PERCHE’ L’OCCUPAZIONE CRESCE SOLO TRA GLI OVER 50
IL COMBINATO TRA DEMOGRAFIA E LEGGE FORNERO FA SI’ CHE GLI ULTRA 50ENNI STABILISCANO “RECORD”, MENTRE I GIOVANI CALANO
I posti di lavoro in Italia continuano a salire, ma quasi esclusivamente grazie all’aumento degli occupati con oltre 50 anni di età. Come è possibile? Sembra un’assurdità, ma è così. La crescita cui stiamo assistendo nel nostro mercato del lavoro non è segno dell’età dell’oro di cui parla il governo Meloni, ma prima di tutto la conseguenza di due fattori: quello demografico “trascina” sempre più persone nella fascia over 50; quello previdenziale, l’innalzamento dell’età pensionabile, le trattiene al lavoro. Ogni mese l’Istat mostra un aumento di occupati con incrementi enormi tra gli over 50 mentre nelle fasce più giovani vediamo avanzamenti miseri o persino riduzioni.
Guardiamo i dati di luglio. Su base annuale, gli occupati sono cresciuti di 218 mila. Segno che l’economia è ancora in espansione, come avviene dal 2021, anche se negli ultimi mesi ha rallentato con il Pil che ha segnato -0,1% nel secondo trimestre 2025.
Sempre nell’ultimo anno, gli occupati over 50 sono saliti di 408 mila, mentre nella fascia 35-49 anni sono addirittura scesi di 160 mila. Come è spiegabile? Torniamo ai due fattori, demografico e previdenziale, che agiscono ai due estremi. La popolazione sta invecchiando e ogni mese aumentano gli over 50; quindi sale fisiologicamente il numero di occupati che entrano nella fascia over 50. Questo aumento, però, non sarebbe così grande se non intervenisse anche il fattore all’altro estremo: la salita dell’età pensionabile che blocca l’uscita dei sessantaduenni, sessantatreenni, sessantaquattrenni etc… Se l’età pensionabile fosse più bassa, le maggiori uscite mitigherebbero l’effetto demografico sui dati sul lavoro, con minore crescita tra gli over 50.
Guardiamo ora i 35-49enni. In questa fascia, la popolazione si riduce, perché i neo-trentacinquenni che entrano sono meno dei neo-cinquantenni che escono. Su base annuale, diminuiscono tutte le componenti: -160 mila occupati, meno mille disoccupati e -83 mila inattivi (quelli che non cercano nemmeno un lavoro). In questa fascia, malgrado la sensibile riduzione di occupati, il tasso di occupazione – che è una percentuale – è invece cresciuto dello 0,3%, arrivando al 77,6%. Anche in questa fetta di popolazione agiscono due elementi: la demografia, che fa calare il numero di persone, e la crescita che, seppur lentamente, fa aumentare le assunzioni delle imprese.
Come è possibile, quindi, che il tasso di disoccupazione generale continui comunque a scendere, malgrado la gran parte dell’aumento di occupazione sia dovuto all’innalzamento
dell’età pensionabile che mantiene gli anziani al lavoro? Anche questo è dovuto a una diversa dinamica nelle varie fasce d’età. Premessa: la disoccupazione può diminuire sia per l’aumento dell’occupazione sia per l’aumento dell’inattività. Infatti, se le persone smettono di cercare un posto, diventano inattive e questo fa calare la disoccupazione, ma non è affatto positivo. Nell’ultimo anno, il tasso di inattività degli over 50 è calato di molto (-1,3%), nei 35-49enni è migliorato molto poco (-0,3%), mentre è salito – quindi peggiorato – dello 0,4% nei 25-34enni e dell’1,7% negli under 24. Mentre gli over 50 fanno scendere la disoccupazione grazie all’aumento degli occupati, i gruppi più giovani la fanno calare grazie alla crescita degli inattivi, cioè delle persone che rinunciano a cercare lavoro. Lo conferma Giorgio Alleva, economista ed ex presidente Istat: “Negli ultimi tre mesi – spiega al Fatto – gli occupati sono aumentati significativamente solo per gli over 50, e i disoccupati sono leggermente aumentati in tutte le classi di età. Gli inattivi sono invece molto aumentati tra i giovani (15-24 e 25-34 anni di età), cosa non certo positiva, e diminuiti per le altre classi (35-49 e 50 e oltre)”. Alleva tiene però a specificare che i dati mensili vanno letti con cautela, e che per comprendere la dinamica del mercato del lavoro bisogna “leggere, unitamente a quei dati, su base almeno trimestrale, le ore lavorate e le retribuzioni”.
Ha poco senso vantarsi dei record di occupati in un Paese che da decenni occupa gli ultimi posti nel confronto europeo. Il governo Meloni però insiste nell’enfatizzare i numeri. La crescita c’è, è innegabile, ma è stata trainata dall’edilizia e dai servizi; la§
produzione industriale è invece in calo da due anni. Da quando Meloni siede a Palazzo Chigi, gli occupati sono cresciuti di 1 milione e 147 mila. Nella fascia over 50, sono saliti di 1 milione e 172 mila. Per i motivi appena detti, la crescita di occupati nella popolazione anziana è addirittura superiore all’intera crescita generale. La disoccupazione nella fascia tra 25 e 34 anni è ancora alta, all’8,4%. Con questi dati, un osservatore serio avrebbe ben poco da esultare.
(da ilfattoquotidiano.it)
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