RENZI VUOLE ARRIVARE AL 2017 (CON I VOTI DI FORZA ITALIA)
ORA IL GOVERNO È PRONTO A TRATTARE CON BERSANIANI E BERLUSCONIANI SULL’ELETTIVITà€ DEI SENATORI
Maria Elena Boschi quando esce dall’aula di Montecitorio ha un sorriso smagliante. Quei 365 sì alla fiducia sull’Italicum sono un risultato più che soddisfacente.
“La legge elettorale come pistola per andare alle urne? Ma con questi numeri come si fa a parlare di caduta del governo?”.
Il commento tra i renziani di ogni ordine e grado è unanime. Preoccupazione sulle due fiducie di oggi, sul voto finale segreto alla legge di martedì prossimo o sul futuro del governo? Nessuna.
“Due ex segretari, un ex premier, un ex capogruppo e un ex presidente del partito non sono stati determinanti”, dicevano i fedelissimi. E dunque, sanzioni in vista? Nessuna.
Matteo Renzi poco prima che si iniziasse a votare ha mandato una eNews in cui parlava della riforma della scuola (promettendo modifiche) e della “visione strategica” per i prossimi 20 anni dell’Italia.
Il suo modo per dimostrare che è già oltre. Però, c’è un però, che ostacola le magnifiche sorti progressive del renzismo: in Senato i numeri sono risicatissimi.
E come si fa a governare con la minoranza di un partito che in realtà aspetta solo il momento giusto per far fuori il suo segretario-premier?
La risposta è lì, dietro l’angolo.
Mentre all’ultima riunione del gruppo Pd, Speranza si dimetteva, Luca Lotti ostentava sicurezza. “Non c’è problema”, commentava, parlando con i deputati.
Sicurezza derivante dal Pd? No, da Forza Italia, nella persona di Denis Verdini e i suoi.
“Su 15 senatori di Forza Italia possiamo già contare”, spiegava ieri un deputato renzianissimo. “E poi, dopo le regionali, si spaccano e votano con noi”.
Insomma, per andare avanti Renzi conta su un nuovo Patto del Nazareno.
Se esce qualche voto della minoranza dem, ne entra qualcuno degli azzurri. Perchè lui del Pd non si fida da inizio legislatura.
Lo scoglio più forte sono le riforme costituzionali.
Il Senato deve votare la sua abolizione. I tecnici del ministero delle Riforme, insieme ai costituzionalisti più vicini a Renzi, stanno lavorando a modifiche.
Per andare incontro alla minoranza più dialogante. Ma anche per cedere a una richiesta di Forza Italia. Renzi sarebbe pronto a fare qualche concessione sull’elettività dei senatori.
Non cambiando l’articolo 2 (la Camera l’ha approvato, e dopo la seconda copia conforme non è più modificabile ).
Ma andando a scrivere le leggi attuative, che regolano le elezioni regionali. Ci sono due possibilità : i nuovi senatori verranno eletti con un listino affiancato alle liste per le regionali. Oppure, verranno eletti senatori i consiglieri regionali che ottengono il maggior numero di preferenze. Ipotesi che fino ad ora Renzi aveva respinto.
Ma che, all’occorrenza, potrebbero entrare nella trattativa.
Perchè il segretario-premier a portare a casa le riforme ci tiene davvero: è un tassello da offrire alla pubblica opinione.
Entrato in vigore l’Italicum, abolito il Senato così come lo conosciamo, allora sì che potrebbe andare alle urne. Alla fine del 2016 o all’inizio del 2017. Prima del congresso Pd.
Un modo per battere sul tempo le minoranze, che forse guardano a una scissione, ma non nell’immediato. E cercano di costruire un’alternativa proprio in vista del congresso.
In uno scenario così complesso, l’incidente o l’accelerazione voluta sono sempre possibili: e allora, se il governo cade, come si vota?
Tecnicamente, una legge elettorale non c’è ancora. L’Italicum, una volta approvato, non è valido fino al primo luglio 2016, e comunque non si può usare per il Senato.
Il Consultellum, così com’è non è applicabile. E a Camere sciolte, una legge elettorale per decreto non si può fare.
E allora? Stando anche alle valutazioni preventive del Colle, la strada più semplice sarebbe cancellare la clausola di salvaguardia dell’Italicum e andare a votare alla Camera con la nuova legge e al Senato con un Consultellum rivisto.
Comunque si aprirebbe un rebus su come modificare il Consultellum.
Ma questa soluzione a Renzi non dispiace: con l’8% di sbarramento per i piccoli, i grandi partiti si spartirebbero anche i voti di quelli che non entrano in Parlamento. Secondo i calcoli del premier e dei suoi, un Pd stimato al 40% potrebbe ottenere addirittura un 10% in più.
Tutto da vedere, anche perchè le maggioranze Regione per Regione in genere non regalano una maggioranza chiara.
Tra i pasdaran del renzismo, in molti sono convinti che all’occorrenza si troverebbe il modo di fare un decreto per estendere l’Italicum al Senato.
Peccato che la Costituzione lo nega. Ma c’è sempre un piano di riserva: quello di un governo ad hoc solo per scrivere una legge elettorale.
L’Italicum è una pistola che va caricata. I verdiniani invece sono una certezza, e Forza Italia una buona garanzia.
“Stiamo solo facendo il nostro dovere”, scriveva ieri il premier nella eNews. “Siamo qui per cambiare l’Italia. Non possiamo fermarci alla prima difficoltà ”.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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