RETE FERROVIARIA, L’ALLARME NEI REPORT SEGRETI: CONTROLLATO SOLO IL 10% DI PONTI, VIADOTTI E GALLERIE
I RAPPORTI DELL’AGENZIA PER LA SICUREZZA
Solo il 10% di ponti, viadotti e gallerie della rete ferroviaria italiana gestita da Rfi è stato controllato, ispezionato e sottoposto a conseguenti interventi strutturali negli ultimi otto anni.
E quando le ispezioni sono state fatte, spesso sono state fatte male.
È la preoccupante verità contenuta del report segreto dell’Agenzia per la sicurezza ferroviaria (Ansf) che Business Insider Italia è in grado di svelarvi in esclusiva.
La relazione — dal titolo “Gestione opere civili, relazione di sintesi attività Ansf”, datata 11 febbraio 2019, che fa il punto sullo stato dell’arte della manutenzione delle infrastrutture ferroviarie — non lascia per nulla tranquilli, tratteggiando un immediato parallelo con le mancanze sulla manutenzione della rete autostradale venute alla luce dopo il crollo del Ponte Morandi.
Nel report gli ispettori Ansf mettono nero su bianco pesantissime “criticità ”, quali: “ispezioni sulla tenuta statica di ponti, gallerie e viadotti mai fatte ma inserite comunque a computer”; “controlli sulle strutture effettuati senza strumenti idonei o da personale senza qualifica”; esami effettuati solo “a vista”, cioè solo nelle parti “visibili”, “tralasciando ogni controllo sulle parti strutturali come appoggi, travi cave, giunti ecc…”.
Non solo, in un altro documento segreto del quale Business Insider Italia è entrato in possesso, il report allegato all’Autorizzazione di sicurezza concessa da Ansf a Rfi il 14 giugno 2019, la stessa Agenzia, analizzando i documenti che certificano quelle procedure, riscontra “procedure superate o inutili”; controlli dichiarati sulla carta, ma la cui reale effettuazione è impossibile da ricostruire; regole che governano la manutenzione ridotte a semplici “affermazioni di principio del tutto insufficienti”.
Insomma, a leggere le risultanze dell’Autorità deputata a vigilare sulla sicurezza della circolazione dei treni, corre un brivido lungo la schiena per la quantità di carenze e mancanze.
Che risultano incomprensibili se si pensa che Rfi ogni anno riceve una valanga di soldi dallo stato: tra il 2010 e il 2018, solo per le manutenzioni ordinarie ha incassato 7,08 miliardi di euro, ai quali se ne aggiungono altri 4,35 per le manutenzioni straordinarie negli anni 2012-2017.
Nell’ultima Finanziaria il governo Conte ha previsto ulteriori 300 milioni per “interventi per la sicurezza della rete ferroviaria nazionale”. Un fiume di denaro ininterrotto, più che sufficiente a sistemare una rete che però fa acqua, sebbene costosissima. Per avere un’idea, l’Italia ha una rete che è metà di quella francese, ma spende due volte e mezza per mantenerla.
Il documento più preoccupante è quello sulle “Opere civili”: l’Agenzia inizia ad occuparsi di ponti e viadotti della rete nel 2011, dopo il crollo “di alcune arcate di un ponte sulla linea Lentini Diramazione-Gela, un viadotto (…) costruito fra il 1959 e il 1979”, che spinge l’Autorità a “prescrivere AL GESTORE (Rfi, ndr) l’adeguamento del proprio sistema di regole interne in tema di visita e controllo alle opere d’arte, al fine di allinearlo al contesto internazionale”.
Una scelta obbligata, visto che la maggior parte delle opere civili della rete “risale al periodo post-unitario e l’età media di ponti e gallerie supera i 50 anni”. Inoltre, i ponti ad arco in muratura, la maggioranza della rete, sono stati costruiti tra il 1830 e il 1920, in base ai carichi del tempo, assai diversi da quelli attuali.
Così Ansf impone a Rfi di stilare un programma di visite e manutenzione aggiornato (il precedente risaliva al 1994), che arriva nel 2013 e parte nel 2014, il quale prevedeva la conclusione dell’intero set di visite generali di tutte le 15 mila opere civili della rete entro fine 2021.
Ma il lavoro non procede velocemente, annota Ansf: “Come risultante dall’ultimo report prodotto da RFI (novembre 2018) sono state eseguite visite generali a 1.610 opere complessivamente su un totale circa 15 mila opere interessate (stato di avanzamento pari a poco più del 10%, rispetto ad un piano presentato ad ANSF nel 2014)”. Ovvero, in quattro anni si sono controllate poco più che 1 struttura su 10! Come Rfi pianifichi di controllare le restanti 13.400 entro i prossimi due anni il documento non lo dice.
