PROFUMO: IL BANCHIERE TRADITO DALLA POLITICA
LA CORDATA LIBICA E’ SOLO UN PRETESTO, SEMMAI PORTAVA CAPITALE FRESCO…PROFUMO VOLEVA UNA BANCA UNICA E INTERNAZIONALE, MA IL SUO PROGETTO DAVA FASTIDIO ALLE PARROCCHIETTE LOCALI E AI LEGHISTI ATTACCATI ALLA POLTRONA… LA LONGA MANUS DI GERONZI E DI BERLUSCONI
Per avere un quadro delle conseguenze internazionali della cacciata di Alessandro Profumo dal vertice di Unicredit, sarebbero sufficienti alcuni commenti di qualificati giornali economici internazionali: “Profumo è troppo moderno per l’Italia” titola il “Financial Times”, “Profumo, la grande eccezione, una figura autonoma” si legge su “Handelsblatt”, “Profumo aveva impresso un vero cambiamento” ricorda il Wall Street Journal.
In tanti, in primis Tremonti, giudicano un errore la messa alla porta dell’ amministratore delegato di Unicredit che, comunque la si pensi, è da tutti ritenuto uno dei più abili manager in circolazione: in 15 anni era riuscito a trasformare la banca nel più grande gruppo creditizio italiano e in uno dei maggiori europei.
Anche attraverso bracci di ferro con i piccoli feudi locali delle tante fondazioni: insensibile alle pressioni politiche e con una strategia che aveva come fine solo quello di creare valore al gruppo.
Unicredit cresceva più e meglio delle banche concorrenti, fino alla crisi dei mercati internazionali che hanno colpito tutti gli istituti bancari.
E chi tramava da tempo ha deciso che fosse giunto il momento per attaccare colui che era definito “Alessandro il Grande” dagli amici e “Mr. Arrogance” dai suoi detrattori.
Non è certo il disaccordo sulla presenza dei libici che ha indotto le fondazioni italiane e gli azionisti tedeschi a sfiduciare Alessandro Profumo, peraltro senza scegliere subito un sostituto, come dovrebbe avvenire in una grande banca internazionale.
Sarebbe infatti sciocco opporsi a un socio di minoranza che non esita a mettere mano al portafogli quando la banca ha bisogno di capitale fresco.
La Libia è solo un pretesto.
Il vero motivo è da ricercarsi nella strategia di Profumo: quella di creare una grande banca internazionale, una struttura unica e coesa, efficiente, in grado di ridurre i costi e di elargire ai clienti servizi più favorevoli.
Ma questo obiettivo andava contro gli interessi localistici di chi invece tutela la parrocchietta e la moltiplicazione delle poltrone.
“Quando ci sono delle decisioni che incidono sul mio territorio ho diritto di dire la mia”, ha proclamato ieri Flavio Tosi, sindaco leghista di Verona.
Tosi omette di spiegare perchè teme la banca unica: forse perchè essa ridurrebbe il suo “peso politico” in Unicredit?
Anche perchè il sindaco di Verona non è certo azionista di Unicredit ma si limita a far occupare poltrone ben remunerate alla sua corte locale.
Oppure pensa che danneggerebbe le aziende della sua città ?
Ma se così fosse, come mai ieri Emma Marcegaglia, presidente degli industriali, è scesa in campo in difesa del progetto di Profumo?
I politici della Lega ormai sono come i vecchi democristiani: controllano il territorio (e i voti) attraverso le Casse di risparmio e le municipalizzate.
“Temono Gheddafi e poi regalano la banca ai tedeschi” commentava amaro ieri Profumo, mentre anche certi leghisti più accorti gli rilasciavano attestati di stima e commentavano pesantemente le capacità strategiche di Zaia e Tosi.
Certi “grandi giochi” vedono i leghisti usati come manovalanza: Draghi che dà il via libera a Geronzi per ribaltare Unicredit in cambio dell’appoggio alla presidenza della Bce, l’asse Geronzi-Berlusconi in vista della sistemazione del risiko dei poteri forti, ovvero la fusione tra Generali e Mediobanca, obiettivo perseguito da tempo da Geronzi, con la cacciata di un manager autonomo come Profumo.
Altro che libero mercato, in Italia le casseforti dell’economia e della finanza sono in mano ai soliti noti, tra politici affaristi e finanzieri collusi con la poitica. Con questa mossa il premier tacita la Lega, ridimensiona Tremonti, accontenta Draghi e si libera di una testa pensante
Mentre Geronzi ora può puntare a rappresentare la punta avanzata di un capitalismo italiano sempre più provinciale e autoreferenziale, colluso con la politica.
Un po’ di Profumo di autonomia in meno e un po’ di odore di vecchio regime in più.
Questo è il risultato dell’operazione di ieri.
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