QUATTRO DONNE SU DIECI VENGONO UCCISE DAL PARTNER, MA FANNO MENO NOTIZIA PERCHE’ GLI AUTORI SONO QUEGLI ITALIANI CHE SEMBRANO “BUONI PADRI DI FAMIGLIA”
FEMMINICIDI, RAPPORTO ISTAT: I CENTRI ANTIVIOLENZA SONO POCHI E MAL FINANZIATI
Otto donne su dieci vengono uccise da una persona che conoscono bene, di cui si fidano. Più di quattro donne su dieci vengono uccise dall’attuale compagno/fidanzato/marito o dall’ex.
È così da tempo, una sorta di condanna senza appello che inchioda una quota di donne a subire gli affetti in una logica immutabile nonostante gli appelli, le campagne, la formazione.
È quanto emerge dall’ultimo report Istat sugli omicidi nel 2017.
Lo scorso anno ci sono stati 123 femminicidi, otto vittime su dieci sono italiane. L’80,5% delle donne è stata uccisa da una persona che conosceva: nel 43,9% dei casi è un partner (35,8% attuale, 8,1% precedente), nel 28,5% un parente (inclusi figli e genitori) e nell’8,1% un’altra persona conosciuta.
Tra i partner, nel 2017, i mariti e gli ex mariti sono stati gli autori di più della metà degli omicidi, mentre i fidanzati e i conviventi (o ex-fidanzati ed ex conviventi) lo sono stati per il 48,1% dei casi, con una percentuale in crescita rispetto agli anni precedenti (era il 37% nel 2013, il 33% nel 2014, il 21,5% nel 2015 e il 30% nel 2016).
I femminicidi sono in calo – erano stati 145 nel 2016 secondo l’Istat – ma la diminuzione è minima e gli omicidi di donne restano un problema culturale ancora irrisolto e non facilmente risolvibile.
L’Istat sottolinea che per il carattere domestico della violenza, non hanno alcun effetto le politiche decise nel settore della sicurezza e della lotta alla criminalità organizzata, che hanno invece favorito un forte calo degli omicidi degli uomini.
Una soluzione è rappresentata dai centri antiviolenza dove vengono accolte le donne che riescono a allontanarsi prima che sia troppo tardi, ma sono pochi e mal finanziati. Nel 2017 i 78 centri che fanno capo alla rete Di.Re hanno accolto 20.137 donne. Sono soprattutto italiane (il 68%).
Qualsiasi forma di indipendenza economica è da escludere per circa il 35%: le donne disoccupate sono il 23%, le donne casalinghe intorno all’8%, le studentesse il 3,9%.
La violenza più frequente è quella psicologica, subita dalla grande maggioranza delle donne (73,6%), seguita da quella fisica (62,1% dei casi).
La violenza economica viene esercitata su un numero di donne abbastanza elevato (30,7%) mentre la violenza sessuale e lo stalking riguardano percentuali più basse (13,5% e 16,1%, rispettivamente).
Il maltrattante è quasi sempre il partner (56% circa dei casi) oppure l’ex partner (quasi il 20%). Questo significa che nel 75,7% dei casi la violenza viene esercitata da un uomo in relazione con la donna.
Per combattere la violenza sulle donne è necessario attivare interventi e finanziare i centri dove le donne possono trovare rifugio e la possibilità di ricostruire la loro vita. Ma i finanziamenti sono insufficienti, in alcune regioni come Lazio e Calabria oltre la metà dei i centri non riescono ad accedere ad alcun finanziamento pubblico: rispettivamente nel 66,7% e nel 50% dei casi.
In occasione della Giornata internazionale sulla violenza contro le donne del 25 novembre, la rete D.i.Re ha deciso di lanciare #alidiautonomia, campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi destinati al progetto «Germogli di autonomia» che consentirà alle donne e ai loro figli e figlie in uscita dalla violenza e con particolari difficoltà economiche di completare il percorso verso la piena autonomia nel medio-lungo periodo.
Dal 19 al 26 novembre alla Campagna è legato il numero solidale 45593 per donare 2 euro da cellulare personale Wind Tre, TIM, Vodafone, PosteMobile, Iliad, Coop Voce, Tiscali, 5 euro da rete fissa TWT, Convergenze e PosteMobile e 5 o 10 euro da rete fissa TIM, Wind Tre, Fastweb, Vodafone e Tiscali.
(da “La Stampa”)
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