A ciò si deve poi aggiungere che l’Italia è territorio sismico, tanto che Rfi dal 2003 “sta sottoponendo a verifica sismica 4909 opere del Sistema di grande viabilità ferroviaria”. A oggi sono state concluse le verifiche sismiche delle 705 opere individuate come prioritarie per la vulnerabilità sismica, sono state avviate le verifiche sulle rimanenti 4.204 opere, di cui circa 300 dovrebbero essere state già completate;
In esito alle verifiche previste, sono stati eseguiti circa 60 interventi di consolidamento.
Si procede lentamente, ma come si fanno queste ispezioni? E ancora: chi certifica che i lavori siano stati fatti ad arte?
Per legge deve essere Ansf a controllare e certificare, tuttavia l’Agenzia non ha in organico ingegneri strutturisti in grado di verificare la singole infrastrutture, tanto che secondo l’organigramma dell’Agenzia, gli uffici “Sottosistemi strutturali infrastruttura ed energia”, “Sottosistemi strutturali comando e controllo”, “Standard di sicurezza e Analisi del rischio”, risultano “attualmente privi di organico”.
Quindi l’unico modo che ha l’Autority per verificare è fare audit sulle attività di Rfi e verificare i documenti, come vedremo dopo. Cosa che fa, con risultati per nulla tranquillizzanti. Anzi. Tra le tante pecche riscontrate tra il 2012 e il 2017, si annoverano:
— carenze sulla “dotazione tecnologica minima a supporto delle visite; “mancato aggiornamento del sistema informatico di registrazione delle attività manutentive”;
— visite “che non risultavano svolte secondo la periodicità prevista”; controlli eseguiti “da personale di preparazione non sempre adeguata o non dotato di strumentazione idonea”; nel caso di attraversamenti di proprietà di enti terzi (sovrappassi stradali, ecc.) “le verifiche erano normalmente eseguite solo esteriormente e per la parte visibile dalla ferrovia, tralasciando ogni controllo sulle parti strutturali (appoggi, travi cave, giunti, ecc.); “mancata effettuazione di visite alle opere d’arte e la presenza di criticità che impedivano la regolare esecuzione delle visite per quelle opere dichiarate non visitabili; in alcuni casi la situazione delle attività di controllo periodico registrate nel sistema informatico non è risultata coerente con quella reale”;
— in altri casi la rappresentazione delle attività di controllo periodico registrate nel sistema informatico è risultata non del tutto coerente con quella reale, compresi gli aspetti correlati alla tracciatura degli esiti e delle azioni conseguenti;
Che la messa in sicurezza dei ponti proceda a rilento, quando non procede proprio, lo dimostra la direttiva emanata da Rfi a settembre 2019 a tutti i suoi dipendenti con la lista di tutte le limitazioni di velocità imposte ai treni nei tratti ritenuti pericolosi. Confrontando la lista del 2019 con quella precedente, datata 2015, si nota che nessun “punto caldo” è stato cancellato: nel 2015 risultavano 34 ponti a rischio e 34 ponti sono riportati nel 2019. Segno che nessun intervento è stato effettuato.
Due pagine della relazione dell’Agenzia per la sicurezza ferroviaria di novembre 2019 inerente alla manutenzione della rete gestita da Rfi.
Il report sulla Sicurezza
È alla luce di quanto contenuto nel report di febbraio che si deve leggere l’altro documento segreto del 14 giugno 2019. Si tratta dell’Autorizzazione di Sicurezza che Ansf concede a Rfi, necessaria alla società per poter operare, un giorno prima dell’entrata in vigore delle nuove regole europee sulla sicurezza. Un documento che contiene una lunga serie di prescrizioni seguite all’esame effettuato sull’insieme di procedure, norme, obblighi vigenti all’interno di Rfi per assicurare manutenzione, gestione e formazione. Tanto che l’Agenzia concede il nullaosta con validità dimezzata: due anni e sei mesi, al posto dei canonici cinque anni.
Nei giorni scorsi, Business insider Italia aveva denunciato come tutti gli operatori ferroviari fossero in forte ritardo rispetto ai parametri minimi di sicurezza richiesti dalle norme già a fine 2018, con il 58% dei criteri obbligatori “non soddisfatto” o “parzialmente soddisfatto”. Avevamo anche sottolineato come i report allegati alle singole autorizzazioni — tra il 20 maggio 2019 e il 14 giugno 2020 Ansf rilascia ben 7 autorizzazioni di Sicurezza — fossero segretati e conoscibili solo dagli operatori.
Le tre pagine della lettera di Ansf che accompagna il report segreto allegato all’Autorizzazione di sicurezza.
