NEL DISCORSO DI VON DER LEYEN UN CONTENTINO PER TUTTI, MA SENZA ANIMA
COMPETITIVITA’ PER IL PPE, CONFERMA DEL GREEN DEAL PER I SOCIALISTI, LOTTA ALLA POVERTA’ PER LA SINISTRA, CONTROSTO ALLA MIGRAZIONE PER I CONSERVATORI… UNICI IMPEGNI REALI: SOSPENSIONE DEGLI ACCORDI CON ISRAELE E SOSTEGNO ALLA STAMPA LIBERA
Un contentino per tutti. In un quadro di guerra in cui le richieste avanzate non devono,quindi, essere esose e le risposte non possono che essere limitate. E con una grande assenza: l’anima. Il discorso sullo Stato dell’Unione della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, era atteso come il momento di rilancio dell’Unione dopo le difficoltà dell’ultimo anno. A cominciare dall’intesa con gli Usa sui dazi. La leader dell’esecutivo europeo, preoccupata dalle contestazioni che stanno emergendo tra i banchi del Parlamento comunitario e in particolare nella sua maggioranza tradizionale, ha scelto la strada di offrire a tutti i gruppi un osso da addentare. Un po’ di competitività per il Ppe, la conferma del Green Deal per i socialisti, la lotta alla povertà (“da eradicare entro il 2050”) per la sinistra, il contrasto alla migrazione per i Conservatori. Il tutto con una serie di annunci di fondi, mobilitazioni, istituti o centri e qualche testimonial da esporre in aula. Ma senza un’anima, senza una visione o una direttrice che in qualche misura possa motivare classe dirigente e cittadini europei. Senza cogliere le radici della crisi in corso in Europa e soprattutto senza scegliere.
Nell’incertezza politica non hai mai parlato della coalizione che l’ha sostenuta e si è rivolta vagamente alle “forze democratiche ed europeiste”. Anche quando è stata attaccata dall’estrema destra in riferimento alla disinformazione, si è limitata a dire “voi”.
La sintesi è l’“appello all’unità”, giustificato dalla fase di difficoltà economica e militare dell’Unione, si basa anche su presupposti corretti. Ha descritto un’Europa in guerra, o meglio “in lotta”, per fronteggiare il nemico russo. Ha ricordato che il destino dell’Ucraina è anche quello dell’Ue e per questo ci sarà bisogno di un’altra stagione di allargamenti (a Kiev, alla Moldova). Ha giustamente osservato che a Pechino la scorsa settimana si è formata una coalizione anti-occidentale con cui l’Europa dovrà fare i conti. Non ha dunque fatto passi indietro sulla necessità di rendere “indipendente” l’Ue anche sul piano militare entro il 2030 lanciando l’idea di un “semestre europeo della Difesa”.
Da notare che – non a caso – il presidente americano non compare mai nel suo intervento: il nome Donald Trump non è mai stato evocato in aula. E ha ribadito che ci saranno presto nuove sanzioni economiche contro Mosca. Ma il tutto in un quadro di tante promesse, tanti verbi al futuro e poca efficacia immediata.
Su due punti è stata invece fattiva. Su Gaza annunciando che la Commissione farà da subito tutto ciò che è in suo potere a partire dalla sospensione dei pagamenti nei confronti di Israele e riproponendo la sospensione dell’accordo commerciale con lo Stato ebraico.
E sulla disinformazione. Prendendo finalmente atto pubblicamente che una stampa libera è una garanzia per la
democrazia e per svelare le bugie degli autocrati (le scontro verbale con l’estrema destra con qualche urlo in aula si è consumato su questo punto). E che per sostenerla la Commissione attiverà una azione per la “resilienza dei media”.
Ma forse, per uscire dalle paludi dell’immobilismo, al Vecchio Continente serve qualcosa di più. E l’accenno finale alle riforme per rendere le istituzioni europee più efficiente (superando la regola dell’unanimità) appariva, appunto, solo come un accenno.
(da Repubblica)
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