone tra i 25 e i 49 anni a rischio di povertà o esclusione sociale, con un divario territoriali nella loro distribuzione più ampio, il che fa sì che le regioni del Sud siano tra le regioni europee con una incidenza maggiore.
I gap di adulti e giovanissimi
La metà di queste persone ha al massimo la licenza della scuola secondaria di primo grado. D’altra parte è noto che gli adulti italiani sono i meno istruiti nella Ue: nelle fasce di età 25-64 anni uno su tre ha al massimo la licenza della secondaria inferiore. E tra le persone di 25-34 anni, solo il 31,6 ha una laurea, a fronte del 44,5% della media europea. Anche tra bambine/i e adolescenti lo sviluppo delle competenze cognitive è nettamente inferiore rispetto alla media Ocse così come misurate dal sistema PISA, e i tassi di abbandono precoce degli studi più alti, pur con forti differenze tra italiani (8,5%) e stranieri Ue (15%) e non Ue (27,4).
Anche le competenze digitali, “la nuova grammatica del lavoro”, sono comparativamente poco diffuse, nonostante tutti possiedano almeno uno smartphone. Tra i giovani fino a 19 anni, i cosiddetti nativi digitali, possiede competenze digitali di base il 56%, a fronte del 73% della media europea. Un dato problematico, non solo perché, come segnala il rapporto, molta domanda di lavoro ormai richiede una qualche competenza digitale e che c’è un gap di quasi 15 punti tra domanda e offerta di competenze digitali, pari a circa 3,4 milioni di occupati. Una competenza digitale di base è necessaria anche per muoversi con consapevolezza nel
modo dell’informazione, della comunicazione in generale e in molte attività quotidiane. Esserne privi è una forma di analfabetismo funzionale che provoca vuoi esclusione, vuoi dipendenza acritica, o entrambe.
La povertà educativa da adulti è conseguenza del non aver incontrato durante gli anni formativi risorse e opportunità di sviluppo delle capacità adeguate. Per questo, in carenza di politiche che, mentre contrastano la povertà materiale ed educativa degli adulti, prevengono che si trasmetta intergenerazionalmente, è destinata a rimanere un dato strutturale della nostra società.
Uno stop alla mobilità sociale
Come segnala anche il rapporto, crescere in un contesto familiare e sociale svantaggiato è in stretta correlazione con uno sviluppo delle competenze più ridotto rispetto ai coetanei più fortunati. Inoltre, anche a parità di competenze raggiunte, incide sulle scelte scolastiche dopo la secondaria di primo grado, innescando circoli viziosi di povertà educativa. Entrambi i fenomeni, che rappresentano un vero e proprio vulnus sia all’articolo 3, secondo comma, sia all’articolo 34 della Costituzione, sono particolarmente accentuati per gli stranieri.
Secondo gli estensori del rapporto, queste dinamiche di povertà educativa contribuiscono a bloccare la mobilità sociale e a indebolire la coesione sociale del paese, oltre a non colmare il gap tra domanda e offerta di lavoro. Stimano che, se invece si riducesse la povertà educativa almeno per quanto riguarda l’istruzione (cui di fatto è largamente assimilata in questo primo
rapporto, nonostante in premessa si parli di fenomeno multidimensionale), si potrebbero generare in Italia fino a oltre 3 milioni di occupati in più.
Si tratta di un rapporto ricco e utile, anche nell’analisi di ciò che viene fatto in altri paesi che da più tempo hanno messo in agenda il contrasto e la prevenzione della povertà educativa, con misure organiche e strutturate. Rimane tuttavia sulla soglia di due questioni a mio parere rilevanti. La prima riguarda la disponibilità effettiva del sistema imprenditoriale italiano ad assorbire a condizioni decenti una offerta di lavoro più qualificata. Sarà certamente vero che molti posti non si riescono a riempire, ma lo è anche il fatto che assistiamo ad una emigrazione di laureati e diplomati che non trovano in Italia opportunità soddisfacenti. La seconda riguarda l’assenza di un’analisi delle condizioni di contesto che disincentivano l’apprendimento e scoraggiano dalla prosecuzione degli studi.
Condizioni che hanno a che fare con la povertà materiale delle famiglie, ma anche con i modelli didattici e la mancanza di risorse culturali, di gioco, sport, verde, relazioni educative extra-familiari ed extra-scolastiche. Come sa chi lavora sul campo, per trattenere a scuola chi è a rischio di uscita precoce e coltivarne il desiderio di apprendere ci vuole molto lavoro, fantasia e capacità di collaborazione tra soggetti diversi (non basta il tutoraggio con l’AI). Ancora di più per chi ne è uscito definitivamente. Da questo punto di vista, a proposito di indicazioni di policy e di esperimenti pilota, le molte iniziative pilota che ha messo in campo in giro per l’Italia, come il Fondo di contrasto alla
povertà educativa minorile, finanziato in larga misura dalle Fondazioni, offrono molte indicazioni su che cosa funziona dove e a quali condizioni, per metterle finalmente a sistema.
(da agenzie)
Leave a Reply