Questo è uno di quei documenti segreti. Per comprendere quanto sia problematica la situazione, basta leggere la lettera di accompagnamento del report, nella quale i vertici Ansf impongono alla controllata di Fs di definire entro il 30 settembre 2019 “un dettagliato piano di adeguamento del Sistema di gestione della sicurezza”, che porti alla “risoluzione delle altre non conformità presenti nel medesimo report”. Invitano poi Rfi a istituire al più presto “un tavolo tecnico congiunto al fine di sopportare la transizione del Sistema di gestione della sicurezza di codesto Gestore (cioè Rfi, ndr) verso la conformità ai suddetti requisiti”.
Si tratta dell’unico limite temporale imposto alla società , sebbene ci si sarebbe aspettati che, date le mancanze riscontrate, l’Agenzia imponesse limitazioni chiare e ordini obbligatori, se non veri e propri stop alla circolazione.
Nella stessa missiva di accompagnamento a firma del direttore Marco D’Onofrio si sottolinea come Rfi “sia responsabile (…) della congruità tra le risorse disponibili e le attività svolte”. Un’annotazione importante, soprattutto alla luce della recente iscrizione nel registro degli indagati per il reato di disastro ferroviario colposo dell’ex direttore di Ansf, Amedeo Gargiulo e del suo vice di allora (impossibile saperne il nome) per la strage di Pioltello.
Secondo la procura di Milano, l’agenzia non avrebbe vigilato sulla manutenzione effettuata da Rfi sulla tratta Milano-Cremona, dove la mancata sostituzione di un giunto nei binari (lesionato e segnalato da mesi) causò il deragliamento del 25 gennaio 2018, costato la vita di tre passeggeri e il ferimento di altri cinquanta. Ad aggravare la situazione la notizia che domenica 13 ottobre 2019, sulla stessa linea, un altro treno ha rischiato di deragliare per un altro pezzo di binario rotto. Episodio finito nel fascicolo della procura.
Interrogata sugli aspetti non in regola riportati dal documento, Ansf ha precisato che: “Nel rapporto di valutazione sono riportate carenze nella tracciatura dei processi all’interno della documentazione costituente il Sistema di Gestione della Sicurezza, chiarendo in questa sede che carenze documentali non equivalgono a carenze dei processi. Premesso quanto sopra, le valutazioni operate da ANSF hanno consentito di poter affermare il sussistere di una capacità operativa del gestore RFI nel garantire il funzionamento sicuro della propria parte di sistema ferroviario e la necessità , nell’ottica del miglioramento continuo della sicurezza, di migliorare e/o evidenziare la tracciabilità dei processi e delle loro correlazioni all’interno della documentazione che costituisce il Sistema di Gestione della Sicurezza”.
Stessa posizione di Rfi, la quale fa sapere che “Tutti i rilievi dell’ANSF riguardano aspetti legati alla conformità documentale e non a effettive carenze. La conferma di ciò sta nel fatto che l’intero insieme documentale presentato per il rinnovo senza modifiche significative è stato già approvato nel 2014 e ha portato al conseguimento dell’Autorizzazione di Sicurezza 2014/2019, rilasciata senza particolari prescrizioni. Seguendo le indicazioni ricevute, Rfi sta comunque procedendo a semplificare la documentazione di sicurezza, ha attivato un tavolo tecnico con ANSF per la transizione verso il nuovo regolamento comunitario 762/2018 sui metodi di gestione della sicurezza e ha presentato nei termini previsti un piano di adeguamento del Sistema di Gestione della Sicurezza (SGS), fornendo il proprio lavoro, già svolto in preparazione del nuovo regolamento, come riferimento per lo sviluppo degli adeguamenti degli SGS degli altri Gestori. Come previsto dal Regolamento comunitario, l’adeguamento dell’SGS di RFI dovrà essere completato entro dicembre 2021”.
Quindi per Ansf e Rfi le “inadempienze” sarebbero solo sulla carta e non riguarderebbero la sicurezza.
Una posizione differente da quella sostenuta dalla stessa Ansf a inizio 2018 (subito dopo la strage di Pioltello), quando l’Agenzia scrive a tutti i gestori ferroviari e li invita a mettersi in regola con le norme di sicurezza (le stesse analizzate nel report), pena il blocco dell’attività : “(…) le linee gestite da aziende che non avranno provveduto ad adeguarsi ai dettami in oggetto (…), l’agenzia si riserva di adottare provvedimenti ulteriormente restrittivi rispetto alle mitigazioni ad oggi adottate, fino ad avvenuto adeguamento”.
Evidentemente qualcuno ha cambiato idea.
(da “Business Insider”)
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