PUTIN, AL FRONTE VACCI TU! I RUSSI NON VOGLIONO ANDARE A MORIRE IN UCRAINA
TRA CODE ALLA FRONTIERA E INTERROGATORI DELLA POLIZIA ALLA STAZIONE C’È CHI SI RIFUGIA IN QUALCHE DACIA NASCOSTA VICINO SAN PIETROBURGO … C’E’ CHI SCAPPA IN MONOPATTINO, CHI ASPETTA DIECI ORE NASCOSTO IN AUTO PUR DI LASCIARE IL PAESE: “QUESTO GOVERNO HA SCELTO LE ARMI E HA DISTRUTTO I RAPPORTI TRA I NOSTRI POPOLI”
Aleksandr ha capito subito che tirava una brutta aria quando martedì sera hanno annunciato un imminente discorso del presidente russo Vladimir Putin. Il ventinovenne di San Pietroburgo ha subito iniziato a cercare biglietti aerei per la Turchia e l’Armenia.
Ma era già tardi: la maggior parte dei voli erano pieni, quelli rimanenti costavano migliaia di dollari. La mattina dopo i suoi peggiori timori si sono avverati: Putin ha annunciato la mobilitazione parziale del Paese, chiamando alle armi 300 mila riservisti per sostenere lo sforzo bellico in Ucraina.
«Sono anni che mi oppongo a questo governo, non ho nessuna intenzione di andare a combattere per esso», spiega Aleksandr. A corto di opzioni, il ragazzo ha comprato in fretta e furia un volo interno per Ekaterinburg, sui monti Urali. Da lì è riuscito a ottenere un passaggio in macchina fino al confine con il Kazakhstan. Quando è arrivato alla frontiera si erano già formate lunghe file di uomini in fuga. «Ho dovuto aspettare almeno dieci ore per passare il confine», ricorda Aleksandr. Ora il ragazzo si trova a Kostanay, la prima città kazaka dopo il confine.
Trovare un alloggio è stata un’impresa: la città è invasa dai russi che scappano dalla mobilitazione. Il piano ora è raggiungere Astana, la capitale, dove Aleksandr verrà raggiunto dalla moglie Veronika e dal figlio di un anno, Mark.
Vivranno lì per tre mesi, poi si vedrà. «Sono triste perché lascio la mia famiglia e i miei genitori anziani, perché non so quando potrò tornare. Mia nonna è già molto vecchia, non so se la rivedrò ancora», racconta il giovane. A dargli forza, la consapevolezza che sta agendo per il bene della sua famiglia, per il futuro di Mark.
Nell’ultimo periodo, vivere in Russia era diventato difficile a causa dell’onnipresente propaganda bellicista, presente perfino nelle scuole. «Se le cose non cambiano in Russia, non vedo un futuro per mio figlio», dice Aleksandr. «Il nostro governo non solo sta distruggendo il Paese vicino, ma anche il nostro stesso Paese», commenta. Come Aleksandr, migliaia di altri uomini stanno fuggendo dalla Russia per sottrarsi alla mobilitazione.
Il tempo stringe, visto che molti dei Paesi limitrofi hanno chiuso i confini. La prossima a farlo sarà la Finlandia, ai cui valichi si stanno formando lunghe code. Secondo la ong Guide to the Free World circa 70 mila russi sono già fuggiti o stanno escogitando piani di fuga. Chi non è riuscito a prendere un biglietto aereo e non ha altri mezzi sta fuggendo a piedi verso il confine.
Il timore diffuso è che il governo imponga la legge marziale e chiuda i confini. Mentre molti scelgono la fuga all’estero, altri preferiscono darsi alla macchia. Come Pavel, 31 anni, programmatore. La mattina della mobilitazione, Pavel è stato bombardato di chiamate da amici e parenti che lo volevano convincere a lasciare il Paese immediatamente: lui è un ufficiale in riserva, dunque rientra nella categoria di quelli che verranno mobilitati per primi.
Alcuni amici, trasferitisi negli Emirati Arabi all’inizio del conflitto in Ucraina, volevano comprargli un biglietto aereo per permettergli di raggiungerli. Una volta lì, gli hanno detto, non sarà difficile trovare un lavoro ben pagato. Dopo una breve riflessione, Pavel ha deciso che non partirà: è troppo legato alla sua terra, alla sua amata San Pietroburgo. Ha così lasciato il suo appartamento di città per rifugiarsi nella sua dacia (la casa di campagna dei russi) in mezzo ai boschi.
Resterà lì per il prossimo futuro, dove le autorità difficilmente potranno rintracciarlo. Eviterà accuratamente i trasporti pubblici, dove pattuglie di poliziotti, secondo alcune fonti, già fermano uomini in età militare. «Alla stazione dei treni ho già visto che fermavano persone e le portavano via per interrogarle», racconta il ragazzo.
Pavel si è sempre considerato un patriota della Russia. Per lui, il conflitto in Ucraina è una «guerra fratricida» in cui non vuole avere nulla a che fare. «La Russia avrebbe potuto attrarre l’Ucraina a sé in molti modi, dare un buon esempio, sviluppando i nostri legami culturali, sociali ed economici», commenta amaro. «Invece questo governo ha scelto le armi e ha distrutto i rapporti tra i nostri popoli».
(da “la Stampa”)
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