“NETANYAHU SA CHE GLI STATI UNITI LO SOSTENGONO A PRESCINDERE”: JOSHUA LANDIS, CAPO DEL “CENTER FOR MIDDLE EAST STUDIES” DELL’UNIVERSITÀ DELL’OKLAHOMA, PARLA DEL RAPPORTO DI SUDDITANZA DI “THE DONALD” NEI CONFRONTI DI “BIBI”
“FINORA TRUMP NON HA MAI PRESO DAVVERO LE DISTANZE DALLE AZIONI ISRAELIANE E ANZI, OFFRE SOSTEGNO. SI È LASCIATO COINVOLGERE NEI BOMBARDAMENTI IN IRAN DI MAGGIO (ANDANDO CONTRO ALLA SUA BASE ELETTORALE)
«Israele non ha intenzione di fermare la guerra a Gaza: e l’attacco di Doha lo dimostra. Netanyahu intravede una vittoria politica che considera storica: ha la possibilità di impadronirsi della Striscia, impedire definitivamente la formazione di uno Stato palestinese, soddisfacendo pure la destra messianica che governa con lui con l’aspirazione di ridisegnare i confini biblici del “Grande Israele”.
Infatti, è sempre più il pilastro del suo governo, considerato alla stregua di un eroe nazionale». Joshua Landis è l’analista a capo del “Center for Middle East Studies” dell’Università dell’Oklahoma, fra i maggiori conoscitori americani di dinamiche mediorientali.
Siamo davanti a una nuova escalation?
«Un passo ulteriore rispetto a quanto già visto in Libano e Iran. Netanyahu sta estremizzando sempre più le sue politiche perché sa che gli Stati Uniti lo sostengono a prescindere. Infatti la vera vittima dell’attacco è la diplomazia: insieme a qualunque prospettiva di cessate il fuoco a Gaza, temporanea o meno. Il Qatar è stato finora il grande facilitatore del dialogo con Hamas.
Paese che ha sì, buoni rapporti con la galassia della Fratellanza musulmana, al punto da essere accusato da Israele di sostenere il terrorismo. Ma pure buon alleato degli americani con cui ha riallacciato i rapporti commerciali, tanto da regalare un aereo a Trump».
Il presidente Usa ha preso le distanze dall’attacco.
«Se avesse voluto fermarli lo avrebbe fatto. La realtà è che finora non ha mai preso davvero le distanze dalle azioni israeliane e anzi, gli offre sempre sostegno. Si è lasciato coinvolgere nei bombardamenti in Iran di maggio.
E sta facendo enorme pressioni sui giovani americani che protestano per Gaza e sulle università che glielo hanno permesso. Senza dimenticare che ha appena negato i visti ai dirigenti dell’Autorità Nazionale palestinese attesi all’assemblea generale dell’Onu».
Qual è il suo interesse?
«Pensa ai suoi affari e alla politica interna: i grandi donatori ebrei, compresi quelli che fino a poco tempo fa sostenevano i democratici, ora si avvicinano a lui spaventati dall’ondata di antisemitismo indubbiamente reale. Come la base evangelica, pure quella sostenitrice dell’idea di un ritorno ai confini del “Grande Israele” per via di una profezia. No, Doha non cambierà le sue politiche e d’altronde è già passato oltre, affermando: “Questo sfortunato incidente sarà un’opportunità per la Pace”».
Il Qatar ora dice che proseguirà l’attività diplomatica.
«Diciamo che se decidesse di sottrarsi, a pagare sarebbero solo i palestinesi. Ma c’è poco da illudersi. La condizione dei gazawi sta destando l’indignazione mondiale ma non l’azione dei governi.
Pagano sulla loro pelle la vigliaccheria — o meglio gli interessi — degli altri Paesi arabi e dell’Europa. Perché a questo punto solo l’impegno congiunto della comunità internazionale potrebbe mettere fine alla guerra. E quello non c’è».
Come finirà?
«Nella Striscia i palestinesi continueranno a morire, tanto più che non possono nemmeno fuggire, visto che per loro tutte le porte sono chiuse. Anche la liberazione degli ostaggi non è più una soluzione: Israele non si fermerà in nessun caso, è troppo vicina ai suoi obiettivi.
Non vuole nemmeno il cessate il fuoco, perché una pausa permetterebbe alla comunità internazionale di far piani di ricostruzione che renderebbero poi più difficile riprendere la guerra. Il paradosso è che per distruggere fino all’ultimo uomo di Hamas si rischia di creare una nuova generazione di terroristi.
Cui Israele si prepara crescendo una nuova generazione di militari. Una spirale senza fine».
(da La repubblica)
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