LA LINEA ROSSA DI BRUXELLES: MELONI RICEVE UNA PORTA IN FACCIA DALLA UE
PER LA UE I GIUDICI ITALIANI HANNO CORRETTAMENTE APPLICATO LA NORMATIVA VIGENTE
O si cambia la normativa europea sui “Paesi sicuri” o non c’è alcuna certezza che i dubbi giuridici sul centro per i migranti in Albania possano essere superati. I contatti intercorsi venerdì tra il governo italiano e la Commissione Ue sull’accordo Roma-Tirana e soprattutto sulla decisione dei magistrati di rispedire sul nostro territorio i 12 cittadini del Bangladesh e dell’Egitto, non sono stati affatto positivi.
Il nodo evidenziato dal Tribunale di Roma al momento – è stata la risposta di Bruxelles – non si può sciogliere facilmente.
Insomma la “squadra” di Giorgia Meloni non ha ricevuto alcuna “copertura” sul punto specifico sollevato dalle toghe del nostro Paese. L’unica rassicurazione, arrivata direttamente dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, è stata quella di procedere rapidamente ad una proposta per modificare la legge comunitaria. Ossia ad almeno due direttive: la 2013/32 e la 2011/95. Che rappresentano i testi su cui pochi giorni fa è stata emessa la sentenza della Corte di Giustizia Ue alla quale hanno fatto riferimento i giudici romani.
Un problema non da poco, che rinvia almeno fino a giugno la soluzione.
Nei colloqui informali, avvenuti in parte anche prima della decisione dei magistrati italiani, von der Leyen ha potuto solo garantire il suo impegno a correggere la legislazione europea. Una promessa dai tempi inevitabilmente lunghi. Se tutto va bene bisognerà aspettare almeno la prossima primavera. La stessa leader dell’esecutivo europeo ha parlato di queste scadenze temporali all’ultimo vertice di giovedì scorso. Il pacchetto immaginato dovrebbe inglobare nuove disposizioni per rientri più rapidi nei paesi di origine e contemporaneamente rivedere la stessa concezione di “paese sicuro”.
C’è poi un aspetto ulteriore, evidenziato nei giorni scorsi dal primo ministro greco Mitsotakis, uno dei leader del Ppe in Europa. Il capo del governo di Atene ha fatto notare che il cosiddetto “Modello Albania” è difficilmente trasferibile nel sistema dell’Unione. Perché? Perché l’accordo Italia-Albania stabilisce – e la decisione del tribunale di Roma lo dimostra – che in presenza di qualsiasi problema, i migranti vanno comunque trasferiti in Italia. Se si applicasse lo stesso protocollo in tutta l’Ue – si chiede allora Mitsotakis – in quale Paese verrebbero trasferiti gli extracomunitari?
La vicenda, poi, sta inasprendo i rapporti tra von der Leyen e le Cancellerie più “pesanti” d’Europa. La partecipazione di Ursula al summit organizzato giovedì scorso da Italia, Olanda e Danimarca, ha infastidito non poco Macron, Scholz e Sanchez. La possibile contrarietà di Francia, Germania e Spagna in questa materia non renderà dunque agevole la correzione delle direttive e men che meno l’anticipazione dell’entrata in vigore del nuovo Patto per l’asilo e i migranti.
Senza contare che il Cancelliere tedesco e il premier spagnolo imputano alla “collega” socialista danese Frederiksen di aver accettato la corte di Giorgia Meloni solo per vendetta: perché imputa a loro la scelta a favore del portoghese Costa per la presidenza del Consiglio europeo.
Un aspetto che non trasformerà lo stesso Costa in un alleato dei “falchi” anti-migranti. La campagna meloniana d’Albania è dunque partita ma rischia già di arenarsi.
(da la Stampa )
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